PRIMA VOLATA CON PIETRA D’INCIAMPO

Il Giro 2024 offre ai velocisti la prima occasione. Non sarà una volata facile, però, quella che andrà in scena sul rettilineo d’arrivo di Fossano, preceduto com’è da una breve salita, non dura ma tale da tarpare le ali a molti degli sprinter presenti in gruppo. E anche il giorno successivo ad Andora ci sarà chi dovrà masticare amaro.

Dopo una partenza insolitamente impegnativa – ma sarà così anche al Tour che quest’anno scatterà dall’Italia – i favoriti potranno tirare un sospiro di sollievo mentre per la prima volta in questa edizione del Giro entreranno in scena i velocisti. Anche gli sprinter, però, non avranno vita facile nelle prime occasioni a loro riservate perché sia la tappa di Fossano, sia quella successiva di Andora presenteranno nelle battute conclusive salitelle che inevitabilmente taglieranno fuori dai giochi per la vittoria molti dei pretendenti. Diversi sprinter potrebbero così finire con l’inciampare letteralmente in difficoltà come la “Salita della Posta”, nome con il quale i cicloamatori locali hanno battezzato la rampa di Via Narzole a Fossano, 1.6 Km al 5.1% che terminano a soli 3 Km dall’arrivo. Potrebbero bastare per rovinare la prima festa agli sprinter? Sì, se andiamo a vedere come finì il Giro del Piemonte del 2009 quando, con la “salita della Posta” da affrontare a ridosso dell’arrivo, al traguardo si presentò un gruppo ridotto a circa 35 elementi, nessuno dei quali riuscì a competere per la vittoria perché furono anticipato per soli 4 secondi dall’azione di sei corridori, regolati da uno specialista di questi finali come il belga Philippe Gilbert. Detto questo, considerato che a inizio Giro le energie complessive sono ancora fresche e i finali di tappa alla Corsa Rosa sono interpretati con piglio diversi rispetto a una gara di un giorno, non va comunque esclusa del tutto la possibilità di assistere a un arrivo in volata, seppur a ranghi giocoforza ridotti.
Per il resto la terza tappa dell’edizione 2024 si presenterà ben poco impegnativa, con abbondanza di tratti pianeggianti tra i quali sono state inserite piccole e isolate colline, semplici nelle pendenze e ben distanti dal finale di gara. Si partirà all’ombra della Basilica di San Gaudenzio, la più conosciuta chiesa di Novara, famosa per la sua cupola alta 121 metri e progettata da Alessandro Antonelli, lo stesso architetto che qualche anno più tardi innalzerà la Mole a Torino. La prima “tranche” di pianura, la più lunga tra le tre previste, si protrarrà per una sessantina buona di chilometri penetrando nella pianura padana, inizialmente in direzione di Vercelli. Attraversata la capitale del riso europea (in zona ne sono coltivate più di 100 qualità) il gruppo cambierà direzione per puntare verso il Monferrato e giungendo dopo una quarantina di chilometri dal via a Casale, centro che fu trasformato in una delle più prestigiose cittadelle d’Europa in epoca rinascimentale, quando signori della città erano i Gonzaga, qui ricordati per aver concesso agli ebrei di professare liberamente la loro religione (e, infatti, la locale sinagoga di stile barocco è una delle più belle e conosciute d’Italia). Siamo alle soglie delle colline del Monferrato, che i corridori a breve attraverseranno andando ad affrontare l’unica salita “ufficiale” di giornata, con i punti deI Gran Premio della Montagna che saranno assegnati – dopo 2.2 Km al 4.9% – alle porte di Lu, borgo dominato dalla Torre Civica e che fino al 2019, l’anno della fusione nel municipio di “Lu e Cuccaro Monferrato”, condivideva il primato di comune italiano dal nome più brevi assieme ai centri di Ne (Genova), Re (Verbano-Cusio-Ossola) e Vo’ (Padova). Si tornerà velocemente a pedalare sulle strade della pianura ora puntando su Quargnento, nel cui centro è possibile ammirare la basilica minore di San Dalmazio, l’unica presente nel territorio della diocesi di Alessandria, elevata a tale titolo da papa Giovanni Paolo II nel 1982. Si giungerà quindi a Solero, nel cui centro svetta il medioevale Castello Faà di Bruno, appartenuto alla nobile famiglia che ebbe tra i suoi esponenti musicisti, beati e soprattutto militari, tra i quali il generale dell’Esercito Italiano Antonino Faà di Bruno, principalmente conosciuto per l’attività d’attore intrapresa nell’età della pensione e ricordato in particolare per aver interpretato il Duca Conte Piercarlo Semenzara nel secondo capitolo della saga di Fantozzi, per la precisione nelle spassose scene ambientate al casinò di Montecarlo (A ui ue, la fortuna viene a me! Ui ue ua, la fortuna viene qua! A ue ui, la fortuna non va lì!).
