MESSINA – ETNA: IL GIRO SI ARROVETNA
Non è ancora giunta l’ora delle grandi montagne, ma l’appuntamento etneo infiammerà un Giro che finora non avrà proposto nulla di significativo sul piano delle salite. Montevergine era un’ascesa poco selettiva e lo stesso vulcano siciliano non è molto più duro, ma un chilometraggio pesante trasformerà la doppia scalata all’Etna in una potenziale battuta d’arresto per le ambizioni di molti. Al rifugio Sapienza si potranno già indicare con certezza chi non vincerà il Giro, mentre cominceranno a fioccare i primi distacchi importanti.
Finora avremo prevalentemente assistito a scaramucce o poco di più, le grandi montagne sono ancora oltre l’orizzonte ma nel frattempo c’è l’Etna e, dopo due precedenti passaggi quasi “a vuoto” del Giro, quest’anno il vulcano siculo potrebbe far piangere qualche grosso calibro. La salita non è particolarmente dura sotto l’aspetto delle pendenze (la media è di poco superiore a quella di Montevergine) ma è interminabile, lunga com’è quasi trenta chilometri, e se la giornata si rivelasse oltremodo dispendiosa al rifugio Sapienza la corsa rosa potrebbe eruttare una classifica ampiamente rimescolata, con distacchi già significativi. Ad elevare il livello d’impegno di questa frazione, la più meridionale di questa edizione, interverrà lo stesso Etna perché in precedenza si dovrà salire anche dall’inedito versante nord occidentale: in tutto, degli ultimi 100 Km di gara, quasi sessanta dovranno essere trascorsi all’insù, con oltre 3100 metri di dislivello da superare, pur non incontrando inclinazioni estreme, essendo la massima giornaliera attestata al 12%. Un ruolo decisivo in questa giornata potrebbe giocarlo il caldo poiché in Sicilia a maggio le temperature possono già raggiungere punte di 40° gradi: sotto quest’aspetto va, però, fatto notare che la quota, arrivando oggi sino poco sotto i 2000 metri, mitigherà certamente l’eventuale calura.
A fronte di un finale impegnativo, i primi 40 Km scivoleranno via scorrevoli come l’olio, tracciati prevalentemente in pianura lungo la costa ionica della Sicilia, correndo costantemente al piede della catena dei Monti Peloritani, il cui circuito è stato in due occasioni finale di tappa alla corsa rosa (nel 1972 vittoria del belga Albert Van Vlierberghe, nel 1993 di Guido Bontempi). Lasciata la città dello Stretto, nel tratto iniziale si attraverseranno i centri maggiormente colpiti dall’alluvione verificatasi nel messinese nell’ottobre del 2009, causando 31 vittime accertate, 6 dispersi e un centinaio di feriti. Sarà il primo tributo giornaliero alla memoria di chi non c’è più, poiché tra le due scalate all’Etna ci sarà il tempo di ricordare anche il corridore spagnolo Juan Manuel Santisteban.
In questa prima fase si toccheranno diverse piccole località costiere, delle quali la più carica di storia è Santa Teresa di Riva, fondata dai fenici attorno al IX – VIII secolo a.C. e in loro onore battezzata Phoinix (“La Fenice”) dalle popolazioni greche. Con questo nome fu citata dallo storico Appiano Alessandrino quando, narrando delle guerre civili romane per la successione a Gaio Giulio Cesare, scrisse che nel 36 a.C. i soldati di Sesto Pompeo – in sfida con Augusto – “si ritirarono nella città fenicia di Phoinix, poco a nord dell’Aghennon Akron”. Quest’ultimo è l’odierno Capo di Sant’Alessio, per doppiare il quale si dovrà affrontare la prima difficoltà di giornata, breve ma a tratti arcigno zampellotto. L’asperità successiva sarà quella che, in 3,5 scalinati chilometri (media del 4,9% con strappi fino al 20%), condurrà i “girini” alle porte di Tauromenion. Questo nome comparirebbe sulle cartine se fossimo ancora all’epoca degli antichi romani, che nel 212 a.C. ereditarono Taormina, con tutta la Sicilia, dai coloni greci che 146 anni prima l’avevano fondata col medesimo toponimo e che vi costruirono il celebre teatro, secondo per dimensioni dopo quello di Siracusa e tuttora utilizzato per spettacoli all’aperto.
Ridiscesi in riva allo Ionio, si tornerà a pedalare in pianura per poco meno di 12 Km, attraversando Giardini – Naxos, centro dalla duplice anima: la prima città greca della Sicilia, fondata nel 734 a.C. da un gruppo di coloni provenenti da Calcide, dopo un lungo periodo d’abbandono seguito alla distruzione dell’originario centro (i resti si trovano sul Capo Schisò) e alla nascita della citata Tauromenion si trasfomerà in un centro portuale, nel quale il 18 agosto del 1860 si chiuse la parentesi siciliana dell’Impresa dei Mille (nel frattempo quintuplicati nel numero), che qui s’imbarcarono su due navi a vapore per la Calabria. In questo tratto si transiterà, inoltre, nei pressi delle spettacolari gole dell’Alcantara, stretto canyon le cui pareti raggiungono i 25 metri di altezza.
