JOAO MERAVIGLIAO TRIONFO SUL BONDONE, THOMAS TORNA IN ROSA ROGLIC IN DIFFICOLTA’
La terza settimana del Giro d’Italia si apre con il primo vero confronto tra i big in salita. Almeida vince la tappa, dimostrando ottimi progressi in salita; Thomas, solido come sempre, riprende la maglia rosa ceduta in prestito ad Armirail mentre Roglic, nei chilometri finali, accusa qualche difficoltà ma riesce a limitare i danni. Il Giro è ancora aperto ma, salvo crisi gravi, si tratta di un affare a tre.
Primi attacchi tra i big, prime sentenze di questo Giro d’Italia. La tappa di oggi ha dato molte risposte agli interrogativi sullo stato di salute dei corridori che si battono per la vittoria finale nella Corsa Rosa.
La giornata di oggi ha poi dimostrato la fondatezza di alcune critiche rivolte ai corridori alle quali alcuni, tra i quali la nuova maglia rosa, hanno risposto con un certo disappunto. E’ stato detto che in queste due settimane si è andati forte, che non è vero che le tappe sono state percorse ad andature turistiche; tuttavia rimane il fatto che sono andate all’arrivo fughe arrivate anche con venti minuti sul gruppo e che, fino a Bergamo, tutte le tappe non terminate con uno sprint di gruppo avevano visto le fughe non solo andare all’arrivo, ma arrivarci senza difficoltà e con distacchi piuttosto netti, tappe con arrivo in salita che hanno visto il gruppo dei migliori molto, troppo popoloso.
Oggi, invece, prima ancora che partissero gli attacchi, la Jumbo ha preso in mano le operazioni in testa al gruppo, riducendo impietosamente il vantaggio di una fuga nella quale erano presenti uomini che in salita possono certamente dire la loro e riducendo in breve anche la composizione del gruppo dei migliori sino a portarla a diciassette unità, prima che intervenissero gli UAE a scremare ancor di più il drappello.
Neppure è possibile difendere lo spettacolo indecoroso andato in scena a Lago Laceno, al Gran Sasso, a Crans Montana e a Bergamo con la paura di spendere energie o di non riuscire a fare la differenza. Sembra ovvio, ma è bene ribadirlo, la differenza si riesce a fare solo se ci si prova. Non si riesce a capire se l’avversario è in difficoltà se si tiene un ritmo da gita domenicale in Graziella, con i fuggitivi che prendono venti minuti su un percorso pianeggiante. Oggi, dopo il forcing Jumbo che sembrava preludere ad un grande attacco di Primoz Roglic, è partito il forcing UAE che Joao Almeida è riuscito a finalizzare, accelerando in prima persona e restando davanti a menare quando sembrava che gli altri rimanessero a ruota a sfruttare la sua ingenuità per sbranarlo in un boccone; successivamente si è avvantaggiato di pochi metri con Sepp Kuss (Jumbo-Visma), che sembrava tenerlo a bagnomaria come il gatto col topo, e invece… invece è stata questa insistenza che ha rivelato a Geraint Thomas (Ineos) la difficoltà nella quale versava Roglic. A quel punto il gallese ci ha provato e si è ritrovato davanti con il vero artefice della prima battaglia tra i big, Almeida, che è sicuramente migliorato in salita ma che forse stava cercando di tenere un ritmo alto per evitare la sparata di Roglic, che fa male alle gambe per uno come lui. Lago Laceno e il Gran Sasso non sono traguardi sui quali non si possa fare la differenza. A Lago Laceno pagò dazio addirittura Marco Pantani, raggiunto e staccato da Zulle in salita, al Gran Sasso lo stesso Pantani staccò tutti e si presentò sul traguardo da solo in mezzo alla neve, Froome passò un brutto quarto d’ora salendo verso Campo Imperatore.
Anche per quanto riguarda l’accorciamento del tappone vanno certamente ravvisate responsabilità di Vegni che deve assolutamente porre fine alla moda di chiedere modifiche alle tappe sgradite, imponendosi anche a costo di subire uno sciopero e lasciando così tutta la responsabilità di un’eventuale tappa percorsa a passo d’uomo sulle spalle dei corridori che non vogliono disputarla, invece che assecondare richieste irricevibili.
