DOLOMITI, ATTO PRIMO ALL’OMBRA DEL “CAREGÓN”
Non è il tappone dolomitico, in programma ventiquattrore più tardi, ma anche la frazione che terminerà in Val di Zoldo potrebbe lasciare un segno indelebile in classifica. Le energie si stanno pian piano esaurendo, siamo nel cuore della terza settimana di gara, che spesso ha messo in crisi fior di campioni, e oggi le possibilità di creare scompiglio non mancheranno. La Forcella Cibiana e l’inedita salita verso Coi potrebbero rappresentare una succulenta tentazione per quegli scalatori che devono recuperare terreno e non vogliono aspettare le Tre Cime.
Le genti locali lo chiamano il “Caregón de ‘l Pareterno”, il trono (cadregone) di Dio. È il Monte Pelmo, la spettacolare vetta che domina la Val di Zoldo, sede d’arrivo della prima frazione dolomitica, la meno impegnativa delle due previste quest’anno. Ma, nonostante non sia paragonabile a livello durezza ai tapponi del Bondone, affrontato 48 ore fa, e delle Tre Cime di Lavaredo, quella che terminerà a Palafavera sarà una tappa in grado di far traballare il “cadreghino” della maglia rosa di turno, se il suo vantaggio non sarà di quelli granitici. Siamo alla terza settimana di gara, le energie sono oramai al lumicino e, se si avranno forze e voglia di mettere in crisi gli avversari, le due salite che si dovranno affrontare a ridosso del traguardo potrebbero provocare un neanche tanto piccolo terremoto in classifica. Si tratta non solo di ascese dotate in pendenze, ma anche di salite piuttosto desuete, se non del tutto inedite, com’è il caso di quella che condurrà fino alla minuscola frazione di Coi e che presenta inclinazioni particolarmente forti nel tratto conclusivo.
Prima di arrivare a misurarsi con le impegnative salite del finale – che non saranno le uniche inserite nel tracciato – bisognerà anche oggi “mangiarsi” una consistente fetta di pianura nella parte iniziale, totalmente priva di ostacoli naturali nei primi 25 Km. Lasciata Oderzo – il remoto “municipium” di Opitergium, del quale sono giunti ai nostri giorni diversi resti – si pedalerà in direzione di Codognè, presso la cui chiesa parrocchiale gli amanti della natura potranno ammirare naso all’insù un platano orientale alto ben 26 metri, inserito nella lista dei ventiduemila alberi monumentali italiani, beni tutelati dalla guardia forestale. Puntando verso le prealpi bellunesi si toccherà Orsago andando poi a incrociare la “Pontebbana”, la statale che collega il Veneto con il Friuli. Ancora qualche scampolo di pianura e si giungerà a Cappella Maggiore, lasciata la quale la strada inizierà a prendere quota, inizialmente con dolcezza e poi con più decisione una volta attraversato il centro di Fregona, situato non distante dalle impressionanti grotte del Caglieron, in passato modificate dall’intervento dell’uomo per scavarvi l’arenaria e oggi visitabili grazie ad una serie di passerelle lignee. Una meraviglia della natura che i “girini” non avranno il tempo d’ammirare, impegnati come saranno nell’affrontare le prime rampe della salita della Crosetta, 13 Km e mezzo al 7% che sono stati inseriti l’ultima volta nel percorso del Giro nel 2021. Anche in questo caso si trattava delle fasi iniziali del tappone dolomitico – l’arrivo era previsto a Cortina d’Ampezzo, dove s’impose Egan Bernal incrementando il proprio vantaggio in classifica generale – e, come quel giorno, subito dopo lo scollinamento si dovrà attraversare il Cansiglio, spettacolare altopiano famoso per la sua foresta di faggi, utilizzati all’epoca della Serenissima per la fabbricazione di remi, e divenuto negli anni 90 “buen retiro” estivo dei presidenti della Repubblica Giuseppe Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro. Dal Cansiglio il gruppo si trasferirà nel vicino Alpago, piccola regione storico-geografica dove si andrà ad affrontare la seconda difficoltà altimetrica di giornata, la salita di 3.6 Km al 5.4% che terminerà nel cuore del piccolo borgo di Pieve d’Alpago. Superate le prime due ascese di giornata si tornerà a pedalare in pianura per un’altra abbondante dose di chilometri, risalendo la valle del Piave in direzione del Cadore. Non si percorrerà in questo tratto la strada principale, che si snoda sulla sinistra del fiume, ma quella che ne costeggia la sponda opposta incontrando all’inizio di questo tratto la centrale idroelettrica di Soverzene, che all’epoca dell’inaugurazione (1951) era la più grande d’Europa. A progettarla fu la SADE, la Società Adriatica di Elettricità che qualche