GIRO 2024, MENO CATTIVO MA CON PIU’ VARIABILI
ottobre 14, 2023
Categoria: Approfondimenti
Presentata oggi a Trento l’edizione 107 del giro d’Italia con il solito penoso teatrino di personaggi che si turnano sul palco per farsi reciprocamente i complimenti. Un percorso molto particolare ed imprevedibile, aperto a molte possibilità di strategia. La speranza è che non vada a finire come lo scorso anno, perché i percorsi devono essere all’altezza, ma la corsa la fanno i corridori.
Mauro Vegni, intervistato poche ore prima della presentazione del Giro d’italia 2024, ha detto di aver cercato di disegnare un percorso in linea con le esigenze del pubblico e questo, di per sé, è già una nota negativa, perché il percorso deve essere disegnato sulle esigenze dello sport e l’apprezzamento del pubblico è una conseguenza di un evento sportivo di livello. Lo sport non deve cambiare per adattarsi al pubblico, anche se il prezzo dovesse essere quello di avere meno ritorno economico e un seguito limitato ai veri appassionati. Organizzare una corsa ciclista non può e non deve diventare la vendita di un prodotto.
Vegni ha aggiunto che ha cercato di tracciare un percorso che eviti quanto accaduto all’ultimo Giro, quando corridori hanno aspetto l’ultima tappa per darsi battaglia, affermando che nella terza settimana non ci sarà grande spazio per recuperare e che quindi ci si dovrà muovere prima.
In realtà l’affermazione lascia un po’ perplessi visto che, delle 6 tappe di alta montagna, 3 sono collocate proprio nell’ultima settimana di gara.
Certamente si dovrà arrivare già pronti. Vegni, probabilmente affascinato dalla grande partenza spumeggiante dell’ultimo Tour de France, ha pensato di inserire nelle prime due tappe difficoltà che potrebbero far danni a coloro i quali tendono a presentarsi ai nastri di partenza un po’ in sordina, trovare la condizione cammin facendo ed arrivare al top nella terza settimana.
Va detto che all’ultimo Tour,c’erano Vingegaard e Pogacar che non aspettavano altro che darsele di santa ragione, mentre il campo partenti del Giro generalmente non è composto da atleti così agguerriti. La presenza di Pogacar è possibile, ma il rischio vero è che, se si presenterà lo sloveno ai nastri di partenza, ci sia un monologo che difficilmente potrebbe tenere il pubblico incollato agli schermi come auspica il patron.
Buono il chilometraggio e la collocazione delle prove contro il tempo, alla settima ed alla quattordicesima tappa, per un totale di 68 chilometri. Forse l’unico appunto da muovere è che poteva essere inserita qualche collina in più in una delle due frazioni, però si tratta di dettagli.
Salite estreme non ce ne saranno, anche se alcune di quelle proposte sono di tutto rispetto ed è per questo che sarà interessante capire come si organizzeranno coloro che potrebbero perdere tempo nelle cronometro, anche se, visto l’andazzo degli ultimi anni, appare piuttosto difficile pronosticare una sfida di questo tipo, visto che oramai i migliori in salita sono anche i più forti a cronometro (perlomeno tra coloro che possono ambire alla classifica generale).
Nota dolente è certamente il chilometraggio delle tappe, con la media scesa sotto i 160 Km e un totale di 3321 Km. Solo 4 tappe sono state tracciate sopra i 200 Km e solo una supererà ampiamente quella cifra. Purtroppo questa insana tendenza sta iniziando ad approdare anche alla corsa rosa, circostanza che ha come contraltare l’infausto aumento dei chilometri di trasferimento.
Passando ai dettagli, come si diceva poco sopra, la partenza sarà scoppiettante con una tappa nei dintorni di Torino molto breve, solo 136 chilometri, ma con condita da due insidiose salite, il Colle Superga (a 75 anni dalla tragedia del Grande Torino) e soprattutto il per nulla banale Colle Maddalena, 6 Km con una pendenza media del 7,4% e punte al 12%. Lo scollinamento è a 20 Km dall’arrivo, ma attenzione alla discesa che termine ai -10.
Qui chi ha voglia di organizzare un’imboscata avrà terreno adatto, visto che, ad inizio Giro, ci sono molti corridori con le polveri bagnate, specie i diesel, quei corridori che entrano lentamente in condizione e nella terza settimana, quando gli altri cominciano ad essere a corto di energie, raggiungono il picco di condizione.
La seconda tappa presenta già il primo arrivo in salita e non si tratta di una salita banale, ma di quella che porta al Santuario di Oropa, sopra Biella. Gli appassionati legano questo nome all’impresa di Marco Pantani nel 1999, mentre i meno giovani anche che Indurain nel 1993 passò un brutto quarto d’ora quando, su queste rampe, fu staccato da un’azione di forza del temibile Piotr Ugrumov, che fece tremare i polsi al navarro, pur senza riuscire a strappargli il simbolo del primato. La salita di Oropa sarà preceduta da due GPM di terza categoria che non dovrebbero creare problemi e serviranno più che altro a muovere le acque tra gli uomini in fuga. Qui l’imboscata non è possibile visto che il finale è in cima alla salita finale, però siamo sempre alla seconda tappa e quindi attenzione ancora una volta a coloro che non saranno ancora al meglio della condizione, perché la salita al santuario è per scalatori veri e si può fare la differenza
Dopo questa due giorni scoppiettante ci saranno tre giorni dedicati ai velocisti con gli arrivi di Fossano (attenzione, però, al finale tira all’insù), Andora e Lucca.
