TAPPA CORTA? “VOLATA” LUNGA PER DE CLERCQ. ROCK & ROLL HOOGERLAND NELLA FUGA
Una volta tanto, la fortuna aiuta gli audaci nella filantissima ascesa di Montevergine. Di solito risulta troppo penalizzante stare al vento in solitaria, ma il belga Bart De Clercq coglie l’attimo e vince di un’incollatura su uno Scarponi arrembante. Ritmi alti, ma in pochi vogliono prenderesi la responsabilità di gestire il finale.
Foto copertina: volata al fulmicotone per Scarponi…. ma non è bastata (foto Bettini)
Johnny Hoogerland, nome da rockstar, si prende il palcoscenico fino alle rampe finali, poi toccherebbe al “main group” far strillare gli amplificatori e roteare le chitarre come asce da battaglia. Invece i grandi protagonisti attendono – e si fanno attendere – una frazione di secondo di troppo, così il trionfo è tutto per un solista coraggioso e inatteso.
Andiamo con ordine: la “fuga del mattino” oggi è del “primo pomeriggio” visto che si parte alle 14:30, ma nonostante le temperature estive non tira aria di siesta. A differenza delle sterili fughe solitarie che i corridori timidi o spauriti ci avevano proposto ad inizio Giro, si fa sul serio: ma fintanto che si formano drappelli addirittura troppo numerosi, la maglia rosa non si fida a concedere la luce verde, specialmente in una tappa così breve. Pineau (QST) e Canuti (COL) sono tra i più attivi e determinati, sono protagonisti a più riprese fino a che, dopo una mezz’ora volata sul filo dei sessanta all’ora, riescono a prendere il largo assieme a Visconti (FAR), Bak (HTC) e Montaguti (AG2).
La fuga viaggia allegra e veloce, con l’Acqua e Sapone di Garzelli a dare man forte alla Rabobank per controllare il distacco. Sul Gpm intermedio di Serra della Strada provano a fare il balzo Lang (OLO) e Cazaux (EUS), ma è Johnny Hoogerland della Vacansoleil a partire come una scheggia e a saltare i due contrattaccanti in pochi istanti sulle rampe più impegnative (complice un guaio meccanico per Lang all’atto di cambiare). L’impresa si direbbe disperata, visto che il distacco si aggira intorno al paio di minuti, ma al traguardo del Gpm Hoogerland l’ha dimezzato. La fatica dell’olandese si palesa nella sua mostruosità quando un inatteso dentello si frappone tra il Gpm ufficiale e l’agognata discesa, mentre davanti Canuti ha razziato i punti per la maglia verde e se n’è andato in libera uscita fino a che una curva insidiosa non l’avrà portato prima a terra e quindi di nuovo in compagnia dei colleghi fuggitivi.
L’emozione spasmodica è però tutta per il disperato inseguimento condotto da Hoogerland, con fasi quasi drammatiche quando – arrivato pressoché a tiro – l’olandese pare non riuscire più nemmeno a pedalare. Lo spirito del ciclismo si palesa quando Scinto, della Farnese di Visconti, offre da bere all’assetato rivale, pure potenzialmente pericoloso in caso di rientro. Ma evidentemente sotto sotto tutti fanno il tifo per il temerario, a maggior ragione perché in realtà le speranze che la fuga vada in porto sono davvero basse.
Alla fine il gruppetto decide di ammettere il membro supplementare, e rallenta per favorire il rientro: Hoogerland però non deve aver gradito la tardività di questa decisione, o forse vuole rilanciare l’andatura che rischiava di essere fatalmente e definitivamente smorzata dalla pausa realizzata; fatto sta che invece che accodarsi, tira dritto come un colpo di balestra, costringendo i fuggitivi, Canuti in primis, a scuotersi per saltargli a ruota.
Il fantasioso Johnny, genio e sregolatezza da vero rocker, si fa perdonare con le tirate più generose, anche se le speranze di tutti sono ormai al lumicino: alle prime avvisaglie di salita molleranno senza lottare Visconti e Pineau, depressi dalla propria consapevolezza, poi via via tutti gli altri al venir meno delle energie, lasciando il solo Bak al ruolo da lepre.
La trafila dei tentativi è lunga quanto vacua, ci provano in ordine sparso Cherel, Rovny, De Greef, Valls, Pirazzi, ovviamente, col proprio marchio di fabbrica che sembra ormai essere il “doppio scatto”, con un primo tentativo più da lungi e uno più convinto a ridosso del finale (forse potrebbe puntare tutto su uno dei due? Bravo comunque).
