JUNGELS BUSSA ALLE PORTE DEL SOLE
Bob Jungels ha vinto la nona tappa del Tour de France, partecipando ad una fuga ed attaccando poi in solitaria a 60 Km dall’arrivo. Nel finale, il lussemburghese resiste al disperato tentativo di rientro di Thibaut Pinot, che sembrava sul punto di chiudere il gap. Sprint tra i big, con Pogacar e Vingegaard che creano anche un buco di tre secondi sugli altri uomini in lotta per la classifica generale.
Primo assaggio di montagne al Tour de France, con tre GPM oltre i 1000 metri di altitudine. La salite che presentava il percorso della tappa di oggi non erano certo impossibili e quindi ci si aspettava una fuga da lontano, con i big abbastanza coperti ed in controllo fino agli ultimi chilometri.
In effetti, le cose sono andate in questo modo, anche se Tadej Pogacar è stato costretto comunque a far lavorare duro la squadra per via della presenza in fuga di tale Rigoberto Urán che, ad un certo punto, è andato a vestire virtualmente il vessillo del primato.
Il capitano della EF, tuttavia, quando si sono aperte le vere ostilità per la vittoria di tappa si è ritrovato senza energie ed è stato ripreso e staccato, uscendo di classifica.
Gli uomini di classifica hanno a quel punto tirato i remi in barca, lasciando la lotta per la tappa agli uomini della fuga iniziale, che erano riusciti a resistere all’inseguimento del gruppo. Negli ultimissimi metri, Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard sono andati a sprintare, aprendo un buco di tre secondi su tutti gli altri big.
In realtà , il ritmo del gruppo maglia gialla ha fatto soffrire anche uomini importanti come Pidcock e Vlasov, mentre hanno retto bene la coppia britannica della Ineos Thomas e Yates, i due francesi Bardet e Gaudu e anche il nostro Damiano Caruso, come pure Quintana, Mas e Roglic.
Sin dalle prime fasi di gara ci sono numerosi tentativi di attacco, ma le altissime velocità rendono difficile l’evasione. L’unico tentativo di una certa consistenza appare quello di Mads Pedersen, ma il danese è da solo e la sua iniziativa non ha successo.
Da segnalare, in queste prime fasi, la difficoltà di Ben O’Connor che, dopo il quarto posto dello scorso anno e il recente podio al Delfinato, non sembra in condizioni di lottare per la generale.
Dopo il primo GPM si forma finalmente una fuga con il citato Urán, Jonathan Castroviejo, Patrick Konrad, Carlos Verona, Simon Geschke, Kobe Goossens, Joseph Dombrowski, Urán, Warren Barguil, Jasper Stuyven, Guy Niv, Hugo Houle, Franck Bonnamour. A questi uomini, si uniscono ben presto anche Wout van Aert, Benoît Cosnefroy, Ion Izagirre, Bob Jungels, Thibaut Pinot, Pierre Latour, Luis León Sánchez, Brandon McNulty e Nils Politt.
La presenza di Urán, a poco più di tre minuti da Pogacar in classifica, costringe la maglia gialla a mettere al lavoro la squadra per tenere sotto controllo il distacco.
Il realtà la fuga arriverà ad avere un vantaggio tale da mandare Urán virtualmente in maglia gialla, anche se per pochi minuti.
Ai piedi della prima salita di giornata over 1000, il distacco è superiore ai 3 minuti.
Le ostilità tra i fuggitivi si aprono sulla salita più dura di giornata, quella che conduce al Col de la Croix che, sebbene misuri poco più della metà del chilometraggio dell’ultimo GPM, presenta pendenze più severe.
Dopo qualche breve scaramuccia, Jungels che, pur non essendo un provetto scalatore, prova l’affondo riuscendo a staccare tutti ad eccezione di Geschke, che passa primo al GPM e riuscirà a indossare la maglia a pois per un solo punto di vantaggio su Jungels.
Dietro restano solo Urán, Sánchez, Barguil, Konrad, Mcnulty, Pinot, Houle, van Aert, Izagirre, Goossens, Verona e Castroviejo, mentre il gruppo recupera terreno e si porta a circa 2 minuti mezzo.
