NARVÁEZ, UN ECUADOREGNO IN PARADISO A CESENATICO
Sul percorso che ricalca quello della gran fondo Nove Colli, Narváez vince dopo una grande battaglia tra i fuggitivi sotto il diluvio. Non ci sono stati attacchi tra i big, ma il ritmo della squadra di Pozzovivo ha ridotto il gruppo maglia rosa ad uno sparuto drappello di meno di venti unità.
Non si può far altro che aprire qualunque riflessione su questa tappa con un ricordo di Marco Pantani. Il ricordo però non può essere sterile né inutilmente commemorativo. Un ricordo deve essere proficuo, deve costituire un insegnamento, un dono per quelli che devono affrontare quello che già è stato affrontato da altri. L’esperienza è un patrimonio per tutti e la storia dei successi e degli insuccessi di Marco Pantani è molto importante per il ciclismo moderno. In un ciclismo di calcolatori, di ragionieri, di computer, di misuratori di potenza, di corridori che si concentrano su una sola corsa in stagione, di alte andature, di prudenza di paura, il ricordo di Marco Pantani non può che far respirare il gusto di quella spregiudicatezza e di quell’incoscienza che caratterizzava il modo di correre di Marco Pantani.
Già a 24 anni, quando Pantani era un illustre sconosciuto, dopo aver mandato in grave crisi la maglia rosa Berzin e il leggendario Indurain con un attacco a 60 Km dall’arrivo sul Mortirolo, Marco non si accontentò del secondo posto e, nella tappa in cui il giro affrontava per la prima volta nella storia il Colle dell’Agnello, attaccò a oltre cento chilometri dall’arrivo, rischiando seriamente di saltare. Quell’attacco non riuscì e Pantani faticò a mantenere le ruote di Berzin e Indurain sull’ultima salita, ma proprio l’incoscienza di quel tentativo fece capire di che stoffa fosse fatto il Pirata che seppe ripetersi al Tour dello stesso anno a suon di attacchi su ogni salita pur senza vincere tappe.
In seguito, la sfortuna con gli incidenti ed i suoi successi crearono la leggenda del pirata, ma proprio la voglia di inseguire la vittoria a ogni costo, anche quando sembrava più agevole difendere un onorevole piazzamento deve far riflettere i corridori oggi.
Anche nel 2000 al Tour, quando Pantani era tornato alla vittoria dopo aver patito una brutta giornata ad Hautacam, quando fu staccato da Armstrong, invece di tentare di agguantare un piazzamento che sarebbe stato straordinario perché veniva dopo una stagione senza preparazione, Pantani attaccò dalla prima salita nella tappa di Morzine. In quella occasione saltò, ma dimostrò, ancora una volta, che il coraggio di tentare anche imprese disperate è ciò che rende questo sport epico.
Oggi, con la tecnologia e con le alte andature è sempre più difficile realizzare imprese, tuttavia i veri campioni hanno dimostrato che con l’incoscienza si può ancora dare spettacolo. Certamente Froome nel 2018 preparò anche scientificamente l’attacco sul Colle delle Finestre, ma fu la convinzione di credere nella possibilità di una vittoria, anche con un grave ritardo accumulato e con un attacco ad 80 Km dall’arrivo a permettere quello spettacolo.
In questa chiave di lettura, la bellissima tappa di oggi deve costituire occasione di riflessione ed insegnamento per capire che, prima di tutto, nel ciclismo conta la testa e la convinzione di poter raggiungere certi risultati.
Convinzione che ha dimostrato di avere Narváez, quando con Padun più passista di lui che inseguiva a 10 secondi in pianura con 12 chilometri ancora da percorrere, ha spinto a tutta ed è riuscito ad incrementare il vantaggio, dando un grosso colpo al morale del suo avversario che era stato molto sfortunato a forare, ma sembrava potesse agevolmente recuperare.
Bellissima tappa con grande battaglia tra i fuggitivi flagellata dalla pioggia nella seconda parte.
Tra i big non ci sono stati attacchi, ma il fatto che il gruppo maglia rosa, pur giunto a 8 minuti, fosse composto da una quindicina uomini la dice lunga sulla durezza di questa frazione che ricalcava il tracciato della prestigiosa gran fondo Nove colli, corsa di grande tradizione che quest’anno ha dovuto rimandare la propria cinquantesima edizione al 2021 a causa della pandemia.
La squadra di Domenico Pozzovivo si è incaricata di fare la corsa tra i big e, su questo punto, ci sono molti dubbi, visto che non si è ben capito quale fosse lo scopo del lucano. Gli uomini di classifica sono rimasti tutti nel gruppetto, anche perché attacchi veri non ci sono stati e il ritmo ha fatto male a molti, ma non era comunque un ritmo adatto a staccare uomini di classifica cosa che si sarebbe potuta tentare solo con un attacco al quale però evidentemente il ritmo imposto dagli uomini di Pozzovivo non era finalizzato. Il lavoro non è neppure sembrato finalizzato a chiudere sulla fuga, sia perché il gruppo è comunque giunto a 8 minuti, sia perché un uomo come Pozzovivo non era certo adatto ad un finale che prevedeva 20 Km pianeggianti.
