GOCCE DI PINOT: CONSACRAZIONE ALL’ALPE D’HUEZ

ottobre 22, 2023
Categoria: News

Che Thibaut Pinot fosse uno scalatore di razza lo si era già capito, la consacrazione avviene a luglio 2015 quando il corridore francese vince il tappone del Tour con l’arrivo sulla salita più celebre della Grande Boucle, l’Alpe d’Huez.

QUINTANA, QUANTI RIMPIANTI!

Il colombiano stacca nuovamente Froome sull’Alpe d’Huez, rifilandogli 1’20’’, ma non basta per spodestare il britannico, troppo presto dato per invincibile dopo i Pirenei. Per Quintana non arriva neanche la consolazione della vittoria sull’Alpe d’Huez, soffiatagli per 18’’ da Thibaut Pinot, avvantaggiatosi nella discesa della Croix-de-Fer. Vano l’attacco da lontano finalmente provato dalla Movistar, a 55 km dal traguardo. Sfortunatissimo Nibali, che fora ai piedi dell’Alpe d’Huez e dice addio al podio.

Caso mai la tappa di La Toussuire avesse lasciato sopravvivere qualche dubbio, la frazione dell’Alpe d’Huez ha fugato le residue incertezze: Nairo Quintana avrebbe potuto vincere il Tour de France, se solo avesse corso per il primo posto anziché per difendere il doppio podio Movistar. Dopo aver distanziato Froome di mezzo minuto negli ultimi (non proibitivi) 6 km di La Toussuire, sull’Alpe il divario è quasi triplicato, a dispetto di un chilometraggio da Under 23 (110 km) e di una Sky ben più compatta rispetto a quella vista ieri, che aveva lasciato la maglia gialla in compagnia del solo Wout Poels a metà della Croix-de-Fer.
Proprio gli scudieri di Froome – Porte e lo stesso Poels in particolare – hanno giocato oggi un ruolo fondamentale, quando per la prima volta la formazione di Unzue ha trovato il coraggio di provare a far valere la superiorità numerica. Teatro dell’attacco è stata ancora la Croxi-de-Fer, purtroppo affrontata oggi dal versante meno esigente di Saint-Jean-de-Maurienne, ed in particolare l’ultima sezione impegnativa di un’ascesa molto irregolare. A quel punto, con ancora 5 km circa di salita da percorrere, in testa pedalava solitario Alexandre Geniez, capace di rientrare dopo una foratura sui tre compagni d’avventura della prima ora (Navardauskas, Edet e Bak) e di staccarli con apparente facilità; dietro, dopo un inizio sonnecchiante di scalata, animato solo dalla poco intrigante offensiva di Grivko, Plaza, Barguil, Majka, Anacona, Huzarski, Kruijswijk, Jungels, Sicard e van Baarle, era stata la Ag2r, in caccia di punti per la maglia a pois di Bardet, a muovere le acque, grazie soprattutto ad un redivivo Jean-Christophe Péraud. Al francese sono quindi subentrate in forze Movistar e Astana, poco prima che Valverde scardinasse una delle poche certezze su cui gli appassionati di ciclismo pensavano di poter contare, attaccando da lontano.
Il trenino nero non si è scomposto, ma un paio di chilometri più tardi dal plotone è uscita come una scheggia anche la sagoma bianca di Nairo Quintana, ben presto ricongiuntosi con il compagno di squadra ufficiale (Valverde, appunto), dopo aver approfittato per qualche istante del traino di uno ufficioso (Serpa, suo connazionale, appositamente avvantaggiatosi poco prima). Froome, a quel punto, non ha potuto far altro che spedire la sua truppa all’inseguimento, e, per sua fortuna, dall’anonimato degli ultimi giorni è rispuntato un Richie Porte quasi in formato Pierre-Saint-Martin. Il tasmaniano ha tenuto a lungo intorno ai 10’’ il distacco del capoclassifica dal duo Movistar, distanziando nel mentre tutto il gruppo meno il suo capitano e Nibali, permettendo così alla maglia gialla di rientrare con una progressione delle sue proprio in vetta.
