ECCO IL TOUR 2024 SENZA PARIGI: PARTENZA DA FIRENZE, ARRIVO A NIZZA
Come ormai annunciato da tempo, il Tour 2024 partirà con tra tappe italiane e finirà con una cronometro a Nizza. Per la prima volta, la Grande Boucle non finirà a Parigi, sfrattata dalla capitale dalla rassegna a cinque cerchi. La crono finale manca dal 1989 quando, proprio all’atto conclusivo, Greg Lemond superò Laurent Fignon, vincendo il Tour con un vantaggio di soli 8 secondi.
La partenza in Italia era già stata svelata ed anche il fatto che la Grande Boucle non sarebbe finita a Parigi, per evitare la paralisi della città che sarà già invasa per l’imminenza dei giochi olimpici, e che si sarebbe conclusa con una tappa a cronometro era un’informazione già in possesso degli appassionati.
Oggi, con la presentazione del tracciato integrale, si possono fare le valutazioni vere e proprie sul percorso.
Innanzitutto va detto che ci sono 5 tappe oltre i 200 Km a fronte di 3 sotto i 150 (escluse ovviamente le prove contro il tempo). Questo, a prima vista, può rappresentare un fatto positivo, tuttavia ad uno sguardo più attent si può notare che le tre tappe sotto i 150 Km siano proprio le tappe di montagna più dure. Neppure quest’anno, quindi, ci saranno i tapponi che uniscono distanze over 200 alla presenza di 5 o 6 colli.
Il secondo dato è che, a fronte di un discreto numero di tappe di montagna, mancano le tappe intermedie. L’inizio in Italia presenta due tappe insidiose ma poi, dopo la tappa con il rientro in Francia e il Galibier, ci sarà una girandola di tappe per velocisti intervallate da una cronometro e da una tappa con 14 settori di sterrato a concludere la prima settimana.
Nella seconda ci sarà un arrivo sul Massiccio centrale e due tappe sui Pirenei, mentre le altre tre tappe saranno dedicate alle ruote veloci.
Nella terza settimana avremo tre tappe sulle Alpi Marittime, una cronometro e due tappe interlocutorie, una per velocisti e una più adatta alle fughe.
Certamente positiva la presenza di due cronometro, anche se il collocamento della seconda cronometro all’ultima tappa, seppur disegnata molto bene, rovina un po’ l’interesse. La crono della settima tappa, che sarebbe stata perfetta per dare vantaggio a un buono cronoman come Evenepoel, che si sarebbe poi potuto difendere in salita, è di soli 25 km, anche se va detto che se ci si ritrova un Vingagaard che infligge enormi distacchi a tutti anche la questione del collocamento delle cronometro perde un po’ la sua importanza. In ogni caso, 59 Km a cronometro tornano ad essere una distanza accettabile.
Andando nel dettaglio della tappe, non si può che accogliere positivamente la prima tappa, che è una cavalcata di oltre 200 Km nell’appennino tosco-emiliano per finire sulla costa romagnola. Dopo 48 chilometri dal via da Firenze il Tour va già a sfiorare i 1000 metri di altitudine sul Colle dei Tre Faggi e poi si affronteranno i colli delle Forche, di Spinello, del Barbotto, di San Leo, di Montemaggio e di San Marino. L’ultima salita termina a 26 chilometri dall’arrivo di Rimini ed è la meno difficile, ma attenzione anche alla discesa di 9 Km: la tappa è per attaccanti e non per uomini di classifica, tuttavia una tappa di 206 chilometri con 7 salite al primo giorno di corsa potrebbe risultare indigesta anche a qualche uomo che nutre speranze in classifica generale. Il giorno successivo, il Tour renderà omaggio a Marco Pantani, partendo da Cesenatico, quello stesso Tour che, negli ultimi anni di carriera del Pirata, gli fece un grave sgarbo non invitando lui, che era un recente vincitore della corsa, preferendo squadre meno consistenti della Mercatone. La tappa, lunga 200 Km, sarà caratterizzata da strappi brevi, a bassa quota, ma attenzione alle pendenze perché già la salita di Gallisterna a metà frazione presenta inclinazioni in doppia cifra e soprattutto nel finale si scalerà due volte il San Luca, con pendenze severissime, specie sulla proverbiale Curva delle Orfanelle. Il secondo passaggio sarà a soli dodici chilometri dall’arrivo di Bologna , con un percorso piuttosto movimentato prima di rientrare in città . Qui, viste le pendenze, sarà possibile vedere anche la stoccata di un uomo di classifica. Pogacar è l’uomo che più di tutti predilige questo tipo di attacchi ed è in grado di portarli a termine positivamente.
La terza tappa da Piacenza a Torino sarà la prima occasione per le ruote veloci e la frazione più lunga del Tour con i sui 230 Km.
