IL GIRO VIEN DI NOTTE – LE STORIE MAGGIOLINE DEL GIRO E DELL’ITALIA – 2a parte

maggio 23, 2011
Categoria: Approfondimenti

Seconda parte della storia d’amore tra la corsa rosa e l’Italia. Un racconto che arriva ai giorni nostri passando per i difficili momenti della ricostruzione e per gli anni di piombo, ma anche per giornate che esaltarono il nome dell’Italia nel mondo. Come i successi mietuti, parallelamente alla corsa rosa, nella concorrente competizione cinematografica del Festival di Cannes, quasi a voler sottolineare ancor più la trama del film d’amore più rosa che ci sia.

Foto copertina: Giro 2009, Menchov festeggia la vittoria nel Giro del centenario alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (sport.sky.it)

Rimessosi in sella il 15 giugno del 1946, il Giro si ritrovò sotto le ruote un’Italia totalmente trasformata rispetto a come l’aveva lasciata sei anni prima e non solo per le distruzioni provocate dai bombardamenti. In quei febbrili giorni la nostra nazione era in pieno “work in progress”, con la monarchia spazzata appena due settimane prima e la reppublica non ancora nata ufficialmente, senza un capo di stato perché Umberto II si era imbarcato per il Portogallo due giorni prima della partenza della “corsa rosa” e l’Assemblea Costituente si sarebbe insediata solamente il 25.
Chi sarà il primo presidente lo sapremo solo il 28 giugno, quando l’incarico sarà affidato a Enrico De Nicola, notizia che giunge in carovana durante il giorno di riposo a Firenze. Il primo giugno arriverà invece la nomina ufficiale di De Nicola, appena ventiquattrore dopo la nefasta giornata di Trieste, quando la carovana era stata oggetto di un attentato dalle parti di Pieris.
Da quel giorno il Giro tornerà ad accompagnare le vicissitudini della nostra bella Italia, or liete or meno liete, come i successi mietuti al parallelo Festival di Cannes (nato proprio nel 1946), l’inaugurazione dello Stadio Olimpico di Roma e il crollo della Mole Antonelliana di Torino, eventi entrambi accaduti mentre era in corso l’edizione del 1953, quella della prima scalata allo Stelvio e dell’ultima delle cinque vittorie in rosa di Coppi: la prima avvenne il 17 maggio con un doppio happening sportivo, l’arrivo della tappa (vinta da Giuseppe Minardi) e la partita Italia-Ungheria, terminata con la sconffitta degli azzurri per 0-3; il simbolo di Torino sarà, invece, decapitato da una tromba d’aria la sera del 23 maggio, quasi 48 ore prima dell’arrivo in città della tappa vinta da Pietro Giudici.
L’anno successivo il Giro celebrò idealmente il matrimonio tra Italia ed Europa poiché si partì dalla Sicilia, regione in gran fermento poiché da lì a pochi giorni a Messina i sei stati costituenti la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) si sarebbero riuniti per discutere della nascita del MEC (il Mercato Europeo Comune, papà dell’attuale Unione Europea) e dell’Euratom.
Il 20 maggio del 1960 festa per due a distanza, con Romeo Venturelli che si beava d’aver battuto a sorpresa Anquetil nella crono di Sorrento e Federico Fellini che si fregiava della prima Palma d’oro italiana, assegnatagli per “La dolce vita”. Altro doppio festeggiamento, stavolta pienamente sportivo, il 22 maggio del 1963 con il successo di Guido Carlesi nella Campobasso – Pescara e la prima vittoria italiana in Coppa dei Campioni, conseguita dal Milan. Ventiquattore dopo altra affermazione cinematografica a Cannes, con il premio massimo assegnato a Luchino Visconti per “Il Gattopardo”.
Pochi giorni più tardi, durante il riposo a Treviso, la triste notizia della scomparsa di Papa Giovanni XXIII (3 giugno) annichilì l’Italia intera ed il Giro, con il cattolicissimo Vincenzo Torriani che meditava di far sospendere la corsa rosa e mandare tutti a casa; ma il nulla osta provenente dallo stesso Vaticano convise il patron a riprendere il Giro, che si concluderà regolarmente una settimana più tardi col secondo successo consecutivo di Balmamion.
“The show must go on” e il Giro e l’Italia ripresero la loro corsa, una gara contro il tempo…. poiché il 22 maggio del 1966, mentre Mino Bariviera vinceva la tappa di Chianciano Terme, il governo decideva di adottare per la prima volta l’ora legale, che “debutterà” alla fine del mese e durerà fino a settembre. Ancora gloria oltralpe con il successo “in comproprietà” a Cannes, assegnato sia al francese Claude Lelouch (Un uomo, una donna), sia a Pietro Germi (Signore & signori).
