ÂELOGIO DELLA PAZZIA: POGACAR VESTE L’IRIDE
Con un attacco partito a 100 Km dalla conclusione, Tadej Pogacar conquista il campionato mondiale di Zurigo e veste la maglia iridata. Come al solito, gli è bastato prendere qualche metro per involarsi definitivamente verso la vittoria. Lo sloveno percorre gli ultimi 50 km in solitudine e gestisce molto bene anche il momento di difficioltà vissuto tra l’inizio e la metà dell’ultimo giro.
Il titolo del capolavoro di Erasmo da Rotterdam calza a pennello per descrivere l’impresa con la quale il fuoriclasse sloveno va a conquistare il penultimo obbiettivo di una stagione trionfale.
La distanza dalla quale Tadej Pogacar ha lanciato l’attacco decisivo ha dell’incredibile, sia con riferimento alle tattiche del ciclismo moderno, sia in relazione al tipo di gara che non favoriva certo un’idea del genere.
Quando è pertito all’attacco lo sloveno il Belgio e l’Olanda, le formazioni dei più temibili rivali, avevano ancora diversi uomini da utilizzare nell’inseguimento, anche se poi si sono sfladate abbastanza rapidamente.
Remco Evenepoel, che aveva dalla sua parte un percorso adatto alle sue caratteristiche, ha subito una severa lezione, è sembrato molto nervoso ed è rimasto fuori dal podio.
Pogacar ha ricevuto il prezioso aiuto del compagno Jan Tratnik, che lo ha riportato in testa alla corsa mentre non ha ricevuto grande aiuto nei chilometri percorsi in coppia con il francese Pavel Sivakov.
Nell’ultimo giro, quando alle sue spalle si sono accese le polveri, lo sloveno ha perso rapidamente buona parte del vantaggio ed è sembrato comunque abbastanza provato. Nel finale, però, si è ripreso e ha ritrovato energie anche psicolcogiche, favorito dalle schermaglie alle sue spalle di avversari che si erano rassegnati a darsi battaglia per le posizioni più basse del podio.
Quel che è certo è che quest’oggi è andato in scena un grande spettacolo che gli appasionati di ciclsimo non dimenticheranno molto facilmente.
Pogacar ha sinora centrato tutti gli obiettivi di stagione, forse con l’unica eccezione della Sanremo, e si è dimostrato nettamente il più forte sia nelle corse di un giorno, sia nei grandi giri.
I paragoni con Eddy Merckx non possono più essere considerati irriverenti, visto che anche l’obiettivo di vincere nello stesso anno Giro, Tour e Mondiale è stato centrato.
Per quanto riguarda la tattica, come al solito Pogacar ha preso venti metri sugli avversari, che lo hanno rivisto dopo il traguardo. Dopo aver guadagnato in un batter d’occhio venti secondi, lo sloveno ha a lungo viaggiato con un vantaggio stabile che si alzava molto lentamente solo in certi momento del percorso, quando Pogacar cercava di rilanciare il ritmo.
Il problema con il neoiridato è che, quando perdi il contatto visivo risulta poi impossibile andare a ricucire il gap, perché il fuoriclasse sloveno riesce a mantenere un ritmo elevatissimo.
La distanza da cui il neocampione del mondo ha lanciato l’attacco è stata siderale; sinora il record spettava alla Strade Bianche di quest’anno, con l’attacco sferrato sul tratto di Monte Sante Marie a 85 km dalla conclusione, record superato appunto oggi dall’azione lanciata quando mancavano 100 Km tondi tondi e quando tutti ritenevano che l’attacco decisivo sarebbe partito nell’ultimo giro o, al limite, alla penultima tornata.
Il tracciato, molto tortuoso e con vari strappi, sicuramente non era favorevole ai rientri come un tracciato pianeggiante, tuttavia i molti chilometri in solitaria in una corsa di 270 km si sono fatti certamente sentire, tanto che anche Pogacar, nell’ultimo giro, ha accusato un po’ la fatica perdendo molti secondi quando sono partiti gli attacchi per le medaglie.
La corsa parte subito forte e, dopo una consueta fase concitata, si forma una fuga a sei con Silvan Dillier (Svizzera), Luc Wirtgen (Lussemburgo), Piotr Pekala (Polonia), Rui Oliveira (Portogallo) e Tobias Foss (Norvegia); alle loro spalle viaggiavano isolati Marcus Pajur (Estonia), Simon Geschk (Germania) e Roberto Carlos González (Panama), mentre più dietro il gruppo era tirato dalla Slovenia.
In questa prima fase di gara da segnalare i ritiri di Lucian Alaphilippe (Francia), Joao Almeida (Portogallo) e Mikel Landa (Spagna).
Il primo scossone avviene nel terzo giro del circuito, quando partono al contrattacco Jay Vine (Australia), Laurens De Plus (Belgio), Jan Tratnik (Slovenia), Mattia Cattaneo (Italia), Magnus Cort (Danimarca), Pavel Sivakov (Francia), Stephen Williams (Gran Bretagna), Kevin Vermaerke (Stati Uniti), Johannes Staune-Mittet (Norvegia) e Florian Lipowitz (Germania), che raggiungono i battistrada sulla salita della Zürichbergstrasse.