La quarta tappa ripartirà da Pinerolo in ricordo di quella che molti considerano la più grande impresa ciclistica della storia, la leggendaria Cuneo – Pinerolo del 1949 con la vittoria di Fausto Coppi dopo un attacco sferrato sulla prima salita. Si tratta di una tappa di montagna con la salita del Sestriere da Pinerolo lunga ben 40 km, quindi Monginevro e Galibier. Questa leggendaria salita sarà affrontata dal versante meno duro, pedalabile fino al Colle di Lautaret, decisamente più duro negli ultimi 9 Km fino ai 2627 metri della cima. Complessa è anche la discesa tecnica verso il traguardo di Valloire. La vetta dista 20 Km dall’arrivo ma l’attacco è possibile, anche perché la tappa presenta 70 Km di salita su 138 totali. Pensando a ciò che abbiamo visto nell’edizione 2023 si può sperare in una battaglia totale tra i big già in questa frazione, anche perché per le prossime occasioni ci sarà da aspettare.
Nella quinta frazione, da Saint-Jean-de-Maurienne a Saint-Vulbas, si abbandonano le Alpi e ci sarà spazio per le ruote veloci, visto che le due salite del percorso non saranno tali da eliminare gli sprinter. Ancor più adatta ai velocisti la sesta tappa da Mâcon a Digione , 163 chilometri totalmente pianeggiante a parte una sparuta collinetta dopo 10 km dal via.
La prima prova contro il tempo sarà collocata alla settima tappa, 25 Km da Nuits-Saint-Georges a Gevrey-Chambertin, complessivamente per specialisti ma con la parte centrale mossa.
Ottava tappa da Semur-en-Auxois a Colombey-les-Deux-Églises mossa con vari mangia e bevi, ma complessivamente per velocisti.
La nona tappa sarà un anello con arrivo e partenza a Troyes e 14 tratti di sterrato per un totale di 32 chilometri da percorrere su strade bianche con l’ultimo settore a 10 Km dalla conclusione. Questa tappa è disegnata molto bene, perché è lunga 200 Km e presenta tanti settori si sterrato distribuiti uniformemente sul tracciato ed è certamente superiore a quella proposta al Giro, nella quale i settori di sterrato probabilmente non incideranno minimamente. Qui, in caso di problemi, si può perdere contatto dai migliori anche molto lontano dal traguardo e a quel punto il rischio è quello di naufragare. Del resto, questo timore traspare dalle parole del manager della Jumbo Richard Plugge, che ha criticato la scelta proprio per il rischio di incorrere in incidenti meccanici che potrebbero rivelarsi decisivi. Questa critica mostra come le squadre più ricche che puntano forte al Tour abbiano una visione distorta e monotona del ciclismo. Gli imprevisti, i trabocchetti, le insidie, i rischi sono il sale del ciclismo, sono gli elementi che lo rendono uno sport imprevedibile e affascinante, mentre per costoro questi sono solo ostacoli fastidiosi che possono scombinare i loro piani precostituiti e preconfezionati di tappe da controllare con lo squadrone.
Dopo il giorno di riposo ad Orléans e una tappa per velocisti diretta a Saint-Amand-Montrond cco il primo arrivo in salita, sul Massiccio Centrale. In realtà , la vetta dell’ultimo GPM è a 2 km e mezzo dal traguardo, ma comunque si arriva in quota ai 1242 metri di Le Lioran. La tappa è lunga (211 Km) e gli ultimi 50 Km sono molto complicati: la prima salita, il Col de Neronne, è molto breve (3,8 Km) ma la pendenza media è del 9%; il Puy Mary sarà la salita più dura di giornata con i suoi 5,4 Km all’8,1% medio per arrivare ai 1589 metri del Pas de Peyrol; dopo la discesa non ci sarà alcun tratto interlocutorio e si attaccherà subito il Col du Pertus (4,4 Km al 7,9%) e quindi l’ultima salita, che è la meno difficile, verso il Col de Font-de-Cère (3,3 Km al 5,8%). Il finale propone diverse opzioni tattiche e le seconde linee potrebbero provare l’attacco di lungo respiro già dal Puy Mary, mentre i big potrebbero aspettare anche il Col du Pertus, che scollina ai -15.
Dopo due tappe per velocisti (Aurillac – Villeneuve sur Lot e Agen – Pau), ecco i Pirenei, dove si affronteranno due tappe con arrivo in salita. La prima sarà piuttosto corta, 152 Km da Pau a Pla d’Adet con il Tourmalet, l’Horquette d’Ancizan e la salita finale di 10 Km al 7,9% di pendenza media: sembra la classica tappa in cui fare grande ritmo sulle prime due salite per poi sferrare l’attacco nel finale.
La seconda tappa pirenaica presenta la salite distanti tra loro, però misura quasi 200 Km e le salite da superare saranno sei e tutte difficili: sono previsti il Peyresourde subito dopo la partenza da Loudenvielle, il Menté, il Portet d’Aspet (in ricordo di Fabio Casartelli) e, dopo un lungo tratto interlocutorio, il Col d’Agnès con il quasi contiguo Port de Lers e, dopo un altro tratto pianeggiante, la salita finale di Plateau de Beille, che gli italiani associano alla vittoria del Pirata che qui guadagnò quasi due minuti su Jan Ullrich nell’indimenticabile Tour de France del 1998.
