L’INCHINO A PROCIDA E POI UN TUFFO ALL’INFERNO
Il Giro rende omaggio a Procida nell’anno della sua proclamazione a Capitale Italiana della Cultura e lo fa con una tappa non meno insidiosa rispetto a quella disputata il giorno prima tra Diamante e Potenza. Alla vigilia del ritorno della corsa sulle grandi salite ecco una frazione disegnata nell’affascinante paesaggio dei Campi Flegrei, con salite brevi ma incessanti e pochi tratti di riposo che non consentiranno di tirare troppo il fiato. E anche oggi qualche “pesce grosso” potrebbe fare naufragio…
MODIFICA AL PERCORSO
Rispetto al percorso presentato in questo articolo sono state compiute un paio di modifiche, aggiungendo un lungo tratto pianeggiante a nord di Monte di Procida subito prima dell’ingresso nel circuito e diminuendo da 5 a 4 il numero di giri
La carovana del Giro è una nave da crociera e lungo il suo viaggio attraverso l’Italia di “inchini” ne va a fare parecchi, ogni qual volta si va a ricordare una certa ricorrenza o a far visita a casa di campioni del passato (ed è quel che accadrà, per esempio, tra qualche giorno quando la Corsa Rosa giungerà sulle strade dell’indimenticato Michele Scarponi). Quello odierno, però, sarà un inchino nel vero senso del termine marinaresco perché oggi il “serpentone rosa” andrà a sfilare per ben cinque volte al cospetto dell’Isola di Procida, per il 2022 designata Capitale Italiana della Cultura. La similitudine con una lussuosa e spassosa crociera termina qua perché per il resto il viaggio odierno dei “girini” non sarà certo una passeggiata e per dimostrarlo basta paragonare il tracciato della tappa partenopea a quello dell’ultimo mondiale. Entrambi hanno in comune lo stesso valore del dislivello complessivo (quasi 2300 metri) e sappiamo com’è andata a finire a Lovanio, dove i più si aspettavano l’arrivo di una volata comunque ristretta e invece s’è visto l’assolo in solitaria di Alaphilippe e parecchia selezione alle spalle del due volte campione del mondo. Le strade valloni proponevano tante piccole salite “sbriciolate” lungo il percorso ed è quel che si vedrà anche sulle strade dell’ottava tappa del Giro, una successione di 19 brevi ascese – la più lunga di quasi 3500 metri, la più corta un muretto di 700 metri – intervallate da cinque tratti di pianura e, se la corsa tra i big dovrebbe impazzare, qualche uomo di classifica potrebbe rimetterci un bel gruzzoletto in termini di secondi. Dunque una tappa apparentemente innocua, stretta tra l’incudine della frazione di Potenza e il martello del Blockhaus, potrebbe sulla carta rivelarsi selettiva quando il mondiale belga e diversi corridori si ritroveranno irrimediabilmente “scottati” da un tracciato che potrebbe rivelarsi infernale, come l’area dei Campi Flegrei nella quale si svolgerà la tappa e che per gli antichi rappresentava l’anticamera degli inferi.
Tanto per cominciare in salita, seppur dolcissima (2.5 Km al 2.8%), si svolgerà il tratto iniziale della frazione partenopea, che vedrà i “girini” salpare dalla spiaggia della Riviera di Chiaia in direzione della collina di Posillipo. Affrontata la breve “discesa Coroglio” – con un tornante che sembra proiettare il gruppo verso l’antistante Isola di Nisida, il cui castello tardo-angioino ospita dal 1934 un carcere minorile – si andrà a imboccare il primo dei cinque tratti pianeggianti che spezzano l’”elettrocardiogramma” di giornata. Sono circa 6 Km di ampi e scorrevi viali attraverso i quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta, sfiorando la Città della Scienza, recentemente ricostruita dopo l’incendio doloso che l’aveva distrutta nel 2013, lo Stadio San Paolo (che ora porta il nome di Maradona) e le strutture della Mostra d’Oltremare, il principale complesso fieristico dell’Italia meridionale. Dopo questa prima “ora d’aria” è giunto il momento di riprendere l’ascensore per affrontare la salita di 2.7 Km al 4% con il quale il tracciato si addentrerà nell’area dei Campi Flegrei veri e propri, scollinando non molto distante dalla Solfatara, il più noto tra i 40 crateri che la punteggiano, dove si possono ammirare fumarole e getti di fango bollente. In discesa si raggiungerà la sottostante Pozzuoli, dove il percorso andrà a effettuare un girotondo quasi completo attorno all’Anfiteatro Flavio, omonimo del Colosseo romano e innalzato dagli stessi architetti, prima di ritrovare la pianura per circa 4 Km e mezzo, tratto al termine del quale inizierà il primo dei 5 giri di un circuito di circa 19 Km a tornata, il “cuore pulsante” di questa tappa. Non è questo soltanto il tratto dove si andrà a omaggiare Procida, ma qui si vivranno le fasi salienti di giornata grazie alle tre salite che lo movimentano, incorniciate dagli scorci sul mare e sui quattro laghi che punteggiano il promontorio. In ordine d’apparizione il primo sarà, proprio nel punto nel quale il gruppo s’inserirà sul circuito, il Lucrino, bacino costiero che i romani collegarono mediante un canale artificiale al retrostante Lago d’Averno, creando così un porto interno nel quale riparare le navi durante una battaglia combattuta tra Ottaviano e Sesto Pompeo. Lasciate le rive del Lucrino si andrà a superare la prima e più piccola, quasi impercettibile sull’altimetria, delle tre salite del circuito, 1 Km esatto al 4% che si concluderà alle spalle del castello aragonese di Baia, che fino agli anni ’70 ha ospitato un orfanotrofio mentre dal 2014 è sede di museo in fase di progressivo ampliamento nel quale è possibile ammirare reperti archeologici provenienti dai Flegrei.
