IL DESERTO DEL CICLISMO: CALMA PIATTA SUL MONTE DELLE TEMPESTE
Grazie, Garate! Senza voler mancar di rispetto al talento in germine di Martin, il fatto che il Ventoux fosse domato da chi ieri – ieri! – faceva da apripista in uno sprint sarebbe stata un’umiliazione eccessiva perfino per un Tour che vola davvero in basso. Meglio Garate, poi, che uno di quegli “uomini di vertice” invischiati in tatticismi, disposti a rinunciare alla gloria per non dispiacere agli affari di squadra.
Ci è stato detto che la noia inflittaci da un tracciato da censura era strumentale alla grande suspense che si sarebbe tradotta in uno spettacolo pirotecnico nella tappa del Ventoux, l’unica salita davvero impegnativa della gara posta a giudice irrevocabile della classifica.
Così ci è stato detto, peccato che poi – con l’indubbia complicità della cronometro a squadre – la suspense si sia risolta in una lotta per il terzo gradino del podio, con i primi due già assegnati in una competizione senza storia e senza veri duelli.
Così ci è stato detto, peccato che poi il Monte Calvo sia stato profanato da un sabba di squadre-streghe intente a spartirsi la torta senza farsi troppo male.
Distacchi risicati, attacchi sprecati, farsesche frenate: evidente l’imbarazzo di protagonisti che con la salita non hanno una grande affinità elettiva, mentre gli unici due in grado di fare la differenza si sono limitati a tentennare con l’intento di “favorire i compagni” nella lotta per il terzo posto… senza peraltro avere ben chiaro il modo in cui farlo!
Tanto che alla fine non cambia praticamente niente.
La tappa se la giocano in due, Garate e Tony Martin. Superstiti di una fuga apparsa molto presto priva di serie speranze, soffocata dal guinzaglio serrato con forza dalla Saxo (con un monumentale Cancellara a tagliare il vento nell’interminabile periplo della montagna che ne precedeva la scalata): quattro minuti da difendere dai migliori su 21km di interminabile ascesa sono una miseria! Tanto più in un contesto simile, dove il vento favorisce i gruppi sugli isolati o le coppie in cui si frammenta quasi immediatamente la fuga.
Tuttavia contro ogni aspettativa da metà ascesa il distacco ballerà tra il minuto e mezzo e i due minuti – a seconda dell’atteggiamento ondivago degli inseguitori – per vedersi seriamente eroso (fino a “soli” 40”…) solo da quella che sarà una grottesca “volatina” tra gli uomini di classifica.
All’inizio invece la Saxo coi Sorensen (specie Chris) ha imposto il proprio rock, selezionando subito l’elite degli uomini che guidano la generale. Mentre i corridori si inerpicano nelle pendenze over 10% attraverso il bosco, sferzati da un vento in faccia appena trattenuto dagli alberi, già pregustiamo quel bailamme che ci è stato regalato finora da una tappa e mezza su diciannove: e le nostre speranze paiono trovare riscontro nel paio di scatti proposti da Frank Schleck addirittura ai meno tredici dal traguardo.
Il marcamento a uomo operato da Armstrong, però, scoraggia il lussemburghese, che lascia l’iniziativa al fratellino; si susseguiranno quindi dai meno dodici ai meno nove una serie di accelerazioni di Andy tutte accomunate dal medesimo copione: Contador che si accoda imperturbabile, il gruppetto che accusa qualche sbandamento, più gravemente per Kloeden ma pure da parte di Nibali (a maggior merito di quanto visto poi), ma che rientra nel momento in cui Andy si gira, guarda il fratellone, si intenerisce e lascia stare. Un teatrino stomachevole (ma non ci sono le radioline?), dal risibile spessore tecnico viste le andature relative alla fuga e anche dal mediocre valore tattico, giacché Frank sembra ben lungi dal poter trarre beneficio da una simile esibizione.
A questo punto, la svolta: Andy decide saggiamente di lasciare la compagnia, e se ne va con il solo Contador. Dietro la velocità crolla, al punto che diversi staccati rientrano, tra i quali Pellizotti che puntava oggi al successo di giornata e che perciò… non è andato in fuga! Da parte del veneto-friulano è una decisione saggissima, almeno sulla carta, penalizzata però da un andamento di corsa che farebbe la gioia di ogni bookmaker per la sua demenzialità.
Stante l’inamovibilità della classifica, a fronte di un Armstrong solido e di un Frank imballato, e stante comunque il maggior pregio di un successo personale, tanto più su questa strade (anche in termini di immagine per la squadra) rispetto ai calcoli concernenti il terzo posto di terzi corridori… Ebbene, quello cui tutti avrebbero voluto assistere era un duello all’arma bianca tra i migliori due di questo Tour per contendersi un trionfo memorabile: un trionfo che confermasse la vittoria alzando le braccia in giallo, oppure che consolasse della sconfitta lasciando presagire una futura competitività del giovane Schleck sulle rampe più aspre in veste di antagonista (anche solo per mettere qualche brivido di futuribili timori nello spagnolo, no?).