anno più tardi innalzò da queste parti la tragicamente famosa diga del Vajont: anche i “girini” ne sentiranno il respiro quando, qualche chilometro più avanti, transiteranno sul ponte che scavalca l’omonimo torrente proprio all’uscita dalla strapiombante gola dominata dallo “scheletro” della diga, che l’ENEL ha reso accessibile alle visite dal 2002. Bypassata la cittadina di Longarone, che tra poche ore ospiterà la partenza del tappone delle Tre Cime, si confluirà sulla strada “maestra” all’altezza di Castellavazzo, borgo il cui nome ricorda i suoi trascorsi di “castrum” difensivo in epoca romana, quando fu eretta una fortificazione trasformata nel XII secolo nel Castello della Gardona, del quale oggi rimane solo una torre dalla curiosa forma triangolare. L’ambiente torna a farsi montano, la valle prende quasi l’aspetto di una gola mentre il gruppo farà ufficialmente l’ingresso nel Cadore, la regione che deriva il nome dall’unione dei termini celtici catu e brigum, che significano rispettivamente battaglia e roccaforte. Non è, però, ancora arrivato il momento di vedere i big della classifica sfidarsi perché la strada rimarrà pianeggiante ancora per un tratto, nel quale si toccherà il centro di Ospitale, il cui toponimo ricorda la presenza in tempi andati di un ospizio, costruito nel X secolo per dare alloggio ai viandanti. Raggiunta la vicina Perarolo, luogo dal quale all’epoca della Serenissima iniziava il viaggio fluviale del legname destinato alla città di Venezia, i corridori attaccheranno la cosiddetta “salita della Cavallera”, 7.3 Km al 4.8% che si concludono nel centro di Pieve di Cadore, a due passi dalla casa natale del celebre pittore Tiziano e dopo aver affrontato un muretto finale di 600 metri all’11%. Seguirà un tratto in quota di circa 9 Km percorrendo la strada che conduce alla celebre Cortina d’Ampezzo, strada che si abbandonerà dopo il passaggio dal centro di Venas di Cadore, nella cui parrocchiale è visibile un’opera realizzata da Francesco Vecellio, fratello maggiore del pocanzi citato Tiziano. È qui che ha inizio l’ascesa verso la Forcella Cibiana, una sorta di “salita cenerentola” delle Dolomiti per il Giro d’Italia perché, a differenza di valichi più blasonati, è stata finora inserita solo tre volte nel programma della Corsa Rosa ed è un peccato perché ha numeri interessanti, soprattutto dal versante che si affronterà quest’anno, 9.6 Km al 7.6% con gli ultimi 4 Km al 10% per arrivare sino ai 1528 metri dello scollinamento, situato nel luogo dal quale partono i bus navetta che conducono i turisti al forte costruito all’epoca della Prima Guerra Mondiale sul Monte Rite, dal 2015 spettacolare sede del Messner Mountain Museum Dolomites, la più meridionale tra le “location” del museo voluto dal celebre alpinista altoatesino, nel quale ammirare opere d’arte realizzate a partire dall’epoca del romanticismo ai giorni nostri, tutte dedicate ai “Monti Pallidi”.
La successiva discesa introdurrà la corsa in Val di Zoldo, che accoglierà il gruppo all’altezza di Forno, dove è possibile visitare un’altra interessante esposizione, quel Museo del Ferro e del Chiodo che dal 2004 ricorda la tramontata attività mineraria che un tempo costituì la fortuna economica della valle. Un breve tratto in falsopiano porterà ai piedi dell’ascesa diretta a Palafavera, la località che tornerà ad accogliere un arrivo di tappa del Giro dopo la frazione vinta da Paolo Savoldelli nel 2005. Rispetto a quel finale, però, si seguirà un itinerario differente e molto più impegnativo perché dopo i primi 2.5 Km si lascerà la strada principale per deviare in direzione di Coi, piccolo villaggio presso il quale si trova l’imponente Casa Rizzardini, i cui affreschi esterni risalgono al 1713: per arrivare ad ammirarli bisogna percorrere una salita di 6.3 Km all’8.8% che nel tratto conclusivo s’inerpica per 3 Km all’11% medio, rasentando il 20% di pendenza massima lungo una strada che metterà in fila i “girini” anche a causa della carreggiata ristretta. Un tuffo di 2 Km al 7.6% riporterà infine i corridori sulla strada principale esattamente a 2700 metri dal traguardo, per raggiungere il quale bisognerà affrontare un ultimo tratto in salita. Non è duro come il precedente, ma la sua pendenza del 6.4% potrebbe farsi sentire più del previsto con le energie oramai agli sgoccioli… e il cadreghino rosa potrebbe tremare come non mai.
Mauro Facoltosi
I VALICHI DELLA TAPPA
Sella 1063 metri. Valicata lungo la salita da Fregona alla Sella della Crosetta.
