CIAO WOUTER, PREFERIAMO RICORDARTI COSI’
La parola “dramma” entra prepotentemente nella storia del Giro d’Italia dei 150 anni dell’Unità. Nella terza tappa, da Reggio Emilia a Rapallo, lungo la discesa del Passo del Bocco cade e muore il belga della Leopard-Trek Wouter Weylandts. Ciclismo in lutto, gruppo col morale a terra.
Foto copertina: il successo di Weylandt a Middelburg, al Giro dell’anno scorso (foto Bettini)
364 giorni fa il Giro d’Italia aveva dato tutto a Wouter Weylandts, un 25enne belga di stazza imponente con il vizio di provare a buttarsi nelle volate di gruppo. Fra lo stupore e sfruttando un vento che non dava tregua, l’allora corridore della Quick Step si era imposto nella terza tappa del Giro a Middelburg battendo Brown e Forster.
Era il 10 maggio 2010 e 364 giorni dopo il Giro d’Italia gli ha tolto tutto: la bicicletta da sotto la sella, il casco, la voglia di pedalare, la necessità di fare questo mestiere per vivere, la spericolatezza per gettarsi nelle volate. Ma, soprattutto, e questo non lo voleva proprio nessuno, gli ha tolto la vita. Ed a 25 anni è dannatamente troppo presto.
Un destino beffardo lo aspettava nella discesa del Passo del Bocco, una strada tortuosa che doveva portare i “girini” a Rapallo sede d’arrivo della terza tappa di questo Giro che festeggia i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una distrazione, la mente forse per un attimo persa da qualche altra parte, la voglia di rimontare il gruppo, la consapevolezza di volersi gettare nella volata per tenere alto il nome della sua squadra, la Leopard-Trek. Ed, invece, giù. Sull’asfalto, con il corpo, con la faccia, verso il buio, verso l’abisso, verso la fine di una vita spezzata troppo presto e, soprattutto, ingiustamente.
In tanti angeli hanno provato a tenerlo qui accanto a noi, Wouter: medici, infermieri, il dottor Tredici che è il capo dei dottori del Giro, alpini, volontari, addetti del 118. Ognuno nel suo piccolo ha dato il proprio contributo e nulla si può rimproverare al servizio medico della corsa rosa, con tanti uomini pronti a dedicarsi interamente al corridore in quasi quaranta minuti di massaggio cardiaco. Niente da fare. E quando Rai Sport, per un tempo limitato a non più di tre secondi, ha trasmesso quell’immagine dell’uomo Leopard a terra con qualcuno che, con un paio di forbici, tagliava il laccio del casco del belga, tutti sono stati assaliti da un brivido: che Weylandts stesse lottando per una volata improba.
La cronaca parla di una toccata con un suo pedale contro un muretto della sede stradale, la bicicletta che finisce fuori controllo a velocità elevata in quanto in discesa, il corridore che viene sbalzato dalla stessa per almeno venti metri e finisce con il volto contro l’asfalto. «Frattura alla base cranica ed altre facciali» ricorderà alle 17.25, cinque minuti dopo che il cuore di Weylandts ha smesso di battere, il dottor Tredici. E poi quel telo bianco, lì, in mezzo al bosco che spunta come una macchia indelebile fra un albero ed un altro che ci ricorda l’atrocità del momento: Wouter non c’è più, adesso sta volando da qualche altra parte, già pronto a duellare con Emilio Ravasio, piuttosto che scherzare con Juan Manuel Santisteban o tentare di staccare Orfeo Ponsin. Sono i nomi dei quattro corridori morti in corsa sulle strade del Giro d’Italia, anche se negli ultimi anni come dimenticare la beffarda fine del nostro Alessio Galletti, oppure di Andrei Kivilev.
