TERMOLI – TERAMO. FAST & FURIOUS, UN POMERIGGIO D’ORDINARIA FOLLIA
Sarà una frazione da bere tutta di un fiato la decima del Giro 2011. Tolti gli zampellotti di Vasto e Ortona, nessuna “grana” attenderà gli sprinter lungo la strada per Teramo, anche se nel finale – in dolcissima ma costante ascesa – dovranno guardarsi le spalle dagli assoli di chi tenterà di sovvertire il finale più scontato e che potrebbero rendere più complicate preparazione e svolgimento della “coltellata”.
Il ciclismo ha due follie. Una è quella delle anacronistiche strade della Roubaix, che impegnano i corridori in funambolismi e acrobazie per rimanere in piedi sulle sconnesse pietre dell’”Inferno del Nord”. L’altra è quella che il grande Bruno Raschi definì come la “coltellata finale”, ossia la volata, quel momento di gara che vede decine di corridori lanciarsi a 70 all’ora nei rettilinei d’arrivo per andarsi a prendere una vittoria che, comunque, sarà sempre e comunque di uno solo. È una sfida violenta, nella quale si mette in gioco anche l’incolumità personale, in particolar modo quando anche corridori che proprio velocisti non sono si gettano nella mischia. Sembra il caso della frazione che i “girini” si appresteranno ad affrontare, una delle più semplici dell’edizione 2011 ma condita da una lenta e costante pendenza negli ultimi 25 Km. È un tipo d’inclinazione che non preoccuperà più di tanto gli sprinter ma che motiverà i tentativi di molti e che porterà a volate “inquinate”, nelle quali sovente si finisce – per l’inesperienza di alcuni allo specifico esercizio – col baciare asfalto e transenne. La storia del ciclismo è piena di episodi di brutte cadute allo sprint e questa giornata darà modo al gruppo di ricordarne due, una delle quali, purtroppo, conclusasi tragicamente, quando la carriera e la vita dell’abruzzese Alessandro Fantini finirono per sempre sul rettilineo di Treviri, al Giro di Germania del 1961. Al contrario, quasi “fantozziano” si può definire ciò che accadde proprio a Termoli – la località dalla quale, dopo il riposo, il Giro inizierà la risalita dello stivale italico – il primo giugno del 1987, giorno della più grande caduta di gruppo della storia della corsa rosa. Si arrivava da Bari, al termine di una tappa di quasi 210 Km totalmente pianeggiante e quindi votata alla volata. A quattrocento metri dall’arrivo una sbandata, per evitare una macchia d’olio, portò “Guidone” Bontempi molto vicino all’olandese Hermans e i loro manubri s’incrociarono. Risultato: le due bici si aprirono a libro, creando una sorta di “muro” contro il quale si schiantò tutto il gruppo e provocando la monumentale caduta di una trentina di corridori, un groviglio nel quale furono coinvolti anche la maglia rosa Roche – non era ancora scoppiata la guerra “fraticida” con Visentini – e Beppe Saronni.
Memori di questi precedenti e ben consci d’evitarli i corridori oggi muoveranno da una dei principali centri del Molise, l’unico di questa regione ad affacciarsi direttamente sulle acque dell’Adriatico e noto anche per la sua vasta area industriale, nella quale è presente anche un importante stabilimento della FIAT.
Seguendo la statale adriatica, direttrice sulla quale si svolgerà gran parte di questa tappa, dopo una ventina di chilometri e dopo aver sfiorato la marina di Montenero – che non ha dato i natali solo all’onorevole Antonio Di Pietro ma anche a Nello Milizia, portiere che ha militato, tra le altre formazioni, nelle file dell’Atalanta – il gruppo farà il suo ingresso in Abruzzo. Poco più avanti si lascerà il mare per affrontare la facile salita verso Vasto, inserita non soltanto per il mero scopo di proporre ai corridori la quotidiana pendenza. L’antica Histonium, fondata secondo una leggenda dal mitico Diomede, è, infatti, un centro saldamente legato alla storia della nostra nazione e anche a quella del Giro. Vastese, infatti, era il predicatore Teodorico Pietrocola Rossetti che, durante la sua opera di evangelizzazione, diede un notevole aiuto al progetto unitario, trovando pure il tempo di coltivare diverse amicizie, come quello che lo legò allo scrittore inglese Lewis Carroll, per il quale tradusse e diffuse in Italia “Alice nel paese delle meraviglie”. Al 1932 risale, invece, il legame di Vasto col Giro, quando sulla scrivania di Armando Cougnet fu portato un corposo plico contentente una raccolta di firma di cittadini vastesi, che richiedevano con forza il passaggio della corsa rosa o almeno un arrivo nelle vicinanze. Pur ribadendo che sarebbe stato impossibile accontentare tutti, il direttore del Giro accolse la loro richiesta e già in quello stesso anno ci fu un arrivo nella non lontana Lanciano, dove s’impose Learco Guerra. Per vedere un arrivo “confezionato” in casa si dovrà però attendere fino al 1959, quando Gastone Nencini si impose su di un traguardo replicato in altre quattro occasioni, l’ultima nel 2000.
