FELTRE – TIRANO: COI SAPORI DI MONTAGNA LA TRAVERSATA ALPINA CI GUADAGNA
Modificato il finale rispetto al programma originario, la frazione del Tonale e dell’Aprica dovrebbe, nonostante le ”premesse di nomenclatura”, risolversi come una normale tappa di trasferimento. Fuggitivi grandi protagonisti di giornata, dunque, mentre i corridori più attesi riposeranno nella pancia del gruppo, per riprendersi dalle fatiche della cronoscalata ed in attesa del delicato finale di San Pellegrino Terme. Per chi sarà sul posto, sembra proprio l’occasione giusta per ingannare il tempo dell’attesa allungando le gambe sotto i deschi.
Ecco un’altra giornata che gli appassionati di ciclismo di stazza a Tirano trascorreranno con le gambe sotto alla tavola, attendendo che si concluda una tappa abbastanza inutile nell’economia del Giro – a livello classifica, naturalmente – e che avrebbe potuto riservare un epilogo a sorpresa se pastoie legate alla sicurezza dei corridori non avessero avuto come effetto il taglio di uno spettacolare finale, tracciato sulla tortuosa strada panoramica della media Valtellina, lungo la quale il gruppo avrebbe potuto frantumarsi in tanti tocchetti, provato anche da un chilometraggio che rasentava i 250 Km. Poco male, ci sarà la possibilità di indugiare di più al desco, senza il rischio di perdersi palpitanti momenti di una gara che, è l’ipotesi più probabile, vedrà una fuga nascere nei chilometri iniziali e andare tranquillamente al traguardo, se le energie non si esauriranno prima. Difficilmente oggi i corridori di vertice si danneranno l’anima, essendo quasi impossibile riuscire a creare selezione su salite come il Tonale e l’Aprica, paragonabili a due grosse bolle di sapone poiché si tratta di grandi nomi del ciclismo ma abbastanza “vuoti” all’interno per quanto concerne le pendenze, soprattutto la seconda. Sono oramai passati i tempi nei quali le due ascese, affrontate in serie in un tracciato che era quasi la fotocopia di quello odierno, risultarono decisive per le sorti dell’edizione del Giro del 1967, che vide Anquetil capitolare e Gimondi in rosa al termine della Trento-Tirano: altri tempi, altri modi di correre, altri mezzi tecnici e fondi stradali meno scorrevoli rispetto a quelli di oggi. E se oggi non accadrà nulla di particolarmente interessante la “colpa” sarà anche un po’ del tracciato complessivo, che non proporrà più tappe tranquille negli ultimi dieci giorni di gara e che vedrà collocarsi questa “traversata alpina” – si veleggerà dalle Prealpi Feltrine alle Alpi Retiche – stretta tra due giornate particolarmente delicate, la cronoscalata al Nevegal e la tappa di San Pellegrino Terme. Dunque, tutto oggi giocherà a favore degli attaccanti di giornata che, mai come in quest’occasione, avranno l’opportunità di affiancare il loro nome, nell’albo d’oro del Giro, a quello di una località che, ai posteri, farà subito pensare ad un successo eccezionale, perché il toponimo di Tirano di primo acchito lo si lega a grandi frazioni montane, come quelle che videro imporsi su questo traguardo Marcello Mugnaini nel 1967 ed Emanuele Sella nel 2008.
Questa lunga giornata – alla fine saranno comunque 230 Km, nonostante il taglio del finale – vedrà i “girini” rimasti in gara dopo le frazioni dolomitiche radunarsi in quel di Feltre ed entrare ben presto in territorio trentino, subito dopo esser transitati per le famose “Scale di Primolano”, strada a tornanti che si insinua tra i resti di antiche forticazioni erette nel 1260 e poi ricostruite dagli austriaci nel 1860, laddove fino al 1918 transitava il confine tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro Ungarico. È un luogo rimasto impresso anche nella storia del Giro per la brutta caduta che il 2 giugno del 1950, poco prima di affrontare quella salita (si procedeva in senso inverso rispetto a quest’anno, quando le “Scale” saranno percorse in discesa), coinvolse Fausto Coppi, fratturatosi bacino e pube nella tappa dove più lo si attendeva, i 270 Km che conducevano da Vicenza a Bolzano passando per i passi Rolle, Pordoi, Campolongo e Gardena, con nella mente l’impresa dell’anno precedente sulle strade della Cuneo – Pinerolo.
Per una quarantina di chilometri si pedalerà qundi, in lievissimo falsopiano ascendente, sul fondovalle della Valsugana, terra legata a doppio filo alle sorti della nostra nazione, sia per i trascorsi bellici, sia per aver aperto – il 3 aprile 1881 a Pieve Tesino – e chiuso – il 19 agosto 1954 a Borgo Valsugana – la parabola terrena di Alcide De Gasperi, per otto volte presidente del Consiglio dei Ministri e gran timoniere dell’Italia nelle difficili settimani di transizione dalla monarchia alla repubblica e per questo considerato da molti come un “padre della patria”.
