TORTORETO LIDO – CASTELFIDARDO: COLLINACCI E COLLININI
Ricordate la tappa dell’Aquila, quella lunga fuga bidone che sconvolse il Giro dello scorso anno e complicò lo svolgimento dei tapponi di montagna? Dovranno tenere bene in mente questo precedente anche i partecipanti al Giro 2011 poiché c’è una frazione che pare proprio concepita per favorire azioni di questo tipo: è la Tortoreto Lido – Castelfidardo, un autentico martirio di salite brevi ma continue, con scarsità di tratti pianeggianti e, di conseguenza, di occasioni utili per rientrare sugli eventuali attaccanti. Non dovesse ripetersi la giornata dello scorso Giro, questa rimarrà comunque una frazione molto dispendiosa e, alla fine, a lottare per il successo di giornata potrebbero essere proprio i “caporioni” che poi vedremo sfidarsi anche sulle aspre vette alpine.
Un po’ Totò e un po’ Ninetto Davoli, ecco come si sentiranno i “girini” al raduno di partenza dell’11a tappa, quasi vestendo i panni che i due celebri attori indossarono nel film “Uccellacci e uccellini” (1966) quando, diretti dal grande Pier Paolo Pasolini, interpretarono il ruolo di due frati inviati da San Francesco in persona a evangelizzare i falchi e i passeri. La loro sarà un’impresa non di poco conto, quasi paragonabile alla fatica che vedrà impegnati oggi i corridori, che dovranno “addomesticare” la caterva di salitelle caratterizzati l’intero tracciato di gara. Sarà un continuo salire e scendere, con rarissime concessioni alla pianura, che alla fine renderà questa tappa ostica quanto un tappone di montagna. A sera si saranno affrontate – senza contare i “mangia e bevi” di modesta entità – qualcosa come 15 salite, percorrendo complessivamente quasi 60 Km all’insù, nel corso dei quali si dovrà superare un dislivello totale di quasi 2600 metri, superiore – per fare un paragone – a quello della prima frazione alpina (Grossglockner). È un tracciato, quello della Tortoreto Lido – Castelfidardo, da non sottovalutare assolutamente perché, se si dovesse verifcare una situazione di gara simile a quella vista l’anno scorso tra Lucera e L’Aquila, stavolta sarà ancora più arduo organizzare gli inseguimenti, complice anche la tortuosità del percorso. E, nella sera di Castelfidardo, potrebbero essere diversi a masticare doppiamente amaro, anche perché un conto è dolersi per aver visto sfuggire il Giro in una tappa di montagna, ma è ancora più bruciante perderlo in collina.
Che questi siano tracciati esigenti lo testimoniano non solo la storia della Tirreno-Adriatico, che spesso si è decisa a queste latitudini, ma anche un precedente della corsa rosa datato 1995, quando si arrivò a Loreto a capo di una tappa abbastanza simile a questa: ai piedi del celebre santuario a giocarsi il successo furono due dei primattori di quell’edizione, Maurizio Fondriest e lo svizzero Tony Rominger, che s’impose in maglia rosa, la stessa che porterà sino a Milano.
Anche sul piano nervoso e psicologico, infine, la tappa di Castelfidardo potrebbe incidere non poco e ancora il Giro di 16 anni fa ci mostra una conseguenza di questa sfaccettatura quando, il giorno dopo Loreto, Fondriest ebbe a sbottare e lamentarsi con il direttore Castellano, “reo” di aver proposto a sole ventiquattrore di distanza una tappa identicamente congeniata e che, a suo dire, si sarebbe potuto tranquillamente tracciare sulla litoranea, essendo prevista tra Porto Recanati e il medesimo centro che ospiterà lo start di questa spinosa tappa, Tortoreto Lido.
La località balneare abruzzese proporrà ai corridori l’ideale biglietto da visita di questa frazione poiché i primi 3 Km saranno già in ripida ascesa (media del 6,9%), percorrendo la strada che li condurrà nel centro storico dell’antico Castrum Salini, divenuto “Turturitus” in epoca medioevale in conseguenza di una lettera di papa Gregorio Magno nella quale, descrivendo questa terra, rimarcò la notevole presenza di tortore. Tornando per l’ultima volta al Giro del 1995, questa fu l’ultima asperità della frazione giunta al sottostante lido, vinta da Filippo Casagrande, il più giovane rampollo della famiglia che ha dato i natali anche a Francesco, secondo piazzato nell’edizione del 2000, conquistata da Stefano Garzelli.