Tuttavia, anche in questo caso, la rappresentanza dei corridori che, a quanto emerso, chiedeva il taglio della Croix de Coeur per pericolosità della discesa ha poi accettato di fare ciò che riteneva pericoloso per l’incolumità dei corridori, barattando il taglio richiesto con l’eliminazione del Gran San Bernardo, per nulla pericoloso e già modificato per interessi economici delle autorità elvetiche. D’altro canto, va detto che l’organizzazione ce l’ha messa tutta per disegnare un bellissimo percorso, inserendo un bel po’ di chilometri contro il tempo prima delle montagne, chilometri che avevano permesso a Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) di avvantaggiarsi e alla Ineos di piazzare due uomini nelle prime posizioni.
Senza il ritiro del belga e del vincitore dell’edizione 2020 Tao Geoghegan Hart (Ineos) probabilmente avremmo visto attacchi almeno nelle ultime tappe di montagna della seconda settimana per recuperare un gap ben più ampio dei pochi secondi che ci sono tra i tre big.
Se il ritiro di Geoghan Hart è stato purtroppo inevitabile, quello del belga è apparso invece molto strano, annunciato subito dopo aver vinto una cronometro a 51 di media e alla vigilia di un giorno di riposo.
Insomma la tappa di oggi, che non ha visto grandi attacchi da lontano, grosse crisi o imprese titaniche ma il minimo sindacale che si può aspettare in una tappa di montagna di un grande giro, ha dimostrato come tutto ciò che è successo in queste due settimane è certamente uno spettacolo non degno del ciclismo, non solo e non tanto per lo spettatore, ma anche per lo spirito di questo sport che la tradizione ci ha consegnato perché fosse non custodito come in uno scrigno, ma continuamente rinnovato come il lievito madre che può andare avanti anche centinaia di anni, a patto di essere continuamente alimentato.
Che la tappa di oggi non sarebbe stata una scampagnata è apparso subito ovvio dalla prime fasi di gara, perchè l’andatura è stata alta, gli attacchi si sono susseguiti e a centro gruppo si era verificata una caduta che aveva coinvolto alcuni big e spezzato il gruppo, tornato compatto nel giro di pochi chilometri.
Davanti si forma una fuga con ottimi elementi. I primi a partire sono Christian Scaroni (Astana Qazqstan), Jonathan Milan, Jack Haig (Bahrain Victorious), Jonathan Lastra (Cofidis), Ben Healy (EF Education-EasyPost), Martin Marcellusi, Alessandro Tonelli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Salvatore Puccio, Ben Swift (Ineos Grenadiers), Derek Gee (Israel-Premier Tech), Carlos Verona (Movistar), Michael Hepburn, Filippo Zana (Team Jayco AlUla), Toms Skujiņš (Trek-Segafredo), Diego Ulissi (UAE Team Emirates), (TBV), Aurélien Paret-Peintre e Valentin Paret-Peintre (Ag2r Citroen). Questi diciassette vengono poi raggiunti da Patrick Konrad, Cesare Benedetti (Bora-hansgrohe), Thomas Champion (Cofidis), Mattia Bais (Eolo-Kometa), Davide Gabburo, Filippo Magli (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè), Veljko Stojnić, Nicolas della Valle (Team Corratec-Selle Italia) e Vadim Pronskiy (Astana Qazaqstan), andando così a comporre un tentativo serio con 26 uomini in testa e tra questi ottimi scalatori su un percorso con cinque Gran Premi della Montagna e molti punti in palio per la maglia azzurra.
Dietro è compito della Jumbo controllare il distacco, visto che Ineos, Bahrain, UAE e Bora hanno tutte uomini in fuga.
Davanti, mentre ogni tanto qualcuno si stacca, Healy lotta per i traguardi in cima alla salite e riuscirà al termine della tappa a vestire la maglia azzurra che, in queste ultime tappe, ha cercato con impegno. La fase in avanscoperta di Milan termina dopo la conquista dei punti valevoli per la maglia ciclamino al traguardo volante di Rovereto.
Sulla salita di Matassone, mentre il gruppo mantiene il gap controllato, davanti attacca la coppia Astana formata da Pronskyi e Scaroni, i quali riescono a guadagnare addirittura due minuti sui più immediati inseguitori. Sulle rampe della salita verso Serrada scoppia la bagarre tra i contrattaccanti e si forma un gruppetto con i migliori in salita (Haig, Healy, Gee, i fratelli Paret-Peintre, Verona, Konrad, Skujins, Swift, Ulissi, Lastra e Zana). Il gruppetto riesce a raggiungere la testa della corsa prima del GPM, mentre dietro il gruppo condotto sempre più dalla Jumbo scollina con 4 minuti di ritardo.
