ALLA SCOPERTA DEI MURI BASSI

Non sono solo le otto tappe di montagne e le due frazioni a cronometro a essere segnalate in rosso nell’elenco delle tappe dl Giro 2024. Ci sono anche giornate apparentemente interlocutorie nelle quali si farà molta fatica e che potrebbero avere un peso non indifferente in classifica, se i “girini” dovessero interpretarle al massimo o se qualche big dovesse soffrire una giornata storta. Una di queste è la frazione che condurrà il gruppo a Fano, forte di 2100 metri di dislivello sbriciolati sui colli marchigiani, dove si farà una vera e propria scorpacciata di “muri bassi”….

NOTA:: il percorso è stato modificato in due punti rispetto a quanto sotto indicato. Dopo la salita di Osimo non si affronteranno le ascese di Monti e Mazzangrugno, sostituite da quella di San Paterniano (1.2 Km al 7.5% con un picco del 14%). Infine, dopo quella di Mondolfo non si andrà a scalare quella di San Costanzo, al posto della quale si percorrerà il ripido muro di Monte Giove, sul quale si raggiunge una pendenza massima del 20%, il tutto reso ancor più selettivo dalla strada molto stretta.

È un termine che ha coniato Mauro Vegni, il direttore del Giro d’Italia. Con “muri bassi” il più esperto organizzatore italiano, la cui carriera è iniziata spalleggiando Franco Mealli nell’allestimento del palcoscenico della Tirreno-Adriatico, si riferisce all’autentico mare di colline che punteggiano l’entroterra marchigiano, salite brevi e mai estreme che per anni hanno costituto la principale ossatura del tracciato della “Corsa dei due Mari”. Nelle stagioni più recenti la corsa è stata radicalmente trasformata in una sorta di Giro d’Italia in miniatura, inserendo cronometro e tappe di montagna e andando alla ricerca di muri sempre più “alti” sotto l’aspetto delle pendenze, verticali come quelle di Ortezzano e di Montelupone per fare un paio di nomi. Così sono stati relegati in un angolo i “muri bassi”, salite che prese singolarmente non fanno male ma se affrontate in serie e in gran numero possono rendere una tappa molto più dura e selettiva di quel che suggerisce il grafico altimetrico. Lo dimostra già l’esame numerico della frazione odierna, che ci dice che negli ultimi 130 Km sarà concentrata la totalità del dislivello giornaliero, 2100 metri “sbocconcellati” tra 14 brevi ascese, in qualche caso dotate comunque d’inclinazioni importanti. I tratti di respiro tra una collina e l’altra saranno brevi e non consentiranno molti margini di manovra al gruppo impegnato nel tentativo di riavvicinarsi al plotoncino in fuga. Oggi, infatti, sarà la fuga ad avere le maggiori possibilità di andare in porto e se in quel drappello dovesse ritrovarsi qualche uomo ben messo in classifica dietro potrebbe scatenarsi una bagarre tale da mettere in crisi qualche corridore di peso. E, per quanto detto sopra, chi si trovasse a perdere terreno su di un tracciato del genere dovrà spendere parecchio per riagganciarsi alla coda del gruppo, sempre che ce la si faccia.
Prima di arrivare sulle colline bisognerà, però, macinare parecchi chilometri in totale pianura e anche i primi 54 Km totalmente sgombri di difficoltà potrebbero avere un peso e rivelarsi l’ago della bilancia verso il quale penderanno gli esiti della tappa, perché questo tratto potrebbe invogliare una partenza molto veloce e, di conseguenza, dispendiosa, un qualcosa di molto probabile perché spesso in questi ultimi anni si sono viste partenze “razzo”, viaggiando a quasi 50 Km/h e talvolta oltre questa soglia, anche in tappe di alta montagna.
