CONEGLIANO – GARDECCIA / VAL DI FASSA: D’IN SU LA VETTA DELLE TORRI ANTICHE
Sarà il più duro dei due tapponi dell’edizione 2011 quello che condurrà il gruppo dalle terre del Prosecco agli aspri picchi dolomiti. Dopo un lungo preambolo già montagnoso (Piancavallo, Cibiana), i Monti Palladi debutteranno con la difficile ascesa al Passo Giau: sarà solo l’inizio di un calvario lungo quasi 80 Km, che porterà i “girini” a confrontarsi con le impervie strade della Marmolada e delle Torri del Vajolet. Qui si fa il Giro o si muore.
È una storia d’amore che dura da 74 anni e che non tramonta mai quella tra il Giro d’Italia e i Monti Pallidi. Volute fortemente da Armando Cougnet nel 1937 per solennizzare la 25a edizione del Giro, le Dolomiti non hanno mai tradito la corsa rosa e anche quest’anno, nel centocinquantenario dell’Unità – per la quale si combattè aspramente proprio su queste montagne – e alla vigilia delle nozze di diamante col Giro, proporranno un altro scenario da favola, sapientemente predisposto da Zomegnan e Vegni, che hanno voluto riportare un traguardo ai piedi delle strapiombanti Torri del Vajolet, già sede di tappa nell’edizione del 1976, l’ultima delle tre conquistate da Felice Gimondi. Era il 9 di giugno, giorno del volo del passero solitario Andrés Gandarias, spagnolo in forze alla Teka, della temporanea crisi del bergamasco, della maglia rosa conquistata dal belga De Muynck e della rabbia di Moser. Fu uno sfogo, quello del corridore trentino, diretto all’erede di Cougnet, quel Vincenzo Torriani che aveva avuto l’ardire di proporre un arrivo in salita impossibile, nel corso del quale pendenze elevate si coniugavano allo sterrato di una strada che, all’epoca, era poco più di una mulattiera, fino a quel giorno conosciuta solo agli appassionati di alpinismo che si avventuravano lassù per scalare le pareti del Catinaccio.
Oggi non sarà più così, l’asfalto ha oramai ricoperto quasi interamente la strada che conduce al Rifugio Gardeccia (sono rimasti in bianco solo gli ultimi 100 metri), ma la tappa che vi si concluderà non sarà men dura. Anzi, di più poiché 35 anni fa si scalarono “solo” i passi Falzarego, Gardena e Sella, ascese le cui inclinazioni non reggono il confronto con quelle che i “girini” dovranno affrontare quest’anno, in un’interminabile tappa di 230 Km e che, prima del gran finale, proporrà i 2236 metri del Passo Giau e poi le tremende stilettate della Marmolada.
Qui si fa il Giro o si muore, verrebbe da dire ricordando la frase che Garibaldi pronunciò al momento dello sbarco a Marsala. Dopo questa giornata, infatti, la cerchia di pretendenti che potrà dire di “fare il Giro” sarà ridotta a pochi nomi mentre molti feriti giaceranno sul campo di battaglia dolomitico, provati anche dalle due dure tappe precedenti.
La tappa che molti hanno già identificato come la decisiva scatterà dalla pianura veneta, ma ben presto si ritornerà a pedalare sulle strade del Friuli, a meno di una quindicina di chilometri dal via da Conegliano, la patria del Prosecco. Nessuna difficoltà nei primi 29 Km poi, giunti alle porte di Aviano, si andrà all’attacco della prima delle sei salite previste, il Piancavallo. È una delle location “pantaniane” più care ai tifosi del “Pirata”, che lassù, nel cuore della prima stazione invernale d’Italia a sperimentare l’innevamento artificiale, colse la prima delle due vittorie di tappa nel Giro che vinse nel 1998. Oggi molto difficilmente, vista la collocazione in partenza, i quasi 14 Km all’8% dell’ascesa potranno essere sfruttati dai grimpeur del gruppo, ma sicuramente metteranno in luce le cattive condizioni di chi sarà uscito con le ossa rotte dalla tenaglia Grossglockner-Zoncolan, corridori che vivranno questa tappa come un incubo e con la scure del tempo massimo a penzolare sulle loro teste. Planato sulle rive del lago artificiale di Barcis, il percorso del tappone andrà ora a risalire la Valcellina, stretto tra le pareti delle Prealpi Clautane, monti calcarei che ricordano i Monti Pallidi e che ricadono in gran parte nel territorio del “Parco naturale delle Dolomiti Friulane”, istituito nel 1996 per proteggere una vastissima area (circa 37000 ettari) quasi totalmente priva d’insediamenti abitati e per questo giunta intatta ai nostri giorni, un pregio che ne ha meritato l’inserimento nella lista dei Patrimoni mondiali dell’umanità da parte dell’UNESCO.