L’unica possibilità allora è che lo scalatore lucano abbia voluto saggiare la resistenza di un ragazzo molto giovane come Almeida, anche in vista delle montagne ed al contempo che abbia voluto controllare la corsa sfoltendo un po’ il gruppo. Scopo legittimo ma dubbio in chiave costi benefici, viste le energie che ha fatto spendere a compagni di squadra che potrebbero essere utili nelle prossime tappe.
La fuga è andata via già nelle prime battute di gara, dopo la consueta bagarre iniziale si forma un drappello di attaccanti composto da François Bidard (Ag2r La Mondiale), Simon Pellaud (Androni-Sidermec), Manuele Boaro (Astana), Mark Padun (Bahrain-McLaren), Cesare Benedetti (Bora – hansgrohe), Joseph Rosskopf (CCC), Jesper Hansen (Cofidis), Simon Clarke (EF Pro Cycling), Albert Torres (Movistar), Victor Campenaerts (NTT Pro Cycling), Jhonatan Narváez (Ineos Grenadiers), Maximiliano Richeze (UAE Team Emirates) ed Etienne Van Empel (Vini Zabù KTM) ai quali si aggiungerà Hector Carrettero (Movistar) che scattato sulla prima salita, recupererà la testa della corsa sulla seconda.
Il gruppo lascia fare ed i battistrada raggiungono un vantaggio massimo di oltre 13 minuti, finché la NTT Pro Cycling di Domenico Pozzovivo non si mette in testa a tirare. Il vantaggio crolla letteralmente dimezzandosi, anche perché davanti l’accordo comincia a mancare. In effetti, sulla salita di Barbotto ci sono alcuni tentativi di attacco tra i fuggitivi. Viste però le oggettive difficoltà di muoversi da così lontano e visto anche l’avvicinarsi e gruppo, i fuggitivi si ricompattano e ritrovano l’intesa.
Lungo la salita di Perticara, perde contatto Richeze, mentre nella discesa prova ad avvantaggiarsi Pallaud, sul quale si riportano subito Benedetti e Rosskop. Il terzetto, lungo la salita di Madonna de Pugliano, viene raggiunto prima da Padun, Hansen, Narváez, Bidard e Boaro e poi anche da Van Empel e Clarke. Quest’ultimo, che era sembrato in difficoltà in salita, decide di allungare in discesa, ma viene raggiunto da Narváez e Padun che lo staccheranno senza troppi complimenti sulla successiva salita.
Il gruppo, che si era portato a circa quattro minuti, comincia a perdere terreno a causa di un rallentamento forse dovuto anche alla pioggia. Gli uomini di classifica ovviamente preferiscono non prendere troppi rischi sulle viscide ed insidiose discese.
La situazione si stabilizza con la coppia al comando che continua a guadagnare su un Clarke che procede lodevolmente in solitaria invece di rialzarsi, i fuggitivi della prima ora rimasti staccati e il gruppo dietro che continua ad assottigliarsi nonostante l’andatura sia inferiore a quella della coppia di testa.
Si prosegue con questa situazione, ma c’è ancora spazio per le sorprese perché, nella discesa dell’ultimo GPM, fora Padun, lasciando Narváez solo in testa alla corsa. L’ucraino cambia bici al volo e, essendo un buon passista, sembra in grado di rientrare. Riduce il gap da 28 secondi iniziali sino a 10 ma, proprio quando sembrava fatta, si accende la spia della riserva e la pedalata si fa più legnosa, mentre Narváez, che ha avuto il grande merito di crederci e di tirar dritto quando poteva sembrare meglio aspettare Padun e tentare poi di batterlo in volata magari cercando di tirare il meno possibile, ha ancora una buona pedalata, anche per via del morale infusogli dal trovarsi in testa a pochi chilometri con il rivale dietro che non ne ha più.
Sul traguardo il passivo sarà di oltre un minuto, mentre dietro arrivano tutti da soli, dimostrando la durezza di questa frazione, svoltasi per gran parte sotto la pioggia. Il gruppo maglia rosa arriva oltre 8 minuti dopo composto da circa una quindicina di unità.
Anche gli uomini di classifica hanno sofferto. Le immagini hanno ripreso Almeida gettarsi addosso del the caldo per contrastare le basse temperature, Nibali costretto ad andare in prima persona all’ammiraglia per mancanza di gregari e Fuglsang costretto a spendere energie per rientrare in gruppo da solo dopo un problema meccanico.
Forse l’Astana avrebbe potuto fermare prima Boaro, che non era di alcuna utilità e mezza strada tra la testa e il gruppo, ma questi sono dettagli che non hanno comunque avuto chissà quali conseguenze.
Conseguenze che invece avrà questa tappa sulle energie dei corridori che continuano ad assottigliarsi proprio in vista della cronometro e della prima tappa di montagna, in attesa di capire se sarà possibile disputare le tappe della terza settimana sul tracciato previsto.
Sperando che il meteo non giochi il tiro mancino, gli appassionati rimangono in attesa, sperando che il passaggio nella terra del Pirata inspiri qualcuno a mettere in strada il coraggio per tentare un’impresa da incosciente.
Benedetto Ciccarone