Si partirà da Martinsicuro, la località balneare più settentrionale d’Abruzzo, e subito dopo il via si entrerà in territorio marchigiano alle porte di San Benedetto del Tronto, località che deve la sua fama ciclistica al fatto d’esser la sede d’arrivo dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico fin dalla seconda edizione di questa corsa, creata nel 1966 per proporre un’alternativa alla Parigi-Nizza nella marcia d’avvicinamento alla Tirreno-Adriatico. Sfiorata la Torre dei Gualtieri, principale monumento di San Benedetto, si procederà in linea retta lungo il litorale noto come “Riviera delle Palme” portandosi a Grottammare, nel cui centro storico, inserito nel novero dei “Borghi più belli d’Italia”, si può ammirare la Chiesa di Santa Lucia, fatta realizzare da Papa Sisto V nel luogo dove si trovava la casa natale del pontefice, che sedette sul soglio di San Pietro per cinque anni tra il 1585 e il 1590.
Il tratto successivo si svolgerà ai piedi delle colline sulle quali stanno appollaiati i borghi che costituiscono il cosiddetto “distretto calzaturiero fermano”, piccoli centri che a turno hanno quasi tutti ospitato arrivi di tormentate tappe della citata Tirreno-Adriatico, spesso conquistate da corridori di prestigio a conferma della validità di quei percorsi e dell’impegno che richiedono: qui ci limitiamo a ricordare le affermazioni di corridori del calibro di Giuseppe Saronni, di Greg LeMond – che nel 1982 s’impose a Monte San Pietrangeli a soli vent’anni d’età – di Moreno Argentin e di Maurizio Fondriest, di Óscar Freire e di Paolo Bettini e di Peter Sagan, nomi che altrove sono andati ad arricchire l’albo d’oro di Giri, Tour, Vuelte, classiche e mondiali.
Arrivati a Civitanova Marche il gruppo saluterà il mare, che rivedrà solo a pochi chilometri dal traguardo, per iniziare la scorpacciata di colline, introdotta dalla salita verso il borgo di Civitanova Alta, 2.4 Km al 5.2% all’interno dei quali – come la perla di un’ostrica – è concentrato un troncone di 400 metri al 9.5%: saranno questi piccoli muretti, sparsi qua e là nel tracciato e che non era possibile evitare, i principali scogli di un tracciato nel quale potrebbero incagliarsi le speranze di qualche pretendente alla maglia rosa.
Seguirà un tratto in quota che condurrà verso la collina successiva, 1.8 Km al 6.1% che si estingueranno alle porte del citato centro di Montelupone, in vetta al cui tremendo muro sono terminate due frazioni della Tirreno, entrambe conquistate da uno specialista di questi finali, lo spagnolo Joaquim Rodríguez.
Scesi ad attraversare la valle del fiume Potenza, se ne risalirà l’altro versante in direzione di Recanati, alla quale si salirà percorrendone una strada d’accesso secondaria, che propone 2.7 Km d’ascesa al 7.7%. Non si tratta di numeri particolarmente “allarmanti” ma proprio all’inizio c’è uno scalino di quasi mezzo chilometro al 13.3% al quale fa eco un secondo balzo di 400 metri al 12.8% proprio all’ingresso della città di Leopardi, nato il 29 giugno del 1798 nel palazzo di famiglia, ancora oggi abitato dai discendenti del poeta e nel quale è si può ammirare la sterminata biblioteca (più di ventimila volumi) qui raccolta dal conte Monaldo e alla quale ebbe la possibilità di “attingere” sapienza il figlio Giacomo.