Superato il corso del Tanaro si andrà quindi a percorrere le strade di Abbazia, la piccola frazione di Masio del quale è originario il “proprietario” del Giro (e dell’intera galassia RCS) Urbano Cairo ma che ha anche dato i natali a Giovanni Poggio, militare al quale nel 1860 furono amputate le braccia durante un assedio militare e le cui gesta furono narrate da Edmondo De Amicis ne “La vita militare”.
Seguitando in pianura, pur circondati dalle colline monferrine, il percorso risalirà ora la valle del Torrente Tiglione, sulle cui rive è stata progettata la piantumazione di 65.000 alberi che costituiranno quella che è già stata ribattezzata “autostrada verde”, voluta sia per arginare il fenomeno dell’erosione delle sponde, sia per ridurre i livelli dell’inquinamento. Sfiorato il borgo di Mombercelli, dove un ex carcere è stato trasformato nella sede di un piccolo ma interessante museo d’arte moderna, si andrà verso l’appuntamento con la seconda salita di giornata, mille metri esatti al 6.3% che conducono verso Ramello, piccola frazione di Vigliano d’Asti. Seguirà una discesa altalenante, interrotta da una breve risalita, che porterà a imboccare l’ultimo settore perfettamente pianeggiante, in gran parte disegnato nel corridoio naturale che separa le Langhe dalle colline del Roero. Lungo quest’ultima porzione scorrevole del tracciato si andrà a sfiorare la città di Alba, senza entrare nel cuore della capitale del tartufo bianco, tirando poi dritto in direzione di Bra. Anziché raggiungere quest’ultima si svolterà in direzione della sua principale frazione, quella Pollenzo che ebbe notevole importanza in epoca romana (era la città di Pollentia, citata anche da Plinio il Vecchio) e fu molto cara anche alla famiglia Savoia, che vi fece erigere uno dei suoi castelli, oggi privato mentre l’adiacente edificio che ospitiva l’Agenzia della Tenuta Reale è divenuto sede dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, fondata nel 2004 e direttamente gestita dal movimento culturale Slow Food.
Di lì a breve terminerà la “pacchia” della pianura e inizieranno le dolenti note per i velocisti del gruppo perché a una ventina di chilometri dall’arrivo si attaccherà la prima delle due salite che caratterizzeranno il tratto conclusivo. Il debutto è abbastanza impegnativo perché presentano un’inclinazione media del 9.6% i primi 500 metri dalla salita – complessivamente sono 1.1 Km al 6,7% – che conduce, movimentata anche da un paio di tornanti, al borgo di Cherasco, centro dalla pianta quadrilatera che racchiude, tra i tanti monumenti, la chiesa romanica di San Pietro. Stavolta non s’incontrerà la discesa, percorrendo per diversi chilometri in quota l’altopiano sorto alla confluenza dello Stura di Demonte nel Tanaro e sostanzialmente procedendo nuovamente in pianura per qualche chilometro, fino al lieve falsopiano che anticipa il passaggio da Salmour, centro che si ritiene fondato nel V secoli dai Sarmati, barbari originari delle steppe del Volga e dai quale prese poi il nome (in epoca romana Sarmatorium, poi temporaneamente italianizzato in Salmore durante il ventennio fascista). Solo ora si dovrà affrontare l’ultimo tratto in discesa di questa tappa, poco più di mille metri e una decisa pendenza media (7.1%) che termineranno ai piedi della cascina detta Castello della Nebbia. Un’altra nebbia, intanto, si profila all’orizzonte, quella della già preannunciata Salita della Posta, diradatasi la quale staremo a vedere quanti velocisti saranno riusciti a riemergere dalla coltre e a lanciarsi verso la prima volata del Giro 2024.