In discesa, cade Geschke senza riportare conseguenze, se non quella di lasciare Jungels solo in testa alla corsa. Gli inseguitori non hanno accordo o comunque non fanno velocità e lasciano prendere al battistrada un enorme vantaggio.
Jungels è un grande passista e nel tratto pianeggiante tra il Col de la Croix e il Pas de Morgins incrementa di molto il gap. Tuttavia un corridore solo per quanto forte non può fare più velocità di un gruppo organizzato in pianura. La verità è che il gruppo degli inseguitori non è affatto organizzato e perde, infatti, molti secondi anche nei confronti del gruppo maglia gialla, dal quale Daniel Martinez perde definitivamente contatto e nel quale Aleksandr Vlasov è in grande difficoltà .
Nei primi chilometri della salita finale è Pinot a sferrare un grande attacco. Lo scalatore francese, che ha deciso di lasciar perdere la generale e di puntare alle tappa, vuole riscattare le disavventure patite ieri e parte deciso al contrattacco, riuscendo a recuperare su Jungels fino ad arrivare a 21 secondi dal battistrada, praticamente al contatto visivo, mentre dietro gli altri vengono riassorbiti ad eccezione di Castroviejo e Verona, che restano a loro volta ad una ventina di secondi da Pinot.
Dopo il GPM il canovaccio cambia con Pinot che non riesce a più a guadagnare, non essendo mai stato un grande discesista, mentre Jungels sembra cavarsela abbastanza. Negli ultimi 4 Km di salita la situazione non cambia con Jungels che, vedendo avvicinarsi il traguardo, trova energie che sembrava non avere più incrementa il vantaggio su Pinot che, ormai scoraggiato, viene raggiunto e staccato anche da Castroviejo e Verona, che giungono rispettivamente secondo e terzo.
Il gruppo recupera parecchio nel finale e, proprio a pochi metri dal traguardo, Pogacar accelera per raggranellare qualche secondo, ma Vingegaard non molla un metro e i due arrivano insieme, creando un buco di tre secondi sugli altri.
La tappa è stata sostanzialmente tranquilla per i big, anche se molti hanno patito gravi difficoltà come O’Connor, che dall’inizio ha mostrato gravi problemi, e Martinez che ha perso un quarto d’ora. Anche Vlasov ha mostrato difficoltà , tuttavia gli altri non si sono dati troppa battaglia.
Jungels merita davvero la lode, non è uno scalatore ma ha sfruttato le sue grandi doti sul passo per portare a buon fine un attacco partito a 60 Km dalla conclusione. Anche se la caduta di Geschke e l’esitazione di contrattaccanti hanno certamente favorito il lussemburghese, va anche detto che, quando a 10 Km dall’arrivo Pinot si trovava a 21 secondi, il destino del buon Jungels sembrava segnato. Il vincitore della tappa, però, si è gestito benissimo tirando fuori energie dagli angoli più reconditi del suo fisico.
Pinot si è prodigato in una ottima scalata al Pas de Morgins, da scalatore puro, recuperando gran parte del gap ma gli è mancato il finale, buona comunque la prova che ha dato in salita. Probabilmente anche l’aver lasciato un così ampio margine a Jungels nel tratto pianeggiante ha impedito al francese di riuscire a portare a termine positivamente l’impresa.
Buone anche le prove di Castroviejo e Verona che, con la regolarità , sono riusciti a rientrare su Pinot ed a chiudere a solo 20 secondi da Jungels.
Anche martedì, dopo il giorno di riposo, il tracciato presenta una lunga salita finale di quasi 20 Km, tutt’altro che impossibile visto che la pendenza media si attesta appena sopra il 4% e quindi il canovaccio potrebbe essere lo stesso di oggi.
La musica cambierà decisamente mercoledì e giovedì con i due tapponi alpini, il primo con il durissimo Col de Granon (che non viene affrontato dal 1986) dopo gli spettacolari tornanti di Montvernier e la coppia Télégraphe-Galibier, ed il secondo con la classicissima cavalcata Galibier – Croix de Fer – Alpe d’Huez.
Benedetto Ciccarone

Un'istantanea della fuga di Bob Jungels verso il traguardo di Châtel (Getty Images)