Avevamo anticipato che non ci saranno solo salite e discese nel toboga degli ultimi 130 Km e proprio ora i corridori avranno la possibilità di pedalare sulla perfezione della pianura per circa 7 Km, una volta planati da Recanati verso la piana sottostante il borgo di Castelfidardo, noto per la produzione di fisarmoniche – attività che ha le sue origini nel 1863 – e per la battaglia combattuta il 18 settembre 1860 tra l’esercito sabaudo e quello dello Stato Pontificio, uscito sconfitto dal combattimento che come conseguenza ebbe l’annessione dell’Umbria e delle Marche all’allora Regno di Sardegna, un anno prima della definitiva unità italiana.
Dopo questo intervallo nel quale rifiatare tornerà l’ora di andare a lezioni di salita, anche se non si annunciano particolarmente difficili le due ascese consecutive di San Sabino (1.1 Km al 5.8%) e Osimo (1.3 Km al 6%), anche perché quest’ultima sarà affrontata da un versante più pedalabile rispetto a quello che prevede il breve e irto muro in acciottolato della Costa del Borgo, che si percorse nel 2018 quando nella centralissima Piazza del Comune s’impose Simon Yates: era l’edizione del Giro partita da Gerusalemme e terminata a Roma con la consegna dell’ultima maglia rosa a Chris Froome, autore di una straordinaria impresa a Bardonecchia nel tappone del Colle delle Finestre.
Un altro tratto scorrevole – il più lungo di questo finale dall’alto dei suoi 8.5 Km – deporrà i “girini” ai piedi della salita di Monti (1700 metri al 6.8%), seguita da un tratto vallonato in quota che s’imboccherà in direzione del luogo dove si trovava la medioevale Torre di Jesi, demolita dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Nei successi 26 Km si ricalcheranno le rotte della tappa di Jesi del Giro del 2022, frazione che si può quasi considerare una versione “soft” di quella di Fano, con molti meno colli e dislivello da superare e, in effetti, in quell’occasione la selezione fu molto contenuta poiché a giocarsi la vittoria in volata nella “patria del Verdicchio” arrivò un gruppo folto di 28 corridori, regolati dall’eritreo Biniam Girmay, entrato quel pomeriggio nella storia del ciclismo per essere stato il primo (e finora unico) corridore di colore a essersi imposti in una tappa di un grande giro. Come quel pomeriggio di due anni fa si andrà così ad affrontare lo strappo di Mazzangrugno (1 Km al 6.6%) e poi l’ascesa verso Monsano, 1400 metri al 7.1% che iniziano nei pressi del santuario di Santa Maria fuori Monsano, eretto a partire dal 1471 nel luogo dove la Madonna era apparsa sopra un olmo, dal quale sarebbe scesa a tracciare sulla neve la pianta di una cappella da erigere in suo nome.
Lasciate le rotte della tappa di Jesi il gruppo s’infilerà in un tratto di circa 10 Km che solo apparentemente è pianeggiante, ma che in realtà è “inquinato” che da piccoli dislivelli che certamente rimarranno nelle gambe se qualcuno, da quelle parti, “pesterà” duro sui pedali. Anche perché all’uscita di questo tratto ci si troverà a fare i conti con una delle salite più ripide inserita nel tracciato, lunga solo mezzo chilometro ma caratterizzata da una pendenza media del 12.2% e da una scoscesa “parete” finale che termina alla soglia di Ostra, borgo che secondo la leggenda fu fondato dopo il 410 a.C. da un gruppo di abitanti dell’omonima cittadina romana che era stata saccheggiata e distrutta dai visigoti. Scesi ad attraversare il corso del fiume Misa riprenderà l’ottovolante di giornata per affrontare la salita che sulle cartine del Giro è stata definita con il semplice nome di “La Croce” e che è composta di due rampe separate da una breve contropendenza: pedalabili sono i primi 1.6 