Ai meno 5,5km “lancia la volata lunga” De Clercq, dell’Omega Pharma – Lotto: la battuta si giustifica osservando il fotogramma del traguardo, anzi il fotofinish, ove il belga prevale per mezza bici scarsa su Scarponi, dando l’illusione di essersi giocato la volata piuttosto che di essere un “fuggitivo” dell’ultimo quarto d’ora.
Come preannunciato proverà senza fortuna a riportarsi su di lui Pirazzi, e così pure Ochoa: ma il distacco maturato si è allargato in fretta, mentre di converso è proprio – e solamente – nel finale che l’andatura del gruppo si infiamma in un crescendo isterico.
La svolta è nella decisione, azzeccata, da parte di Nibali di far sottrarre i suoi gregari al lavoro di ricongiungimento. Poco sprinter, il siciliano, inutile sprecare energie preziose per regalare abbuoni agli altri.
Si materializza ancora una volta uno dei tratti genetici di questo Giro: mancano i cacciatori di tappe, gli scattisti da giornata secca, e così – con Weening ben contento della situazione (meglio l’abbuono all’innocuo De Clercq che a Le Mevél) – non c’è grande concorso di forze nel chiudere sul belga, il cui margine si continua a dilatare in maniera impressionante fino ai meno 2km.
Solo in conclusione la Lampre comprende che il campo è sgombro di potenziali avversari, e che quindi in palio c’è una tappa disponibile col suo preziosissimo abbuono: l’attacco di Ochoa conferma che Serpa, uno dei papabili per un arrivo veloce, non deve essere così brillante (l’ordine d’arrivo lo confermerà), il Di Luca così minaccioso ieri arranca a fondo gruppo (e pagherà oltre un minuto e mezzo), Joaquim Rodriguez è allergico alle pendenze troppo umili, stai a vedere che tra chi pedala bene lì davanti Scarponi è il più tirato a lucido?
Naturalmente è comprensibile la valutazione sulla lunghezza del Giro, sulla necessità di misurare bene quanto affannarsi, con ben due capitani (domani è occasione per Petacchi, domenica si dannerà la Liquigas di Nibali, va bene, ma Ulissi e Niemec potrebbero fare comodo lo stesso): fatto sta che la sconvolgente accelerazione messa in atto nel finale di tappa si rivela insufficiente per quell’inezia che premia l’audacia di De Clercq e lascia un retrogusto amaro in bocca a Scarponi, che pure mette in cascina un bel po’ di secondi con una progressione tanto maestosa quanto effettivamente inabile – di per sé sola – a fare il vuoto.
Un altro finale appassionantissimo, dopo quello di ieri, con un secondo posto ambivalente sempre per un uomo Lampre. Se però la forma strepitosa di Petacchi si adatta perfettamente a un Giro generoso coi velocisti solo nella prima metà, e nemmeno troppo generoso, visto che concede le volate solo a prezzo di rampe e rampette assortite, l’incognita per Scarponi riguarda la durata di un picco già evidente fin d’ora. Comunque il Giro si vincrà più nel secondo che nel terzo weekend, e mettersi dietro gli altri fa sempre meglio al morale che non il viceversa: i precedenti di Cunego 2004 e Di Luca 2007 non sono scoraggianti.
Il borsino degli altri ci racconta di un Nibali non veloce ma estremamente reattivo (quarto) e, sul podio, di un Kreuziger potente che ha ricordato per certi versi alcuni allunghi del Menchov 2008-2009. Non parliamo certo di scattisti, il che la dice molto lunga sui ritmi devastanti del finale ma anche sulla scarsa competizione in questo specifico settore. Quarto Garzelli che qui si piazza spesso ma proprio non vince. Questi i più in luce. Bravo pure Joaquim Rodriguez su una delle salite a lui meno confacenti, promettente Rujano in vista dei tapponi a venire. Cataldo e Le Mevél pare vogliano candidarsi a un ottimo Giro. Sempre a pari tempo discreti segnali da Kruijswijk e Masciarelli, Menchov (17°) si nasconde così come Contador (che però è comunque nono!), incoraggiante la permanenza nel gruppo d’elite e quindi in classifica di Gadret, Anton e Pozzovivo su rampe da passisti e in un finale coi tamburi rullanti più simile a uno sprint. Nel complesso arrivano assieme 26 atleti, sull’Etna la musica cambierà…
Gabriele Bugada