IL PERCORSO MONDIALE DI BERGAMO 2015: ANALISI E COMMENTI
agosto 4, 2010
Categoria: Approfondimenti
In casa GS Domus si cerca di giocare d’anticipo per blindare il non semplice ottenimento del Mondiale 2015, possibilmente con congruo anticipo. Non per niente il tracciato è stato presentato ufficialmente benché ancora ipotetico; si è tentato inoltre di guadagnare tempo valendosi dell’esperienza maturata con la Settimana Tricolore 2008. Da quel campionato nazionale si devono però trarre anche alcuni insegnamenti…
Foto copertina: un momento della presentazione della candidatura bergamasca (www.bicibg.it)
Diamo i numeri
I conti non tornano. Detta così, l’affermazione risulta un po’ brutale: però c’è poco da fare, cartine e odometri alla mano il percorso del circuito mondiale per BG2015 non misura “circa 18km” (come riportato nero su bianco anche dalle fonti di informazione locale) bensì 20,3km. Il lapsus ha del freudiano, perché quella era invece la misura del tracciato su cui si corse il campionato italiano: l’aggiunta della Panoramica, però, aumenta anche la distanza da percorrere in ciascun giro, con alcune importanti conseguenze. La prima e più ovvia riguarda, è chiaro, il numero di giri che è possibile compiere. Se con i 18,7km del vecchio percorso sarebbe pensabile che il Mondiale professionisti maschile si corresse su una distanza di 15 giri, risulterebbe invece davvero forzato portare la distanza totale a 305km facendo 15 giri col reale chilometraggio del nuovo percorso. Giri in meno implica però minor dislivello complessivo: con soli 14 giri avremmo un Mondiale da poco più di 3000m di dislivello (contro i 4700 di Mendrisio o i 4000 di Verona o anche i 3700 di Varese), con gli ancor più probabili 13 giri si scenderebbe sotto ai 3000. Certo, Madrid o la competizione australiana di quest’anno si aggirano di poco sopra ai 2000, quindi siamo ben lungi dal pensare a un tracciato per velocisti come in codesti casi; il rischio però è quello di creare un terreno di competizione schizofrenico, ovvero amico degli scalatori per disegno altimetrico, ma incapace di diventare effettivamente selettivo per mancanza di dislivello complessivo ed eccessiva controllabilità. Un circuito, insomma, che se fosse “anestetizzato” dai corridori potrebbe persino finire spuntato. Anche perché, è importante ricordarlo, addirittura un terzo del dislivello deriva da leggerissimi falsopiani al 2% o meno: sui quali quindi, anche se le tossine si accumulano, viaggiare a ruota dà un enorme vantaggio, per non dire poi di come essi poco si prestino a scremature con azioni di forza. Non solo: anche in caso di corsa “dura” su quegli interminabili piani “appena appena” inclinati rischierebbero di cuocersi più di tutti gli scalatori, arrivando letteralmente bolliti all’ascesa clou. Dove però, per fare distacco, c’è davvero bisogno di una gamba da grimpeur. A meno che non si giochi il tutto per tutto proponendo appunto un tracciato di estrema resistenza over 300km… a quel punto già la distanza direbbe la sua. Ma sarà compatibile con le esigenze orarie (un’ora di gara in più rispetto alla media degli ultimi anni?) e accettato dall’UCI?
I fantasmi del passato
Utile il confronto con il campionato italiano. A questo proposito c’è da chiedersi (il punto non è apparso chiarissimo) se sia stata giustamente cassata la formula del “mezzo giro” in più, che portava all’arrivo con un’ulteriore decina di km di pianura dopo la discesa. Proprio su quegli stradoni Simeoni si inventò lo scatto che salvò “i campionati della Boccola” da un arrivo in volata. Bella, bellissima quell’azione; però giustamente non impediva a noi di chiederci il senso di disegnare un percorso con il mitico strappo se poi l’esito doveva rassomigliare a quello di una qualunque semiclassica pianeggiante. Ci sono già quasi 4km di discesa, in buona parte da pedalare, dopo lo scollinamento: questi dovrebbero comunque assicurare che le azioni in salita vengano condotte col massimo impulso, per acquisire il maggior distacco possibile. I riuscitissimi giri di Lombardia bergamaschi rappresentano da questo punto di vista un modello decisamente migliore che quel campionato nazionale. Anche perché se lo scopo è stimolare le azioni da lontano, il rimedio all’attendismo da ultimo giro può essere peggiore del male: con 18km tra una salita è l’altra c’è poco da credere in avventure di fuoriclasse, al massimo possono funzionare mezze fughe concertate, ma sempre tatticamente controllate. Con 18km piatti tra l’una e l’altra falliscono gli anticipi sulle grandi salite alpine, figuriamoci sui colli orobici.