Km al 4.3% che conducono al borgo di Ripe, un pelo più “croccante” è il tratto conclusivo, pure lungo 1600 metri e caratterizzato da un’inclinazione media del 6.7% e da un altro piccolo muretto negli ultimi 400 metri, nel corso dei quali la media torna a schizzare sopra il 12%. Movimentata da un paio di tornanti sarà la successiva discesa, “tourniquets” che s’incontreranno all’uscita da Monterado, nel cui centro si erge l’imponente castello innalzato dopo il 1267, quando il priore del monastero di Fonte Avellana concesse la fondazione del borgo, e trasformato in residenza principesca dopo che nel 1810 era stato concesso in appannaggio al viceré d’Italia Eugenio di Beauharnais, la cui madre era Giuseppina, andata in sposa in seconde nozze nel 1796 con Napoleone Bonaparte.
A questo punto si può dire che il “grosso” della tappa sia messo alle spalle, anche se mancheranno ancora due piccole fette del dislivello odierno da superare, anche se in nessun caso ci si troverà a fare i conti con tratti veramente difficili. Settecento metri al 6.5%, tanto misura la successiva salita che si dovrà affrontare per raggiungere il borgo di Mondolfo, ai piedi delle cui mura fino all’inizio del secolo scorso non era raro trovare i cittadini impegnati nel caratteristico gioco del pallone con il bracciale, mentre oggi lungo le vie del centro storico si possono ammirare i murales che tra il 2019 e il 2020 hanno dato vita alla cosiddetta “Galleria Senza Soffitto”. Dopo più di cento chilometri trascorsi sulle serpeggianti strade dell’entroterra il gruppo tornerà a respirare l’aria del mare all’altezza di Marotta, stazione balneare il cui nome (in antichità “Mala Rupta”, ovvero mala rotta) ricorda la tremenda disfatta subita da queste parti dall’esercito cartaginese in occasione della Battaglia del Metauro, episodio della seconda guerra punica che ebbe tra le sue vittime il generale Asdrubale Barca, fratello minore del più celebre Annibale. Ritrovate le rive dell’Adriatico, quasi subito si tornerà ad allontanarsi dal litorale per andare incontro all’ultimo ostacolo altimetrico di giornata, più consistente rispetto a quello di Mondolfo perché si devono “subire” – è proprio il caso di dirlo dopo tutti i saliscendi di giornata – i 2.2 Km al 6.1% che portano verso San Costanzo, borgo al quale gli appassionati di turismo gastronomico salgono due volte l’anno in occasione della centenaria Sagra Polentara, che si tiene in marzo e in luglio e che testimonia come questo rustico alimento non abbia le radici piantate solo nella Pianura Padana. Dopo l’ultimo tributo alla salita, la pianura i corridori si accingeranno a ritrovarla negli ultimi 6 Km, ma – se si vuole essere pignoli fino al midollo – ci sarà ancora un ultimo, microscopico dislivello da superare; giunti al cospetto del Bastione Sangallo, uno dei pochi tratti oggi visibili delle antiche mura malatestiane di Fano, quando mancheranno solo 800 metri la statale adriatica compierà una brusca svolta a sinistra per aggirare il centro storico e proprio in quel momento sotto le ruote dei “girini” farà la comparsa una pendenza lievissima, un per cento appena, 1.7% al massimo. Sono piccoli numeri ma, al termine di una tappa che di metri di dislivello ne ha proposti più di duemila, possono farsi sentire: non si può certo perderci un Giro, ma per chi oggi si troverà davanti con i primi a sgomitare per la vittoria di tappa potrebbero rivelarsi un ostacolo insormontabile dopo le tante energie spremute sui colli marchigiani.