Risalita sì, ma non subito salita perché per quasi 15 Km si prenderà dolcemente quota, a spizzichi e bocconi, e pedalabili saranno anche i 4 Km di dolce ascesa che conduranno nel centro di Cimolais, l’ultimo della valle prima dello scollinamento agli 827 metri del Passo di Sant’Osvaldo, per raggiungere il quale bisognerà superare il tratto più impegnativo della Valcellina, 2400 metri di strada al 7,6%. Più breve (ma comunque non corta, saranno pur sempre 15 Km) sarà la discesa successiva, che ricondurrà il gruppo in Veneto dopo aver offerto un momento di riflessione, quando la corsa si troverà a sfilare a fianco del lago del Vajont e alla famosa diga che, la notte del 9 ottobre del 1963, fu risparmiata dall’immane massa d’acqua che dal retrostante bacino precipitò nella valle del Piave, spazzando via il grosso centro di Longarone. Raggiunto quest’ultimo, tra i “suiveurs” serpeggerà un altro ricordo, questo più lieto, perché è da questo comune che prese il via la citata tappa del 1976, l’indomani di una frazione che si era conclusa nel medesimo comune e che era stata caratterizzata dalla drammatica caduta della maglia rosa Gimondi, rimasto per alcuni minuti steso a terra e privo di sensi. Con un bel gesto di fair play il gruppo lo attese e gli consentì di conservare la leadership per altre ventiquattro ore, ma poi pagherà dazio nel successivo tappone. Il bergamasco, però, non poteva sapere che, di lì a breve, il destino ribalterà diametralmente le sorti e le parti, ma di questo ne parlaremo fra tre capitoli.
Ora torniamo a concentrarci sul percorso odierno, che adesso arriverà al cospetto delle Dolomiti, avvicinate risalendo il tratto iniziale della Valzoldana, un tempo conosciuta come “fucina di Venezia” per la lavorazione del ferro e oggi ribattezzata la “valle dei gelatai”, in seguito all’emigrazione che porterà molti valligiani a trasferirsi all’estero per “esibirsi” in questa dolce arte, della quale sono riconosciuti maestri.
La prima scalata tra le dolomie sarà quella che condurrà il gruppo ai 1536 metri della Forcella Cibiana, valico che da non molti anni ha raggiunto una sua decisa dimensione turistica grazie all’apertura, avvenuta nel 2002 in occasione dell’Anno internazionale delle Montagne, dell’interessante “Museo nelle Nuvole”, il più alto d’Europa, concepito da Reinhold Messner e accolto nelle strutture dell’ex Forte Rite, situate sull’omonimo monte a 2053 metri di quota e costruite negli anni precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale.
Affrontati i 10,3 Km al 7% del valico, si ridiscenderà nel Cadore, le cui strade erano già state solcate il giorno precedente, per poi tornare a pedalare in falsopiano in direzione della “regina delle Dolomiti”, Cortina d’Ampezzo, che sarà attraversata a 74 Km dal traguardo, i più dolomitici e duri dei 230 in programma. È giunto il momento della Cima Coppi, che quest’anno sarà assegnata ai 2233 metri del Passo di Giau, uno dei valichi meno agevoli delle Dolomiti ed anche uno dei meno “esplorati” dalla corsa rosa, che vi è transitata 5 volte in tutto, un niente al confronto dei 38 passaggi sul più blasonato recordman Pordoi. L’ascesa sarà approcciata dal più facile dei suoi due versanti, comunque non certo una passeggiata dall’alto dei suoi 15,9 Km al 6,5%, che nella prima parte coincide col tratto iniziale della “Grande Strada delle Dolomiti”, uno dei più noti itinerari stradali alpini, scavata tra il 1895 e il 1909 per collegare Cortina a Bolzano attraverso Falzarego, Pordoi e Costalunga e che imprimerà un forte impulso allo sviluppo turistico di queste valli, all’inizio quasi esclusivamente meta quasi degli appassionati di alpinismo, mentre attecchiranno più tardi gli sport invernali.
Lasciata la strada per il Falzarego e varcata la “muraglia di Giau”, trincea eretta nel ‘700 per segnare il confine tra ampezzano e Cadore, si rientrerà per la terza ed ultima volta in questa terra al momento d’affrontare i tronconi più duri del Giau, che s’impenna per quasi 2 Km al 9,8%, con un picco del 16%. Scollinati ai piedi del piccolo ma ardito gruppo del Nuvolau ci si lancerà in una delle discese più pendenti di quest’edizione (i primi 9800 metri “picchiano” al 9,4%), che deporrà il gruppo ai piedi della Marmolada.
