UN BATTITO D’ALA E I MONDIALI TORNANO IN FRANCIA
La corsa si è accesa solo al penultimo giro grazie ad una grandissima e coraggiosa azione del recente vincitore del Tour de France che avrebbe meritato maggior fortuna. Nell’ultima ascesa verso Cima Gallisterna parte Alaphilippe in contropiede su un attacco di Kwiatkowski e approfitta della mancanza di accordo tra gli inseguitori per riportare la maglia iridata in Francia, 23 anni dopo la vittoria di Brochard.
Sarà Julian Alaphilippe a vestire la maglia iridata per i prossimi dodici mesi. Il francese ce l’ha messa tutta ed ha sfruttato al meglio le proprie doti, tuttavia deve buona parte del successo alla condotta di gara di Wout Van Aert che, trovatosi davanti con un gruppo portato allo scoperto da Vincenzo Nibali, non ha collaborato all’azione nonostante fosse di gran lunga il più forte in volata, come dimostrerà il secondo posto conquistato allo sprint.
Anche dopo l’affondo micidiale di Alaphilippe sulle pendenze più ripide della salita di Gallisterna, Van Aert non ha voluto accollarsi la maggior parte del lavoro come sarebbe stato logico. E’ ovvio che il maggior peso dell’inseguimento deve gravare sul corridore di gran lunga più veloce, perché è quello che ha maggiore interesse a chiudere il gap. La riluttanza del belga ha ovviamente indispettito gli altri inseguitori, che comunque si sentivano battuti in volata (come è poi puntualmente avvenuto) e non volevano quindi caricarsi del lavoro per far vincere il belga. Questi avrebbe dovuto tirare a tutta come ha fatto Alaphilippe davanti ed a quel punto, forse, qualche breve cambio lo avrebbe ricevuto da parte di quei corridori che avrebbero potuto sperare che il belga ed il francese accusassero lo sforzo al momento dello sprint. Era ovviamente un rischio per Van Aert, ma era anche l’unico modo per sperare di chiudere sul nuovo campione del mondo.
Una grande nota di merito va a Tadej Pogačar. Molti penseranno che la sua azione al penultimo giro sia stata sconsiderata, in quanto il vincitore dell’ultimo Tour de France avrebbe potuto trovarsi con il compagno di nazionale Primož Roglič all’ultimo giro a tentare di far valere la superiorità numerica. Per quanto la contemporanea presenza nella medesima nazionale dei primi due classificati al Tour possa essere suggestiva, chi scrive ritiene che, invece, la situazione di superiorità non sarebbe stata sufficiente a far virare le sorti del campionato del mondo verso Lubiana. Il punto chiave, infatti, sarebbe stata comunque la salita verso Gallisterna, sulla quale gli sloveni non sarebbero stati in grado di staccare un corridore esplosivo come Alaphilippe, né avrebbero avuto speranze in una eventuale volata con Van Aert.
Pogačar è stato comunque bravissimo a tentare l’impresa nello stesso punto in cui ieri si era involata Anna van der Breggen, andata poi a vincere in solitaria la prova dedicata alle donne.
Vero è che le corse femminili sono più aperte di quelle maschili, perché non c’è l’esasperazione della ricerca ossessiva della massima tecnologia e della forma fisica senza un filo di grasso e, quindi, le differenze sono inevitabilmente più marcate. Tuttavia è anche vero che spesso, in altre corse abbastanza importanti, abbiamo visto il gruppo disorientato da azioni come quelle di Pogačar e in quei casi basta una distrazione di pochi chilometri perché il fuggitivo, specie se è un atleta potente e temibile come lo sloveno, riesca a conseguire un vantaggio che diviene poi difficile da annullare.
Il recente vincitore della Grande Boucle va quindi certamente apprezzato per il bel tentativo che ha offerto ad una corsa che, sino a quel momento, era stata piuttosto sonnecchiosa, nonostante il tracciato offrisse l’occasione per tentare di impostare una corsa dura.
Il percorso elaborato in fretta e furia da Davide Cassani per sostituire quello per scalatori puri di Martigny, sorrideva decisamente agli uomini esplosivi da classiche. Le due salite di lunghezza limitata con tratti a forti pendenze non sono paragonabili per caratteristiche alla Petite Forclaz, punto chiave del tracciato elvetico.
Tuttavia, il percorso andato in scena presentava comunque molti punti insidiosi, a cominciare dalla ripidissima discesa che precedeva l’attacco della salita di Mazzolano, che comunque presentava pendenze elevate. Il tratto che seguiva la dura ascesa verso Cima Gallisterna era, invece, molto irregolare, con vari tratti in contropendenza. Su quel tratto, la potenza e la freschezza potevano fare la differenza.