In gruppo c’è un po’ di inquietudine, con alcuni scatti che rendono complesso controllare la corsa ed è a quel punto, ai 100 dall’arrivo, che attacca Pogacar, al quale si accodano Quinn Simmons (USA) e il nostro Andrea Bagioli, che sono però costretti cedere nel giro di pochi minuti. Lo sloveno trova sulla strada Tratnik, nel frattempo staccato dal gruppo di testa per attendere il connazionale. I due si riportano quindi sulla testa della corsa abbastanza agevolmente e l’aiuto di Tratnik permette a Pogacar di tirare il fiato dopo l’allungo per staccare gli avversari.
Nel gruppo di testa, ovviamente, nessuno vuole tirare e quindi è ancora Tratnik a tenere alta l’andatura sino al successivo passaggio sulla Zürichbergstrasse, quando Pogacar dà una ulteriore accelerata staccando tutti, eccetto un pimpante Pavel Sivakov. Il vantaggio sul gruppo, che nel frattempo perde elementi, è di poco inferiore a 40 secondi.
Il ritmo degli uomini di Remco Evenepoel (Belgio) – nello specifico Tim Wellens, Tiesj Benoot e Maxim Van Gils – non è sufficiente perché la coppia davanti continua a guadagnare terreno, cosa che spinge Evenepoel ad accelerare in prima persona. L’unico risultato che ottiene l’olimpionico è quello di polverizzare la propria squadra, evidentemente non all’altezza, e di ridurre il gruppo ad un drappello di uomini che si scattano in faccia senza criterio, favorendo tra l’altro i due di testa, che viaggiano spediti.
Dalla girandola di scatti si avvantaggiano Ben Healy (Irlanda) e Toms Skujins (Lettonia), che riescono a prendere un buon vantaggio sul gruppo e a mantenere un distacco nell’ordine dei 40/50 secondi da Pogacar che, nel frattempo, si è liberato della compagnia di uno stremato Sivakov al penultimo passaggio dalla Zürichbergstrasse, a 50 Km dalla conclusione.
Al passaggio dal traguardo suona la campana dell’ultimo giro con Pogacar che transita con un minuto di vantaggio su Healy e Skujins e 1′27″ su Simmons, Roger Adrià ed Enric Mas (Spagna), Romain Bardet e David Gaudu (Francia), Ben O’Connor (Australia), Marc Hirschi (Svizzera), Mathias Vacek (Repubblica Ceca), Oscar Onley (Gran Bretagna), Bauke Mollema e Mathieu van der Poel (Paesi Bassi), con quest’ultimo che aveva provato invano a riportarsi sulla coppia di contrattaccanti.
Nel corso dell’ultimo giro Pogacar comincia ad accusare la fatica e da dietro si riavvicinano, anche perché inizia la lotta per il podio, con Hirschi che in casa vuole far bella figura e, insieme a Mas, va a chiudere sulla coppia Healy-Skujins. Dietro non ci stanno e così Evenepoel, Van der Poel e O’Connor si riportano sui quattro.
Mentre Pogacar, ripresosi dal momento di difficoltà , viaggia verso la vittoria dietro provano staccarsi a vicenda ed è O’Connor a cogliere l’attimo giusto per aggiudicarsi il secondo gradino del podio a 34 secondi dal vincitore, mentre gli altri se la giocano allo sprint, con Van der Poel che mette la ruota davanti a Skujins ed Evenepoel.
Quest’ultimo è apparso appannato e non solo non ha seguito Pogacar – cosa che in sé poteva starci, visto che lo sloveno è partito da molto distante e la sua azione era obiettivamente molto rischiosa – ma soprattutto non è riuscito mai a mettere in difficoltà gli avversari su un terreno che gli era comunque favorevole; inoltre nel finale è apparso piuttosto stanco, tanto da rimanere fuori dal podio.
Van der Poel, invece, ha conquistato la medaglia di bronzo regolando il gruppetto allo sprint dopo aver provato vari allunghi non andati in porto e dopo aver fallito l’inseguimento solitario lanciato a Skujins ed Healy. In questo senso, comunque, l’olandese può essere soddisfatto perché, nonostante i suoi tentativi falliti, è riuscito a mantenere la lucidità per fare un buon sprint al termine di una gara lunghissima e agguantare l’ultima medaglia a disposizione.
Nella lotta si è inserito molto bene O’Connor che, zitto zitto, è restato con il gruppetto dei più immediati inseguitori ed ai 2000 metri ha trovato l’allungo giusto.
Sono, purtroppo, andati male gli italiani. Mattia Cattaneo si è inserito nella fuga iniziale, Bagioli ha tentato per pochi minuti di seguire Pogacar, mentre Giulio Ciccone ha provato alcuni effimeri allunghi sugli strappi e alla fine è risultato il miglior azzurro, venticinquesimo con un ritardo di 6′36″.
Dopo questa splendida gara e dopo il trittico lombardo che verrà disputato tra il 6 e l’8 ottobre, manca ancora l’ultima monumento della stagione nella quale è prevedibile che il campione del mondo sarà ancora protagonista, avendo vinto le ultime 3 edizioni. Appuntamento dunque per sabato 12 ottobre, quando andrà in scena la 118a edizione del Giro di Lombardia.
Benedetto Ciccarone