Mauro Facoltosi

Il castello dei Principi dAcaja a Fossano e l’altimetria della terza tappa (www.cuneodice.it)

Il castello dei Principi d'Acaja a Fossano e l’altimetria della terza tappa (www.cuneodice.it)

CIAK SI GIRO

Lo scorso 6 settembre ci ha lasciato Giuliano Montaldo, uno dei decani del cinema italiano. Nato nel capoluogo ligure il 22 febbraio del 1930 , il regista genovese debuttò come attore nel 1951 recitando diretto da Carlo Lizzani in “Achtung! Banditi!” poi, dopo le prime esperienze sul campo, decise di passare dall’altra parte della macchina da presa e otterrà le maggiori soddisfazioni, per l’appunto, da regista. La prima pellicola da lui firmata – anche come sceneggiatore – fu “Tiro al piccione”, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia del 1961 e ambientata nei difficili anni della Seconda Guerra Mondiale, per la precisione nel periodo successivo alla creazione della Repubblica di Salò, al cui esercito aderisce il protagonista Marco Laudato, interpretato dall’attore francese Jacques Charrier, principalmente conosciuto per aver sposato l’anno precedente Brigitte Bardot.
Per le riprese la produzione optò per il Piemonte e in particolare tutta la prima parte del film fu girata a Vercelli, dove si scelsero scorci talvolta caratterizzati da edifici in corso di demolizione che rivestissero il ruolo delle distruzioni belliche: è così fu, per esempio, “taroccato” da misero cortile con la biancheria stesa ad asciugare il chiostro dell’ex monastero di Santa Chiara, oggi sede del Museo Archeologico Città di Vercelli “Luigi Bruzza”. Oltre alla “capitale del riso” fu coinvolta nelle riprese la cittadina di Costanzana mentre quando l’azione si trasferisce sulle montagne al confine con la Svizzera la produzione si spostò in Valsesia, non lontano dalla celebre Varallo. Anche il Lago Maggiore fu immortalato nella pellicola e pure Roma ebbe un ruolo non secondario poiché la caserma vercellese frequentata dal protagonista in realtà non si trovava nella cittadina piemontese ma alle porte del popolare quartiere di Trastevere.

In collaborazione con www.davinotti.com

Jacques Charrier e l’attrice torinese Franca Nuti in azione presso l’ex monastero vercellese di Santa Chiara in “Tiro al piccione” (www.davinotti.com)

Jacques Charrier e l’attrice torinese Franca Nuti in azione presso l’ex monastero vercellese di Santa Chiara in “Tiro al piccione” (www.davinotti.com)

Le altre location del film

https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/tiro-al-piccione/50012509

FOTOGALLERY

Novara, la cupola della Basilica di San Gaudenzio

Vercelli, la centralissima Piazza Cavour

La sinagoga di Casale Monferrato

Lu, Torre Civica

Quargnento, Basilica di San Dalmazio

Solero, Castello Faà di Bruno

Alba, Duomo

Pollenzo, l’Agenzia della Tenuta Reale

Cherasco, chiesa di San Pietro

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