La sesta tappa presenta un profilo altimetrico non esigente, ma i 14 chilometri di strada sterrata verso Rapolano Terme rappresentano sempre un’insidia, anche se non si tratta di una frazione impegnativa come quelle tracciate negli scorsi anni sulle “strade bianche” del senese. Non sembra, quindi, che questa tappa possa provocare grandi scossoni in classifica, ma attenzione perché il settore numero 2 di quasi 5 Km è in salita e l’ultimo, di 2 Km e mezzo, è posto ai -15. In questo caso, vista la vicinanza di Rapolano al mitico settore di Monte Sante Marie, forse gli organizzatori avrebbero dovuto avere un po’ più di coraggio e di perfidia e inserire quel tratto in modo da rendere questa tappa difficile e consentire anche allo sterrato di avere un ruolo potenziale in chiave classifica generale.
La tappa numero sette sarà il primo vero spartiacque che potrebbe rimescolare le gerarchie uscite dalle tappe a di Torino ed Oropa. 37 chilometri contro il tempo tra Foligno e Perugia, con i primi 30 piatti e su lunghi rettifili favorevoli agli specialisti e gli ultimi 7 su strada meno filante e caratterizzata da alcuni tratti con inclinazioni da muro ma che potrebbero presentare il conto a chi avesse avuto l’imprudenza di spingere troppo nella prima parte. Attenzione, perché nella prima cronometro i distacchi possono essere pesanti: qui non ci si può nascondere e le differenze tra chi è in forma e chi ancora sta cercando la condizione si faranno sentire. Ottima collocazione ed ottimo chilometraggio. Crono perfetta.
Dopo una prova già severa, subito si disputerà una tappa appenninica con arrivo in salita, classificata con 5 stelle di difficoltà , valutazione ad avviso di chi scrive esagerata. L’inizio in effetti è complesso e da Spoleto si affronteranno le salite di Forca di Cerro e di Forca Capistrello (ben 16 km al 5,6%) subito in apertura. Successivament ci sarà tuttavia un lunghissimo tratto interlocutorio fino alla salita di Croce Abbio, la cui sommità è posta in prossimità del Passo delle Capannelle. Si tratta di una salita per nulla difficile, al contrario di quella finale verso Prati di Tivo che presenta pendenze costanti con la prima parte sempre intorno al 7/8% e il tratto più duro nei pressi dell’abitato di Pietracamela.
Ora tutti ricordiamo lo scempio di Campo Imperatore dello scorso anno. Se Campo Imperatore è il versante aquilano del Gran Sasso, base per i sentieri per il Corno Grande, i Prati di Tivo rappresentano la base per le escursioni sulla stessa montagna dal versante settentrionale, quello teramano. Si spera che il Gran Sasso nell’edizione 2024 sia teatro di una grande battaglia. Lo spazio certamente c’è, ma sarà difficile fare grosse differenze su pendenze regolari, tenendo conto del fatto che ci si potrà muovere solo sull’ultima salita, che è comunque adatta ad essere controllata con la squadra.
La prima settimana si chiude con la prima tappa lunga oltre 200 Km, che terminerà a Napoli con un finale adatto ai finisseur per la presenza della salita di Posillipo a ridosso dell’arrivo.
Dopo il giorno di riposo andrà in scena il terzo arrivo in salita, previsto a Bocca della Selva, poco sotto quota 1400.
La frazione dopo i primi 50 Km è molto mossa e il punto più duro è rappresentato dalla salita di Camposauro (6 Km al 7,8% e punte del 13%), la cui sommità si trova, però, a 60 Km dalla conclusione. L’ascesa finale è molto lunga, pedalabilissima nella prima parte mentre gli ultimi 5 Km sono sempre tra il 7 e l’8% e potrebbero perciò rappresentare un’occasione per tentare qualche scaramuccia tra i big, specialmente nell’ultimo chilometro all’8% (anche se è più probabile che la battaglia sarà tra le seconde linee).
Dopo la tappa di trasferimento con arrivo a Francavilla al Mare, sarà la volta della frazione disegnate sulle colline marchigiane. I cinque gran premi della montagna disseminati lungo i 183 chilometri da Martinsicuro a Fano non sono impossibili, ma bisognerà tenere gli occhi aperti perché si tratta comunque di strade piene di rischi e insidie. L’ultimo GPM a 12 dall’arrivo potrebbe essere il trampolino di lancio per qualche coraggioso attaccante, nel tentativo di sorprendere i compagni di fuga o addirittura il gruppo.