Nel frattempo, però, the show must go on, e non poteva essere altrimenti visto che gli altri corridori niente sapevano di ciò che era successo. Ed allora, per la cronaca, a Rapallo ha vinto Angel Vicioso, uno dei ciclisti più in forma del momento che si era imposto la scorsa settimana a Larciano e che regala già un sorriso, ma in una giornata del genere nessuno lo potrà mai fare, a Gianni Savio ed alla tenacia dell’Androni Giocattoli. Dopo la fuga del mattino con gli italiani Ricci Bitti (Farnese-Neri) e Brambilla (Colnago) accompagnati dal “solito” Brutt (Katusha) e De Clerq (Omega Pharma-Lotto) che non sono mai andati oltre i quattro minuti e ripresi ai meno tredici, la gara si decide, mentre Weylandts sta lottando fra la vita e la morte già da una quindicina di minuti, sul Gpm di Madonna delle Grazie (4° categoria ma una discreta rampa) con l’accelerata di Christophe Le Mevel (Garmin-Cervelo) seguito come un ombra da Vicioso (Androni) ai quali poi si accodano anche Lastras (Movistar) e Moreno (Katusha), anche se il numero ad effetto lo compie David Millar (Garmin-Cervelo) che, tutto solo, in discesa rientra sui battistrada agli ultimi due chilometri. Il gruppo non reagisce e 18” di svantaggio agli ultimi 1.000 metri sono già incolmabili. Le Mevel lavora per Millar, ma Vicioso prende in testa l’ultima curva a 130 metri dall’arrivo e diventa irraggiungibile, con l’inglese della Garmin che chiude alla piazza d’onore davanti a Lastras e Moreno, mentre Sacha Modolo (Colnago-CSF) si impone nella volata del gruppo. La maglia rosa Mark Cavendish è andata in difficoltà già sul Bocco ed ha chiuso nella “rete”, così il primato va a David Millar. Ma, per oggi, non avrà voglia di festeggiare nemmeno lui perché adesso il Giro d’Italia, per tutta la sua durata, si porterà dietro questo alone di tristezza e di impotenza di fronte a quanto successo questo pomeriggio. Ci mancherai Wouter, soprattutto domani quando saranno passati proprio 365 giorni esatti dalla tua vittoria al Giro. Non doveva finire così.
Saverio Melegari
In ricordo di Weylandt in calce all’articolo ripubblichiamo il pezzo che il nostro Saverio Melegari scrisse in occasione della sua vittoria di Middelburg, un anno fa
Come può un po’ di vento mandare all’aria una classifica generale? Come può una caduta a cinquanta chilometri dall’arrivo tagliare fuori da sogni e velleità a breve e lungo termine? Basta andare in Olanda, metterci un bel sole, un po’ di freddo, tanto Eolo ed il gioco è servito.
Dopo Utrecht, Middelburg. Dopo Farrar, Weylandts. Dopo confusione, altra confusione. Si chiude così la terza tappa di questo 93° giro d’Italia, 229 km dalla capitale orange alla piccola cittadina sul mare del Nord e si chiude anche il capitolo legato all’estero.
Come detto, tanta confusione, tante ginocchia sbucciate e ventagli a non finire. E poi un percorso molto insidioso, curve, controcurve, spartitraffico, pavè e chi più ne ha più ne metta. Con tutte queste variabili impazzite è logico aspettarsi un finale pazzo, anche se davanti non sono in 200 ma in venti e se di velocisti fortissimi ce n’è uno e tutti gli altri, in teoria, dovrebbero vederlo solo dopo il traguardo.
Sbaglia tutto Andrè Greipel che deve rimandare l’appuntamento con la vittoria al Giro, nonostante tutta la squadra davanti a tirare per lui, un epico Adam Hansen in testa dai -3 ai 1.500, un Pinotti che sgomita e alla fine finisce a terra con Sacha Modolo, un Goss che ancora una volta cerca di pilotare il proprio capitano alla perfezione ma, quando si fa da parte per vederselo passare accanto, nota che non c’è la sua maglia ma quella di un altro. E, allora, in questa volata pazza di 250 metri c’è spazio per il belga Wouter Weylandts, portacolori di una Quick-Step che dopo solo due giorni di gara può ritenersi più che soddisfatta di questa partecipazione alla corsa rosa. L’obiettivo massimo era vincere una tappa. Vedremo quello che sapranno fare in più.
Una volata strana, appunto, con il compagno di Boonen che parte lungo e riesce a tenere a bada un Graeme Brown non particolarmente scattante e relega sul gradino più basso del podio Forster (Milram). Fra chi finisce davanti, alla fine, il più deluso può ritenersi Danilo Hondo (Lampre) che, dopo aver sgomitato a lungo ed aver perso la ruota di Greipel, si ritrova quarto senza possibilità di agguantare i primi due. Ma, in questo gruppetto, non ci sono solo velocisti e gongola Vinokourov che si prende la “Rosa”, ma gongolano senz’altro anche Basso, Nibali, Scarponi e Garzelli, che iniziano a scavare solchi importanti su tanti altri.