In fondo alla discesa successiva attenderanno il passaggio del Giro i cittadini di Bacoli prima di giungere al momento dell’inchino, quando si andrà a percorre la stretta fascia di terra che lo separa il tratto di mare antistate l’isola di Procida dalla acque interne del Lago Miseno. Questo è anche il luogo dove il 20 maggio del 1977 venne “varata” la 60a edizione della Corsa Rosa, che prese le mosse con una cronoscalata diretta verso la soprastante località di Monte di Procida, vinta dall’allora campione del mondo in carica Freddy Maertens, che coprirà con la maglia rosa quella iridata conquistata l’anno prima a Ostuni. Affrontata la stessa salita che percorsero i “girini” 45 anni fa – 1700 metri al 7% – ci si lancerà in discesa verso l’ultimo e più grandi dei tre laghi che punteggiano d’azzurro il panorama odierno, il Fusaro, dalla cui acque emerge come un’inattesa apparizione il casino di caccia costruito per i sovrani borbonici su progetto dell’architetto italo-olandese Luigi Vanvitelli (nato, infatti, Lodewijk van Wittel), celebre soprattutto per aver “concepito” la Reggia di Caserta. Rientrati a Baia un muretto a gradini di 700 metri al 10.4% costituirà l’ultima difficoltà del circuito, seguito dalla discesa che riporterà la corsa sulle rive del Lago di Lucrino dove, completato l’ultimo dei cinque giri, si svolterà in direzione di Napoli ripercorrendo a ritroso la strada affrontata nel tratto in linea iniziale. Dai versanti opposti si dovranno così superare le salite verso la Solfatara (dal versante di Pozzuoli, 1800 metri al 5.2%) e il Colle di Posillipo, che scalato da ovest rappresenterà la salita più lunga del tracciato, 3.4 Km al 4.7% con i passaggi più difficili nella prima metà (tratto di 500 metri al 9% medio), che si conclude nei pressi dell’ingresso al Parco Virgiliano, luogo dal quale ammirare stupendi panorami sul Golfo di Napoli e da non confondere con il quasi omonimo Parco Vergiliano di Piedigrotta, nel quale si trovano le tombe del celebre poeta romano e del suo collega Giacomo Leopardi. Sono emozioni che solo una città come Napoli può offrire e siamo sicuri che ne potrebbe elargire anche questa tappa, che si appresta a concludersi con la discesa a tornanti verso la Riviera di Chiaia e un’ultima breve porzione di pianura con vista su Castel dell’Ovo, muto testimone delle fasi terminali di una frazione che promette scintille. E stavolta non saranno quelle dei crateri dei Campi Flegrei.
Mauro Facoltosi
CIAK SI GIRO
Il promontorio del Monte di Procida è un’area che spesso è stata utilizzata per riprese cinematografiche, soprattutto grazie alla bellezza degli scenari che offre. In particolare c’è una location che ha interpretato sotto questo aspetto la cosiddetta “parte del leone”, comparendo in ben 8 pellicole (tante ne ha censite il sito www.davinotti.com, ma potrebbe essercene di più): è il castello aragonese di Baia, che fece la prima comparsa sul grande schermo del 1952, quando Dino Risi vi girò le scene di “Vacanze col gangster” ambientate nel carcere della fittizia località di Monteforte, un ruolo – quello della prigione – che il maniero campano rivestirà in quasi tutti gli altri film qui girati, come “Pasqualino Settebellezze”, firmato nel 1975 dall’indimenticata Lina Wertmüller e candidato a ben quattro Premi Oscar (anche se poi la celebre regista dovrà accontentarsi del premio alla carriera che gli sarà attribuito nel 2020). Un altro luogo del promontorio sul quale si sono accesi i riflettori del cinema è stato la Casina Vanvitelliana del Lago Fusaro e anche qui c’è lo “zampino” della Wertmüller. Tra i quattro film qui girati, infatti, c’è il suo “Ferdinando e Carolina” (1999) mentre è soltanto una “fake news” quella secondo la quale l’ex casino di caccia sarebbe l’abitazione della Fata Turchina che si vede nello sceneggiato RAI di Luigi Comencini “Pinocchio”, in realtà costruita appositamente per le riprese sulle rive del Lago di Martignano, in Lazio.
Cliccate qui per scoprire le altre location dei film citati
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/vacanze-col-gangster/50022666
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/pasqualino-settebellezze/50011191
https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/ferdinando-e-carolina/50014792
FOTOGALLERY
Piazza Plebiscito a Napoli, sede del raduno di partenza
L’isola di Nisida vista dalla Discesa Coroglio
Lo Stadio Diego Armando Maradona
Il cratere della Solfatara
L’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli
Lago di Lucrino
Lago d’Averno
Lago Miseno
Lago Fusaro
L’isola di Nisida e il promontorio di Monte di Procida visti dal Parco Virgiliano
Uno scorcio del Parco Vergiliano
Castel dell’Ovo visto dal rettilineo d’arrivo sul lungomare della Riviera di Chiaia