Usciti dal territorio comunale di Tortoreto, si planerà nella Val Vibrata, percorsa dal torrente omonimo che ha le sorgenti sulla Montagna dei Fiori, l’estrema propaggine settentrionale dei Monti della Laga, sulla quale si trova anche la località turistica di San Giacomo, che ricordiamo essere stata sede di tappa tre volte alla Tirreno-Adriatico, una Trofeo dello Scalatore e una al Giro d’Italia (2002, vittoria dello scalatore messicano Julio Alberto Pérez Cuapio). Attraversato il centro di Nereto e affrontata una seconda asperità, decisamente più pedalabile rispetto alla precedente, il gruppo cambierà valle scendendo verso il fiume Tronto, in vista del quale si varcherà il confine con le Marche. Il tratto successivo sarà l’unico agevole di questa tappa poiché per quasi 8 Km s’incontrerà totale pianura, seguendo il tracciato della Via Salaria, la strada consolare che collegava Roma con Asculum e Castrum Truentinum (le odierne Ascoli Piceno e Martinsicuro) e che era utilizzata, in particolar modo tra la capitale dell’impero e la Sabina, per trasportare il sale, elemento prezioso al punto da essere utilizzato, all’epoca, anche come moneta e per stipendiare i legionari (da qui il termine “salario”).
Salutato il fondovalle si tornerà a inerpicarsi per raggiungere, attraversato il centro di Appignano del Tronto, il piccolo nucleo abitato di Ripaberarda, localmente noto come “la Troia” (una leggenda narra che fu fondato da un gruppo di esuli proveniente dalla celebre città turca) e situato sulle pendici nordorientali del Montagna dell’Ascensione, elevazione ritenuta quasi sacra dalle genti picene, secondo le quali sarà trasformato in una “ciammarica” (lumaca) chi, almeno una volta nella vita, non vi salirà. È un rischio che, dunque, non correranno i partecipanti al Giro 2011 e nemmeno chi prese parte all’ultima edizione della Tirreno, che inserì questa lunga ma facile ascesa (circa 14 Km al 2,6% complessivo) all’ultimo momento, nel percorso alternativo della frazione di Colmurano. Transitati non lontano da Montalto delle Marche (paese natale di Giuseppe Sacconi, l’architetto che progettò il Vittoriano di Roma), si scenderà nella valle dell’Aso, fiume il cui corso funge per un lungo tratto da confine naturale tra la provincia di Ascoli Piceno e quella di Fermo, istituita nel 2004 e divenuta operativa nel giugno 2009. Nel territorio di quest’ultima si svolgerà il tratto successivo, che vedrà i “girini” risalire il Matenano, raggiungendo in 5,5 Km (media del 5%) la vetta del monte, oggi letteralmente fagocitata dal centro sorto attorno all’abbazia fondata nell’890 da un gruppo di monaci provenienti dal monastero di Farfa e fuggiti per sottrarsi alle scorribande saracene.
Ci troviamo nel cuore di questa frazione che, giunta metà del suo cammino, proporrà l’ostacolo più arduo di giornata salendo verso il centro di Penna San Giovanni. È un nome nuovo quello di questo comune per il ciclismo e, pur non raggiungendo picchi estremi come accade sui muri di Colmurano e Montelupone, se la sorte lo aiuterà potrebbe entrare nella nomenclatura delle future edizioni della Tirreno, forte di pendenze significative nella seconda parte. Gli ultimi 4,4 Km – preceduti da 2,5 Km pedalabili (ma con uno strappo al 18%) e da una lunga e sensibile contropendenza – riserveranno, infatti, un’inclinazione media dell’8%, con un altro picco al 18%, per arrivare a rasentare i 600 metri di quota, “Cima Coppi” giornaliera e secondo dei quattro GPM previsti.
Decisamente acclive, stavolta fino al 19%, sarà anche la discesa, che deporrà il gruppo esattamente ai piedi della difficoltà successiva, forse ancora più insidiosa della precedente, anche se non così impegnativa. C’è un tranello perché sulla carta e allo sbrigativo esame numerico paiono pedalabili i 3,7 Km al 5% verso Sant’Angelo in Pontano, centro conosciuto per la produzione artigianale di oggetti in paglia (soprattutto borse, cestini, pupazzi e stuoie). L’abbrivo è, però, impegnativo ed entro i primi 2000 metri s’incontreranno strappi sino al 14%.
Usciti dalla fase centrale di questa giornata – il tridente Santa Vittoria-Penna-Sant’Angelo – il percorso si farà più meno “agitato”, rimanendo comunque poco propenso alle rincorse alle “lepri”. Nei successivi 30 Km si aggirerà, prima a occidente e poi a settentrione, uno dei più noti comprensori calzaturieri italiani, i cui principali centri – tutti arroccati in collina – si sono fatti un nome anche in campo ciclistico, accogliendo a rotazione numerose e talvolta decisive frazioni della “corsa dei due mari”, com’è soprannominata la Tirreno – Adriatico, competizione ideata nel 1966 da Franco Mealli e oggi gestita, come il Giro, la Sanremo e il Lombardia, dalla Gazzetta dello Sport. Per ottenere un’ulteriore conferma dello spessore tecnico di questi percorsi collinari basta proprio dare una scorta agli ordini d’arrivo registrati in questi comuni: su tutti, ci limitiamo a segnalarvi quello della frazione terminata a Monte San Pietrangeli nel 1982 e conquistata dal tre volte vincitore del Tour de France Greg Lemond. Mica bruscolini.
