IL PISTOLERO CHE SUSSURAVA AI CANARINI….
…. Adesso urla al mondo intero: il più forte sono io! Era da un decennio che non si vedevano prestazioni di una potenza simile a quella che lo spagnolo in jaune ha sfoderato ad Annecy. Ha letteralmente divorato i 40,5 Km del circuito del lago, tallonato nella prima metà gara dal russo Ignatiev e nella seconda parte da Cancellara, al quale ha lasciato solo le briciole. Mai si era visto uno scricciolo di scalatore andar così forte a cronometro…. Per lui il Ventoux si fa sempre più piccolo, mentre rimane aperta la lotta per i gradini meno elevati del podio
Vinto persino il malocchio del meteo che per il suo sfrecciare aveva predetto la grandine, sulla cote de Buffy sbuca un disco giallo a rendere di cartapesta i flutti del lago di Annecy ma soprattutto a fare pendant con il colore dell’aurea cotta di Alberto Contador. Il pistolero che sussurrava ai canarini più non parla sottovoce. Urla. Grida al mondo il suo dominio, le sue gambe menano come bastoni su un tamburo di guerra. La prestazione con cui Contador ha dominato la crono-periplo di Annecy (40.5km) è la prova più impressionante offerta da un ciclista in questo decennio. Sì, dai tempi di Pantani e più di Armstrong. L’abbiamo sparata grossa, è vero. Però come non restare basiti di fronte a 59 chilogrammi che consentono a Contador d’esser un serpente danzante in salita ed un cinghiale sul passo al tempo stesso?
I numeri parlano chiaro. Guadagna 1” a chilometro sino al 18° su Wiggins, raffinato pistard e degustatore di prologhi, quasi a ribadire che scampo non c’è contro le sue schioppettate (pedalate, pardon). Subisce Ignatiev sino al 25°km, cedendogli 22” (ma a tutti gli specialisti in generale, 11 a Wiggins, 19 a Cancellara, 6 a Kloden). S’arrampica sulla cote di Buffy spargendo sale attorno a sé, rifilando almeno 16” a tutti (ottima la tenuta di Kloden, nei ranghi quella di Wiggins). Sfodera tutta la volontà di dominio nella successiva picchiata: solo Cancellara lo insidia, scippandogli 43” in 12km (Ignatiev, Millar, Larsson e Wiggins stanno tra i 25” e i 16”). La vittoria che sa di sterminio ha un numero: 3, come i secondi conservati dal Diretto di Berna.
Il trionfo di Annecy cela più risvolti del panneggio della Venere di Milo. La verità campeggia nuda come il petto della dea ritratta nel marmo: Contador è il più forte. Ma l’interesse sta più sotto, nella perizia del suddetto panneggio. Innanzitutto, per restare alla cronaca spicciola, il Tour ha un despota che governa dall’alto dei 4’11” in cui naviga Andy Schleck (bella crono, 105” persi in 40.5km fanno circa 2.5” al chilometro), tranquillo nei suoi sogni perché sul Ventoux sarà sì battaglia ma per il podio, allegro stagnetto di cui parleremo più soto. Il pistolero potrebbe già oggi riporre la colt.
In secondo luogo, uscendo dalla mera quotidianità, Annecy pone un interrogativo esistenziale. S’è mai visto, da quando il ciclismo da eroico è diventato specialistico, uno scalatore di 59kg andar così forte a crono? Indurain? Nè scalatore né fuscello. Merckx? Altri tempi. Gaul? Hic sunt leones. Non siamo allora in presenza del ciclista più forte e sfaccettato da quando – turatevi il naso – Bernard Hinault ha appeso la bici al chiodo? Essendo comunque di sospetti imbastito il ciclismo contemporaneo, i falchi ricordano come Contador sia stato il pupillo di Manolo Saiz, uno di quei manager che si occupano in prima persona della “salute” dei loro atleti, mentre le colombe adducono a suo favore l’antico feeling con le lancette, risalente a quando, ancora 21enne, il pistolero vinse una crono di 19km sui Carpazi al Giro di Polonia. A detta di Nibali, “la crono di oggi filava via veloce, adatta a specialisti, senza tratti per recuperare”. E Contador s’è lasciato difatti alle spalle amanti del tic-tac come Cancellara, Ignatiev, Larsson, Millar, Wiggins, Moreau, Zabriskie, in una classifica dove uomini di classifica (britannico escluso) si trovano a partire dal nono posto (Kloden) e dal sedicesimo in poi.
Di conseguenza, il fatto che Contador paia aver fatto un bagno da piccolo nello Stige provoca una generale chiusura delle corse a tappe. Ha vinto tre delle quattro corse a tappe cui ha preso parte. E’ l’embatido del ciclismo. Quanto gioverà ad uno sport che sempre più riesce a tediare gli spettatori, avviliti dall’impressione che tutto sia scritto o che quantomeno vi sia la tendenza a rimandare le iniziative, come i Pink Floyd per cui c’è sempre “time to kill today”? Già l’Astana ha serrato a doppia mandata una corsa disegnata con i piedi, se poi ci si mette anche un conquistador senza tema…
Stiamo considerando (non incensando, speriamo) Contador già vincitore di questo Tour de (souf)France senza attendere il responso del Ventoux, sulla cui vetta il pistolero ebbe bagnate le polveri al Delfinato. Altri tempi, può dirsi, anche se con la montagna del Petrarca bisogna avere un feeling particolare per non impiccarsi (citofonare Armstrong). Tuttavia, l’interesse più pressante riguarda il podio, battuta di caccia che coinvolge il vecchio e restio re della foresta (Armstrong, 3° a 5’25”), un bisonte tramutato in camoscio (Wiggins, 4° a 5’36”), un incomodo lemure (Kloden, 5° a 5’38”) e una mangusta allampanata (Schleck, 6° a 5’59”).
Consideriamo la loro semenza. Il miracolato Wiggins, di cui da settimane si intonano inni (funebri, perlopiù), sorprende più in salita che sul passo (uomo da prologhi, non ha fatto oggi molto di più), segno che, magari, quei 6kg, addotti a prova dell’esponenzialie miglioramento del britannico, un po’ di polpa potrebbero averla. Ma il Monte Ventoso non perdona (speriamo). Ad Armstrong si legge la brama di Campi Elisi in volto e gli basta difendersi, stante che una lesa maestà di Kloden la si ravviserebbe solo in caso di crisi del texano su un attacco di Franck Schleck, molto solerte in salita. Ad occhio, non è impresa impossibile per Armstrong difendere il terzo posto dal lussemburghese.
A rischio di colpevole dimenticanza è il Tour di Vincenzo Nibali, più che uno Squalo dello Stretto (tratteggia una ferocia che non ha), un Salmone delle Alpi, più bravo a risalire le rapide che a domare i piani. Il 26° posto della crono di Annecy (2’06” di ritardo, 7’15” in classifica) svela l’umiltà del messinese, disposto a rinunciare ad un potenziale immenso contro il tempo per affinare le doti in salita. Un Tour sontuoso lo ripaga della scommessa. Chissà il futuro. Emblema della costanza poco appariscente ma con tanto succo, Nibali farebbe bene a non esagerare coi voli pindarici verso il Gigante della Provenza. Un settimo posto alla Grande Boucle, in un periodo in cui tutti i nostri alfieri più noti vengono falcidiati dall’infame tenaglia del doping è oro colato. Lo tenga a mente.
Federico Petroni