Il ruolo dell’UCI
Importantissimo per gli organizzatori cercare di captare le esigenze dell’UCI. La tendenza degli ultimi anni, Mendrisio escluso, è stata a privilegiare percorsi di non devastante impegno altimetrico. Questo potrebbe tarpare le ali all’organizzazione, inducendola ad ammorbidire un percorso che per tipologia delle salite è minacciosamente aspro. D’altro canto, potrebbe invece nel 2015 essere tornato il turno di un Mondiale selettivo, degno delle classiche ardennesi. Certamente con questo percorso è difficile indirizzarsi a quelle “vie di mezzo” aperte a più soluzioni che piacciono ai capoccia del ciclismo. Qui si rischia di avere la volata assicurata, se si reintroducesse il mezzo giro piatto finale, senza speranze di azioni determinati in salita, o al contrario di non vedere comunque i velocisti all’arrivo. Ma forse quest’ultima è la scelta più coerente e coraggiosa.
Il pubblico
Connesso al punto precedente c’è il ruolo del pubblico. Le circonvallazioni non si prestano molto ad essere gradite al pubblico. Poco spettacolari, in gran parte esposte al sole, “chiuse” rispetto alla viabilità di modo che per raggiungerne molte parti si dovrebbe camminare per venti minuti o mezz’ora rispetto all’uscita più prossima. Tutto ciò per vedere i ciclisti che transitano a 50km/h, con un’alta improbabilità di scatti, in un contesto privo di luoghi di rinfresco o consumazione. Oltretutto lo scenario architettonico è esteticamente assai deprimente. Il rischio è che oltre un terzo del tracciato risulti quasi completamente disertato dal pubblico, una visione deprimente da scongiurare in ogni modo. O se il pubblico vi si assiepasse comunque, visto che i posti in Boccola e Panoramica saranno pochi e probabilmente a pagamento, sarebbe destinato a un’esperienza tutt’altro che gratificante nonché poco lusinghiera per la città ospitante. Un Mondiale ha ben altri numeri ed esigenze rispetto a un “italiano”: non si può “sprecare” così un terzo del tracciato.
L’intuizione geniale
Di certo è stata una grande intuizione quella di sfruttare vicolo Sottoripa per proporre almeno parzialmente la Panoramica, strada larga e regolare, adattissima a un Mondiale, il cui limite era quello di possedere strade di discesa solamente con strettoie inaccettabili. Decurtata del proprio finale, insaporisce comunque la Boccola (di per sé non bastevole alla grandiosità dello scenario), e va a inserirsi – per scendere – nel tratto più ampio della Ripa (che andrà comunque provvisoriamente asfaltata e messa in sicurezza). La salita dei potenziali Mondiali bergamaschi “rischia” seriamente di essere la più bella affrontata in quasi vent’anni di gare iridate, sia dal punto di vista tecnico che paesaggistico. Così come la susseguente discesa gode dei crismi dell’assoluta eccezionalità. Il problema sta tutto nel come contestualizzare questo vero e proprio gioiellino.
Altre possibilità
Andrebbe considerata l’ipotesi di cambiare la parte di tracciato che coinvolge le circonvallazioni. Non disconosciamo il fatto che un grande vantaggio di quella sezione sia per chi organizza, avendo a disposizione molti km facili da controllare e mettere in sicurezza. Ma un Mondiale è una sfida alla quale non indirizzarsi in modo sparagnino. Una possibilità potrebbe essere in un più breve tracciato tutto urbano, che renderebbe più complicati i recuperi da parte degli squadroni e potrebbe valorizzare altre aree di Bergamo storiche e molto pregevoli, come quella delle piscine/ospedale e quindi via Broseta. Inoltre il semplice accorciamento della parte di pianura permetterebbe di aumentare il dislivello complessivo. Si potrebbe girare verso la rotonda dei Mille, quindi via Garibaldi, Statuto, Albricci, Rosmini, Villasanta, Statuto, Costituzione, B.go Canale, Bonomini, Broseta, Palma, Baschenis e quindi su verso la stazione per Simoncini e Bonomelli, e da lì come da previsioni. Un percorso mosso e stimolante, tutto interessante. Il giro intero misurerebbe 15km, il dislivello non sarebbe dissimile (ma con i promettenti “zampellotti” di via Albricci e via Costituzione), epperò si potrebbero agevolmente proporre 18 tornate. Tanto più che aumentare il numero di tornate va a sicuro vantaggio del pubblico.
In ogni caso va tenuto conto che l’esperienza degli ultimi anni abbia mostrato come dal punto di vista tattico per avere una corsa mossa sia quasi indispensabile la presenza di una duplice e distinta asperità nel singolo giro, anche se di difficoltà ridotta: viceversa la pur rilevante ascesa unica delle Torricelle ha favorito quelli che comunque erano “ruote veloci”, anche se fuoriclasse da classiche, come Freire, Zabel o Paolini. Nell’ottica delle due ascese, si potrebbero contemplare i colli prospicienti Bergamo, come quelli di Sorisole, peraltro storici per il ciclismo locale e caratterizzati da strade molto ampie. Tutto ciò però comporterebbe stravolgimenti forse troppo sensibili rispetto al disegno già sperimentato, così come le – fors’anche più plausibili – ipotesi di coinvolgere S. Martino della Pigrizia o la Madonna del Bosco presso Longuelo.
Gabriele Bugada
Domani concluderemo la serie di servizi sulla candidatura bergamasca con la descrizione dell’ascesa alla Boccola