Attraversata Levico Terme, la principale località turistica della valle, il gruppo uscirà “fora dalla Valsugana” andando ad affrontare la salita di Vigolo Vattaro, 2,6 Km all’8,2% con un picco del 15%, inserita anche nel percorso della tappa di Brescia dello scorso Giro d’Italia. Imboccata quindi la strada della Fricca, che scende dall’omonimo passo e dall’altopiano di Lavarone, si planerà sull’irredenta Trento, dove si transiterà ai piedi del principale complesso monumentale della regione, il Castello del Buoncosiglio. Concepito per scopi difensivi e originariamente chiamato Malconsey, in seguito diverrà la residenza dei principi-vescovi che regnarono su queste terre per quasi 800 anni mentre oggi è maniero d’onore dell’Ordine di Vittorio Veneto, in ricordo del processo qui tenuto nel 1916 e che si concluse con la condanna a morte degli irrendentisti Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa, eseguita in quella che è chiamata “Fossa dei Martiri”.
Un tratto pianeggiante di circa 25 Km precederà l’inizio della lunghissima ascesa verso il Tonale, sul quale si scollinerà una sessantina di chilometri più avanti. L’ascesa vera e propria, quella normalmente considerata tale, è limitata ai 15 Km finali, ma già da oltre un’ora il gruppo avrà iniziato lentamente a prendere quota, alzandosi gradatamente dalla piana rotaliana, terra di produzione del vino Teroldego. Nella prima parte si risalirà la Val di Non, famosa per le sue gustose mele e che offre al turista mete poco note ma non meno deliziose come il santuario di San Romedio e il lago di Tovel, che fino alla prima metà degli anni ’60 era conosciuto per la colorazione rossastra che assumevano le sue acque ad opera del “Glenodinium sanguineum”, un’alga la cui presenza era legata alle mandrie al pascolo e che è scomparsa in seguito alla modernizzazione delle modalità di trasferimento delle bestie verso gli alpeggi.
Dopo Cles, paese natale di Maurizio Fondriest, si cambierà valle e direzione, prendendo a risalire la Val di Sole verso il Tonale, valico che fu valicato per primi dai celti. Il passaggio di questi popoli è testimoniato dal nome stesso della valle, che non avrebbe a che fare con il sole ma sarebbe derivato dalla dea Sulis, protettrice delle acque che qui erano sfruttate anche per scopi termali. Sotto quest’aspetto la principale località della zona è Peio, che ricordiamo sede di tappa nella scorsa edizione del Giro, ai cui piedi inizierà il tratto più impegnativo dell’ascesa, caratterizzato comunque da pendenze non eccezionali, tra un medio del 6% e un massimo del 10%. Lassù, a 1883 metri di quota, il Giro scollinerà per la 25a volta nella storia dal 1933, anno nel quale fu istituita la classifica del GPM, confermando l’importanza di questo luogo come punto di transito, frequentato dopo i celti anche dai romani, dai franchi e dall’imperatore Federico I del Sacro Romano Impero (il celebre Barbarossa), quando nel 1166 scese in Italia per riconquistare la nostra nazione. La sua importanza strategica, quand’era ancora posto di frontiera, lo trasformò, infine, in terreno di battaglia, in ciascuna delle tre guerre d’indipendenza e, per l’ultima volta, durante il primo conflitto mondiale, dopo il quale fu eretto un sacrario in ricordo dei caduti per la libertà.