Per trovare un altro contatto tra il Giro e la storia della nostra nazione bisogna ora lasciar scorrere le pagine della storia per quattro anni, fino al 1970, quando nel mese di maggio saranno istituiti lo Statuto dei Lavoratori (20 maggio, tappa Saint-Vincent – Aosta vinta da Bitossi) e lo strumento del referendum (25 maggio, tappa Rovereto – Bassano del Grappa vinta da Godefroot).
Il 27 maggio del 1971 Gimondi festeggiò la vittoria sul traguardo di San Vincenzo (ma non saprà approfittare dell’assenza di Merckx, poiché il successo finale andrà allo svedese Pettersson, ottimamente guidato dall’ammiraglia da Alfredo Martini, che quattro anni più tardi sarà nominato C.T. della nazionale) e ancora a Cannes si esultò: nessuna Palma d’oro per noi, ma ci consolammo con un premio speciale assegnato a Luchino Visconti in occasione del venticinquennale della manifestazione.
Siamo negli anni ’70, quelli che passeranno alla storia anche come gli “anni di piombo”, il periodo delle grandi stragi terroristiche, molte delle quali trovarono l’effettuazione nel mese del Giro, forse proprio per colpire in un periodo di distrazione generale, mentre la mente è rivolta alla corsa rosa e si è in una sorta di stato di transizione tra gli ultimi sopori invernali e i primi caldoni estivi.
Il 22 maggio del 1972 mentre si corre la seconda tappa Ravenna – Fermo, che sarà conquistata da Gianni Motta, in Friuli è perpetrata quella che sarà ricordata come la “trappola di Peteano” e che costerà la vita a tre carabinieri. Dodici mesi più tardi – è il 17 maggio del 1973, vigilia della partenza del Giro dal Belgio – sarà Milano tremare per l’attentato che colpì la questura mentre vi si stava svolgendo una cerimonia in memoria del commissario Luigi Calabresi, ucciso l’anno prima. Sono tutti eventi che, comunque, rimangono lontani dal Giro e non lo scuotono più di tanto, ma non sarà così nel 1974 quando, il 28 maggio, si verificò la strage di Piazza della Loggia a Brescia. L’evento fu di una portata tale che l’intera Italia rimase paralizzata e così anche l’attività sportiva nazionale, che si fermò per un giorno in segno di lutto, osservato al Giro con un giorno di riposo straordinario, annullando ed anticipando quello già previsto dal programma di gara.
Dalle stragi si passò poi agli attentati “ad personam” – come quelli che, all’inizio di giugno del 1977, colpiranno i giornalisti Indro Montanelli ed Emilio Rossi, rispettivamente direttore de “Il Giornale” e del TG1 – e sulle pagine dei giornali le imprese dei “girini” si troveranno ancora soffocate dalle news di cronaca nera e che avevano ben presto fatto dimenticare anche le liete novelle giunte qualche giorno prima da Cannes, dove i fratelli Paolo e Vittorio Taviani avevano conquistato la Palma d’oro per “Padre padrone”, assegnatagli da un altro grande regista italiano, Roberto Rossellini.
Il maggio sportivo del 1978 si aprì con una bella notizia poiché l’8 del mese, giorno della prima tappa Saint Vincent – Novi Ligure, una notevole impresa in montagna fu effettuata sull’Himalaya dall’austriaco Peter Habeler e dal nostro Reinhold Messner, primi alpinisti al mondo a conquistare la cima dell’Everest senza utilizzare le bombole d’ossigeno. L’annuncio non riuscì a mitigare, però, il clima generale di preoccupazione che si respirava in Italia da quasi due mesi, dal giorno del rapimento di Aldo Moro e che sconfinerà nella disperazione l’indomani, quando sarà annunciato il ritrovamento del corpo senza vita del cinque volte presidente del consiglio. Stavolta non ci si fermerà e, conclusa senza festeggiamenti la tappa della Spezia, vinta a braccia levate da un radioso Saronni (ignaro di quanto accaduto), l’indomani mattina si disputerà la terza frazione, praticamente quella decisiva poichè prenderà la maglia rosa colui che la porterà ininterrottamente fino a Milano, il belga Johan De Muynck. Perso il Giro, ci consolammo ancora con Cannes, dove trionfò Ermanno Olmi con “L’albero degli zoccoli”.
Le malefatte delle Brigate Rosse tornarono ad affiancarsi a quelle del Giro l’anno dopo (quando saranno arrestati Valerio Morucci e Adriana Faranda, coinvolti nel caso Moro) e poi anche il 28 maggio del 1980, giorno della Villapiana Lido – Lecce (vinta dal francese Bertin) e dell’uccisione del giornalista Walter Tobagi, freddato a Milano da un commando terroristico.
Passò un anno e un’altra pagina di cronaca nera giunse rubare spazio mediatico al Giro, che nel 1981 prese il via con un cronoprologo il 13 maggio, lo stesso giorno nel quale Mehmet Ali Agca attentò alla vita di Giovanni Paolo II. Non fu l’unico fatto del mese a calamitare altrove le attenzioni, poiché quello fu anche il maggio del referendum sull’aborto e della pubblicazione della lista degli iscritti alla loggia massonica P2, evento che provocò la caduta, di lì a pochi giorni, del Governo Forlani.
