SPILIMBERGO – GROSSGLOCKNER: IL GRANDE CAMPANARO BATTE LA GRAVE ORA DELLE SALITE
È arrivata l’ora delle Alpi. Non è un tappone quello che si concluderà sul gigante austriaco, ma d’ora in avanti le salite le suoneranno per davvero a tutti. Forse non oggi, perché la frazione del Grossglockner si presenta come una delle meno impegnative e perché vedrà molto probabilmente i “girini” impegnati a non sprecare troppe energie in vista di Zoncolan e Torri del Vajolet. Ma, se così non fosse, prepariamoci a un succulento anticipo di selezione: anche se lo si prenderà dal “lato B”, il “Grande Campanaro” presenta pendenze già efficaci.
Deng! Deng! Deng! Deng! Dooong!
Cinque rintocchi di campana, nella tarda mattina di Spilimbergo, daranno l’annuncio ai corridori. Da oggi la musica cambia e avrà l’aspetto delle grandi cime alpestri, quelle che decideranno le sorti del 94° Giro d’Italia. Cinque rintocchi tanti quante saranno le asperità previste nella giornata che, dopo le “campanelle d’avvertimento” di Mena e Croce Carnico, Gailberg e Iselsberg, proporrà il terzo arrivo in salita dell’edizione 2011, con l’epilogo fissato a 2157 metri di quota del “Grande Campanaro”, significato letterale del termine Grossglockner, che identifica la montagna più elevata dell’Austria, conosciuta ai più per la stupenda strada panoramica a pedaggio che la lambisce e che fu già teatro di una tappa della corsa rosa nel 1971. In quell’occasione si salì dal versante salisburghese, il più “nobile” per durezza e fascino, mentre stavolta ci si dovrà accontentare del “lato B” che, comunque, non è da prendere sottogamba. Anche da sud, infatti, la salita è tratti veramente ardua, almeno nella prima parte, ma – considerato quello che attenderà i “girini” nelle due giornate successive – è molto probabile che si preferisca lasciare il compito alla strada stessa di fare da selettore naturale, evitando di sprecare energie utilissime negli ancor più esigenti finali dello Zoncolan e della Torri del Vajolet. La speranza del tifoso è e resta quella di vedere gli sfidanti più attesi impegnati nello scontro diretto, ed oggi qualche “misirizzi” potrebbe accontentarli tentando di anticipare gli avversari, provocando un rimescolamente nei piani alti della classifica e ricacciando indietro quegli scalatori poco avvezzi alle grandi pendenze, quelle inclinazioni che finora non avevano mostrato ne’ l’approdo al Santuario di Montevergine, né l’arrivo sull’Etna. L’ascesa austriaca lo permette, così come non permetterà tanto agevolmente di recuperare il terreno perso nel tratto più duro, immediatamente seguito da un finale poco pendente che, se da una parte consentirà di pedalare con più scioltezza, dall’altra potrebbe dilatare l’eventuale gap accusato prima.
Come in tutte le frazioni montane del Giro 2011, anche questa si aprirà in pianura, elemento caratterizzante i primi 30 Km di gara, che si snoderanno paralleli al corso del fiume Tagliamento.
Lasciata la “città del mosaicio”, com’è definita Spilimbergo per la presenza di una famosa scuola del settore, si procederà in direzione di Pinzano al Tagliamento e poi si andrà a imboccare la strada leggermente ondulata che, sinuosamente stretta tra il fiume e le prime pendici delle Prealpi Carniche, condurrà il gruppo a Peonis, portandolo così a transitare dinanzi al modesto cippo bianco eretto in ricordo di Ottavio Bottecchia, nel luogo dove il due vincitore del Tour de France fu trovato agonizzante il 3 giugno 1927. Su quell’episodio si scrissero fiumi di parole e si arrivò alle conclusioni più disparate (dall’aggressione fascista alle bastonate di un contadino che lo aveva scoperto intento a rubargli un grappolo d’uva) ma la reale causa della frattura della base cranica che lo porterà alla tomba due settimane più tardi sarà un improvviso malore accusato durante una sessione di allenamento solitario e che, come confidò lo stesso corridore morente alla moglie, era stato provocato dall’incauta ingestione di una bevanda gelata.
Un ricordo triste ne tirerà la volata a un altro quando, al termine del tratto pianeggiante iniziale, si giungerà sulle rive del Lago di Cavazzo, il più vasto della regione, nelle cui acque precipitano le pendici del San Simeone, il monte che fu l’epicentro del tremendo sisma che, la notte del 6 maggio 1976, in 50 secondi sconvolse l’intero Friuli. Lassù, a quasi 1500 metri d’altezza, si trova ancora la chiesetta dedicata al santo, ricostruita nel 1984 e raggiungibile mediante una ripida strada a tornanti (molti dei quali in galleria), concepita per scopi militari all’inizio del ‘900 e considerata un autentico capolavoro d’ingegneria stradale.
