GOCCE DI PINOT: LA PRIMA VOLTA AL TOUR
Non ha raccolto quel che sperava Thibaut Pinot al Tour de France. Grazie alle sue doti di scalatore poteva essere il corridore che avrebbe riportato la vittoria finale in Francia dopo un’attesa che dura dal 1985, invece si è dovuto accontentare quali massimo risultato il terzo posto finale nell’edizione del 2014, quella conquistata da Nibali. Ha raccolto poco anche come successi di tappa, conseguendo il primo a sorpresa nel 2012 a Porrentruy
LA FDJ STAPPA IL PINOT BUONO
Il giovanissimo francese anticipa per 26’’ i migliori sul traguardo di Porrentruy, dopo aver distanziato in salita i compagni di fuga. Alle sue spalle è Cadel Evans a regolare il drappello dei migliori, ridottosi ad una decina di unità sul Col de la Croix sotto l’impulso di Jurgen Van den Broeck. Altra prova convincente per Vincenzo Nibali, che chiude 5° dopo aver anche provato un’azione in discesa. Domani l’attesissima crono di Besançon.
È Thibaut Pinot a regalare alla Francia la prima gioia del Tour 2012, e non è un caso che il giorno buono per i padroni di casa sia coinciso con la frazione di gran lunga più combattuta dal via di Liegi. Rimasti all’asciutto in una prima settimana che – cadute a parte – ben ha concesso alle sorprese, i transalpini si sono fiondati in massa alla ricerca della fuga buona sui saliscendi ininterrotti dell’ottava frazione, quarta ed ultima con arrivo in terra straniera, riuscendo ad inserire dieci uomini nel tentativo buono. Fra questi, tuttavia, almeno Tony Gallopin, Christophe Kern e Jean-Christophe Péraud godevano di credenziali maggiori rispetto al più giovane corridore al via, e la concorrenza straniera di Kruijswijk, Mollema, Kessiakoff e Kiserlovski appariva in grado di rinviare ulteriormente l’appuntamento con il primo sventolio di tricolore bleu-blanc-rouge.
A complicare il tutto ha poi provveduto il Team Sky, che, dopo aver costretto agli straordinari per evadere i sopracitati attaccanti e gli altri compagni d’avventura (Kiryienka, Cherel, Moinard, Voigt, Izagirre, Marzano, Nerz, Moncoutié, Jeandesboz, N. Sorensen, Hoogerland, Caruso, Ten Dam, De Weert, Valls Ferri, Vorganov e Weening), beneficiari del via libera dopo un’infinità di azioni neutralizzate, hanno mantenuto il distacco sempre al di sotto dei quattro minuti, lasciando aperta una possibilità di rientro. Un rientro che sarebbe probabilmente avvenuto se gli uomini Liquigas avessero anticipato di una manciata di chilometri la loro entrata in azione, avvenuta invece soltanto alle pendici della Côte de la Caquerelle, penultima ascesa in programma.
Mentre Koren e Canuti provavano a scremare il plotone e a limare il divario dalla testa della corsa, occupata allora in solitaria da Kessiakoff, Pinot iniziava una progressione alla quale soltanto Gallopin riusciva temporaneamente a resistere, prima di capitolare sulle prime rampe del Col de la Croix. Nel mirino del 22enne di Mélisay è finito allora lo svedese al comando, che, dopo aver gestito per decine di chilometri un margine oscillante intorno al minuto sugli inseguitori, si è visto raggiungere e staccare proprio nell’ultima e più impegnativa sezione dell’asperità conclusiva. La successiva discesa e i 10 km pianeggianti per raggiungere Porrentruy non hanno arrestato la cavalcata di Pinot, malgrado un forte vento contrario che ha causato non pochi patemi a Marc Madiot, spettacolare nel suo gesticolare ed urlare selvaggiamente dall’ammiraglia.
Kessiakoff, sulla carta più cronoman del francese, non ha tenuto altrettanto bene, venendo fagocitato ai -5 dal drappello dei big. Un drappello che nel mentre aveva cambiato radicalmente fisionomia, grazie al forcing del duo belga Vanendert – Van den Broeck. Il trionfatore di Plateau de Beille della passata edizione si è insediato al comando di quel che restava del gruppo a 3 km circa dall’ultimo GPM, scalzando uno Szmyd sempre più lontano parente di quello che due anni fa falcidiava gli avversari di Basso sul Mortirolo. Nel tratto più arcigno della scalata è stato quindi VdB a muoversi in prima persona, trascinandosi dietro inizialmente i soli Wiggins, Evans, Froome e Nibali, cui si sono aggiunti poco dopo Menchov e il trio Radioshack composto da Schleck, Zubeldia e Horner.
Dopo un paio di allunghi poco convinti di Nibali in discesa, rintuzzati prima da Evans e poi da Froome, i nove hanno trovato rapidamente un accordo, andando a risucchiare nel tratto di fondovalle Gallopin (quarto Radioshack) e, come detto, Kessiakoff, tanto stremato da non riuscire neppure ad accodarsi.
Ad offrire l’ultimo sussulto di una tappa corsa a ritmi folli (40 di media su un tracciato senza un barlume di pianura), che tra ventiquattro ore potrebbe presentare il conto a molti, ha pensato Jurgen Van den Broeck, che ha approfittato di una rotonda per guadagnare una manciata di metri, suscitando la replica di Cadel Evans. Wiggins è stato costretto a chiudere in prima persona per difendere la maglia gialla, riuscendo nell’intento con una facilità che non lascia presagire nulla di buono (per i suoi avversari) in vista della crono di domani.
L’australiano ha ancora avuto la forza di regolare i migliori 26’’ dopo l’arrivo di Pinot, e soprattutto 59’’ prima che tagliasse il traguardo il primo gruppetto di ritardatari, comprendente Roche, Chris Sorensen, Monfort, Rolland, Scarponi, Van Garderen, Rui Costa, Basso, Leipheimer, Brajkovic, Vande Velde e Vanendert.
Con tutti gli altri distanziati dagli 1’56’’ di Di Gregorio in su, gli uomini di classifica si presentano alla prima giornata chiave del Tour con una graduatoria sensibilmente allungatasi rispetto a ieri, che i 41 km contro il tempo tra Arc-et-Senans e Besançon minacciano di stirare ulteriormente. Solo cinque atleti – Evans, Nibali, Menchov, Zubeldia e Froome – pagano ora meno di 2’ da Wiggins; la missione del britannico sarà domani quella di azzerare questo elenco.
Matteo Novarini