EROS POLI, MONSIEUR VENTOUX

luglio 25, 2009
Categoria: Approfondimenti

QUEL TOUR DI 15 ANNI FA……
Il 18 maggio del 1994 il Tour ci regalò una di quelle pagine che non si dimenticano. Un Don Chisciotte italiano sfidò i mulini a vento del Ventoux. La tenzone tra il Gigante di Isola della Scala e il “collega” provenzale è vinta da Eros Poli, che aveva intrapreso una fuga “pazza”, scaturita da una provocazione in corsa. Fu l’inizio di un assolo, la cui musica continua a suonare nelle nostre orecchie, fu il primo italiano a “domare” il capriccioso monte calvo.

E’ stato definito in vari modi, il Mont Ventoux.
Per Roland Barthes, il famoso semiologo francese, era il Dio del Male cui bisognava dedicare sacrifici; Gian Paolo Ormezzano ha definito “marcia della morte” la salita della montagna provenzale; Joseph Grooussard, velocista transalpino degli anni ‘60, disse che era meglio disputare cinquanta sprint piuttosto che scalare il Ventoux.
Luison Bobet l’aveva domato, nel 1951, ma nella notte successiva avrebbe confessato al fratello che era letteralmente distrutto. Kubler l’aveva sottovalutato, il monte calvo, e quasi ne uscì pazzo dopo averlo scalato, tant’è che il giorno dopo avrebbe abbandonato il Tour e il ciclismo.
Merckx fece l’impresa al Tour del 1970, ma ci volle la maschera d’ossigeno per farlo respirare dopo l’arrivo.
Simpson morì lassù, in un torrido pomeriggio di luglio.
Poi c’è chi sul Ventoux ha lasciato il segno: Charly Gaul, nella cronoscalata del ‘58; Thevenet, nel ‘72, e Marco Pantani nel 2000, al termine di quella volata con Armstrong che fa discutere ancora oggi.
Da quando Luciene Lazarides vi transitò in vettà per primo alla Grand Boucle – era il 1951- il Ventoux ha sempre rappresentato qualcosa di più di una difficile ascesa.

Nel 1994 la salita battuta dal mistral, in quel paesaggio lunare unico al mondo, era stata inserita nell’undicesima tappa, prevista da Montpellier a Carpentras.
Una cavalcata di 231 Km nel Midi della Francia, un antipasto delle salite alpine che sarebbero state affrontate dall’indomani.
Era un lunedì quel giorno, il 18 luglio.
Non faceva neppure notizia quella tappa, oscurata dai titoli e dai commenti dedicati alla finale di coppa del mondo di calcio che si era disputata il giorno prima a Los Angeles.
Le lacrime di Baresi, il rigore sbagliato di Baggio, la sconfitta con il Brasile: di questo si discuteva, più della posizione in classifica di Pantani, a quasi dodici minuti da Indurain. Il Ventoux era collocato lontano dall’arrivo e una possibile fuga del romagnolo doveva confrontarsi con troppi chilometri prima della conclusione nella città di Carpentras.
Probabile una fuga di comprimari, dunque, destinata a infrangersi sulle rampe terribili di quella salita che, inutile nasconderlo, non lasciava tranquilli i corridori.
Magari ci avrebbe provato Virenque, secondo in classifica, ad infiammare gli animi dei suoi connazionali.

Dopo sessanta chilometri percorsi in gruppo si sgancia Eros Poli.
Il granatiere (è alto quasi due metri e pesa ottantaquattro chili) della Mercatone Uno aumenta rapidamente il suo vantaggio. E’ un ottimo passista, ma la sua fuoriuscita dal plotone non impressiona nessuno.
Ci aveva già provato nella tappa di Futuroscope, senza successo, perché erano andati a riprenderlo.
Il suo tentativo di giornata appare ancora più velleitario, non solo per la distanza dall’arrivo, ma soprattutto perche c’è da scalare il Ventoux.
Il vantaggio di Poli cresce rapidamente e anche questo fatto non stupisce.
L’atleta veronese è un ottimo passista, è stato medaglia d’oro nella cento chilometri a squadre dieci anni prima, alle olimpiadi di Los Angeles e a Villach, tre anni dopo, ha conquistato la maglia iridata nella stessa specialità.
Pedalare a ritmo elevato per tanti chilometri non lo spaventa di certo, ma sulle salite è un’altra cosa.
Lui è abituato a percorrerle nel gruppo dei velocisti, con un occhio al tempo massimo: potrà arrivare anche ai piedi del Ventoux, certamente, ma il suo tentativo è destinato a spegnersi lungo la terribile ascesa.
Semmai si discute di quello che potrà accadere tra i pretendenti alla maglia gialla: se Indurain riuscirà a difendersi, se Pantani e Virenque proveranno ad attaccarlo.
Nessuno si preoccupa, nel gruppo, e il vantaggio aumenta a dismisura: cinque, dieci, venti minuti.
I più sono scettici: nella tappa di Futuroscope aveva accumulato un vantaggio di oltre diciotto minuti, ed era stato ripreso dopo 166 Km di fuga. Il tentativo odierno pare la replica di quello, sfortunato, vissuto solo qualche giorno prima.