Spezzerà questo tratto una ripida discesa di poco più di 3 Km, che inizierà nel centro di Loro Piceno, immediatamente seguita da una salitella che porterà il gruppo ad attraversare, per poche centinaia di metri, la riserva naturale istituita nel 1985 nei territori circondanti l’abbazia di Chiaravalle di Fiastra, il monastero più importante della regione, donate ai cistercensi nel 1142 dal duca di Spoleto Guarnerio II. Procedendo a saliscendi ci si porterà quindi a Corridonia, centro che in periodo fascista assunse l’attuale denominazione – in memoria del sindacalista Filippo Corridoni, caduto sul Carso durante la prima guerra mondiale – pensionando il vecchio toponimo di Pausula, che faceva riferimento all’antica città romana di Pausulae, distrutta dai goti o dai longobardi e situata nel luogo dove oggi sorge l’interessante chiesa romanica di San Claudio al Chienti.
Scesi nella valle del Chienti, uno dei principali fiumi marchigiani, inizierà l’ultimo settore di colli che caratterizzerà i 40 Km che mancheranno al traguardo di Castelfidardo. Inizialmente si taglierà nel mezzo la fascia collinare che collega Macerata al mare, andando ad affrontare per prima la pedalabile salita di Morrovalle (3,9 Km al 4,7%). Dopo un ulteriore strappo di poco meno di 2 Km, si passerà a oriente di Montelupone, planando poi verso la valle del Potenza seguendo una strada parallela a quella del muro ma assai meno pendente. Toccherà quindi all’ermo colle leopardiano di Recanati, che sarà raggiunto passando dalla “finestra”, ossia da una stradina secondaria che proporrà 3,3 Km al 6,5%, non privi di “randellate” poiché si raggiungeranno un 15% a metà strada e poi un’altra identica punta nell’attraversamento del centro. Il vorticoso finale dell’undicesima fatica riserverà ora la veloce planata verso la penultima difficoltà, i 2,1 Km al 4,3% che termineranno alle porte di Loreto, dove si transiterà ai piedi delle strutture fortificate erette nel medioevo per proteggere il Santuario della Santa Casa, uno dei più venerati al mondo, dalle scorrerie dei saraceni che, nel 1518, erano riusciti a invadere la vicina Porto Recanati.
Siamo oramai agli sgoccioli di questa dispendiosa tappa che ora andrà a proporre l’ultimo sforzo quando, lambita la selva che il 18 settembre del 1860 fu teatro delle fasi salienti della battaglia che contrappose le truppe piemontesi a quelle dello Stato Pontificio e che costituì un’importante tappa del processo unitario, si attaccheranno i 3,3 Km conclusivi che, con una media del 4,5%, condurranno i partecipanti alla corsa rosa ai piedi del centro storico di Castelfidardo. La patria della fisarmonica potrebbe davverlo suonarle a parecchi.
I VALICHI DELLA TAPPA
Valico di Croce Rossa (452m). Non segnalato sul testo di riferimento “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo), è valicato dalla strada che mette in comunicazione Rotella con la SS 433 “della Val d’Aso”.
Valico delle Crocette (75 m). Sovrastato dall’omonimo e boscoso colle, è valicato dalla SS 16 “Adriatica” tra il bivio per Numana e l’ossario della battaglia di Castelfidardo. Si tratta di uno dei valichi più bassi d’Italia che, nella speciale classifica stilata su “Valichi stradali d’Italia”, occupa il 25° posto dal basso, con il passo più “nanerottolo” costituito dall’anonimo Bocchetto, che si trova sull’Isola d’Elba (lungo la strada che collega Porto Azzurro a Rio nell’Elba) e che è alto appena 22 metri sul livello del mare.
Mauro Facoltosi
MODIFICHE AL PERCORSO
Modificata tutta la fase centrale della tappa. Dopo l’ascesa di Ripaberda non si affronteranno i GPM di Santa Vittoria in Matenano, Penna San Giovanni e Sant’Angelo in Pontano, sostituiti da quelli di Monte Vidon Combatte, Rapagnano e Morrovalle. Ascese meno impegnative ma la modifica non intacca le caratteristiche “trappola” del percorso, che sarà più corto di 16 Km rispetto al disegno originario
FOTOGALLERY
Foto copertina: anonimo scorcio delle colline marchigiane (www.cultura.marche.it)