Mauro Facoltosi

L’Arco d’Augusto a Fano e l’altimetria della dodicesima tappa (www.comune.fano.pu.it)

L’Arco d’Augusto a Fano e l’altimetria della dodicesima tappa (www.comune.fano.pu.it)

I VALICHI DELLA TAPPA

Passo di Monsano (183 metri). Valicato dalla Strada Provinciale 18 “Jesi – Monterado” tra Jesi e San Marcello. Coincide con il bivio con Monsano e con la Strada Provinciale “della Barchetta”, dalla quale proverranno i corridori. Il Giro vi è transitato l’ultima volta nel finale della tappa Pescara – Jesi, vinta dall’eritreo Biniam Girmay: il primo corridore a transitare al GPM di Monsano, 1.6 Km prima di arrivare al valico, era stato il lucano Domenico Pozzovivo.

Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).

CIAK SI GIRO

Ci sono film che nel corso degli anni sono diventati veri e propri “cult”, nonostante talvolta siano stati accolti con tiepidezza dalla critica e dagli esiti dei botteghini. Uno di questi è, indubbiamente, “L’allenatore nel pallone”. Alzi la mano chi ha visto almeno una volta questa pellicola, uscita nel 1984 e divenuta un autentico tormentone dei palinsesti cinematografici non solo grazie all’interpretazione di Lino Banfi ma anche alla trama “cucita” letteralmente addosso all’attore pugliese da un team di sceneggiatori che comprende lo stesso Banfi e ben tre registi, Sergio Martino – che “firmerà” l’opera – Romolo Guerrieri e Pier Francesco Pingitore, quest’ultimo principalmente conosciuto per essere l’autore dei programmi televisivi di satira messi in scena dalla compagnia del “Bagaglino”. La fama del film è stata tale che molti degli appassionati snocciolano oramai a memoria le battute di Oronzo Canà, l’improbabile allenatore che si ritrova proiettato nella serie A dopo esser stato nominato mister della neopromossa Longobarda. E molti altri “tifosi” di Canà non hanno esitato negli anni a recarsi in visita, quasi un pellegrinaggio, nei luoghi dove è stata girata la pellicola, tra il Lazio (la casa di Canà si trova a Marino, sui Colli Albani) e il Brasile, dove Banfi fu in azione tra lo storico stadio Maracanà e il sottostante campetto (oggi non più esistente) dove Canà incontrerà per la prima volta il giovane talento Aristoteles. Ma che c’entra tutto questo con le Marche e con i luoghi attraversati dai corridori? C’entra eccome perché è da lì che tutto ha inizio: prima ancora che entri in scena Oronzo Canà è a San Benedetto del Tronto che si gioca la partita che, al termine del campionato di serie B, spalanca alla Longobarda le porte della massima categoria. Il set prescelto da Sergio Martino fu lo stadio Fratelli Ballarin, intitolato alla memoria di due calciatori deceduti nella Strage di Superga. L’impianto era in corso di dismissione e già dal 1985 sarà sostituito dal nuovissimo Stadio Riviera delle Palme, dove lo stesso Martino tornerà a distanza di un anno per girare “Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone”, film che nelle intenzioni originali avrebbe dovuto costituire il sequel del “L’allenatore nel pallone”. Per motivi mai rivelati, però, la partecipazione di Banfi saltò all’ultimo momento e così la produzione si vide costretta a modificare la trama sostituendo Canà con il severissimo allenatore argentino Juan Carlos Fulgencio, la cui interpretazione fu affidata all’attore siciliano Leo Gullotta. Forse proprio a causa dell’assenza di Banfi il film non ottenne il successo del precedente e per rivedere Canà in azione bisognerà attendere quasi 25 anni, quando lo strampalato allenatore pugliese sarà invitato a tornare a dirigere la Longobarda ne “L’allenatore del pallone 2” (2008), ma anche in questo caso non si riuscì a raggiungere la fama del primo capitolo.

In collaborazione con www.davinotti.com

Le scene della partita che spalanca alla Longobarda le porte delle Serie A: solo le scene iniziali de “L’allenatore nel pallone” (www.davinotti.com)

Le scene della partita che spalanca alla Longobarda le porte delle Serie A: solo le scene iniziali de “L’allenatore nel pallone” (www.davinotti.com)

Qui potete vedere le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/l-allenatore-nel-pallone/50002209

FOTOGALLERY

La spiaggia di Martinsicuro

San Benedetto del Tronto, Torre dei Gualtieri

Grottammare, Chiesa di Santa Lucia

Vista panoramica da Sant’Elpidio a Mare verso i colli del distretto calzaturiero fermano

Recanati, Palazzo Leopardi

Il borgo di Castelfidardo visto da lontano

Osimo, Piazza del Comune

Jesi, Teatro Pergolesi

Monsano, Santuario di Santa Maria fuori Monsano

Il muro di Ostra

Castello di Monterado

Le antiche mura di Mondolfo

Fano, Bastione Sangallo

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