Giunti a Fiumefreddo di Sicilia finirà il “liscio” e s’inizierà a ballare la “rumba” perché sarà giunto il momento di attaccare la prima delle due scalate all’Etna. Per arrivare allo scollinamento – situato in località La Lenza, a 1631 metri di altezza – dovranno essere affrontati ben 29 Km d’ascesa, suddivisibili in due tronchi distinti. I primi 11 Km saranno i più pedalabili (media del 4,2%) e presenteranno quali uniche reali insidie due tratti in basolato (nell’attraversamento dei centri di Piedimonte Etneo e di Linguaglossa) e i frequenti passaggi a livello con la Ferrovia Circumetnea. A Linguaglossa si lascerà la SS 120 (la “strada dei quattro parchi” poiché attraversa o lambisce i territori delle aree naturali dell’Etna, delle Madonie, dei Nebrodi e dell’Alcantara) per passare sulla “Mareneve”, panoramica strada a tornanti – se ne affronteranno 16, quasi tutti molto ampi – costruita negli anni ‘50 per collegare il mare dello Ionio con la neve della stazione invernale di Piano Provenzana, immersa come la strada stessa nella vasta Pineta Ragabo, antica riserva di Caccia. Sulla Mareneve si affronterà la parte più consistente di quest’ascesa, vale a dire i rimanenti 18 Km, nei quali la pendenza media si attesta al 6,1%, con un picco del 12% che sarà raggiunto a poco meno di 5 Km dalla cima, proprio all’uscita dal tratto più tortuoso. Lasciata la strada diretta al Rifugio Citelli, uno dei principali “cambi base” per gli escursionisti diretti ai crateri sommitali, si rimarrà sulla Mareneve anche nella successiva discesa che, con un andamento meno tortuoso rispetto alla strada pocanzi percorsa, condurrà i corridori a Zafferana Etnea. Lasciata la panoramica si continuerà poi a scendere, entrando ben presto nella cosiddetta “Terra d’Aci”, porzione della provincia di Catania che prende il nome da un personaggio della mitologia greca, bellissimo pastore del quale si era invaghita la ninfa Galatea e che Polifemo, secondo la tradizione inquilino dell’Etna, trasformò per gelosia nel fiume che bagnava queste terre, l’Aci appunto, prosciugatosi a seguito alla tremenda eruzione del 1169, le cui lave arrivarano sino alle acque ioniche. Oggi il toponimo è rimasto ad identificare i nove centri che s’incontrano in questo scampolo di Sicilia, i più celebri dei quali sono l’Aci Trezza di verghiana memoria e l’antica Acireale. Anche il Giro attraverserà questo centro, subito prima di proporre l’antipasto all’Etna, un’ascesa di 3500 metri (media del 4,3%) con la quale si rimonterà sulla cosidetta “Mezzamontagna”, il tratto di pendici etnee che si collocano attorno ai 400 metri di quota e che è attraversato dall’itinerario enogastronomico della “Strada del Vino dell’Etna”.
Affrontando questa salita si transiterà – esattamente tra i centri di Aci Catena e Aci Sant’Antonio – nel luogo dove perse la vita il corridore spagnolo Juan Manuel Santisteban. Accadde al Giro d’Italia del 1976, partito da Catania con un insolito prologo in linea, un circuito di 64 Km che prevedeva un traguardo volante ad Acireale preceduto dalla discesa verso Aci Catena. In quel frangente lo spagnolo della Kas si ritrovava staccato dal gruppo di testa, dal quale si era isolato con due compagni di strada per aspettare e poi riportare sotto il connazionale Gonzalez Linares, ritardatario per una foratura. Nella foga del momento lo sfortunato Santisteban sbandò all’uscita di una curva (quella del sottopasso autostradale, per intenderci) e uscì di strada, terminando la caduta e la sua parabola terrena fracassandosi la base del cranio contro il guard-rail. Il passaggio del Giro 2011 sarebbe un’occasione d’oro non solo per ricordare questo corridore nel trentacinquennale della sua scomparsa, ma anche per ristrutturare il piccolo cippo commemorativo a lui innalzato a bordo strada e che è in stato di fatiscenza da parecchi anni.
Un breve intermezzo pianeggiante poi, a partire da San Giovanni la Punta, la salita riprenderà ininterrotta sino ai 1904 del Rifugio Sapienza, unica protagonista come unico protagonista di questo finale sarà sempre lui, sua maestà l’Etna.
I VALICHI DELLA TAPPA
Valico. Non segnalato sul testo di riferimento “Valichi stradali d’Italia” (Georges Rossini, Ediciclo), separa le pendici dei Monti Peloritani dal Capo Sant’Alessio. È valicato dalla SS 114 “Orientale Sicula” tra Sant’Alessio Siculo e Letojanni.
Sella dei Monti Silvestri. Non toccata direttamente dal percorso di gara, che si fermerà poche centinaia di metri prima. Costituita dai due crateri Silvestri, è valicata dal versante che sale al Rifugio Sapienza da Zafferana Etnea, poche centinaia di metri prima di giungere al parcheggio sommitale.
Mauro Facoltosi
MODIFICHE AL PERCORSO
Percorso confermato eccettuata una lievissima modifica al tratto immediatamente precedente l’attacco dell’ascesa finale, per inserire anche il passaggio dal centro di Pedara
FOTOGALLERY
Foto copertina: il cratere dell’Etna in piena attività eruttiva (percorsidivino.blogspot.com)