UN’APOTEOSI IMPERIALE
Atto finale della Corsa Rosa sulle strade della capitale italiana. Dopo il “pasticciaccio brutto” del 2018 si è preferito proporre un circuito diverso da quello sul quale si concluse l’edizione vinta da Froome limitando al minimo i tratti da percorrere sui traballanti sampietrini. Epilogo sempre in Via dei Fori Imperiali, dopo un tuffo nella grande bellezza di Roma.
Sarà Roma a chiudere i battenti del Giro 2023 e lo farà cinque anni dopo la conclusione sulle strade della capitale dell’edizione vinta da Chris Froome, una pagina che si vuole dimenticare vista la magra figura fatta dall’amministrazione capitolina, con la giuria che si vide costretta a neutralizzare parecchi giri del circuito romano a causa delle buche presenti sulle strade. Per il ritorno del gran finale della Corsa Rosa a Roma si è corso ai ripari, disegnando un circuito che non si limiterà alla zona dei fori e ha limitato all’osso i tratti da percorrere sui “sampietrini”, com’è tradizionalmente chiamato il pavé nella capitale in ricordo dell’epoca dello Stato Pontificio, quando gli operai preposti alla manutenzione delle strade venivano così soprannominati per rimarcare il fatto che fossero dipendenti della Santa Sede. Così dei 13.6 Km dell’ultimo circuito, che complessivamente dovrà essere inanellato sei volte, soli 1500 metri si dovranno percorrere sulle “pietre”, spezzati in cinque breve bocconcini sparsi qua e là lungo il percorso, per il resto totalmente pianeggiante. In realtà ci sarà lo spazio per un’ultima salita perché a quasi 7 Km dal via, che avverrà nel quartiere dell’EUR con l’ultimo raduno di partenza fissato presso il Palazzo della Civiltà Italiana (il cosiddetto “Colosseo Quadrato”), si affronterà un’ascesa di 900 metri al 5.8% che si concluderà presso i cancelli della Tenuta di Castelporziano, dal 1872 di proprietà dello Stato Italiano, inizialmente acquistata per farne una riserva di caccia a uso di re Vittorio Emanuele II e utilizzata a tale scopo anche dai Presidenti della Repubblica dopo la fine della monarchia, attività venatoria cessata nel 1977: dal 1999 è una riserva naturale statale, nonché una delle tre residenze ufficiali del capo dello stato dopo il Quirinale e la napoletana Villa Rosebery. Una decina di chilometri più avanti i “girini” raggiungeranno il mare, ma avranno appena il tempo per respirarne la salsedine perché arrivati a Lido di Castel Fusano gireranno i tacchi per riprendere nella direzione opposta la strada appena percorsa e far ritorno all’EUR. Sfilato accanto al circolare Palazzo dello Sport progettato per le Olimpiadi del 1960, il gruppo attraverserà il Parco Centrale del Lago, sorto attorno al laghetto pensato – come il resto del quartiere – per l’Esposizione Universale che si doveva svolgere nel 1942 e che sarà definitivamente annullata a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Prima di lasciare l’EUR si giungerà quindi nel cuore del quartiere dove svetta dall’alto dei suoi 45 metri quello che fino al 2004 era l’obelisco più recente di Roma, eretto nel 1959 in ricordo di Guglielmo Marconi e il cui primato è stato battuto nove anni fa da quello realizzato da Arnaldo Pomodoro e collocato presso il Palazzo dello Sport.
