ESAMI DI RIPARAZIONE AD AUBENAS: MA LA COLUMBIA CI METTE UNA PEZZA
Ultima occasione per i tanti, tantissimi delusi o forse deludenti in caccia di una tappa. La morbida ascesa dell’Escrinet potrebbe scremare la muta dei velocisti… Ma in pochi osano, e il boccone grosso lo ingolla Cavendish, che conserva così qualche minuscola speranza di riparare al bottino di punti verdi incamerato fin qui da Hushovd.
Una tappa non scontata, una delle poche in questo Tour concesse ad un esito più aperto che non la volata, al di là dei lasciapassare avventizi per le fughe di giornata. C’è un inizio nervoso, ideale per distaccare una fuga a cui possano affidare le proprie speranze tutti i cacciatori ansiosi di riscatto per il proprio carniere tristemente vuoto, e che tuttavia non siano abbastanza scattanti da potersi permettere l’azione sul colle conclusivo. Già, perché dopo un lungo biliardo insignificante c’è laggiù, in attesa, quell’Escrinet blando quale un falsopiano – ma altrettanto intossicante – che offre uno scollinamento a una quindicina di km dall’arrivo.
Per cacciare tappe bisogna farsi prede, e dunque sui primi Gpm prende corpo un’avventura fatta di venti coraggiosi (poi diciannove per la defezione di Trussov): in cerca di consolazioni c’è il deluso per eccellenza, Evans; un altro amareggiato come Kirchen; qualche gregario d’eccezione in libera uscita, come Popovych o Millar; gente dalla gamba buona, stagionati o germogli, come Arroyo o Spilak; chi come Chavanel o Bennati è stato tradito dal corpo, ma puntando fin da subito a un successo parziale può ancora trasformare un Tour nero in un risultato di soddisfazione. Dice bene alla fuga anche la presenza dell’ottimo Luis Leon Sanchez, che ama gli arrivi all’ingiù e oltre a essere buon passista polivalente è scortato da ben due compagni. Poi il solito menù assortito di comprimari e francesi di ogni sorta.
La fuga tuttavia è troppo buona per essere lasciata andare, e varie formazioni si alternano in testa al gruppo per impedire al vantaggio di esondare. In particolare si fanno notare la Rabobank, per Freire, e la Milram, per Ciolek. Anche la Cervélo mette la testa fuori, e a ragione: perfino in caso di andatura tanto indiavolata da selezionare i velocisti, il bravo Thor sarebbe persino in grado di rientrare in discesa!
Così, poco dopo i meno 70km, il distacco cala intorno ai due minuti: la paura fa novanta, e la fuga-cinghiale partorisce una fuga-volpacchiotto, che balza via nel sottobosco spaventata dall’abbaiare dei cani. Come è noto, però, proprio questi sommovimenti espongono chi salta ai cacciatori, e i cinque scappati di casa, agglomerati intorno a una mossa dell’attivissimo Duque con Arrieta (si aggiungono Popovych, Millar e Gutierrez), dopo 25km sono già a tiro, sotto al minuto. Ai meno quaranta la morsa è serrata, dalla pelle della volpe sbuca una lepre spaurita e solitaria: è ancora Duque che si concede qualche minuto al vento. E con passo di lepre, appunto, scappa per altri 10km, fino ai meno trenta dove sarà riassorbito mentre la strada inizia appena a tirare. Impallinato! Miglior sorte non tocca al tentativo pressoché contemporaneo di Kern, a differenza di quanto non capiti a Lefèvre: il corridore della Bbox vede aumentare il proprio vantaggio fino ai 10” intorno a metà della salita.
E qui, a 4-5km dalla “vetta” dell’Escrinet, vediamo infine la tanto attesa azione del campione del mondo Ballan, che si scrolla di dosso il gruppo e va a ricongiungersi con Lefèvre (un gesto parzialmente annunciato dall’accelerazione Lampre in vista dell’ascesa). L’azione porta nuova linfa al francese e la coppia arriva quasi ai 20” di vantaggio, per scollinare però con meno di una decina. Sono pochi, ma la discesa è nei primi chilometri piuttosto ripida, benché non molto tecnica, e consente di riprendere fiato: anzi, le prime gocce di pioggerellina scoraggiano azzardi nel peloton, al punto che Luis Leon Sanchez, già fuggitivo al mattino, abbozzerà senza successo un lampo solitario.
La Columbia, però “scarica a massa” il fulmine ma con esso parte delle proprie preziose energie. Cavendish, infatti, non ha pagato la salita, benché abbia Hushovd in agguato alla sua ruota: ma le speranze del norvegese di incrementare il proprio bottino si ridimensionano. Con questi giri di giostra si arriva ai meno 5km con 15” di patrimonio per Lefèvre e Ballan, che si sta sobbarcando qualcosa come l’85% del lavoro. Qui è la Milram, però, a prendere in mano la situazione – Ciolek sta bene – collaborando con i gialli Columbia: il distacco crolla vertiginosamente, e proprio sotto la flamme rouge la generosità di Ballan è costretta ad accartocciarsi in un groppo di rimpianti. D’accordo che Lefèvre era al vento da prima, però un simile opportunismo è costato caro a entrambi… e non che il veneto sia poi un tale proiettile, in volata, da non potergli offrire qualche cambio.
È sprint, insomma, con l’unica parziale incognita di un trenino Columbia in versione “locale” più che Eurostar, essenzialmente affidato a Tony Martin: un vagone, però, di lusso quanto la carrozza conclusiva del convoglio. Cavendish non ammette repliche!
Secondo un attento Hushovd, che in definitiva consolida relativamente la maglia verde, pur patendo una sconfitta. Terzo Ciolek, che emerge quando la fatica si fa sentire nelle gambe dei più. Poi, dopo Van Avermaet, Freire: il tricampeòn sentiva la gamba, ma sbaglia clamorosamente una svolta nel finale e si vede costretto a rimediare con una volata fuori fase.
Nell’esame di riparazione di questo Tour, l’unico a rimediare qualche cosa è Cavendish, tanto per cambiare: ma se in altre circostanze gli avversari avevano poco da rimproverarsi, oggi ci sentiamo di dire che – a parte un Hushovd comunque in controllo – molti altri abbiano rimpianti, per non aver vivacizzato meglio l’ennesima tappa a basso voltaggio (qui sia detto pure in proporzione al tracciato) di questa Médiocre Boucle. Sulla “salita”, benché poco salita, sarebbe stata d’uopo un’andatura più elevata, proposta magari proprio da quelle formazioni che hanno tirato tutto il dì, come Milram e Rabobank: tutte le aspettative sul finale li hanno spinti ad accanirsi sulle fughe varie, senza pensare a come eliminare l’avversario peggiore.
Ancora peggiore la prestazione dei vari scattisti e finisseur che non hanno nemmeno colto il “recupero” offerto dall’azione di Ballan per rimpolpare un gruppetto che, se composto di 5-6 uomini, sarebbe probabilmente giunto all’arrivo. All’esame di propositività, tutti bocciati.
Pellizotti intanto, senza nulla fare (anzi, staccandosi nei primi km al 2-3% della salita) dovrebbe aver matematizzato i propri pois, ora si tratta solo di portarli a Parigi: Martinez ha anche raggranellato una bella quantità di punti, ma se non sbagliamo i conti dovrebbero restarne troppo pochi da raccogliere sulla via del Ventoux… gigante provenzale incluso! Un altro esame di riparazione andato storto, quello per il basco, ma almeno un gesto d’orgoglio.
Gabriele Bugada