Planando nell’antica Dalaunia, nome col quale era un tempo conosciuta l’alta Valcamonica e dal quale deriva quello del centro di Ponte di Legno, il Giro entrerà in Lombardia, la regione più rappresentata dal tracciato di quest’edizione della corsa rosa, con tre arrivi di tappa ed un primo passaggio in occasione della frazione di Parma. La discesa finirà ad Edolo, dove subito si riprenderà a salire, diretti al Passo dell’Aprica, affrontandola dal suo versante più agevole, che vince poco meno di 500 metri di dislivello in una quindicina di chilometri, superando una pendenza media del 3,1% ed un massimo del 9%. Non si percorrerà, dunque, il tremendo muro di Santicolo (15%) che l’organizzazione scovò e propose nella scorsa edizione della corsa rosa, in occasione della tappa vinta da Michele Scarponi e che si concludeva proprio ai 1173 metri del passo, nel cuore di una delle più note stazioni alpine della regione, nata per un caso fortuito. Un incidente meccanico costrinse, infatti, una carovana di turisti diretti in Svizzera ad una sosta forzata che, rivelatasi piacevole, diventerà poi abituale, portando allo sviluppo turistico di Aprica, che oggi vanta oltre 50 Km di piste. Nel 1927 arriverà anche l’autonomia amministrativa, ottenuta staccandosi dal dirimpettaio comune di Teglio, un tempo il capoluogo della valle, come dimostrato dallo stesso toponimo Valtellina, che significa appunto “Valle di Teglio”. Questi trascorsi hanno lasciato parecchie testimonianze a Teglio (Palazzo Besta su tutte, ma anche l’antica chiesa di Sant’Eufemia, sotto la quale sono stati recentemente rinvenuti i resti di due edifici ancora più vetusti), ma questo centro è conosciuto ai più come patria dei pizzoccheri, locali tagliatelle preparate con il grano saraceno, graminacea originaria della regione dell’Himalaya ed introdotta nel 1600 in Valtellina, dove divenne ben presto una delle sue colture più tipiche, raccolta anche alle quote piuttosto elevate (Teglio è a circa 1000 metri sul livello del mare) grazie all’eccezionale esposizione a sud del versante retico. Oggi è utilizzato anche per la produzione della saporita polenta taragna e degli misconosciuti sciatt, delizione frittelline dal cuore di formaggio fuso, solitamente servite come antipasto e adagiate in un letto di cicoria.
Ci sarà, dunque, ampia possibilità di compensare una tappa che potrebbe anche rivelarsi noiosa. Magari ravvivandola con un buon bicchiere dei nettari locali, che scorrono placidi come l’Adda che, una volta terminata la discesa, accompagnerà le ultime pedalate di giornata.
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo del Tonale (1883m). Ampio valico prativo aperto tra il Monticello e la Cima di Cadì, costituisce anche il punto di separazione tra i massicci dell’Adamello e dell’Ortles-Cevedale. Sede della principale stazione di sport invernali della provincia di Trento, è valicato dalla SS 42 “del Tonale e della Mendola”, tra Ponte di Legno e Vermiglio. Vi transita il confine tra Lombardia e Trentino-Alto Adige. Nel 1933 è stata l’ultima delle quattro salite chiamata a decretare la prima classifica degli scalatori, istituita quell’anno e conquistata da Alfredo Binda, che fece suo anche il GPM del Tonale e la relativa tappa (Bolzano – Milano), oltre alla maglia rosa finale. In seguito ci si è tornati altre 23 volte, mentre non si riuscì a salire nel 1989, quando fu annullata la tappa di Santa Caterina. L’ultimo scollinamento di passaggio ha visto in testa lo spagnolo Juan Manuel Gárate, nel corso della Trento – Aprica del 2006. Nel 1997 e nel 2010, vi si sono concluse due tappe, rispettivamente vinte dal colombiano José Jaime González Pico (noto nell’ambiente col soprannome di “Chepe”) e dall’elvetico Johann Tschopp. Il passaggio del Giro 2000 (tappa Selva di Valgardena – Bormio, vinta da Gilberto Simoni) vide in testa lo spagnolo José Enrique Gutiérrez Cataluña, ma non è contemplato nel conteggio dei GPM perché era valido solo come traguardo volante Intergiro.
Passo di Aprica (1113m). . Ampia sella pianeggiante, lunga quasi 3 Km, che mette in comunicazione la Valtellina con la Valcamonica tramite la Valle di Corteno. È valicato dalla SS 39 “dell’Aprica” e vi sorge l’omonima stazione di sport invernali, costituita dai tre nuclei di Madonna, Mavigna e San Pietro. Quotata 1173 sulle cartine del Giro 2011, è stata affrontata alla corsa rosa 9 volte come GPM, una come traguardo volante Intergiro (nel 1992, tappa Palazzolo sull’Oglio – Aprica vinta da Marco Saligari) e due come traguardo di tappa senza gran premio (nel 2006, quando Ivan Bassso s’impose in rosa nella Trento – Aprica e nella citata frazione dell’anno scorso). Il primo a transitare in testa sotto lo striscione GPM è stato Fausto Coppi, nel corso della tappa Locarno – Brescia del Giro del 1950, vinta da Luciano Maggini. In seguito hanno conquistato questo traguardo Vittorio Adorni nel 1962 (tappa Moena – Aprica), Bruno Vicino nel 1979 (Trento – Barzio, vinta da Amilcare Sgalbazzi), lo svizzero Stefan Joho nel 1988 (la mitica tappa del Gavia, Chiesa Valmalenco – Bormio, vinta dall’olandese Erik Breukink), il venezuelano Leonardo Sierra nel 1990 (Moena – Aprica), Ivan Gotti nel 1996 (Cavalese – Aprica), Mariano Piccoli nel 2000 (Bormio – Brescia, vinta da Biagio Conte) ed Emanuele Sella nel 2008 (Rovetta – Tirano).
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: un fumante piatto di pizzoccheri (www.comune.senago.mi.it)