Giunti al cospetto delle montagne è venuto il momento di affrontare la prima difficoltà, anche se non si può certo dire che la Selletta di Mena sia un’ascesa che… mena! Corta e facile, se per qualche fuggitivo rappresenterà un ideale trampolino di lancio, per il gruppo costituirà semplicemente una porta d’accesso secondaria al territorio della Carnia, in direzione del capoluogo Tolmezzo. Questo centro ha ereditato il titolo dalla non distante Zuglio, che fu l’antica colonia di Iulium Carnicum, strategicamente fondata lungo la direttrice del Passo di Monter Croce Carnico, all’epoca frequentata via di commerci verso le regioni settentrionali dell’impero. Sarà la medesima direttrice sulla quale sfileranno i “girini” che s’infileranno ora nel Canale di San Pietro, la valle percorso dal torrente Bût. Si lambirà la citata Zuglio – florida di testimonianze del suo passato, che la videro anche sede di diocesi in epoca medioevale – e si giungerà quindi ad Arta Terme, località di villeggiatura e curativa che in due occasioni è stata sede di tappa della corsa rosa. Si ricorda, in particolare, l’ultimo arrivo del Giro (1988), nella tappa che vide l’estremo tentativo di Urs Zimmermann di ribaltare le sorti di una corsa stravolta dalla storica giornata del Gavia. Lo svizzero in maglia Carrera riuscì a portare a termine la fuga, nonostante il doppio fallimento del suo scopo: non solo non prese la maglia rosa ma si vide sfuggire sotto il naso la vittoria, preceduto dal compagno d’avventura Stefano Giuliani, l’attuale DS della Farnese Vini – Neri Sottoli.
Transitati ai piedi del versante orientale dello Zoncolan (è il lato buono del “Kaiser”) e toccata anche Paluzza, paese natale di Manuela Di Centa, si andrà all’attacco dei 1336 metri del Croce Carnico, valico che di attacchi, nella storia recente, ne ha visti parecchi, durante i difficili giorni della prima guerra mondiale. A rammentarcelo non ci sono solo i resti delle fortificazioni ma anche le 1700 spoglie di soldati che riposano nel sacrario di Timau, innalzato proprio nell’anno del centenario dell’Unità nazionale sul luogo ove si trovava un santuario dato alle fiamme dall’esercito italiano durante la ritirata. Nello stesso luogo un monumento ricorda le “portatrici carniche”, le coraggiosissime donne del luogo che, sprezzanti del pericolo, salivano ogni giorno al fronte con pesanti gerle contenenti munizioni e il cibo destinato a sfamare i combattenti.
A quasi cent’anni da quegli eventi, non se ne vedranno di battaglie in seno al gruppo, perché – almeno sul versante italiano – l’ascesa al passo è sempre pedalabile, con una pendenza media del 4,5% registrata su quasi 17 Km. Maggiori inclinazioni s’incontreranno una volta superato il confine di stato e iniziata la discesa verso la valle del Gail, che presenterà pendenze fino al 15%. Attraversate le due borgate che costituiscono il piccolo ma delizioso centro di villeggiatura di Kötschach-Mauthen, subito si riprenderà a salire verso la Gailbergsattel, terza asperità del tracciato, pure gradevole nelle pendenze (poco più di 7000 metri al 3,8%). Si planerà quindi nella valle della Drava, superando poi il confine tra Carinzia e Tirolo, due dei nove “land” (stati federati) nei quali è politicamente suddiviso il territorio dell’Austria.
Alle porte di Lienz si lascerà anche questo contesto ambientale e si tornerà in Carinzia attraverso il passo dell’Iselsberg, dove già si potrebbe assistere a qualche azione interessante. A questo punto, quando mancheranno quasi 35 Km alla meta, se ci fosse nel gruppo qualcuno che non sta più nella pelle, sicuramente tenterà qualcosa perché l’ascesa permette di dare una prima “sgasata” seria. Su 7 Km di salita complessiva, infatti, ce ne sono almeno cinque al 7,8%, che si potrebbe sfruttare per togliere la “pula” dal gruppo e magari far saltare già qualche nome importante. Il tracciato tornerà poi tranquillo per una buona dozzina di chilometri anche se, nel caso la corsa fosse esplosa sull’Iselsberg, potrebbe risultare incisiva anche la lenta e dolce risalita della valle del fiume Möll, le cui acque sono meta degli appassionati di rafting e kayak. Le pendenze che contano, quelle del terzo arrivo in salita, inizieranno poco dopo aver attraversato il centro di Döllach, anche se non s’incontreranno grandi disagi almeno sino ad Heiligenblut, località che consente un’interessante divagazione artistica nel cuore delle Alpi. Qui si trova, infatti, la massiccia chiesa gotica di Sankt Vinzenz, eretta nel XV secolo per costudirvi la preziosa reliquia del sangue di Cristo, miracolosamente trovata in una fiala conservata tra gli effetti personali di Briccius, un soldato di ventura danese convertitosi al cristianesimo e che, di ritorno in patria da Costantinopoli, perì assiderato nel tentativo di attraversare le nevi del Grossglockner. L’evento cambiò la storia di questa piccola località montana, mutandone anche il nome, nato proprio dall’unione dei termini “sangue santo” (heilig blut in tedesco).
