BERGAMO – MACUGNAGA: AI PIEDI DEL ROSA DIPINTO DI ROSA (MA NON TUTTO POTREBBE ESSERE ROSA)
Ai piedi del Monte Rosa terminerà una tappa che potrebbe sorprendere qualche pretendente al successo finale al Giro. Siamo agli sgoccioli, sia per chilometraggio complessivo sia come energie residue, ma guai ad abbassare la guardia e a sottovalutare un arrivo in salita tenero nelle pendenze ma esigente per distanza e caratterizzato da alcuni passaggi particolarmente stretti e tortuosi. A questo punto del Giro basta una distrazione o una piccola défaillance per ritrovarsi sul groppone un distacco inatteso e che, per quest, fa ancor più male.
È una tappa che farebbe storcere il naso ad un cultore di ciclismo che sia anche appassionato di moda, questa Bergamo – Macugnaga. Rosa su rosa sono due colori che non coordinano, almeno al Giro, che l’ultima volta che ha cercato d’avvicinare il gigante alpino se ne è poi tornato a valle con le pive nel sacco e poca voglia di festeggiare. Motivo la facilità della strada che da Pont Saint Martin risaliva verso le pendici del Monte Rosa (era il Giro del 1995, tappa di Gressoney), poco incline alla selezione e molto simile nelle caratteristiche tecniche a quella che condurrà il gruppo a Macugnaga. Sbaglierà, però, chi penserà di sottostimare questo settimo arrivo in salita, perché se sulla strada ci si trovasse a fare i conti con avversarsi decisamente battaglieri, pronti a sfruttare i punti di forza di quest’asperità, allora se ne vedranno delle belle. Cosa che non capitò nel precedente valdostano, con l’agone doppiamente annichilito dallo strapotere della maglia rosa Rominger da una parte e dalla lotta intestina tra Berzin e Ugrumov dall’altra, con i due compagni di squadra – gli unici che avrebbero potuto mettere in crisi l’elvetico, che quel giorno soffrì terribilmente per problemi respiratori – che finirono per litigare nel finale della frazione di Gressoney.
Allora vediamoli questi “punti di forza” di Macugnaga, a partire dal chilometraggio, il più rilevante perché questa sarà la più lunga tra le 40 ascese previste dal Giro 2011, arrivando a rasentare i 30 Km, non pochi agli sgoccioli di un Giro lungo quasi 3500 Km. Sicuramente collaborerà a far selezione l’abbrivo, poiché le pendenze più elevate dell’ascesa ossolana s’incontreranno nei primi 3 Km, caratterizzati da una media del 7,8% e da un picco del 12%. Passato questo “incipit” la strada proporrà, terzo ed ultimo punto di forza, una continua alternanza tra tratti ampi e altri strettissimi, che s’incontreranno nell’attraverso dei centri abitati, passaggi che ben conoscono gli autisti dei pullman turistici, costretti a fare il “pelo” ai balconi delle case: affrontati in piena bagarre questi tratti particolari costringeranno il gruppo a mettersi in fila indiana e, sotto l’effetto delle pendenze e della fatica, qualche vagone – anche prestigioso – potrebbe staccarsi. Inoltre, bisognerà considerare che i “girini” si presenteranno ai piedi dell’ascesa finale con un GPM di 1a categoria nelle gambe, il Mottarone.
Questa giornata, la penultima che il Giro trascorrerà in montagna, si aprirà a Bergamo con un lungo preambolo pianeggiante. Nel tratto iniziale si costeggerà la cosiddetta “Isola”, triangolare porzione della pianura padana costretta tra i corsi dell’Adda e del Brembo e dominata a nord dal Monte Canto, isolato dal resto della catena alpina e ai cui piedi si trova Sotto il Monte, paese natale di Papa Giovanni XXIII. Prima di lasciare la bergamasca ci sarà spazio per un simbolico abbraccio a tutte quelle zone d’Italia non toccate dal Giro del Centocinquantenario, quando la corsa rosa, giunta a Capriate San Gervasio, lambirà il parco Minitalia, nato nel 1970 su iniziativa di un imprenditore locale e nel quale si possano ammirare riproduzioni in miniatura dei principali monumenti della nostra nazione, realizzati in scala 1:50 utilizzando polistirolo e plexigas, mentre con cemento e resine viniliche s’innalzarono 30 montagne.