Le speranze si rinverdiscono in ogni senso quando vediamo un Nibali a tutta riportarsi in solitaria sui primi due (fin lì era apparso più pimpante Kreuziger, che comunque trova qui la propria giornata migliore: la classe non è acqua). Questo terzetto potrebbe dare un senso, un salto, un sogno a questa tappa e di rimando a questo Tour.
Ma oggi il G4 dei team che contano ha deciso per un’altra sceneggiatura, e dopo aver beffato il povero Pellizotti con la scelta di gettare “al vento” – che soffia dove vuole (quindi sui fuggitivi benché disperati…) – la vittoria di giornata, arriva prontamente una seconda beffa per i colori Liquigas. Lo sforzo profuso da Vincenzo, un recupero individuale su QUELLA coppia, viene vanificato del tutto dalla decisione di non dar seguito all’azione. E anzi il siciliano si trova sul gobbo la fatica di una mossa potenzialmente geniale, distillata – e se ne triplica il merito – in una fase in cui era già a tutta.
Ma chi puote ciò che vuole… non vuole niente di preciso! Così Andy smette di tirare, Contador continua a non collaborare, Nibali deve recuperare almeno un po’ di fiato, e ai meno 6km è tutto da rifare, con il gruppo dei “tristi terzi” – un gruppo che sale al ritmo dei due fuggitivi! – che si ricongiunge alle speranze di un futuro migliore. Ammazzandole metaforicamente, possiamo pur dire.
Qui parte Pellizotti, tutto a pois bici inclusa, decollando verso il suo sogno. Ma affrontare i km esposti del Ventoux in solitaria è impresa disperata. Il vantaggio del duo di testa è parecchio, entrambi conservano parecchie energie, e nemmeno un primo affondo di Garate ai meno 1200 metri sortirà l’effetto di disintegrare il solido patrimonio di secondi della coppia: Martin ha energie da vendere, tanto che recupera il collega (ben più scalatore di lui) per venirne schiantato solo all’ultima curva.
Pellizotti resta dunque a lungo a bagnomaria, per essere reintegrato ai meno due, e anche se “la storia gli darà ragione” – o meglio darà torto a lui come a tutti gli altri ignavi di giornata – a noi resta un dubbio: perché non mettersi al servizio di Nibali, anticipando il proprio scatto in modo da riportarsi sul terzetto dei “forti” prima che esso fosse riassorbito, profondendo poi tutta quella benzina che dimostra di avere per quattro durissimi chilometri solitari… ma con Nibali alla propria ruota?!? Se in altre squadre c’è la tendenza a correre un po’ troppo per qualcun altro, al limite anche qualcun altro di casacca diversa, la Liquigas invece si sente abbastanza forte da adottare lo stile Astana, o quasi: ogni capitano per sé. E semmai Nibali per Pellizotti, guai il viceversa.
Ripetiamolo, però: col senno di poi Nibali aveva già dato tanto, probabilmente una simile azione sarebbe stata un azzardo: è proprio la mancanza di azzardi, tuttavia, che ha narcotizzato questo Tour.
Il gruppo ricompostosi sale così, come viene, c’è quasi sempre in testa Andy, che ogni tanto accenna qualche sgasata, ma sempre con l’occhio torto. L’andatura è spesso bassa, tanto che anche chi stenta – come Wiggins o Nibali – riesce a mantenere il contatto: senza con ciò nulla togliere alla caparbietà straordinaria dimostrata da questi atleti. Frank è inerte, mai pericoloso, Lance è in controllo ma sa di non potersi permettere boutade.
Arrivati agli ultimi duecento metri, pim pum pam, ecco i fuochi d’artificio! Andy e Contador staccano di 3” Armstrong e Frank, a 8” Kreuziger, a 18” Pellizotti e Nibali, a 25” Wiggins… Wow. Sconfitto di giornata, Kloeden che perde UN MINUTO dai migliori. Un gruppetto di classifica che sale come due fuggitivi della prima ora, l’unico uomo in difficoltà che perde un solo minuto su una salita del genere. Un vero insulto al Gigante della Provenza…
Per fortuna che lui non si è accorto di nulla, ha senz’altro passato il pomeriggio dormendo. Il Gigante risponde al richiamo dei Giganti, quando la sua schiena è calcata da formichine può solo consegnarsi con un sorriso al simpatico Garate, e lasciare che gli altri si tengano ciò che meritano: spiccioli mediatici, non fulgori mitici.
Gabriele Bugada