Ora verrà il bello e non solo per le difficoltà che s’incontreranno. Lasciatosi alle spalle l’ultimo centro abitato prima della montagna “piena”, la strada prenderà con più decisione ad aggredire le pendici del “grande campanaro”, giungendo con 4,2 Km di strada al 9,2% alla barriera del pedaggio: d’ora in avanti solo i pedalatori – contrariamente a quanto deciso poco tempo fa dalle amministrazioni locali – potranno procedere gratuitamente, godendosi senza esborsi (se non quelli energici) i panorami offerti da uno dei più avvincenti itinerari alpini, la “Großglockner-Hochalpenstraße”, strada progettata nel primo dopoguerra e fisicamente aperta tra il 1930 ed il 1935, ricalcando le rotte di un’antica mulattiera romana che costituì fino al XVII secolo il terzo valico per importanza delle alpi austriache dopo il Brennero e il Radstädter Tauernpass. Come già detto, la corsa rosa già “godette” di questa rotabile nel 1971, quando il monte austriaco accolse l’arrivo della 17a tappa, che prevedeva il superamente del passo dell’Hoctor (2503 metri) e che fu conquistata da Pierfranco Vianelli, unico successo da professionista per il corridore che, tre anni prima, da dilettante si era imposto nella prova in linea alle Olimpiadi di Città del Messico. Come in questo precedente, affrontato ancora un tratto duro (altri mille metri al 10,7%) il finale di questa frazione si svolgerà in quota e con lievi pendenze sulla diramazione conosciuta come “strada dei ghiacciai”, diretta allo spettacolare belvedere intitolato all’imperatore Francesco Giuseppe che, nel 1856, volle salire lassù per ammirare dall’alto il Pasterze, il più vasto ghiacciaio delle Alpi Orientali. Non lo seguì l’adorata moglie Sissi che, salita a cavallo, preferì fermarsi più in basso, nel pianoro a 2157 metri di quota che, quest’anno, accoglierà gli ultimi colpi di pedale di giornata.
Lo stesso scenario che colsero gli occhi di una delle donne più belle e ammirate della storia si tingerà ancora una volta di rosa.
I VALICHI DELLA TAPPA
Selletta di Mena (300m). E’ attraversato dalla SS 512 “del lago di Cavazzo”, tra Somplago e Cavazzo Carnico.
Passo di Monte Croce Carnico (1360m). Intaglio aperto tra il Pal Pizzul e la Creta di Collinetta, vi giungono la SS 52 bis “Carnica” sul versante italiano (Paluzza) e la B 110 “Plöckenpass Straße” sul versante austriaco (Kötschach-Mauthen). Chiamato anche Plöckenpass, è quotato 1336 sulle cartine del Giro 2011. Il Giro d’Italia l’ha già affrontato due volte, nel 1990 (tappa Velden – Dobbiaco, vincitore Eric Boyer) e nel 2006 (tappa Sillian – Gemona del Friuli, vinta da Stefan Schumacher): primi in vetta sono transitati Bruno Leali e Marzio Bruseghin.
Gailbergsattel (982m). Separa il gruppo delle Dolomiti di Lienz da quello del Reißkofel ed è attraversata dalla B 110 “Plöckenpass Straße”, tra le località di Kötschach-Mauthen e Oberdrauburg. Quotato 986 sulle cartine del Giro 2011. Il Giro d’Italia l’ha scalata in tre occasioni, ma nel 2006 (tappa Sillian – Gemona del Friuli) non era considerata valida per la classifica del GPM. Primo passaggio nel 1971 (la citata tappa Tarvisio – Grossglockner, vinta da Vianelli) con scollinamento in testa di Primo Mori, secondo nel 1994 (tappa Kranj – Lienz, vinta da Michele Bartoli) col transito di Mario Chiesa.
Iselsbergsattel (1204). Valicata dalla B 107 “Großglockner Straße”, mette in comunicazione Lienz con Winklern. Sul passo transita il confine tra Tirolo e Carinzia. Quotato 1205 sulle cartine del Giro 2011.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY
Foto copertina: Grossglockner, Ghiacciaio del Pasterze (panoramio)