Varcato l’Adda, il gruppo entrerà nell’operosa Brianza, terra nella quale si suol dire che ogni casa è una bottega e le ore di lavoro non si contano. La vocazione industriale di questa plaga è testimoniata sin dall’ingresso in quest’area, quando si transiterà per Trezzo sull’Adda, dove si trova uno dei più mirabili esempi della cosiddetta “archeologia industriale”, la storica centrale idroelettrica Taccani, realizzata in stile liberty all’inizio del secolo scorso e tuttora in attività.
L’industrializzazione ha inevitabilmente modificato i connotati della pianura, qui come altrove, ma non ha cancellato le “mirabilia” di queste terre, come quelle che si possono ammirare nella non lontana Monza, che offre ai propri ospiti la pregiata bellezza del Duomo (ove è conservata la famosa Corona Ferrea) e la neoclassica villa concepita come “Arciducale” su richiesta di Maria Teresa d’Austria per il figlio, futuro governatore della Lombardia austrica, e divenuta “Reale” quando vi pose la propria dimora il vicerè del Regno d’Italia napoleonico, Eugenio di Beauharnais. Uno status poi confermato col passaggio di proprietà alla famiglia Savoia, che vi visse ore drammatiche la sera del 29 luglio 1900, quando in quelle stanze si spense re Umberto I, vittima d’un attentato perpetrato poco lontano, sul luogo dove oggi è stata innalzata una tetra cappella espiatoria. Il celebre parco che si estende dietro alla villa, uno dei più grandi d’Europa, dice che la Brianza non è solo industrie e monumenti ma anche l’azzurro dei laghi e tanto verde, quello delle campagne che per secoli furono l’unica fonte di reddito per queste popolazioni e quello delle aree protette. Di queste ultime nel solo territorio brianzolo se ne contano ben sei, tra i quali il Parco delle Groane, che il gruppo attraverserà viaggiando in direzione della “conurbazione dell’Olona”, spicchio di Lombardia ad altissima concentrazione industriale ed abitativa che, a cavallo dei confini tra le provincie di Milano e Varese, ha progressivamente saldato i centri di Legnano, Busto Arsizio e Castellanza (conosciuto in campo sportivo, non esclusivamente ciclistico, per la presenza del Mapei Sport Center). Anche qui la modernità non è riuscita a scalzare del tutto il verde (la “brughiera”) e il passato poiché questi centri presentano interessanti richiami artistici come i santuari di Santa Maria di Piazza a Busto Arsizio e della Madonna dei Miracoli a Saronno, una visita – quest’ultima – da accompagnare ad una degustazione del locale amaretto, liquore a base di mandorle che la tradizione vuole saldamente legato alla nascita artistica del santuario: si racconta, infatti, che fu preparato da una locandiera locale come ringraziamento verso Bernardino Luini, l’artista chiamato a realizzare alcuni affreschi nell’edificio sacro e che, colpito dalla bellezza della donna, decise di utilizzarla come modella per la Madonna che dipinse nell’Adorazione dei Magi.
Chi, invece, volesse scegliere una meta più defilata e tranquilla, lontana dal tran-tran, può deviare brevemente dal percorso della Bergamo – Macugnaga e, inoltrandosi nella brughiera, puntare sul centro di Arsago Seprio, dove si trova l’interessante complesso romanico costituito dalla Basilica di San Vittore e dal battistero, del IX secolo la prima, di duecento anni più tardo il secondo.