Facendo rewind dal mattino, la tappa aveva regalato la consueta fuga con Kaisen, Pineau e poi Stamsnijder, partiti dopo 2 chilometri. Prendono un vantaggio massimo di 8 minuti poi, quando ci si avvicina al mare, arriva il vento e sotto il suo influsso il gruppo si fraziona in tre tronconi e davanti rimangono in 58.
Al km 134 i tre fuggitivi vengono ripresi, ma è ai meno cinquanta che la situazione per qualcuno sembra iniziare a precipitare. I ventagli si susseguono ed i primi a farne le spese sono Damiano Cunego e Domenico Pozzovivo. I due, intorno a se, formano due gruppi distinti con il lucano costretto ad inseguire il veronese che insegue a sua volta il gruppo, con Lampre e Colnago-CSF che si dannano l’anima per ricucire il divario. L’allarme diventa rosso quando il cronometro dice che il “Piccolo Principe” accusa dai primi poco più di un minuto, ma quel colore diventa bianco poco dopo, quando il gruppo di testa si rialza e così in diversi possono rientrare. L’allarme in casa Lampre però non cessa, visto che nel preciso momento del ricongiungimento Petacchi fora. Il principale favorito per l’arrivo di tappa è fuori dai giochi e al traguardo il suo ritardo sarà di quelli importanti.
Intanto si continua anche a cadere e a farne le spese, ai meno 31, è Vandevelde che finisce giù con Bruseghin e Sabatini. Subito dopo, siamo di nuovo sul mare, la confusione aumenta ancora di più, r anche la maglia rosa Cadel Evans sembra vittima delle trappole dell’HTC-Columbia ma, alla fine, riesce a rimanere davanti. Per Petacchi non c’è più nulla da fare, così come per l’americano della Garmin, che è costretto a ritirarsi dal Giro per il secondo anno consecutivo.
Altra importante caduta ai -12, protagonisti Lastras (che sembra avere la peggio), Wiggins, Cioni e soprattutto la maglia rosa che, oramai ampiamente abbandonata da tutti i compagni di squadra, deve tentare il tutto per tutto con le proprie forze. Spesso si sa che l’apparenza inganna e, quando l’australiano agguanta una parvenza di gruppo, sembra che il peggio sia passato. Proprio in quell’istante, però, ci si accorge che ha ripreso il secondo plotone e non il primo, che se ne va via in lontananza. Dentro ci sono tanti uomini HTC-Columbia, diversi Liquigas, qualche Androni e Astana, nessun Lampre e nessun Cervelo. Tradotto: Basso, Vinokourov, Scarponi e Garzelli sono davanti, Sastre, Cunego ed Evans dietro.
A quel punto la tappa si trasforma in una corsa nella corsa, con il campione del mondo che, in assenza di meglio, si mette a tirare in prima persona. Ma è troppo tardi e, alla fine, accuserà addirittura un ritardo di 45”.
Nel marasma più totale, solo alla fine si capisce che la maglia rosa va sulle spalle di Alexandre Vinokourov, separato dall’inezia di qualche centesimo di secondo da Richie Porte. Ad un solo secondo c’è David Millar, a cinque Vincenzo Nibali e poi la coppia HTC formata da Sieberg e Greipel. Andando ai nomi pesanti, invece, Ivan Basso rimane lì a 18”, mentre Evans è 23° a 43”, Sastre 43° a 1’40”, Cunego 50° a 2’07”, Simoni 135° a 9’24”, Pozzovivo 143° a 9’30”, Bruseghin 152° a 9’41” e Giampaolo Caruso a 9’45”. Per tutti questi nomi, i buoi sono già scappati e nemmeno torneranno. O forse si. L’anno prossimo, però.
Ora un po’ di riposo di gambe, ma non di testa. C’è il trasferimento in Italia e si torna a correre mercoledì con la cronosquadre da Savigliano a Cuneo: sarà bagarre fra Garmin, Astana e Team Sky, con questi ultimi favoriti su tutti gli altri. Sempre che non ci sia la nuvola del vulcano a cambiare programmi o anche nel cuneese spiri un forte vento in ricordo del tempo olandese. Ma, questa eventualità sembra piuttosto remota.
Saverio Melegari
CIAO WOUTER!!!