DUE VITTORIE FACILI FACILI
Più che un corridore è sembrato una cavalletta, ma a Burgos Mark Cavendish ha regalato senz’altro l’immagine più bella del 2010 del ciclismo: vincere in volata in scioltezza e tagliare il traguardo con la bicicletta a qualche centimetro da terra. Hushovd (secondo) e Bennati (terzo) hanno potuto soltanto guardare.
Foto copertina: Cavendish lanciato verso il bis (foto Bettini)
Fino ad oggi era il velocista più forte del mondo, l’uomo dell’Isola di Man, il britannico più forte che c’è, super-Cave. Chiamatelo come volete, ma da oggi Mark Cavendish è anche “L’inglese volante”. Eh si perché non è da tutti fare quello che lui ha fatto sul traguardo di Burgos. Nel pieno della volata, a venti metri dall’arrivo quando ha capito che nessuno lo avrebbe ripreso non si è messo seduto ed ha esultato come sempre indicando il nome del suo sponsor, ma si è accucciato sulla bicicletta e tutti avranno pensato: ma cosa fa?
Nemmeno il tempo di dirlo ed ecco che Cavendish dà uno strattone al manubrio, si tira su e fa volare la sua bici per aria. Un paio di secondi, il tempo di passare davanti al fotofinish “tre metri sopra il cielo” e ridire a tutti, per l’ennesima volta, che il più forte è sempre e soltanto lui.
E menomale che i sensori del fotofinish non sono annegati nell’asfalto, altrimenti non avrebbero registrato il passaggio del capitano dell’HTC e magari avrebbe anche perso la volata.
Questo è tutto quello che c’è da dire sulla tredicesima tappa della Vuelta, forse la più noiosa di tutta la corsa fino a questo momento, e che non è stata ravvivata nemmeno dalla fuga di giornata, pur animata da due italiani come Mori e Cheula, ripresi ed aiutati poi da Allan Davis (cosa ci fa in fuga un velocista?), Kaisen e Terpstra.
I cinque hanno sempre viaggiato di comune accordo, arrivando ad un vantaggio massimo di poco inferiore agli otto minuti, prima che l’HTC in primis iniziasse le operazioni di recupero. A differenza del giorno prima (quando la fuga fu ripresa ai -23), questa volta il gruppo se l’è presa con maggiore calma ed ha dovuto aspettare soltanto gli ultimi 4000 metri per riconsiderarsi compatto, dopo che sia Kaisen che Terpstra avevano provato ad evadere per tentare una vittoria impossibile.
E così c’è stato spazio per tutti i treni del mondo (escluso quello Lampre): Katusha, Garmin e Quick-Step. Tutti tranne l’HTC che navigava a vista con Cavendish che si è ritrovato come scudiero il solo Goss (ma visto quello che aveva fatto a Lleida andava più che bene) con l’inglese che forse ha dato ordine alla squadra di lasciarlo lavorare in ottica mondiale quando non avrà Goss a tirarlo e forse nemmeno nessuno e si dovrà un po’ “Freirezzare”.
All’ultimo chilometro, però, l’asse Katusha Pozzato-Galimzyanov va a farsi benedire, gli altri li seguono a ruota e tutto viene scombussolato. Di questo ne approfitta l’inglese che nel suo solito punto di non ritorno parte e per gli altri è notte fonda. Nel mentre lui mette in scena la magia dell’anno, dietro Hushovd e Bennati si scornano per i piazzamenti sul podio e l’aretino inizia a dare segni di ripresa piuttosto incoraggianti (è il secondo podio in questa Vuelta). Nella generale nulla è cambiato e nulla, onestamente, poteva cambiare. Igor Anton si gode ancora il suo primato con i 45” di vantaggio su Vincenzo Nibali. Oggi però Cavendish si farà da parte, per la quattordicesima tappa: si arriva a Pena Cabarga dopo un breve strappo ma durissimo. Sembra il terreno adatto per Joaquin Rodriguez, ma tutti gli altri dovranno stare in campana.
Saverio Melegari