GREGARI E CAMPIONI GRANDI COME IL MONTE ROSA

maggio 27, 2011
Categoria: News

Campioni che diventano gregari, gregari che diventano campioni. Contador dimostra ancora una volta il proprio strapotere alle pendici del Monte Rosa, ma rinuncia alla vittoria per aiutare l’amico – e fino all’anno scorso fedele gregario – Paolo Tiralongo a conquistare la prima vittoria da professionista. Di Luca ritorna monumentale, ma come uomo squadra, al servizio di Joaquim Rodriguez che però non finalizza. Cede Rujano, Nibali rosicchia abbuono e secondi a Scarponi.

Foto copertina: la vittoria di Tiralongo, con il rosa angelo custode Contador alle spalle (foto Bettini)

Due maglie prima uguali oggi diverse, e non solo perché quella del campione ama cambiare colore assecondando i primati nelle varie classifiche; la stessa passione per la strada che sale, due destini quasi opposti: Paolo Tiralongo, gregario tra i più forti al mondo quando la strada si inerpica, capace di concludere un grande giro tra i dieci, ma fino ad ora nessuna vittoria da professionista; Alberto Contador, pressoché infallibile collezionista di GT, cannibale gentile che ama l’Italia e il rosa.
L’anno scorso al Tour de France il siciliano aiutò Alberto, ancora all’Astana, a conquistare la vittoria più ardua nella carriera del campione spagnolo: ritmo alto e intimidatorio nelle salite, una semplice presenza capace però di protrarsi fin addentro alle tappe più impervie, tanto rassicurante per il capitano quanto scoraggiante per gli avversari che tanto avrebbero giovato dal muoversi prima dei finali. Quest’anno le strade si sono divise, Paolo ha scelto di onorare fino in fondo il contratto con l’Astana e non si è aggregato al clan spagnolo trasferitosi in blocco da Riis: l’amicizia però è rimasta, tanto che proprio Tiralongo spiegò a Contador la salita dell’Etna di cui quest’ultimo non aveva potuto effettuare la ricognizione; e la spiegazione deve essere stata assai efficace, giacché proprio sull’Etna Contador ha elevato il primo e strutturalmente più fondante gradino del proprio strepitoso cammino in rosa.

Oggi è Contador che fa da guida e gregario per Tiralongo: il terzo scatto del siciliano, quello buono per prendere il largo, viene effettuato proprio nel punto segnalato da Alberto. Non sulle rampe più aspre, ma qualche centinaio di metri prima, in modo che le difficoltà sorgano di fronte agli inseguitori proprio all’atto di dare impulso alla caccia. Si è studiato bene questo Giro, il fenomeno in rosa, a differenza di Joaquim Rodriguez che dopo aver profuso ogni energia della squadra nel tenere la corsa, sperpera anche l’attimo decisivo: lui sì che preferisce aspettare il finale, ma la ruota di Paolo oggi era quella buona, baciata dalla benedizione di Contador e dall’intreccio di circostanze che fanno la differenza tra la vittoria e la resa.
Era stato Di Luca l’ultimo uomo Katusha, un Di Luca che ha attraversato questo Giro tra pochi lampi, tanta sopravvivenza, e l’astuzia di risparmiare ogni energia per distillare qualche giornata luminosa: oggi era una di queste, e nel fondovalle della Valle Anzasca incupito da nubi e pioggia ha brillato Danilo nelle vesti di uomo squadra, davanti per venti km, di strappi dapprima prima, poi di opprimenti falsipiani; mai un cambio, ma un’andatura capace di scremare il gruppo che da cinquanta unità calava a trenta, poi a venti componenti. Con una vittima illustre: Rujano, stroncato dal tempo avverso, dalle andature martellanti sul passo e infine costretto a condurre tutto il proprio drappello in testa fino al traguardo, a oltre 2′ dai migliori. Ma soffrono anche Machado, Arroyo, perfino Menchov; Visconti che la squadra ventilava come uomo di giornata; Garzelli, al risparmio in vista di domani dopo le fatiche del Mottarone (di cui diremo).
Sempre Di Luca chiude su uno scatto di Tiralongo, poi di nuovo su un secondo: ma al terzo non c’è nulla da fare. D’altro canto più di così a un Di Luca che fa il gregario con la classe del campione che è, non si poteva proprio chiedere.