Ciononostante la corsa si è svolta tranquilla fino all’attacco di Pogačar, che probabilmente ci ha salvati dall’assistere ad un penultimo giro di attesa.
La fuga va via quasi subito ed è popolata dal tedesco Jonas Koch, dal norvegese Torstein Træen, dall’austriaco Marco Friedrich, dal kazako Daniil Fominykh, dal giapponese Yukiya Arashiro, dal rumeno Eduard Grosu e dal messicano Ulises Castillo.
Il gruppo lasciaquesti uomini, obiettivamente per nulla pericolosi, un vantaggio che arrivo sino a sette minuti, per poi stabilizzarsi per molto tempo sui cinque minuti. Nel quinto giro perdono contatto dal gruppetto al comando prima Friederich e poi Grosu, mentre all’inizio del sesto giro si staccano Castillo, Fomyinikh e Arashiro.
Il giapponese, però, vuole farsi riassorbire e rimane per parecchi chilometri a bagnomaria tra la coppia al comando ed il gruppo che, nel frattempo, recupera velocemente grazie all’azione di Danimarca e Svizzera. Tra gli elvetici, è soprattutto Silvan Dillier a prendere su di sé il maggior carico di lavoro, rendendo chiare le intenzioni bellicose di Marc Hirschi, che ha dimostrato la propria combattività vincendo il relativo premio all’ultimo Tour de France.
E’ però la Francia ad imprimere l’accelerazione più violenta, grazie alla quale il gruppo ritorna compatto intorno al settimo passaggio sulla Gallisterna e resta tale sino al successivo passaggio quando Pogačar, da poco rientrato in gruppo dopo un cambio di bicicletta, attacca deciso sulle arcigne pendenze, salutando il gruppo e guadagnando sino a 25 secondi sotto lo striscione del traguardo, mentre suona la campanella dell’ultimo giro, nonostante il forcing dei belgi.
Sull’ultimo passaggio sulla salita di Mazzolano, però, il gruppo si avvicina e Tokm Dumoulin ne approfitta per uscire allo scoperto e portarsi sullo sloveno. L’azione dei due non dura molto, anche perché dietro vanno a tutta. Ci prova Nibali, che porta allo scoperto un gruppo con Mikel Landa, Van Aert e Rigoberto Urán. Si tratta di uomini di primo piano che potrebbero tentare di andare all’arrivo ma manca l’accordo. In particolare, Van Aert non sembra intenzionato a dare linfa al tentativo nonostante ne abbia tutto l’interesse, essendo di gran lunga il più veloce del plotoncino. Il tentativo quindi naufraga in brevissimo tempo.
L’azione decisiva nasce dal tentativo di Michał Kwiatkowski, che parte deciso dopo gli allunghi effimeri quanto inefficaci di Greg Van Avermaet ed Marc Hirschi. A questo punto è questione di esplosività e Alaphilippe in fatto di esplosività non è secondo a nessuno. Il francese stacca tutti e riesce a mantenere nel tratto successivo quei 10/15 secondi di vantaggio che gli permettono di tagliare braccia al cielo il traguardo e di riportare il mondiale in Francia, 23 anni dopo la vittoria di Laurent Brochard a San Sebastián.
Il gruppetto inseguitore, composto da Hirschi, Kwiatkowski, Jakob Fuglsang, Roglič e Van Aert, non trova l’accordo, soprattutto a causa della riluttanza del belga ad accollarsi il maggior peso dell’inseguimento. Ovviamente, gli altri non hanno nessuna voglia di far da gregari al belga, che quindi si deve accontentare del secondo posto davanti ad Hirschi.
Ha fatto certamente piacere vedere la salita verso Gallisterna tappezzata da scritte inneggianti a Marco Pantani a vent’anni dalla sua ultima vittoria. Sicuramente la cosa si ripeterà durante la tappa di Cesenatico del Giro d’Italia, che ricalcherà la mitica Nove Colli.
Non ci sarà da aspettare molto perché il prossimo 3 ottobre prenderà il via dalla Sicilia l’amatissima Corsa Rosa, che tutti gli appassionati aspettano con ansia, sperando che il grande spettacolo che il Giro non manca mai di offrire non vada incontro a problemi meteorologici che, verso la fine di ottobre, a certe altitudini sono tutt’altro che una mera possibilità.
Benedetto Ciccarone