Pedalando sulla Cristoforo Colombo in direzione del centro della capitale il gruppo andrà a lambire i confini della Garbatella, uno dei quartieri popolari più noti di Roma, realizzato a partire dal 18 febbraio del 1920, giorno della posa della prima pietra presso l’odierna Piazza Benedetto Prim, cerimonia presieduta personalmente dall’allora re Vittorio Emanuele III. Varcata la cinta delle Mura Aureliane attraverso Porta Ardeatina, la corsa farà quindi l’ingresso sul circuito quando mancheranno poco più di 3 Km al primo passaggio dal traguardo, come nel 2018 previsto in Via dei Fori Imperiali, strada tracciata in epoca fascista su progetto dell’ingegner Barnaba Gozzi per collegare in linea retta il Colosseo con Piazza Venezia, opera che fu compiuta demolendo il “quartiere Alessandrino”, realizzato alla fine del XVI secolo. Il circuito inizierà con il passaggio nella centralissima Piazza Venezia, dove il gruppo transiterà lasciando alle spalle l’Altare della Patria, cuore del monumento detto Vittoriano perché realizzato in onore del primo sovrano del Regno d’Italia Vittorio Emanuele II, per progettare il quale si racconta che l’architetto marchigiano Giuseppe Sacconi si sia ispirato alle scenografie naturali delle Dolomiti. Subito dopo si percorrerà proprio la strada intitolata al primo re d’Italia, sulla quale si affacciano le imponenti facciate delle chiese del Gesù, di Sant’Andrea della Valle e di Santa Maria in Vallicella, presso la quale si trova quella che da molti è stata definita come la più bella e monumentale sacrestia della capitale. All’altro capo del corso inizierà il primo dei tre tratti previsti lungo il Tevere, un chilometro e mezzo in direzione del quartiere Flaminio e la prima delle cinque porzioni di sampietrini, giusto 100 metri all’altezza del moderno “sarcofago” che dal 2006 cela al suo interno uno dei monumenti della Roma antica più celebri, l’Ara Pacis, altare che l’imperatore Augusto aveva fatto innalzare in onore della pace, un bene al quale si anela oggi così come nel remoto anno 9 avanti Cristo. Transitando sul Ponte Regina Margherita ci si porterà sulla sponda opposta del fiume, seguendola in direzione del Vaticano per un chilometro esatto, costeggiano il quartiere Prati fino ad arrivare al cospetto del monumentale Palazzaccio, la sede del Palazzo di Giustizia della capitale, preceduto dal passaggio davanti alla neogotica facciata del Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, soprannominata “il piccolo duomo di Milano” e presso la quale è possibile visitare il curioso Museo delle Anime del Purgatorio, nel quale sono esposti reperti tangibili dei contatti con l’aldilà. Il chilometro successivo vedrà il gruppo allontanarsi delle sponde del fiume per effettuare il periplo di Castel Sant’Angelo, in antichità mausoleo dell’imperatore Adriano successivamente trasformato in fortezza per dare ospitalità ai pontefici durante gli assedi. Il Vaticano è alle porte e la Basilica di San Pietro farà la sua comparsa agli occhi dei “girini” quando imboccheranno Via della Conciliazione, altra strada realizzata all’epoca del regime, anche in questo caso operando una serie di demolizioni che cancellarono il rione della Spina di Borgo. Ritrovato il pavé per 200 metri i corridori percorreranno solo il tratto iniziale del monumentale viale per poi svoltare nuovamente in direzione del Tevere e iniziare l’ultimo e più lungo dei tre tratti tracciati lungo le sponde del “biondo fiume”, quasi 2 Km percorrendo i quali si andrà a transitare tra l’Isola Tiberina e il Tempio Maggiore di Roma, sinagoga costruita all’inizio del XX secolo in stile orientale assiro-babilonese e cuore del quartiere del Ghetto. Salutato il Tevere si sfreccerà a due passi della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, chiesa tra le più gettonate dai turisti per la presenza sotto il porticato d’accesso della celebre Bocca della Verità, toccatissimo mascherone che in epoca antica era lo sportello di un tombino destinato a raccogliere le acque del Tevere in occasione delle piene più disastrose. Subito dopo si percorrerà la strada che corre tra le prime pendici dell’Aventino e la cavea del Circo Massimo, luogo dove avvenne il mitico episodio del “ratto delle Sabine”, con il quale il fondatore della città Romolo intese fondere il popolo romano con quello sabino. Un’altra breve porzione sul lastricato, 100 metri appena, porterà il gruppo su strade ben note a molti corridori, quelle del circuito delle Terme di Caracalla, che dal 1946 ospita il 25 aprile di ogni anni il Gran Premio della Liberazione, una delle principali corse del calendario riservato ai dilettanti, gara che nell’albo d’oro vanta nomi come quelli dell’ex campione europeo Matteo Trentin e del vincitore del Giro del 1990 Gianni Bugno, mentre ad aprire le danze nella prima edizione fu proprio un corridore originario di Roma, Gustavo Guglielmetti. Girando attorno alle celebri terme – che perse da secoli la loro funzione oggi ospitano le rappresentazioni della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, mentre nel 1960 furono “prestate” allo sport per accogliere le gare di ginnastica dell’olimpiade – si ritornerà a pedalare in direzione del Circo Massimo per poi infilarsi in Via di San Gregorio, strada con 300 metri in sampietrini tracciata tra il Palatino e il colle sul quale troneggia la barocca chiesa di San Gregorio al Celio, realizzata accanto a un complesso di tre piccoli oratori, due dei quali risalenti al XII secolo. L’apparizione della mole del Colosseo sullo sfondo avrà quasi lo stesso “rumore” della campana che annuncia l’ultimo giro di circuito. L’epilogo è oramai prossimo, dopo l’ultima svolta s’imboccherà l’ultima e più lunga porzione “ballerina” (800 metri a cavallo dal passaggio del traguardo) per un finale davvero imperiale, che incoronerà l’imperatore del Giro 2023.