Sella della Crosetta (1168 metri). Quotata 1118 metri sulle cartine del Giro 2023, è valicata dall’ex strada statale 422 “dell’Alpago e del Cansiglio” tra Fregona e il Pian del Cansiglio. Vi passa il confine tra Veneto e Friuli. Il Giro vi è transitato 7 volte, la prima durante la tappa Trieste – Bassano del Grappa del Giro del 1934, vinta d Giuseppe Olmo dopo che in testa alla Crosetta era transitato per primo Remo Bertoni. Al varesino sono succeduti il torinese Nino Defilippis nel 1962 (Lignano Sabbiadoro – Nevegal, vinta da Guido Carlesi, il cremasco Pietro Scandelli nel 1966 (Belluno – Vittorio Veneto, vinta dal medesimo corridore), il vicentino Lino Farisato nel 1968 (Cortina d’Ampezzo – Vittorio Veneto, stesso vincitore), l’elvetico Ueli Sutter nel 1978 (Treviso – Canazei, vinta da Gianbattista Baronchelli) e il francese Geoffrey Bouchard nel 2021, durante la Sacile – Cortina d’Ampezzo vinta dal colombiano Egan Bernal.
Sella 1041 metri. Coincide con la località Campon, valicata dall’ex strada statale 422 “dell’Alpago e del Cansiglio” nel corso della discesa dalla Crosetta verso Tambre.
Sella Pieve di Cadore (878 metri). Coincide con l’omonima località, situata nell’insellatura che separa il Montericco dal Col di Contras. Mai affrontata come GPM, a Pieve si sono concluse tre tappe del Giro, vinte dal cesenate Mario Vicini nel 1940, dal mitico Gino Bartali nel 1947 e dal cremonese Roberto Ceruti nel 1979.
Forcella Cibiana (1536 metri). Quotata 1530 sulle cartine del Giro 2023 e chiamata anche Passo Cibiana, è valicata dalla Strada Provinciale 347 “del Passo Cereda e del Passo Duran” tra Cibiana di Cadore e Forno di Zoldo. Come ricordato nell’articolo il Giro vi è salito solo tre volte, la prima nel 1966 quando costituì la penultima difficoltà del tappone dolomitico Moena – Belluno, vinto da Felice Gimondi. A metter per primo i pedali sulla vetta della Cibiana fu il toscano Franco Bitossi, imitato nel 1970 dal piemontese Italo Zilioli durante il tappone della Marmolada, vinto dal bresciano Michele Dancelli e scattato da Arta Terme, la località friulana che nel 1988 accolse l’arrivo della terza e finora ultima tappa ad aver presentato l’ascesa al Cibiana: nell’occasione si partì da Borgo Valsugana e far sue salita e tappa fu l’abruzzese Stefano Giuliani.
Nota. Il testo di riferimento è “Valichi stradali d’Italia” di Georges Rossini (editore Ediciclo).
CIAK SI GIRO
Se vi piacciono di film di guerra e avete qualche primavera sulle spalle sicuramente avrete visto almeno una volta “Il colonnello Von Ryan”, pellicola statunitense del 1965 ambientata in Italia durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale e liberamente tratta dal romanzo “Von Ryan’s Express” dello scrittore americano David Westheimer. A interpretare il ruolo del colonnello protagonista fu – perdonateci il gioco di parole – una delle più celebri celebrità di Hollywood, Frank Sinatra, che si ritrovò a recitare, tra gli altri, accanto ad Adolfo Celi, l’attore toscano che in Italia è più conosciuto per il ruolo del professor Alfeo Sassaroli nella trilogia di “Amici miei” e che nello stesso anno aveva lavorato sul set di un altro film internazionale, Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono), il quarto film della serie di James Bond, dove aveva vestito i panni del numero due dell’organizzazione criminale SPECTRE. Tornando al “Colonnello Von Ryan”, che nel cast aveva anche una giovanissima Raffaella Carrà, le riprese per ovvie ragioni si svolsero quasi interamente in Italia, a parte un paio di capatine all’estero per girare la scena della sparatoria finale nei dintorni di Málaga e quelle ambientate nel campo di concentramento in un set appositamente costruito presso gli studi cinematografici della 20th Century Fox, la celebre casa di produzione situata nelle vicinanze di Los Angeles. In Italia si girò prevalentemente in Lazio ma per le spettacolari scene di battaglia sulla linea ferroviaria diretta verso il nord si preferì la ferrovia Calalzo di Cadore – Padova, della quale furono utilizzati sia il tratto effettivamente in esercizio quando in scena si vedeva il treno, sia uno dismesso da molti anni situato presso Perarolo di Cadore.
In collaborazione con www.davinotti.com
Scena di un combattimento de “Il colonnello Von Ryan” girata a Perarolo di Cadore (www.davinotti.com)
Le altre location del film
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/il-colonnello-von-ryan/50013514
FOTOGALLERY
Codognè, il monumentale platano antistante la chiesa parrocchiale
Fregona, Grotte del Caglieron
Altopiano del Cansiglio
Centrale idroelettrica di Soverzene
Valle del Vajont
Castellavazzo, Castello della Gardona (Facebook)
Ospitale di Cadore, l’antico ospizio
Pieve di Cadore, casa natale di Tiziano
Il forte sul Monte Rite sede del Messner Mountain Museum Dolomites
Forno di Zoldo, la sede del Museo del Ferro e del Chiodo
Coi, Casa Rizzardini