GOCCE DI PINOT: ALLA RICERCA DI UN RISCATTO ALLA VUELTA

novembre 1, 2023
Categoria: News

Dopo la delusione di un Giro d’Italia che l’ha visto costretto ad un precipitoso ritiro alla vigilia dell’ultima tappa Pinot è costretto a ricalcolare i suoi obiettivi stagionali indirizzandoli verso la Vuelta di Spagna e il Giro di Lombardia. Dopo aver concluso in terza posizione il Giro di Polonia Pinot si schiera ai nastri di partenza della corsa iberica con l’intenzione di “vendicare” la sfortuna che l’aveva colto alla corsa rosa. Ce la farà in maniera parziale perchè in classifica non andrà oltre la sesta posizione finale a quasi sei minuti da Simon Yates, ma otterrà due successi di tappa di peso in cima alla prestigiosa salita dei Lagos di Covadonga e sul traguardo pirenaico della Rabassa, nel Principato d’Andorra

COVADONGA DI STUDIO E AZZARDI: VINCE PINOT, BRILLA LÓPEZ, CONSOLIDA YATES

Dopo due intere settimane di gara, arriva la prima salita vera alla Vuelta, e regala subito una lotta ben più sfaccettata e appassionante, anche se il livellamento dei valori e le modeste difficoltà previe ne ridimensionano l’impatto.