Mauro Facoltosi
CIAK SI GIRO
“Solo preti qui regneranno”. Così l’irriverente poeta romano interpretò la sigla SPQR che da sempre è l’emblema di Roma e che nella realtà era l’abbreviazione della frase latina “Senatvs PopvlvsQve Romanvs” che significava semplicemente “il Senato e il Popolo Romano”. Non aveva tutti i torti il Belli perché la Chiesa ebbe un ruolo predominante nella storia della capitale e anche per questo vogliamo concludere la nostra rassegna con un sacerdote e uno dei più celebri: Don Camillo. Vi starete chiedendo cosa possa c’entrare il sanguigno prete emiliano partorito dalla fantasia di Giovannino Guareschi e da sempre protagonista in quel di Brescello? Ebbene, Roma ebbe un ruolo anche in quei film perché la Cineriz, casa produttrice dei sei episodi della saga, aveva la sua principale sede a Roma e per tutte le scene da girare in interni si preferirono gli studi di Cinecittà, dove fu costruita appositamente la chiesa nella quale Don Camillo era parroco (solo gli esterni furono girati a Brescello) e che in uno degli episodi sarà invasa dalle acque straripate nel Po. Qua e là location romane e laziali fanno capolino e così ne “Il ritorno di Don Camillo”, girato anche in Abruzzo, si possono ammirare il romano Palazzo Capizucchi (nella finzione il collegio di Parma frequentato dal figlio di Peppone), scorci di Fiano Romano e Riano e lo scomparso Ponte Sfondato di Montopoli di Sabina, crollato otto anni dopo la fine delle riprese. In “Don Camillo monsignore ma non troppo” il sacerdote viene promosso e viene trasferito nella capitale, dove ha l’ufficio nel Palazzo del Commendatore, non distante dal Vaticano. Infine ne “Il compagno Don Camillo”, il penultimo della saga e l’ultimo interpretato da Fernandel, lo schiocco del ciac tornò a farsi sentire nel Lazio, dove il borgo viterbese di Monterosi prestò la propria chiesa per interpretare quella del villaggio russo di Brezwyscewski. Una delle ultime riprese con il celebre attore francese, che successivamente sarà sostituito da Gastone Moschin, vide Fernandel in azione in uno dei luoghi toccati dal percorso dell’ultima tappa, la spettacolare sacrestia di Santa Maria in Vallicella, che il sacerdote attraversa per recarsi in udienza dal vescovo di Reggio Emilia.
Qui trovate le location dei tre film citati
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-ritorno-di-don-camillo/50000172
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/don-camillo-monsignore-ma-non-troppo/50005417
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-compagno-don-camillo/50005418
FOTOGALLERY
EUR, Palazzo della Civiltà Italiana
Tenuta presidenziale di Castel Porziano
Il Palazzo dello Sport all’EUR
Parco Centrale dell’EUR
L’obelisco dedicato a Guglielmo Marconi
Piazza Damiano Sauli, cuore del quartiere della Garbatella
Porta Ardeatina
Vittoriano
Santa Maria in Vallicella
L’Ara Pacis e il primo tratto in sampietrini
Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio
Castel Sant’Angelo visto dalla stessa prospettiva dei corridori
Il Tempo Maggiore di Roma visto dal lungotevere
Santa Maria in Cosmedin con la fila di turisti in attesa di vedere la Bocca della Verità
Terme di Caracalla
San Gregorio al Celio
Il Colosseo fa capolino dietro la strada che percorreranno i corridori