Ripresa la statale rivierasca, si tornerà a pedalare sul velluto – nonostante l’intrusione di modesti saliscendi – per quasi una quarantina di chilometri, attraversando una serie di piccole località balneari, tutte “figlie” di centri situati sui colli dell’entroterra. Tra questi il più noto è Fossacesia, il paese natale di Fantini, affacciato sul cosiddetto “Golfo di Venere”, piccola baia che deriva il nome da un tempio dedicato alla dea della bellezza e situato sulla collina dove si trova dal XIII secolo l’Abbazia di San Giovanni in Venere, una delle più rilevanti della regione.
Scavalcata anche la facile collinetta di Ortona, località balneare il cui porto è il principale dell’Abruzzo, le salite diventeranno un ricordo nei successivi cinquanta chilometri. Favorita anche da una planimetria avara di curve, la strada diventerà il regno della velocità, attraversando la terra natale di un personaggio che amava molto questa specialità, arrivando pure a sfidarla. Stiamo parlando di Gabriele d’Annunzio, che sulle acque del Garda prima conquistò il record mondiale di velocità marina e poi istituì la “Coppa dell’Oltranza”, competizione che oggi viene disputata da barche d’epoca (un po’ come avviene nel mondo del ciclismo amatoria con l’Eroica, la gran fondo che ha ispirato alla Gazzetta la nascita della “Strade Bianche”). Se fosse stato ancora in vita nel maggio 2001 avrebbe certamente dedicato un’ode al belga Rik Verbrugghe che, sospinto dal vento a favore, nel prologo tracciato nella sua Pescara in meno di 10 minuti spazzò via in un solo colpo tutti i record di Giro, Tour e Vuelta, pedalando per 7,6 Km a 58,874 Km/h. Si era andati più forte solo nel prologo di una corsa colombiana di meta anni 90 quando, coadiuvati anche dalla quota, si arrivò ad una media di 60 orari spaccati.
D’Annunzio, ovviamente, non è solo la “rapidità che striscia” (citazione del romanzo “Forse che sì, forse che no”) ma anche il “vate” autore d’immortali poemi e il passaggio dalle sue terre al teramano ce lo continuerà a ricordare. Infatti, dopo aver varcato il confine con la provincia che accoglierà le battute conclusive di questa tappa, la corsa toccherà Pineto, centro di genesi moderna, nato negli anni dell’Unità nazionale e venutosi a formare dopo la costruzione di una stazione ferroviaria. Prima di allora l’unico edficio era Villa Filiani, dimora che ai primi del ‘900 si agghinderà di una vasta e rigogliosa pineta piantata dai proprietari e nella quale il “vate” trasse l’ispirazione per la notissima lirica “La pioggia nel pineto”.
Basta distrazioni, a questo punto. Ancora qualche chilometro relativamente tranquillo e poi, giunti alle porte del centro “doppio” di Giulianova (da una parte i moderni quartieri marinari, dall’altra la città antica arroccata in posizione leggermente dominante e impreziosita dal duomo di San Flaviano), i “girini” affronteranno una secca svolta a sinistra, abbandondando le rive dell’Adriatico e prendendo a risalire l’ultimo tratto della valle del Tordino. Cambierà, dunque, anche l’ambiente, con l’azzurro del mare che passerà il testimone al verde dei colli preappenninici. Radi i centri abitati attraversati che, alternati a grigi insediamenti industriali, costituiscono le frazioni di più vetusti borghi collocati sui crinali, come Notaresco e Bellante. In aggiunta a tutto questo la salita, anche se si prenderà quota gradualmente, superando un dislivello di circa 260 metri. Un nulla se paragonata alla distanza che separerà Gulianova dal traguardo di Teramo e che i velocisti in gruppo interpreterrano con la massima attenzione. Questa sarà per loro la penultima possibilità poi, tra due giorni, finirà il Giro dei “nani” e comincerà quello dei “giganti”. Siamo a metà dell’opera
Mauro Facoltosi
MODIFICHE AL PERCORSO
Inserita la salita (facilissima) di Petacciato subito dopo il via
FOTOGALLERY
Foto copertina: vista panoramica di Teramo (www.teramo.com)