Splendida salita, quella ai laghi di Covadonga, per i paesaggi che traspaiono fra le nubi basse ma anche per una struttura tecnica assai articolata che si presta a sorprese e rivolgimenti di fronte: una durezza costante lascia il passo a un segmento mortirolesco e senza respiro, prima di un finale che alterna muri e contropendenze. Uno dei pochi veri classici della Vuelta a España, anche se, sostanzialmente, mai accompagnata da un tracciato di tappa all’altezza. Quest’anno si nota un piccolo sforzo in tal senso, con la doppia salita al Mirador de Fito e addirittura il sofisticato avvicinamento per il colle di San Martín de Bada, uno strappo tortuoso su per una stradina secondaria e soprattutto una discesa assai tecnica. Ma non basta: troppo intervallate fra loro le altre asperità, e di caratura troppo inferiore rispetto a quella finale.
Le novità valgono giusto per consentire un bel palcoscenico al bravo García Cortina, enfant du pays che prende la fuga del mattino e poi se ne va in solitaria per sfilare per primo lungo la prima metà dei Lagos. Nessuna speranza per lui, e men che meno per la fuga, oggi, dopo le abbuffate della prima metà di Vuelta. Dietro infatti il gruppo è lanciato a un’andatura frenetica e spossante dall’Astana al gran completo, motivatissima a scommettere tutto sul proprio capitano, Superman López. Simon Yates è quasi isolato ma si gioca la carta Jack Haig sul Fito per dimostrare il proprio simbolico contributo alla causa, dopo le pesanti critiche ricevute per l’atteggiamento passivo del team quando, in tappe precedenti, già aveva vestito la maglia di leader. Il gemello, provato dal Tour, sembra in recupero e riesce a rimanere in zona più a lungo, ma senza mai davvero incidere nelle dinamiche di corsa. Non che ce ne sia necessità. Un’Astana così l’avevamo già vista al Giro, convinta e travolgente come uno schiacciasassi.
Il forte scalatore Omar Fraile mena le danze nella prima sezione dei Lagos, facendo stragi: d’altronde il suo cognome, “frate” in spagnolo, non potrebbe essere più adatto alle vicinanze del santuario di Covadonga. Fanno la loro parte, seppur brevemente, anche Bilbao, Hirt e Cataldo (gli altri, da Stalnov, a Villella e fino alla zeta di Zeits) si erano svenati in precedenza. Superman, però, non vede l’ora di fare da solo, e quasi rinuncia in toto al contributo degli ultimi gregari per lanciarsi in volo solitario da “lontanissimo”, almeno per gli standard del ciclismo moderno, a quasi otto km dal traguardo, più di venti minuti di sforzo in vista.
Alle sue spalle la Movistar gioca la carta dell’ecuadoregno Carapaz, un altro giovane di buone prospettive che brillò al Giro: il gruppo dei favoriti si screma ma López resta là davanti, benché mantenuto comunque a tiro. Kelderman e Gallopin cedono prestissimo, già sotto il flagellante ritmo di Fraile, poi è il turno di Buchmann e Izaguirre, Urán cerca di tenersi incollato al coda del gruppetto, ma soffre in una tira e molla infinito. Di fatto appena cede Carapaz alla caccia di López restano solo in sei: gli altri protagonisti della lotta per il podio, leggasi Simon Yates, Quintana e Valverde; il baby fenomeno Enric Mas che sta meglio ogni giorno che passa, man mano i suoi fastidi di salute scemano e le salite crescono; il solidissimo Kruijswijk, che conferma quanto di buono fatto vedere, seppur a sprazzi, in passato; e, infine, un altro grande personaggio forse leggermente sottovalutato del ciclismo contemporaneo, Thibaut Pinot, pure lui in rimonta dopo un inizio di Vuelta complicato e, com’è nel suo carattere, restio ad arrendersi, anzi arrembante, perfino quando la gamba non è pienissima.
Siamo alle porte della Huesera, l’Ossario, un drittone che ondeggia fra mezze curve e onde d’asfalto che si alzano improvvise facendo schizzare la pendenza. Il nome sinistro e suggestivo gli viene dalle rocce biancastre che emergono fra i pascoli come scheletri di titani o bestie mitologiche ormai estinte. È una delle sezioni chiave.
Quintana prende in mano la situazione, e si riporta su López, ma gli altri non lo mollano. Tutti assieme. D’altro canto Nairo si gira spesso per controllare la situazione di Valverde, in apnea e spesso sganciato.
Appena si conclude la Huesera, ecco un altro momento chiave: si tira il fiato per un istante e si attacca la ripidissima sezione del Mirador de la Reina. Pinot intuisce che si è in una fase di studio, e azzarda un attacco violentissimo, anche se al traguardo mancano ancora più di 5 km. Il francese, lo dichiarerà, è conscio che il distacco subito nella prima metà di questa Vuelta gli concede un margine di libertà: non è un sorvegliato speciale per la classifica. Yates prova a tallonarlo, probabilmente più pensando a una collaborazione fruttuosa per entrambi più che per stopparlo, ma non riesce ad arrivargli a ruota: anzi, da dietro a chiudere su Yates ci pensa Valverde, rientrato a pieno titolo nel gruppetto proprio quando si rifiatava dopo la Huesera.