Dopo la fine della discesa di Serrada ci sono dieci chilometri di pianura prima di iniziare la salita finale ed è proprio in questo tratto che il gruppo recupera tantissimo ed inizia l’ascesa verso Monte Bondone con meno di 3 minuti di passivo-
In testa iniziano gli attacchi e, dopo una fase concitata di scatti, si forma un gruppetto con Verona, Zana, Aurélien Paret-Peintre, Pronskiy, Haig e Konrad, Swift e Ulissi, ma il gruppo tirato da Jumbo si avvicina a grandi passi e si capisce che oggi la fuga non andrà all’arrivo.
Il ritmo degli uomini di Roglic fa male, tanto che ai -15 restano solo Rohan Dennis (Jumbo-Visma), che fa l’andatura, la maglia rosa Bruno Armirail (Groupama – FDJ), Thomas, Roglič, Almeida, Andreas Leknessund (Team DSM), Edward Dunbar (Team Jayco – AlUla), Thymen Arensman (INEOS Grenadiers), Laurens De Plus (INEOS Grenadiers), Thibaut Pinot (Groupama – FDJ), Hugh Carthy (EF Education-Easypost), Einer Rubio (Movistar Team), Ilan Van Wilder (Soudal – QuickStep), Kuss, Davide Formolo (UAE Team Emirates), Brandon McNulty (UAE Team Emirates) e Jay Vine (UAE Team Emirates).
Terminato il lavoro di Dennis va in testa Formolo, che impone un ritmo ancor più intenso rispetto ai Jumbo. Dopo il veronese è il turno di Vine e anche Ulissi, raggiunto dal gruppo, offre il suo contributo finché ne ha.
Davanti restano solo Vine, Almeida, Roglic, Thomas, Dunbar e Zana, ripreso dalla fuga che ha terminato la propria avventura.
Terminato il lavoro di Vine, è Almeida in prima persona a fare un ritmo molto elevato, probabilmente con il fine di evitare uno scatto di Roglic, che sarebbe complicato da gestire per un regolarista come il portoghese. Tuttavia, dopo una fase in cui Zana fa un ritmo gradito a Dunbar, il gruppo dei migliori quasi si ferma e allora Almeida prova a dare di nuovo la sveglia e guadagna qualche metro. Dietro è Kuss, ultimo uomo di Roglic, che si mette in testa e sembra mantenere pochi metri da Almeida, che però ha il merito di non desistere e continua al massimo che può, pur senza riuscire a guadagnare. A quel punto è Thomas che si porta su Almeida e i due si accorgono che Roglic non ce la fa a seguirli; tentano allora di affondare, dandosi cambi regolari fino al traguardo. In realtà anche loro sono stanchi e dietro Roglic gode dell’aiuto di Kuss.
All’arrivo è volata sino a un certo punto, con Almeida che vince abbastanza agevolmente mentre Roglic riesce a limitare i danni a soli 25 secondi, prendendosi anche l’abbuono del terzo posto.
Adesso la classifica generale vede Thomas in maglia rosa con 18 secondi su Almeida e 29 su Roglic.
Salvo crisi verticali, saranno questi i tre atleti che conquisteranno il podio poichè il quarto, il siciliano Damiano Caruso (Bahrain), oggi non ha brillato ed è scivolato a quasi 3 minuti da Thomas.
Alle spalle dei primi tre c’è comunque un gruppo di otto atleti raccolti nello spazio di due minuti e quindi sarà interessante la lotta per i piazzamenti.
Roglic ovviamente non ha ancora perso, è riuscito molto bene a limitare i danni e si trova a soli 20 secondi quando mancano due tappe di montagna ed una durissima cronometro.
Domani si affronterà una tappa completamente pianeggiante che vedrà protagonisti i velocisti rimasti in gara, mentre giovedì si correrà una tappa caratterizzata da un finale molto duro, Forcella Cibiana con pendenze molto severe, Coi con un tratto di diversi chilometri sempre in doppia cifra e l’arrivo in Val di Zoldo.
In via teorica è possibile progettare un attacco da lontano ma i tre pretendenti al podio difficilmente potranno farlo, mentre gli altri non sono sinora sembrati in grado di mettere in scena un’azione simile.
Il Giro è finalmente entrato nel vivo e ora sarà davvero emozionante seguire la tre giorni di fuoco che inizierà giovedì e che ci accompagnerà sino alle soglie della passerella capitolina.
Benedetto Ciccarone