Il maggio del 1982 “partorì”, finalmente, un lieto evento con l’assegnazione di un premio speciale alla carriera – sempre a Cannes – a Michelangelo Antonioni, evento che addolcì la pillola ai tifosi italiani, delusi dall’aver visto sfumare la maglia rosa di Contini nella storica tappa di Montecampione, a beneficio di Bernard Hinault.
Nel 1984, la scomparsa di un altro importante uomo politico, Enrico Berlinguer, arrivò a togliere il sorriso agli italiani, che solo il giorno prima – era il 10 di giugno – avevano esultato per il successo finale di Francesco Moser al Giro, ancor più sentito perché giunto a quasi 33 anni, a capo di un “inseguimento” decennale e di una tappa a cronometro passata alla storia.
Le lacrime stinsero il rosa del Giro anche l’anno dopo quando la festa della Capua – Maddaloni, cronometro dominata da Hinault, fu rovinata dalle tragiche notizie provenienti dallo stadio Heysel di Bruxelles, nel quale persero la vita 32 nostri connazionali in seguito agli incidenti scoppiati sugli spalti.
Ventiquattro mesi più tardi gli echi della strage di Piazza della Loggia tornano a sovrapporsi al Giro del 1987, quello della lotta fratricida tra Visentini e Roche, che non era ancora deflagrata il 23 maggio – la corsa rosa era solo alla seconda frazione, l’Imperia – Borgo Val di Taro vinta dal campione del mondo in carica Moreno Argentin – giorno nel quale il processo sugli eventi bresciani si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove.
Arriviamo così al 1988, l’anno di Hampsten e del della tregenda del Gavia, che il Giro visse il giorno precedente un’importante riunone parlamentare, al termine della quale il nome di Silvio Berlusconi per la prima a volta si sovrappose alle notizie provenienti dalla corsa rosa: venne, infatti, approvata la “Legge Mammì”, disposizione con la quale si vietò il controllo delle reti televisive da parte di coloro che, come il futuro premier, detenevano anche il controllo di determinate quote di stampa periodica.
37 anni dopo l’inaugurazione dell’Olimpico, Giro e calcio tornarono a far comunella nell’edizione del 1990, che, in occasione dei secondi mondiali italiani della storia, Torriani tracciò tra Bari e Milano (ripristinata come sede finale dopo dieci anni di “vagabondaggio”), ossia tra la sede della “finalina” e dell’inaugurazione dei campionati, che iniziarono l’8 giugno, due giorni dopo la conclusione della corsa rosa.
Nel 1992 si partì da Genova per le Colombiadi e, per l’occasione, al via si schierò per la prima volta il “rey” Indurain, ma la partenza della corsa rosa fu letteralmente soffocata da due notizie che obnubilarono i riflettori puntati sulla corsa rosa, da una parte i fermenti “politici” che precedettero l’elezione del Presidente della Repubblica (il 26 maggio sarà eletto Scalfaro), dall’altra l’efferato assassinio del giudice Falcone a Capaci. Stavolta è la mafia a colpire e tornerà a far parlare di sé anche nel maggio dell’anno successivo quando, col Giro in corso tra Paestum e le Terme Luigiane, metterà a segno la strage di Via dei Georgofili a Firenze.
Sembra di ripiombare nel clima degli “anni di piombo”, senzazione che si avvertirà ancor più forte il 20 maggio del 1999: è nel giorno della Lauria – Foggia, tappa vinta dal lettone Vainšteins, che le Brigate Rosse tornano all’ordine del giorno sulle pagine dei quotidiani, autrici dell’attentato a Massimo D’Antona, consulente del ministero del lavoro.
E’ il definitivo tramonto delle pagine di nera affiancate a quelle a tinte rosa, un evento infausto che traghetta la corsa rosa nel XXI secolo, periodo nel quale ancora più saldo si farà il legame tra il Giro e l’Italia.
Quasi per un curioso scherzo del destino, nel viaggio del Giro verso il traguardo dei cento anni, il mese di maggio diventa anche quello predestinato alla nomina delle principali cariche istituzionali, da Berlusconi capo del governo nel 2001 a Prodi nel 2006, transitando – nello stesso anno – al passaggio di consegne tra Ciampi e Napolitano, il presidente del centenario della corsa rosa, che il 31 maggio del 2009 consegnerà a Menchov il Trofeo senza fine.
Un premio che rispecchia fedelmente la storia d’amore del Giro e dell’Italia.
Senza fine.

Mauro Facoltosi

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