REGGIO EMILIA – RAPALLO: UNA TAPPA A TRE COLORI… ANZI QUATTRO
S’incontreranno quattro gradazioni di colore viaggiando tra Reggio Emilia e Rapallo, le tre tinte della nostra bandiera e l’azzurro del Mar Ligure, la medesima tonalità che rappresenta l’Italia sportiva. Si passerà dal biancore della pianura al rosso accesso delle salite per concludere la giornata tra i verdi paeseggi del Tigullio. Una giornata simbolica che potrebbe, però, smuovere la classifica in virtù di un finale caotico, con tante curve e due salitelle piazzate proprio a ridosso del traguardo. Siamo ancora all’inizio e i big dovrebbero lasciare fare…. sempre che qualcuno non si ricordi di quel che combinò Chiappucci giù dal Bocco nel Giro di vent’anni fa.
L’Italia e il Giro han tre colori, le tre tinte della nostra bandiera. Lo sterminato bianco è quasi l’emblema del candore delle pianure, il rosso è quello della passione che da sempre suscita la salita e la montagna, il verde è quello che sovente domina i paesaggi da cartolina della nostra nazione. Tre sfumature che sono ben rappresentate, ciascuna col proprio spazio, nella terza frazione della corsa rosa, quella che condurrà il gruppo dalla pianura al mare. Ci sarà pianura vera nei primi 60 Km, poi il bianco lascerà campo al rosso, anche se le ascese odierne saranno tra le più facili a disposizione nelle zone attraversate, comunque sempre in grado di calamitare a bordo strada gli appassionati, qualunque sia la pendenza. Il verde troneggerà nel finale, dove i boscosi monti del Tigullio si riflettono nel Mar Ligure, sposandosi così con il quarto colore della nostra nazione, quell’azzurro che ci rappresenta nei grandi happening sportivi. E questa frazione che, dunque, rappresenta idealmente il paradigma della bandiera italiana, non poteva che partire da quella Reggio Emilia dove il Tricolore fu sventolato la prima volta il 7 gennaio 1797 per l’allora Repubblica Cispadana, stato nato l’anno precedente e posto sotto il controllo dell’esercito napoleonico. E poi la stessa corsa rosa ha un particolare legame con la cittadina emiliana, per essere la patria adottiva del fondatore del Giro, quell’Armando Cougnet che era di origine nizzarda, come Garibaldi.
Tra i due estremi di questa “tappa-bandiera” s’incontreranno difficoltà tenere che, però, saranno in grado di rendere imprevedibili gli esiti della gara, aperta a molteplici soluzioni: possibile l’approdo di un tentativo, possibile una sorpresa – di questo ne parleremo diffusamente più avanti – e possibile anche la seconda sfida tra i velocisti, ipotesi comunque piuttosto remota. Negli ultimi 13 Km, infatti, saranno concentrati una serie di tortuosità che, coniugate a due tratti di salita consecutivi e vicinissimi al traguardo, metteranno a dura prova i treni degli sprinter. È vero che, da oltre un decennio, le ruote veloci del gruppo hanno imparato a destreggiarsi anche in finali un tempo ritenuti proibitivi, ma il tratto d’Aurelia tra Chiavari e Rapallo sempre messo lì proprio per evitare che ciò accada. Inoltre, le particolari condizioni di gara potrebbero consegnarci, al termine di questa frazione, una maglia rosa diversa da quella che si era schierata al via da Reggio.
Partenza in pianura, dunque, con i “girini” che nel tratto iniziale costeggeranno le pendici dell’appennino reggiano, percorrendo le strade di quelle che furono definite “Terre Matildiche”. Infatti, deviando dal tracciato di gara si possono raggiungere i resti del castello di Canossa, reso celebre dall’episodio – avvenuto nel 1077 – dell’umiliazione dello scomunicato imperatore Enrico IV, che salì al maniero per implorare il perdono di papa Gregorio VII, ospite della Grancontessa Matilde di Canossa, e che fu costretto a “fare anticamera” per tre giorni e tre notti, rimanendo inginocchiato di fronte al portone mentre infuriava una tempesta di neve.