Il tavolo da biliardo della Riccione – Cento farà da attesa per la seconda tappa a cronometro del Giro, 31 Km da Castiglione delle Stiviere a Desenzano del Garda. Il percorso è lievissimamente vallonato e le strade, anche se non tortuose, non sono nemmeno del tutto filanti. La cronometro è comunque nettamente per specialisti. Si tratta di una prova contro il tempo che arriva alla quattordicesima frazione e quindi le differenze potrebbero essere meno nette, soprattutto tra quegli uomini da finale di Giro che a questo punto dovrebbero aver trovato la condizione; tuttavia si tratta comunque di una crono che viene prima della montagne quindi più favorevole agli specialisti rispetto a una crono finale.
La seconda settimana si chiuderà con il primo tappone alpino che sarà anche la tappa più lunga del Giro: 220 km da Manerba del Garda a Livigno con l’inedito Colle di San Zeno nella prima parte (14 Km al 6,6% con punte del 14%), poi l’Aprica dal versante meno duro e quiodi la salita che porterà i corridori a Poschiavo e da lì l’ascesa proseguirà con ben 18 Km al 7,1% medio per raggiungere i 2315 metri della Forcola di Livigno. A quel punto, ci saranno circa 12 km di discesa per raggiungere l’abitato, da dove partirà la salita finale verso i 2385 metri del Mottolino, 8 Km al 6,6% con gli ultimi 2 Km al 9% medio e punte del 18%. Il finale è ideale per corridori esplosivi ma la tappa è lunga ed il finale rende possibile progettare un attacco sin dalla Forcola.
Dopo il riposo si ripartirà dalla stessa Livigno per affrontare subito i passi d’Eira e Foscagno prima dell’ascesa verso la Cima Coppi, il Passo dello Stelvio. La mitica salita dedicata al campionissimo non sarà , però, decisiva perché dopo si dovrà affrontare un interminabile tratto interlocutorio di circa 90 Km tra la fine della discesa e i piedi del passo successivo, il Pinei, pedalabile nella prima parte e più cattivo nella seconda. Infine, dopo brevissima discesa di 2,5 km ci sarà la salita finale verso il Monte Pana, sopra Santa Cristina Valgardena, con gli ultimi 2 Km al 12% medio. Anche in questo caso il punto più ghiotto sembrano gli ultimi due durissimi chilometri, ma la tentazione di provare a rompere gli schemi ed attaccare sul Pinei è forte, anche perché si scollina ai -12 e la cosa non è affatto proibitiva.
La diciassettesima tappa sarà il classico tappone dei cinque colli dolomitici, una tappa tradizionalmente breve tutta su e giù per i monti. Attenzione alla partenza in salita verso Passo Sella, con le squadre che potrebbero trovarsi numericamente ridotte sin dai primi chilometri e lo spauracchio del tempo massimo per i velocisti. Dopo un lungo fondovalle in discesa, gli atleti dovranno superare il Passo Rolle, il Passo Gobbera e quindi il Passo del Brocon (che manca al Giro dal 1967) che sarà preso di petto due volte, la prima dal lato più facile e la seconsda dal versante più tosto. La salita finale misura 12 km e dal settimo al decimo chilometro presenta la pendenza media superiore il 10%, dove si potrà fare la differenza (specie se la corsa sarà stata dura sulle ascese precedenti).
Dopo la girandola di montagne, tappa di trasferimento sino a Padova, quasi del tutto pianeggiante eccetto una collinetta all’inizio.
La diciottesima tappa di nuovo breve (solo 155 km) è sarà di media montagna con il difficile Passo Duron, breve ma arcigno (4,4 Km al 9,6% con punte del 18%), la meno dura Sella Valcalda ed infine la salita verso Cima Sappada (abbastanza facile, ma attenzione ai 3 Km all’8,6% in prossimità della vetta), raggiunta la quale mancheranno 6 Km all’arrivo. In questa tappa, si può tentare di fare qualcosa partendo sul tratto duro della salita finale per cercare di guadagnare ancora nel successivo tratto per raggiungere l’abitato di Sappada.
L’ultima tappa buona per ribaltare la classifica sarà la ventesima da Alpago a Bassano del Grappa, 175 K con la doppia e difficile ascesa al Monte Grappa dal versante di Semonzo. Si tratta di uno sforzo notevole perché la salita misura 18 Km e la pendenza media è dell’8,1%, con punte del 14%. La doppia ascesa senza un tratto di respiro tra l’una e l’altra alla ventesima tappa potrebbe provocare gravi crisi e risultare decisiva per la vittoria finale. Dopo il secondo scollinamento mancheranno 31 Km, quasi tutti in discesa (eccetto il dentello di Pianaro) per raggiungere il traguardo.
La passerella finale sarà come l’anno scorso a Roma.
In concreto si tratta di buon Giro in cui si è cercato di non esagerare con le salite per evitare che le tappe troppo difficili facciano da freno alla volontà di attaccare, provocando timori per la tenuta. Buoni i finali delle tappe decisive visto che Livigno, Santa Cristina e Bassano sono adatte a tentare qualcosa prima del finale. Vedremo se la scelta pagherà . La parola passa ai corridori nella speranza che ci offrano lo spettacolo che il Giro merita.
Benedetto Ciccarone