I primi quattro della generale non hanno ovviamente proseguito lo ostilità lungo la discesa, dando spazio al recupero di una trentina di uomini. Tra questi, Plaza, Hesjedal, Serpa, Anacona, Rolland e Pinot, che senza indugio, sotto l’impulso del canadese, si sono lanciati al contrattacco. Nessuno dei favoriti è parso eccessivamente interessato all’inseguimento e alla conseguente opportunità di giocarsi la tappa, chi per mancanza di condizione (Contador), chi perché già vincitore ieri e forse affaticato (Nibali), chi per mancanza di interesse a provocare la corsa (Froome), chi perché corre nella Movistar. Tutti, perciò, si sono adeguati al passo non troppo spedito di Geraint Thomas, che ha dato modo a Geniez di approcciare l’ascesa finale con quattro minuti sui favoriti, e soprattutto al drappello inseguitore di presentarsi a Le Bourg-d’Oisans con 2’30’’ circa da gestire. Proprio lì, di fatto, si sono esaurite le speranze di podio – ed eventualmente di successo di tappa – di Vincenzo Nibali, vittima della più intempestiva delle forature, che lo ha costretto ad imboccare la salita con una quarantina di secondi di distacco dai migliori.
L’azione di Geniez è parsa subito troppo pesante per lasciare speranze al coraggioso francese, mentre alle sue spalle Pinot ed Hesjedal non hanno tardato a mostrare una brillantezza ben diversa dalla compagnia, cominciando un elastico che ha portato alternativamente l’uno a distanziare l’altro e poi ad esserne a sua volta staccato. Soprattutto, Quintana ha provato questa volta alla base della salita, trovando tuttavia più volte Poels e Porte pronti a trascinare Froome alla ruota del colombiano.
La Movistar ha quindi sganciato Valverde, al quale gli Sky non hanno opposto resistenza, e poco dopo Quintana ha tentato di nuovo, riuscendo finalmente ad aver ragione delle sagome nere. Il secondo e il terzo della generale si sono ben presto ricongiunti, acquisendo un vantaggio di circa 30’’ prima che il murciano dovesse capitolare e lasciarsi raggiungere da Froome.
In quel frangente, intorno a metà salita, l’azione di Quintana ha vissuto il suo momento di massimo splendore, almeno fino a quando la maglia bianca si è riportata su Anacona. Quello che sembrava dover essere un traino buono per qualche centinaio di metri, per concedere un momento di respiro a Nairo, è invece diventata una locomotiva da sfruttare per quasi 3 km, mettendo di certo in luce la generosità del colombiano meno blasonato, ma permettendo a Froome di stabilizzare il ritardo fino ai -5, quando lo spazio per ribaltare il Tour era ormai evidentemente esaurito.
A discolpa di Quintana, questa volta, va detto che la sua azione, dopo una fiammata tra i 5 e i 4 km all’arrivo, si è fatta via via meno incisiva, tanto che il ritardo nei confronti di Pinot, finalmente uscito vincitore dal duello rusticano con Hesjedal, non è sceso al di sotto del mezzo minuto fino ai -2, quando ormai la salita prendeva ad addolcirsi prima della spianata finale e anche il traguardo più prestigioso poteva dirsi sfumato per il miglior giovane del Tour.
In coda ad una Grande Boucle partita malissimo per i colori francesi, raddrizzata strada facendo a suon di successi di tappa e rimonte in classifica, il 25enne di Mélisey ha forse regalato ai padroni di casa la soddisfazione più grande. A Quintana rimane invece una coppia di secondi posti, parziale (a 18’’) e finale (a 1’12’’), entrambi carichi di rammarico, pensando a cosa sarebbe stato con un pizzico di coraggio in più e un compagno di squadra ingombrante in meno. Froome, arrivato a 1’38’’ da Pinot e a 1’20’’ dal diretto rivale, in compagnia di Valverde, e salvato nella parte centrale di scalata da Poels prima e Porte poi, è il giusto vincitore di una corsa che solo negli ultimi due giorni ha ritrovato pathos, dopo che il dominio della prima frazione pirenaica aveva prematuramente portato a concludere che si sarebbe potuto gareggiare al più per il secondo posto. Gli unici a non assoggettarsi alla logica dell’accontentarsi, Nibali e Contador, sono giunti al traguardo insieme, a 3’30’’, 4° e 5° alla fine in classifica, dopo aver passato il Tour a fare i conti con una condizione deficitaria e una fortuna che esprimeva chiaramente altre preferenze. Almeno uno dei due si sarebbe meritato il podio, anche solo su quel terzo gradino su cui domani salirà invece Valverde, riuscito a coronare un sogno inseguito da un decennio, sia pur, forse, al prezzo della vittoria del compagno.

Matteo Novarini

Pinot vince allAlpe dHuez (foto Bettini)

Pinot vince all'Alpe d'Huez (foto Bettini)

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