Tornati nel parmense, si taglierà nel mezzo la valle percorsa dal torrente Parma e spazzata dalle correnti d’aria che hanno consentito lo sviluppo dell’attività della stagionatura del celebre prosciutto, termine che ha avuto origine proprio in questi luoghi (in dialetto locale “pàr-sùt”, ossia “pare asciutto”). La famosa Langhirano è poco distante, così come l’elegante castello di Torrechiara, mente i corridori attraverseranno direttamente il centro di Felino, conosciuto per l’omonimo e delicato salame. Fiancheggiando l’area del piccolo Parco naturale regionale dei Boschi di Carrega (istituito nel 1982 per preservare un’antica tenuta di caccia appartenuta prima ai Farnese e quindi passata ai Borbone, alla moglie di Napoleone Maria Luigia e infine ai Savoia e ai principi Carrega), la corsa si porterà qundi a Collecchio, storica della Parmalat, e da questo punto risalirà la valle del fiume Taro sino al suo culmine, il Passo del Bocco, primo GPM giornaliero. Lo scollinamento dista quasi 90 Km da Collecchio e tutto questo tratto sarà costituito da una lentissima e costante ascesa, prevalentemente con le caratteristiche di dolce ed interminabile falsopiano, che si potrarrà fino a 6 Km sotto il valico. Dopo Fornovo si lascerà sulla sinistra la strada per il frequentato Passo della Cisa e si raggiungerà il capoluogo della valle, quella Borgo Val di Taro che è un centro molto noto agli appassionati di funghi per i suoi porcini I.G.P. Anche la corsa rosa ha un profondo legame con “Borgotaro”, nella figura dell’indimenticato Bruno Raschi, grande amico del Giro e storico vicedirettore della Gazzetta dal 1976 al 1983, l’anno della sua prematura scomparsa. Il Giro gli ha tributato omaggi in due occasioni, allestendo nel suo “borgo” l’arrivo di tappe che sono state siglate da due campioni del mondo, Moreno Argentin nel 1987 (con la maglia iridata conquistata a Colorado Springs sulle spalle) e Maurizio Fondriest nel 1993, nel primo decennale della morte.
Procedendo sulla statale di fondovalle e lasciata, sempre sulla sinistra, anche la strada per il Passo di Cento Croci, si andrà verso la località di villeggiatura di Bedonia, passata la quale il contesto ambientale si farà più montano. Di salita, però, non se ne parlerà ancora per bel po’, almeno per una ventina buona di chilometri e bisognerà pazientemente attendere gli ultimi 6000 metri. Va detto che nemmemo questi saranno particolarmente impegnativi poiché, per arrivare al gran premio, in quest’ultimo tratto dovranno essere superati i rimanenti 221 metri di dislivello, con una pendenza media del 3,9% appena. Non sono luogo d’aspre battaglie i 957 metri del Bocco, l’ultima significativa fu quella combattuta il 7 giugno 1748 tra le truppe franco-genovesi e gli austriaci, che quel giorno tentarono vanamente di riconquistare Genova, perduta due anni prima in seguito alla rivolta di Balilla. Lassù si respirerà anche un piccolo alito d’internazionalità poiché a breve distanza dal valico, lungo la strada per Varese Ligure, si trova l’ex collegio estivo della Fondazione Devoto, istituzione creata per provvedere all’ìstruzione elementare e professionale degli orfani degli italiani emigrati. Chiuso da diversi anni, su quest’edificio si racconta una curiosa leggenda metropolitana, secondo la quale il collegio abbandonato avrebbe ispirato il regista Stanley Kubrick, quando mise su pellicola “Shining” di Stephen King, per la scelta della location del lugubre albergo.
Da questo punto in avanti il tracciato ricalcherà fedelmente il finale della tappa giunta a Rapallo nel 1999 e vinta da francese Richard Virenque, primo successo dello scalatore francese dopo lo scandalo Festina dell’anno precedente. Questo è, però, un precedente che non fa testo perché si tratta di due frazioni dal peso specifico differente, con la tappa del 1999 decisamente più impegnativa rispetto a quella odierna.
Entrati in territorio ligure già da qualche chilometro, terminata la discesa dal Bocco inizierà un tratto pianeggiante di una dozzina di chilometri, durante il quale si attraverserà il centro di Carasco, situato nella Val Fontanabuona, una delle principali del cosiddetto “Genovesato”, in una zona ricca di cave d’ardesia.
Transitati non lontano dalla rinomata Basilica dei Fieschi di Cogorno – un tempo importante polo religioso e tappa di un itinerario di pellegrinaggi che poi andava a confluire sulla famosa Via Francigena – giunti in riva al mare finirà la pianura e inizieranno gli ultimi 13 Km, quelli che dovrebbero decidere le sorti di questa giornata. Usciti da Chiavari, subito la strada prenderà a salire e lo farà per i successivi 2,4 Km, sino all’imbocco della breve Galleria della Grazie, immediatamente sottostante l’omonimo santuario, innalzato nel XV secolo in posizione dominante sulla costa e molto caro ai marinai liguri, come testimoniano i numerosi ex voto. L’ascesa ha una pendenza media del 6,4% e cela al suo interno due ripidi strappi, il primo a metà strada e il secondo proprio in vista del portale della galleria.
