IL TOUR E’ DI CONTADOR, PETACCHI MAGLIA VERDE
Mark Cavendish conquista il quinto successo di tappa in questo Tour sui Campi Elisi parigini, ma non basta per sfilare ad Alessandro Petacchi, 2°, la maglia verde. Nessuna difficoltà in quest’ultima frazione per Alberto Contador, dopo i brividi della cronometro di ieri: per l’iberico è il terzo Tour de France in carriera, e il quinto Grande Giro.
Foto copertina: Alberto Contador impegnato sul circuito dei Campi Elisi (foto AFP)
Si è chiuso con la pronosticabile vittoria sui Campi Elisi di Mark Cavendish il terzo Tour di Alberto Contador, forse non il più sofferto (i brividi della cronometro finale di Angouleme dell’edizione 2007 restano probabilmente ineguagliati), di sicuro il più contestato. Una Grande Boucle in cui alla fine a separare lo spagnolo e Andy Schleck, degno anche se non sempre impavido avversario, sono stati proprio i 39’’ del salto di catena occorso al lussemburghese sul Port de Balès, coincidenza che non farà altro che rinfocolare le polemiche sulla condotta del madrileno nella circostanza.
Scacciati i fantasmi della prima parte della crono di Pauillac, in cui Schleck si era virtualmente portato ad appena 2’’ in classifica generale, più per le difficoltà anche fisiche dello spagnolo che per un reale exploit del lussemburghese, Contador ha comunque potuto godersi oggi una giornata di meritata passerella e relativo relax, scortato da una Astana rivelatasi alla fine nel complesso la squadra più forte di questo Tour, al di sopra anche della tanto temuta Radioshack. L’iberico e coloro che in queste tre settimane hanno vanamente tentato di negargli il tris, dopo il successo un po’ in tono minore (a causa del caso Rasmussen) del 2007 e la ben più agevole affermazione di dodici mesi fa, hanno lasciato il palcoscenico alle squadre degli sprinter, come sempre implacabili nel neutralizzare ogni tentativo sul circuito che ha chiuso la Grande Boucle. Sono stati soprattutto gli uomini HTC, come quasi sempre avviene, ad adoperarsi per tenere cucita la corsa, in una giornata in cui scatti e contro scatti si sono susseguiti per tutti gli ultimi 50 km, finendo in tal modo per precludere a Hushovd e Cavendish la possibilità di accorciare le distanze da Petacchi nella classifica a punti con i due traguardi volanti.
Ripreso Barredo, autore di una vana sparata a 2 km e mezzo dalla linea bianca, l’epilogo è stato il più facilmente preventivabile: grande bagarre per guadagnare la testa nel finale, Hushovd che lancia lo sprint al comando, Cavendish che lo passa a tripla velocità sulla destra, andandosi a prendere il traguardo di tappa, e Petacchi che lo sfila sulla sinistra, cogliendo un 2° posto meno amaro del solito, poiché porta in dote la maglia verde. Un risultato che proietta ulteriormente Petacchi nella storia del ciclismo italiano, essendo lo spezzino soltanto il secondo azzurro ad imporsi in questa classifica, 42 anni dopo Franco Bitossi.
Detto poi ampiamente nei giorni scorsi della lotta per la maglia gialla, e non detto dell’inesistente battaglia per la maglia bianca (Schleck nettamente davanti a Gesink, che poteva a sua volta gestire un ampio margine su Kreuziger), è giusto ricordare anche la maglia a pois di Anthony Charteau, 31enne francese dalla Bbox. Una maglia che ancora una volta non ha certamente premiato il miglior scalatore del Tour, con Schleck e Contador soltanto 3° e 4° (d’altro canto, neppure Pantani e Sastre, ultimi due scalatori puri a trionfare alla Grande Boucle, si imposero in questa classifica in occasione dei rispettivi trionfi), ma che è andata perlomeno al corridore che più di ogni altro ha lottato per conquistarla, andando ripetutamente in fuga e sprintando su ogni cavalcavia.
In generale, si può dire che l’ultima giornata ha aggiunto pressoché niente a ciò che questo Tour aveva già detto nei giorni precedenti, lasciando inalterati i bilanci e le sentenze suggerite da queste tre settimane di gara. Bilanci che parlano di uno Schleck in netta crescita, cui è mancata solo un po’ di attenzione nel cambiare rapporto e il coraggio necessario a sfruttare al meglio le opportunità presentatesi in queste tre settimane. Di un Mark Cavendish che, superate le difficoltà iniziali, ha confermato di essere su un altro pianeta rispetto a qualunque altro sprinter del globo, e candidandosi così prepotentemente al ruolo di favorito per il Mondiale australiano, malgrado il finale in lieve pendenza. Di un ciclismo italiano non in strepitosa salute per quel che concerne le corse di tre settimane (e, alla luce dei risultati delle classiche primaverili, il discorso potrebbe forse essere esteso), in attesa di verificare alla Vuelta la crescita di Nibali e – dall’anno prossimo – quelle di Riccò di tornare ai livelli pre-scandalo. Di uno spettacolo che tutto sommato ha latitato, malgrado un percorso più movimentato ed impegnativo rispetto agli anni passati. Soprattutto, però, questi 21 giorni di corsa hanno ribadito ciò che il Tour 2007 aveva lasciato presagire per gli anni futuri, che il Giro e la Vuelta 2008 avevano fatto ampiamente presumere, e che il Tour 2009 aveva provveduto a certificare: su tre settimane, ora come ora, Alberto Contador è decisamente il numero 1.
Matteo Novarini