Ancora qualche chilometro sul suolo lombardo e poi, superato il corso del Ticino, si entrerà in Piemonte per il gran finale del Giro 2011, che avrà i suoi momenti più palpitanti domani, con la scalata al Colle delle Finestre. È, infatti, giunta l’ora della quotidiana razione di salite che incomincerà subito dopo aver lasciato Arona, quando ci si alzerà dalle rive del Verbano per affrontare l’ascesa verso il celebre Sancarlone (colossale statua bronzea riproducente le fattezze di San Carlo Borromeo) e la frazione di Dagnente, nel cui piccolo cimitero è sepolto il “patriotta ardente e intemerato” Felice Cavallotti e vi si trova anche la tomba di Mike Bongiorno, purtroppo tuttora ancora profanata. Corta e pedalabile (sono poco più di 4 Km al 4,2%), è la stessa salita che fu affrontata ai campionati del 1999 (vinti da Salvatore Commesso) e permetterà al gruppo di rimontare sul Vergante, la fascia collinare che si affaccia sul Lago Maggiore e che sarà attraversata con un tratto vallonato di una dozzina di chilometri, toccando anche il centro di Massino Visconti, paese originario del casato che governò Milano dal 1277 al 1447.
Procedendo a saliscendi si andrà, quindi, ad imboccare la salita del Mottarone, che sarà affrontata dal suo versante meno impegnativo, anche se più “nobile” rispetto a quello, più pendente, che si percorrerà scendendo. Infatti, nel tratto terminale si pedalerà sulla “Borromea”, strada a pedaggio aperta nel 1948 e di proprietà della storica famiglia piemontese, così come le isole che costituiscono il sottostante arcipelago delle Isole Borromee, tre vere e proprie “perle” incastonate nelle azzurre acque del Verbane: spettacolare, in modo particolare, è l’isola Bella, uno scoglio roccioso che il conte Carlo III Borromeo fece spianare e letteralmente trasfigurare mediante l’erezione di un enorme palazzo dedicato alla moglie Isabella (da qui “Bella”), cinto da magnifici giardini terrazzati nei quali dimorano piante provenenti da terre esotiche.
Torniamo “tra le nuvole” (ne sanno qualcosa Gilberto Simoni e i partecipanti al Giro del 2001), per parlare dell’ascesa che caratterizzerà i successivi 13,8 Km di gara, con la strada inclinata al 6,2%, due contropendenze e altrettanti picchi al 14%. Questo il menù che il programma del Giro riserverà ai corridori salendo fino a 1341 metri di quota, poco solo la vetta del monte che, nel 1935, vide l’effettuazione del primo slalom gigante della storia dello sci, gara inventata su due piedi dal commissario che presiedeva la prima gara internazionale di sci organizzata in Italia, la “Coppa d’oro del Duce”: a causa della scarsità di neve si modificò la prevista discesa libera disponendo dei passaggi obbligati con porte, con lo scopo di rallentare la discesa, e introducendo la doppia manche per ovviare alla brevità della pista, lunga appena un chilometro e mezzo.
Superata la cima di quest’ascesa molto cara a Vittorio Adorni – il vincitore del Giro del 1965 ne fece la meta di lunghissimi ed estenuanti allenamenti (lui era di Parma) per poter stare qualche ora assieme alla fidanzata, figlia dei proprietari dell’albergo sommitale – ci si tufferà nelle acque del Lago d’Orta, percorrendo poi un breve tratto sulle rive del Cusio, in direzione di Omegna, località turistica che per anni è stata considerata la capitale delle pentole a pressione, nonché la “culla” della moka, qui inventata nel 1933 dall’ingegner Alfonso Bialetti e realizzata in acciaio e bakelite.
Per una trentina di chilometri si tornerà poi a pedalare sul velluto, sino al momento di lasciare il fondovalle della Val d’Ossola e andare a corteggiare un monte che, per una giornata, sarà più rosa che mai.
I VALICHI DELLA TAPPA
Colle del Faggio della Barchetta (1100m), Colle di Cortano (1052m). ValicatI dalla SP 41, la strada che sale da Armeno al Mottarone e che i corridori incontreranno, in quest’ordine, percorrendola in discesa verso Omegna.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: la chiesa vecchia di Macugnaga www.bandierearancioni.it