Nessuno si azzarda a prendere l’iniziativa, finché Enric Mas, che sta sentendo la tappa sfuggirgli tra le dita, si lancia in una serie di accelerazioni disperate, a tutta, con lo sguardo perso nel vuoto: a farne le spese sono Valverde e Kruijswijk. Ma è tutto provvisorio. Il quartetto formato da Quintana, Yates, López e l’ormai riagganciato Mas tende a studiarsi, con frequenti stoccate dell’uno o dell’altro che però non vengono mai portate davvero a fondo. Tutto ciò consente a un tenacissimo Valverde di rientrare: conosce a menadito la salite ed è un vero cagnaccio.
Proprio in questo momento ci avviciniamo all’ultimo km, e tocca una delle contropendenze che contraddistinguono questo peculiarissimo finale. Ignorando gli inviti alla prudenza dei colleghi, Superman López ci si butta alla disperata, infilando curve e controcurve nella nebbia sempre più fitta. Il capitano Astana riesce a creare un buco, ma gli vale solo il secondo posto: Pinot trionfa con quasi trenta secondi di vantaggio, forte di un finale fatto a tutta senza tatticismi di sorta. Emblematico invece veder Yates che se la prende con Quintana rimproverandolo per non tirare all’inseguimento di Pinot o di López, quando Quintana è a sua volta convintissimo che dovrebbe essere Yates, semmai, a tirare, in quanto leader. E non ha tutti i torti.
L’impresa di Pinot è comunque di enorme valore tecnico: difficile fare confronti perché il percorso della salita ha subito alcuni aggiustamenti nel corso della storia, però il suo tempo è senza alcun dubbio fra i migliori dieci di sempre, se non addirittura fra i cinque. Una prestazione sfavillante, ancor più perché maturata in solitaria per ben cinque km abbondanti, senza cambi.
Al gruppetto dei migliori resta solo lo sprint verso la linea: Yates mostra la propria brillantezza quasi chiudendo su López sullo slancio, e portandosi a casa un piccolo abbuono grazie al terzo posto. Valverde si conferma dotato di un finale strepitoso perché a propria volta quasi tiene la ruota di Yates, benché abbia sofferto molto di più la salita. Probabilmente potremmo dire che l’inglese, assieme al francese Alaphilippe che proprio in questi giorni si porta a casa la generale del Tour of Britain, è un possibile erede del fuoriclasse spagnolo, per polivalenza ed esplosività, anche se sembra decisamente più garibaldino e meno attendista.
A sorpresa segue Kruijswijk, solidissimo, poi i pesi leggeri Mas e Quintana, meno brillanti in questa fase di discese e repentini allunghi che viene coronata dallo sprint. Ma le differenze sono davvero minime.
La classifica è apertissima, anche se Yates va consolidando la propria presa sulla maglia rossa. Dietro di lui, comunque, c’è la coppia Movistar di Valverde e Quintana, entrambi a una trentina di secondi circa, poco più dietro López. Sarà un fattore chiave vedere come la Movistar saprà interpretare il dualismo fra le proprie punte: le premesse non sono entusiasmanti, se pensiamo al Tour 2015, sperperato in nome del podio di Valverde, sacrificando una vittoria di Quintana che prende sempre di più la fisionomia di un’occasione unica nella vita. In generale un eccesso di parità nel trattamento fra due capitani non paga grandi dividendi, che sia per dettami di sponsor (la televisione spagnola, dai commentatori alle pubblicità, è tutta per Valverde!), per amicizia o perfino per legami di sangue. Anzi, la cosiddetta “sindrome di Schleck”, caratterizzata da frequenti torcicolli oggi e non solo esibiti da Quintana, tende a produrre prevalentemente coppie di paggetti che scortano sull’uno o sull’altro podio un vincitore di altra squadra, che avrebbe invece potuto essere messo in mezzo da due atleti forti e disposti o a sacrificarsi completamente l’uno per l’altro, oppure a lanciarsi in tattiche creative da lontano, con i relativi rischi, certo.
A favore di Valverde – e di Yates – c’è da dire che questa Vuelta a stento presenta montagne vere, e solo in un caso in successione: ma proprio quella tappa, la penultima e decisiva, misura appena 98 km, e dunque, di nuovo, non spiana certo il cammino ai fondisti veri. Vuelta di strappi e da cacciatori di classiche, per ribaltarla potrebbe volerci un gesto di coraggio folle da parte di quei diesel che comunque ancora restano in alta classifica, non solo Quintana (che dovrebbe ricordare che la maggior parte dei suoi successi sono maturati con attacchi da lontano!), ma anche un Kruijswijk o perfino un Pinot. Sarebbe un vero rovesciamento dei valori, a fronte di un percorso che riserva molto suspense ma fondamentalmente grazie al fatto che non accada mai nulla di decisivo: a tutt’oggi, alle porte dell’ultima settimana, con solo quattro tappe “vere” da correre, tutta la top ten sta in poco più di tre minuti. Covadonga è stata comunque combattuta e appassionante, e questo dovrebbe suggerire qualche riflessione a chi ha inserito muretti dietro muretti con molte pendenze in doppia cifra, anzi oltre la doppia decina, ma ben poco valore aggiunto in chiave tecnica.