Si affronterà ora una delle ascese che gli organizzatori del Tour più c’invidiano, perfetta unione tra spettacolo e grandi pendenze, che iniziano proprio nel cuore del tratto più pittoresco, quello che vede la strada insinuarsi all’interno dei Serrai di Sottoguda, strettissima e spaventosa gola scavata nel corso dei secoli dalle impetuose acque del torrente Pettorina. Se fin lì l’ascesa della Marmolada si sarà mostrata col suo volto più morbido, da quel punto inizieranno i tronconi più esigenti, che culmineranno nel tremendo drittone tra Malga Ciapela e Capanna Bill, 2700 metri di strada (in totale sono quasi 13 Km) nei quali la pendenza media si attesta all’11,8% e la massima schizza al 18%. È il non plus ultra di questa salita, che ha il suo termine quasi 3 Km più in alto, ai 2057 metri del Passo Fedaia. Entrati in provincia di Trento ed effettuato un breve tratto in quota, si planerà verso la Val di Fassa, raggiungendola nel suo centro principale, il noto centro di villeggiatura di Canazei. Il gran finale è oramai alle porte, ancora circa 8 Km di strada comoda poi inizieranno i 6,2 Km finali, introdotti da una rampetta già molto pendente (16%, è il massimo del Gardeccia, mediamente inclinato al 10% netto) che punta verso il paesello di Monzon, un toponimo che sembra costruito apposta per anticipare gli “uppercut” che affibieranno le Torri del Vajolet.
Una gran fatica che vedrà ricompensati i corridori quando, verso le ore serali del 22 maggio 2011, la serotina “enrosadira”, per una volta, vestirà tutti virtualmente dei colori della Rosa.
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella Pian del Cavallo (1277 m). Si trova alle porte della località di sport invernali di Piancavallo, toccata da una strada asfaltata che mette in comunicazione Aviano (Pedemonte) con Barcis. Nel 1998 vi si è conclusa una tappa del Giro d’Italia vinta da Marco Pantani. Quotato 1259 sulle cartine del Giro 2011.
Passo di Sant’Osvaldo (827 m). Situato a sud del Monte Lodina, è valicato dalla SS 251 “della Val di Zoldo e Val Cellina” tra i centri di Erto e Cimolais. Il Giro d’Italia vi è già transitato in passato ma, come accadrà quest’anno, il passaggio non è mai stato considerato traguardo GPM. Quotato 828 sulle cartine del Giro 2011.
Forcella Cibiana (1536m). È valicato dalla SS 347 “del Passo Cereda e del Passo Duran” e mette in comunicazione Forno di Zoldo con Cibiana di Cadore. Dal valico si stacca una strada sterrata, ex rotabile di guerra, che sale fino ai 2053 metri della Forcella Deona, valico presso il quale si trova il citato “Museo nelle Nuvole”. Il Giro è già salito due volte sulla Cibiana, la prima nel 1970 nel corso della tappa Arta Terme – Marmolada, vinta da Michele Dancelli. Primo in vetta sarà Italio Zilioli, imitato nel 1988 da Stefano Giuliani, che poi s’imporrà anche sul traguardo della Borgo Valsugana – Arta Terme. Quotata 1530 sulle cartine del Giro 2011.
Passo di Giau (2233m). Situato ai piedi dei monti Nuvolau e Giau, è valicato dalla SS 638 “del Passo di Giau”, che mette in comunicazione Cortina d’Ampezzo con Selva di Cadore. Come anticipato nell’articolo, il Giro vi è già salito cinque volte, a partire dall’edizione del 1973, quando fu proposta nel tracciato della tappa Andalo – Auronzo di Cadore, viknta dallo scalatore spagnolo Fuente, primo anche al GPM. Gli altri conquistatori di questo valico sono stati il colombiano H. Cardenas nel 1989 (Misurina – Corvara, Giupponi), il francese Cornillet nel 1992 (Bassano del Grappa – Corvara, Vona), Leonardo Piepoli nel 2007 (Trento – Tre Cime, Riccò) ed Emanuele Sella nella tappa che vinse nel 2008 sulla Marmolada.
Passo di Fedaia (2057m). Vi transita la SS 641 “del Passo Fedaia” tra Rocca Pietore e Canazei. Chiamato in ladino Pas de Fedaa, deriva il nome dal termine latino “feda”, significante pecora. Prima della guerra vi transitava il confine tra Italia e Austria. Il Giro ha affrontato in 14 occasioni quest’ascesa, ma la prima volta ci si fermò alla Malga Ciapela, dove all’epoca (1970) terminava la strada e dove giunse primo Michele Dancelli. Questo traguardo era già stato messo in programma l’anno precedente, ma la tappa Trento-Marmolada sarà interrotta ed annullata a causa del maltempo. Il primo a scollinare in testa sul Fedaia è stato Giancarlo Polidori, nel finale della Pordenone – Alleghe vinta dal belga Roger De Vlaeminck, l’ultimo è stato Emanuele Sella, nella già segnalata tappa del 2008.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: le Torri del Vajolet (www.iborderline.net)