Dietro è la Saxo a tirare, ma il ritmo è regolare, non infernale: più diretto a tamponare scatti che a fare selezione. Proprio il lavoro strategico così ben impostato per Alberto da Paolo nel Tour 2010. Viene quasi il dubbio che lo spagnolo covi una di quelle mezze giornate no… se non che lo vediamo risalire tranquillo al fianco del compagno Navarro, scambiare qualche parola. C’è tensione nell’aria, mentre il vantaggio di Tiralongo supera i 30″.
Rodriguez esita, poi capisce che cosa sta accadendo e parte secco, senza però attendere il momento migliore, ma così, d’un tratto, di rabbia e alla cieca. Dopo di lui anche Gadret. Nonostante il terreno poco propizio agli scalatori puri, i pesi piuma hanno fame di battaglia, la Katusha anche di vittoria. Scarponi, Nibali si agitano, ma prima che la bagarre impazzi Alberto Contador si alza sui pedali e congela il tempo in un’accelerazione irreale, gioca con gli avversari, li dribbla senza che essi possano anche solo pensare di aggrapparsi alla sua ruota. C’è forse anche un po’ di ruggine verso Rodriguez, che gli “contende” il titolo di più forte scalatore, almeno sotto certe definite e rare condizioni, che gli combinò un pasticcio a Mende 2010, che unico tra gli spagnoli non l’ha aiutato nel tappone dolomitico (magari per inconscia e irrazionale fedeltà all’antico capitano e amico Valverde).
C’è, sicuramente, la voglia di prendere la corsa in mano, da padrone quale ne è, e disporne a proprio piacimento.
Da solo, è su Tiralongo: si scambiano uno sguardo, qualche parola di incitamento dello spagnolo che passa avanti per affrontare le centinaia di metri che avvicinano alla “volata”. Non c’è alcun cambio di ritmo, nessuna forzatura, la scia da seguire è fluida e accogliente: al momento giusto lo scatto, col volto del siciliano che si deforma in una maschera di sforzo sovrumano, mentre dietro di lui Alberto, sereno, gli guarda letteralmente le spalle, covando appena un filo di apprensione per il rientro di un grande Nibali.
“C’è rispetto tra noi” dirà poi Tiralongo di Contador: perché nel ciclismo il campione sa che il gregario è grande quanto lui, altrettanto indispensabile alla vittoria quanto il guizzo di genio che il campione, solo, possiede, ma che di per sé raramente può bastare. C’è un sentirsi alla pari nella fatica, diversa ma difficile a dirsi maggiore per gli uni o per gli altri. Dirà Contador: “sono più contento che abbia vinto lui che non se avessi vinto io”. La frase simbolo dei gregari, che racchiude la loro grandezza di cui Alberto oggi, per un giorno, si rende partecipe. Queste sono le amicizie che ci affascinano, nel ciclismo, non quelle improbabili con un qualche Schleck, con chi è pronto ad assecondarle davanti alle telecamere per poi smentirle, negarle, rinnegarle, e dunque infine scoprirle nell’ipocrisia da social network o reality show che le nutre.

Un altro siciliano, Nibali, si può annoverare tra i vincitori di giornata: ancora una volta non si sa se penalizzato o aiutato dalla propria scarsa repentinità nello scatto, dalla propria regolarità di passo anche nelle accelerazioni, si conferma nuovamente il migliore dietro Contador. Racimola 5″ su Scarponi, cui aggiungere gli 8″ di abbuono, soprattutto da un segno di freschezza che va a ribadire come i distacchi patiti nel tappone dolomitico fossero legati agli sforzi dell’azzardo piuttosto che a un vero e proprio cedimento tecnico. Scarponi invece si dichiara “stanco, molto stanco”, infatti non riesce seppure per poco a riprendere Gadret e Rodriguez che, in quest’ordine, rimarranno intercalati rispetto a Nibali, ma soprattutto viene passato da un arrembante e stupefacente Kruijswijk: lo aspettavamo, ma questa brillantezza è un dato davvero eclatante
nella terza settimana di un Giro dove, attenuatesi le salite, si è cominciato a viaggiare sempre ai 50km/h all’ora in pianura.
Più dietro, non di troppo, Kreuziger, a 21″ da Contador, e poi alla spicciolata Dupont (tornato in spolvero a 29″), Sivtsov (a 34″, un altro che ha ritrovato la magia dopo le crisi e la grande fuga), assieme a Nieve, ora capitano dopo il crollo odierno di Antòn (a venti minuti), a 40″ infine, dodicesimo, l’ottimo Cataldo. Del buco subito da Rujano abbiamo detto, mentre a un minuto circa ci sono Menchov e Arroyo.
In generale, dunque, Nibali si porta a 34″ da Scarponi in vista di due giornate decisive. Gadret rafforza il quarto posto, mentre altrettanto determinanti saranno le ultime tappe per la lotta verso il quinto posto finale, con Sivtsov, Nieve e Kreuziger racchiusi in 30″. Per quanto visto il posto spetterebbe di norma al ceco, che però è il più arretrato. Rodriguez, oggi ottavo, è in crescita, ma paradossalmente con gli enormi limiti a cronometro dovrà ancora farsi valere per salvare non solo la posizione ma perfino la top ten, ad ora chiusa invece dai più confortevoli Menchov e Rujano, entrambi ottimisti per l’una o l’altra tappa del finale di Giro.

La cronaca va completata con il resoconto della prima fase di tappa, corsa durissima sotto pioggia battente e ancora una volta affrontata a ritmi mostruosi, intorno ai 50km/h, fino all’uscita della fuga dopo poco più di un’ora. Sono Pineau, Rabottini e Bak ad andarsene, poi sul Mottarone uscirà dal gruppo Garzelli nell’auspicio di riprenderli e conquistare il Gpm con cui mettere al sicuro la maglia verde. Con un distacco salito in pianura a 12′, poi sceso a 120″, al varesino finiscono per mancare 5″ fatali, così i punti saranno solo 3 e la maglia resterà ancora esposta domani alle insidie “cannibalistiche” di Contador. Dietro Garzelli salgono Tschopp e Cherel, che rientrano in discesa; i sei procedono con accordo altalenante, ma le ambizioni Katusha stroncheranno i loro sogni, con Garzelli che si fa riprendere volontariamente e strategicamente, mentre Pineau e Rabottini (risparmiatosi a lungo: con la “scusa” di Visconti capitano, o Ulissi detta moda?) saranno gli ultimi a salutarsi con una bella pacca sulle spalle del francese al giovane collega, ancora una volta dunque all’insegna dell’amicizia.

Gabriele Bugada

Commenta la notizia