Gabriele Bugada

BIS DI PINOT AL PRINCIPATO, YATES ROSSO FUOCO MA ATTENZIONE A DOMANI

Thibaut Pinot bissa il successo dei Lagos di Covadonga riuscendo a levarsi di ruota all’ultimo chilometro uno scatenato Simon Yates che, con un attacco deciso, è riuscito a distanziare un Alejandro Valverde in grande difficoltà, al quale l’aiuto di Quintana non è bastato a limitare i danni. Kruijswijk si riprende il podio e potrebbe rappresentare un’insidia per domani.

Alejandro Valverde (Movistar), con le sue 38 primavere sulle spalle, appare intramontabile, tanto che lo troviamo ancora nelle zone più alte delle generale in un grande giro, addirittura davanti al suo capitano Nairo Quintana, la cui stella perde sempre più luminosità. Il murciano, però, si sa, non è esattamente il professionista dei grandi attacchi, piuttosto un corridore che riesce a guadagnare negli ultimi metri degli arrivi in salita, un po’ come ha fatto nella tappa basca dell’altro ieri. Vista la mala parata di oggi e il distacco rimediato da Simon Yates (Mitchelton-Scott) sul primo dei due traguardi del Principato di Andorra, appare difficile ipotizzare il ribaltone da parte dell’Embatido nella giornata di domani. Vero è che Yates patì una grave cotta al Giro d’Italia, ma è anche vero che la Vuelta da un lato non è il Giro d’Italia, dall’altro che Yates non ha avuto e non ha avversari del calibro di quelli presenti al Giro che, tanto per gradire, hanno fatto podio anche al Tour nella stessa stagione e appaiono oggi i due maggiori corridori da corse a tappe.
Se Valverde (anche potendoselo permettere visto il suo palmarès), non sembra poter attaccare da lontano, le cose stanno diversamente per quanto riguarda Steven Kruijswijk (Team LottoNL-Jumbo). In realtà, l’olandese avrebbe molto più da perdere rispetto al murciano, non avendo ancora centrato il podio in un grande giro, ma è anche vero che è in grado di tentare azioni di largo respiro, come ha dimostrato al Giro 2016 con l’attacco sul Falzarego (grazie al quale staccò di parecchio anche Nibali, che poi quel Giro lo vinse) e con l’attacco sull’Alpe d’Huez di poco meno di due mesi fa, al Tour de France. Ovviamente perché tale azione vada a termine serve che Yates vada in difficoltà ed il discorso a questo punto è analogo a quello fatto per Valverde. Non bisogna, però, sottovalutare un aspetto psicologico perchè quanto accaduto al Giro d’Italia nella tappa di Bardonecchia potrebbe mettere Yates in una brutta situazione psicologica in caso di attacco da lontano e, in tale situazione, trabocchetti come quello orchestrato oggi dalla Movistar, che ha aperto un ventaglio mentre la maglia rossa si trovava in coda al gruppo, potrebbe avere un esito diverso dal nulla di fatto andato in scena oggi.
La giornata ha visto due tentativi di fuga, il primo dei quali è durato poco perché Simon Clarke (Team EF Education First-Drapac p/b Cannondale), Amanuel Gebrezgabihier (Dimension Data) e Michał Kwiatkowski (Team Sky), andati in avanscoperta dopo 30 Km, venivano ripresi al km 60 grazie al ritmo dei Movistar. Poco dopo però, evadono Tom Van Asbroeck (Team EF Education First-Drapac p/b Cannondale), Jonathan Castroviejo (Team Sky) e Benjamin Thomas (Groupama-FDJ), i quali, se si eccettua Van Asbroeck che si rialza quasi subito, riusciranno a restare in fuga fino a poco prima dell’inizio della salita finale. La polverizzazione del vantaggio di circa 2 minuti e mezzo avviene proprio quando la Movistar, accortasi della presenza di Yates in coda al gruppo, riesce ad aprire un ventaglio, spezzando il plotone in due tronconi con Yates intrappolato nel secondo. E’, però, questione di pochi minuti perché la seconda parte del gruppo riesca a riportarsi sotto. Ripresi i battistrada la battaglia sulla salita finale è dedicata unicamente alla sfida tra i big.
Il primo a gettare il guanto della sfida è Quintana, che viene tosto raggiunto da Kruijswijk, pilotato da George Bennett in un primo momento e da Thibaut Pinot in un secondo momento. Gli uomini di Yates accennano un inseguimento, ma è proprio la maglia rossa in prima persona a rompere gli indugi ed a riportarsi sulla testa della corsa con una bella progressione. Quintana, a questo punto, viene fermato per aiutare Valverde, ma anche la sfortuna ci mette lo zampino perchè il colombiano fora ed è costretto a fermarsi per cambiare la ruota in un momento molto delicato.
Nel gruppo di Valverde è presente anche Enric Mas (Quick-Step Floors), che vede il proprio podio provvisorio minacciato da Kruijswick, che davanti risponde alle accelerate di Pinot, mentre Yates si riporta sotto in progressione senza violenti cambi di ritmo. Tra l’altro, quando tra Pinot e Kruijswijck cessano le schermaglie è la maglia rossa a fare il ritmo, ovviamente con sommo interesse per il buon esito dell’attacco.
Dietro Quintana si riporta sul gruppetto degli inseguitori, ma la fatica dovuta alla rientro in gruppo fa sì che il colombiano debba alzare presto bandiera bianca, lasciando solo Valverde a tirare. A questo punto, Mas, Miguel Ángel López (Astana) e Rigoberto Urán (Team EF Education First-Drapac) lo attaccano e riescono a staccarlo. Nell’ultimo chilometro Pinot stacca prima Kruijswijk e poi anche Yates, che può però sorridere visto che l’avversario che più temeva, Valverde, patirà all’arrivo un distacco non indifferente.
Ora Yates ha un buon margine su Valverde e su Kruijswijk, anche se non si tratta di un distacco incolmabile. Il podio, invece, è ancora tutto da decidere con Kruijswick che potrebbe tentare, oltre ad un difficile assalto alla maglia rossa, anche di prendersi il secondo posto, mentre Mas e López saranno in agguato per tentare di salire sul podio ai danni dell’olandese o del murciano.
E’ l’ultima occasione, i tatticismi a questo punto stanno a zero, ci sono i presupposti per un tappone finale davvero spettacolare.

Benedetto Ciccarone

Pinot taglia per primo lo storico traguardi dei laghi di Covadonga (foto Michael Steele/Getty Images)

Pinot taglia per primo lo storico traguardi dei laghi di Covadonga (foto Michael Steele/Getty Images)

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