Scesi al piccolo borgo di Zoagli subito si riprenderà a salire, per rimontare l’ultima difficoltà di giornata, uno zampellotto di poco più di un chilometro che terminerà all’imbocco di un altro corto tunnel, quello del Castellaro, che è possibile aggirare rimanendo su un tratto dismesso dell’Aurelia e godendo così di un panorama che abbraccia tutto il golfo del Tigullio, da Punta Manara (Sestri Levante) al Faro di Portofino. Tornati alla luce del sole, inizierà un finale da vivere a denti stretti, una dolce ma tortuosa planata di quasi 4000 metri nella quale si dovrà tentare il tutto per tutto per rientrare sulla testa della corsa se il distacco non sarà incolmabile. Un approdo, quello di Rapallo, per molti ma non per tutti. Sempre che in precedenza non sia scattata l’operazione sorpresa: per illustrarvi questa ipotesi dobbiamo fare un’operazione di rewind e riavvolgere il nastro stradale di questa frazione, tornando allo scollinamento del Bocco. Quella che si spalancherà dinanzi ai corridori sarà una discesa trabocchetto, gemella di quella più celebre del Turchino, come questa non ripida ma tortuosa, caratterizza com’è da otto tornanti. In condizioni normali non desterebbe troppe preoccupazioni ma, se dovesse piovere, su quei “tourniquets” potrebbe succedere di tutto. Ricordate l’attacco di Chiappucci nella planata del Turchino alla Sanremo del 1991? Quel giorno diluviava e grazie a quell’azione il varesino, nonostante mancassero quasi 200 Km al traguardo, riuscì a portare con sé 15 uomini e a lanciarsi poi verso la sua seconda grande impresa della carriera, dopo la maglia gialla vestita per otto giorni l’estate precedente. Vi abbiamo accennato alla Sanremo del ’91 perché due mesi più tardi il “Diablo” tentò di emulare se stesso al Giro, nel corso della tappa che portava la carovana da Sala Baganza a Savona e che proponeva proprio l’ascesa al Passo del Bocco. Pioveva anche quel giorno e dopo il GPM Claudio diede il via ad un pericoloso tentativo, portandosi dietro anche la maglia rosa Chioccioli, lo spagnolo Lejarreta, Massimiliano Lelli e Flavio Giupponi. Rimasto escluso da quest’azione, il grande favorito Bugno – in quel momento secondo in classifica ad appena 1” dal vertice – profuse parecchie energie per annullare un gap di quasi un minuto e, pur centrando il bersaglio, pagò un pesante dazio l’indomani sull’ostico arrivo in salita del Monviso. E non fu il solo…. Anche i treni dei velocisti furono fiaccati da quell’azione a sorpresa e non riuscirono a rintuzzare il successivo attacco, portato dall’italo-inglese Maximilian Sciandri e da un pesce grosso del calibro di Greg Lemond, che quel giorno si piazzerù secondo dopo aver sbagliato la volata (ma, con l’esclusione della partecipazione all’edizione del 1986, al Giro si vide sempre la sbiadita controfigura del campione in grado di imporsi in tre Tour e in due mondiali). Un italiano non proprio purosangue davanti ad un americano D.O.C.
Tricolore uber alles, anche stavolta.
I VALICHI DELLA TAPPA
Passo del Bocco (956m). È la depressione che separa l’omonimo monte dal Vailera, attraversata dalla strada provinciale che mette in comunicazione Santa Maria del Taro con Montemoggio. Nei pressi del passo confluiscono altre due rotabili asfaltate provenienti da Borzonasca (attravarso il Passo del Ghiffi, 1068m) e da Varese Ligure (Colla dei Faggi o Passo Malanotte, 1050m). Non va confuso con due valichi omonimi presenti in Liguria, il Colle il Bocco (272m, strada Bocco – Chiesa Nuova di San Colombano Certenoli) e il Passo del Bocco di Bargone (908m, strada sterrata Bargone – Maissana). Quotato 957 metri sulle cartine del Giro 2011, è stato affrontato cinque volte come GPM e una come arrivo di tappa, terminal di una cronoscalata disputata nel 1994, partita da Chiavari e vinta dalla maglia rosa Berzin. I precedenti conquistatori del Bocco sono stati lo spagnolo Bahamontes (1956), unico italiano Vicentini (1966), il britannico Millar (1987) e il portoghese Da Silva nel citato passaggio del 1991.
Mauro Facoltosi
FOTOGALLERY