Il Ventoux si avvicina e all’attacco della salita il veronese ha quasi venticinque minuti di vantaggio. A quel punto qualcuno comincia a chiedersi: “E se Poli ce la facesse?” “No, non ce la può fare; vedrete, in salita si pianterà”
Lungo la salita Poli arranca mentre dietro comincia la bagarre. Pantani scatta portandosi dietro Leblanc, che per un po’ resiste allo slancio del romagnolo.
All’altezza dello Chalet Reynard, a quota 1400, un quarto d’ora di vantaggio è gia sfumato, e la salita è ancora lunga.
Il fuggitivo continua a pedalare, ma il vantaggio evapora. Potrebbe piantarsi da un momento all’altro e la sua sarebbe comunque una bella impresa, una sfida quasi vinta.
Quando Poli è in vista dell’osservatorio, ha ancora cinque minuti di vantaggio.
E’ l’ultimo sforzo, perchè dalla cima mancheranno trentun chilometri al traguardo.Si tratta di gestire quell’ultimo tratto e allora Poli fa appello a tutte le energie che gli sono rimaste.
L’afa è insopportabile, da togliere il fiato, ma il Ventoux, per una volta, è benigno con chi lo ha trattato con rispetto. Non è stata aggredita, la montagna della Provenza, e sa ricompensare chi le si è avvicinato con coraggio.

Eros Poli nell'infernale pietraia del Ventoux (nuke.eros-poli.com)

Eros Poli nell'infernale pietraia del Ventoux (nuke.eros-poli.com)

Lassù, dove erano passati davanti a tutti Jean Robic e Julio Jimenez, gente che dava del tu alle salite più impervie, scollina un gigante, e non solo in riferimento alla sua mole.
” Allez, Polì!”, lo incoraggia il popolo del Tour, incredulo e nello stesso tempo affascinato da quell’impresa.
Scattano i cronometri al suo passaggio e ormai tutti fanno il tifo per lui.
Pantani è secondo a quattro minuti e trentacinque secondi; Indurain e gli altri a più di sei.
Il romagnolo si rialza in discesa, e aspetta gli altri.
E’ fatta, per Poli. Ormai non lo prendono più, il veronese. Rispetto alla fatica devastante patita in salita, sembra quasi una passeggiata la discesa su Carpentrars.
Arriva da solo, dopo una fuga di 171 Km e da quel momento entra nella leggenda del Tour.
Dopo tre minuti e trentanove secondi arrivano Pantani, Virenque e tutti i migliori, ma le attenzioni sono puntate sul gigante di Isola della Scala. La fuga di Futuroscope gli aveva regalato un momento di notorietà, ma oggi è diverso, è l’eroe del Ventoux.
A chi gli chiede – e sono in tanti – il perché di quella fuga ai limiti della pazzia, Poli fornisce una spiegazione curiosa. Era uscito dal gruppo per appartarsi a fare pipì quando ha visto lo svizzero Jaermann che scattava. Non aveva sopportato che un altro corridore della Gb Mg – la squadra che si era dannata l’anima per andare a riprenderlo quando era in fuga qualche giorno prima – lo seguisse anche in bagno.
E, pur riconoscendo che la scalata in solitaria del Ventoux non lo aveva lasciato indifferente, spiega il suo segreto: gli restavano poco più ventitrè minuti di vantaggio all’attacco della salita e facendo un rapido calcolo aveva preventivato di perdere non più di 1’15’’ per ogni chilometro, secondo quelle regole che i velocisti osservano per non finire fuori tempo massimo.
Stavolta, però, le posizioni si sono rovesciate. Poli non era nella rete dei velocisti: era davanti a tutti, sul Ventoux.

E’ il personaggio del giorno, Eros “Polì”. Per Leblanc, il direttore del Tour de France, che lo ringrazia per quello che ha fatto, diventa un vero e proprio eroe.
Il ragazzo che in Australia correva tra i dilettanti prima di diventare un punto di forza del quartetto azzurro nella cento chilometri mai avrebbe pensato che la sua fama sarebbe rimasta legata alla montagna cara al Petrarca.
Da allora è diventato Monsieur Ventoux.

Mario Silvano

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