Visto il lungo tratto che separa la vetta del Col d’Agnès dall’inizio della salita finale, che è anche molto lunga e difficile da gestire, è lecito aspettarsi attacchi solo nel finale, ma la fatica del chilometraggio elevato e delle tante salite unite a quelle del giorno precedente si farà sentire, specie se, come accade spesso sui Pirenei, il caldo si farà asfissiante.
Dopo il giorno di riposo ed una tappa interlocutoria da Gruissan a Nîmes ecco la prima delle tre tappe sulle Alpi Marittime, la numero 17 che da porterà da Saint-Paul-Trois-Châteaux alla stazione sciistica di SuperDévoluy. La salita finale non è per nulla difficile ed è anche breve, ma attenzione alla penultima salita, il Col du Noyer (1664 metri), che prevede 7,5 Km all’8,4% con scollinamento a 8 km dall’arrivo, e non si dovrà sottovalutare nemmeno il precedente Col Bayard (6,8 Km al 7,3%). Il Noyer sarà certamente teatro di attacchi, perché qui si può riuscire a fare la differenza tra i big e, nella successiva discesa e negli ultimi 3,8 km, si può puntare ad aumentare il gap.
L’ultima tappa interlocutoria porterà i corridori da Gap a Barcelonnette. Sarà una frazione da fughe con diverse salite, mentre per i big dovrebbe essere una giornata d’attesa prima del terribile trittico finale.
La tappa numero 19, nonostante il ridotto chilometraggio (solo 145 Km) è davvero tosta. Si va da Embrun a Isola 2000 con tre GPM tutti sopra i 2000 metri. Dopo il Col de Vars quasi in partenza ecco il valico automobilistico asfaltato più alto d’Europa, i 2802 metri del Col de la Bonette: sappiamo bene che quando si superano i 2000 metri molti corridori perdono brillantezza e in questo caso ci si avvicina addirittura ai tremila ed i chilometri percorsi a quote elevate con ossigeno ridotto saranno davvero tanti. La salita misura 23 chilometri e presenta pendenze regolari, ma che al tempo stesso non danno occasione di tirare il fiato. La salita finale è quella del Colle della Lombarda, anche se non si arriverà lassù. Si affronteranno comunque i primi 16 Km sino alla stazione invernale di Isola 2000, che presentano una pendenza media del 7%. In questa tappa, s percorreranno 54 chilometri in salita e si andrà sopra i duemila per ben tre volte, ci sarà sicuramente grande battaglia anche perché a questo punto le energie cominceranno ad essere scarse e verranno fuori i fondisti.
L’ultima tappa di montagna sarà molto breve solo 133 Km, ma ci saranno quattro salite di tutto rispetto, anche se non terribili come quelle della frazione appena passata.
Dopo la partenza da Nizza in rapida successione e senza tratti interlocutori si affronteranno il Col de Braus (1000 m, 10 Km 6,6%), il Col de Turini (1607 m, 20,7 Km al 5,7%), il Col de la Colmiane (1500 m, 7,5 Km al 7,1%) e la salita finale verso il Col de la Couillole (1678 m, 15,7 Km al 7,1%.) Qui ci si può sbizzarrire. Chi deve recuperare molto tempo può anche tentare l’azzardo e partire nei chilometri finali del Turini, dopo aver fatto fuori i gregari con la squadra sul Braus, oppure provare ad avvantaggiarsi nelle discese. Per le posizioni in bilico, invece, la battaglia si vedrà sulla salita finale, ma attenzione a non prosciugare del tutto il serbatoio perché l’ultima tappa stavolta non sarà la passerella parigina ma una novità assoluta: una crono 34 Km con partenza a Monaco e arrivo a Nizza. e due salite da superare. La prima (La Turbie) è molto pedalabile, ma misura comunque 8 km ed è tortuosa, mentre la seconda, il Col d’Èze, (un classico della Parigi. Nizza), è breve ma presenta un chilometro in doppia cifra, un vero e proprio muro. Giunti in vetta si incontreranno due chilometri pianeggianti e poi una lunga discesa verso gli ultimi 6 km, nuovamente piatti.
Spesso la cronometro dell’ultimo giorno vede i corridori stanchi e può essere difficile fare la differenza, ma si tratta di una prova difficile che potrebbe comunque ribaltare le sorti di una classifica non ancora blindata.
Insomma, nel complesso si tratta di un buon tour con tante salite inedite o comunque poco frequentate, le difficoltà ben distribuite e un discreto chilometraggio. Di margini di miglioramento ce ne sono ancora e forse qualche tappa con trabocchetti in più non avrebbe guastato.
In ogni caso, non manca il terreno per attaccare o per orchestrare imboscate e sarà interessante capire come vorranno muoversi le squadre su un percorso molto esigente sin da subito e negli ultimi tre giorni.
Benedetto Ciccarone