BATTI UN CINQUE – 1964, IL QUINTO TOUR DI ANQUETIL
L’ultimo Tour di Anquetil è il più sofferto per il campione normanno. A cronometro non eccelle più come in passato, in salita viene staccato da Poulidor e i suoi eccessi cominciano a presentargli il conto. Intanto tra i dilettanti comincia a sgomitare un certo Gimondi.
Una doppietta tira l’altra… e si deve sbrigare!
Chiuso il conto con la Vuelta ora Anquetil vuole anche la doppietta con il Giro e la desidera forse ancora più ardentemente perché sa che gli anni stanno passando e non avrà poi molte altre occasioni di metterla in cascina. Si sta accorgendo anche lui che non rende più come un tempo a cronometro e in salita fatica a staccare gli avversari, forse a causa degli eccessi di una vita vissuta al massimo. Non ci sono solo le sue stravaganze nella vita affettiva, che non staremo a rivangare in quest’articolo e che sono degne più un giornale scandalistico che di un magazine sportivo (roba, comunque, che fa impallidire la storia della peccaminosa liaison tra Coppi e la Dama Bianca, che al confronto sembra un racconto da educande). Anquetil è un tipo che non si tira indietro nemmeno a tavola e in questa edizione del Tour rischierà di compremettere le sue possibilità di vittoria per colpa di una “ciucca” di sangria, anche se è solo una leggenda la storiella che aleggiava in quel tempo in gruppo, secondo la quale il francese viaggiava con champagne nella borraccia. A sfatarla sarà Vittorio Adorni, il quale un giorno si avvicinò a Jacques e, accampando la scusa della fine della sua acqua, gli chiese un sorso dalla sua borraccia: conteneva semplicemente tè, non zuccherato affinchè la dolcezza della bevanda non lo invogliasse a bere con troppa frequenza.
Al Giro si rivede il solito Anquetil che, seppur meno potente di un tempo, risolve la gara a suo favore già alla quinta tappa, la lunga crono di Busseto nella quale distanzia di 1’23” Ercole Baldini e di 1’48” Adorni, prendendosi sulle spalle quella maglia rosa che porterà fino a Milano, resistendo al tremendo tappone dolomitico di Pedavena (quasi 300 forature complessive sul Croce d’Aune) e poi alla riedizione della mitica Cuneo-Pinerolo e vincendo la Corsa Rosa con 1’22” su Italo Zilioli e 1’31” su Guido De Rosso, il corridore vicentino che tre anni prima si era imposto nella prima edizione del Tour de l’Avenir, corsa che nel 1964 tornerà a essere conquistata da un italiano.
L’Anquetil che scenderà sulle strade del Tour, invece, sarà meno incisivo e lo testimoniano sia l’entità dei distacchi che affliggerà a cronometro, sia quello in classifica che lo separerà dal corridore arrivato secondo, il più basso tra i suoi cinque Tour: 55 secondi appena, un abisso rispetto al quarto d’ora di ritardo che era stato accusato dal belga Marcel Janssens nel 1957, quando Anquetil si era imposto per la prima volta nella Grande Boucle. Gli avversari del francese sono i soliti noti perché saranno gli stessi che l’avevano fatto penare al Tour dell’anno prima, il suo connazionale Raymond Poulidor, che sarà quello che più gli arriverà vicino, e l’intramontabile Federico Bahamontes, il cui fisico non si vuole arrendere al tempo che passa – ha già 36 anni – e che gli consentirà ancora di salire sul podio, l’ultimo della sua carriera che terminerà l’anno successivo. Altri corridori in grado di competere con questo trittico non se ne vedono, anche se alla partenza si nutrono speranze sulla pattuglia italiana, forte di corridori di pregio: nella Salvarani diretta da Luciano Pezzi sono, infatti, schierati due passati vincitori del Giro (Baldini e Arnaldo Pambianco), un futuro vincitore della Corsa Rosa (Adorni) e l’imprevedibile Vito Taccone, la cui presenza al Tour – l’unico della sua carriera – si farà soprattutto ricordare per la lite in corsa con lo spagnolo Fernando Manzaneque e per le accuse che gli saranno rivolte da altri ciclisti, che gli rimprovereranno d’esser stato la causa delle cadute che nei primi giorni di corsa avevano “movimentato” gli arrivi in volata.
Si parte quell’anno da Rennes con una prima frazione di 215 Km che ha il traguardo fissato a Lisieux, dove si assiste a un epilogo esattamente opposto a quello della tappa che aveva aperto il Tour l’anno precedente. In quell’occasione Poulidor e Bahamontes erano riusciti a distanziare di quasi un minuto e mezzo Anquetil, mentre stavolta accade il contrario a causa di una caduta a 3 Km dal traguardo che spezza il gruppo in due tronconi, all’arrivo separati da venti secondi: nel secondo ci sono i due rivali del transalpino, che riesce a terminare nella prima parte del gruppo assieme ad altri 37 corridori, tra i quali ci sono Adorni, Taccone, lo spagnolo José Pérez Francés (l’anno precedente terzo in classifica), il britannico Tom Simpson e il belga Edward Sels, che s’impone allo sprint conquistando la prima maglia gialla.
Non si assistono a cadute l’indomani, quando il gruppo si presenta in assetto quasi del tutto compatto sul traguardo di Amiens, dove solo quattro corridori su 131 giungono distanziati e dove va in scena un’entusiasmante volata che solo il fotofinish riesce a “sbrogliare”, assegnando la vittoria al francese André Darrigade, che ha la meglio per questione di millimetri sull’olandese Jan Janssen e su Taccone e riesce a raggiungere al vertice della classifica Sels, il quale mantiene la maglia gialla in virtù dei migliori piazzamenti nei primi due giorni di gara.
Il giorno successivo è in programma il primo appuntamento di una certa consistenza, una cronometro a squadre di 21 Km che si disputa sul circuito della cittadina belga di Forest, dove lo stesso giorno termina una prima semitappa che si conclude con il successo del corridore di casa Bernard Van De Kerckhove, il cui arrivo precede di una ventina di secondi quello del gruppo con la maglia gialla Sels, al quale riesce a levare le insegne del primato. Le manterrà anche dopo la crono pomeridiana, vinta dalla formazione basca KAS-Kaskol che precede di 8” la Pelforth e di 21” la Wiel’s, mentre tra le formazioni dei “vip” la Ferrys di Pérez Francés, 5a a 1’17”, distanzia di 8” la Mercier di Poulidor, di 26” la Saint-Raphaël di Anquetil, di 1’24” la Salvarani e di ben 2’32” la Margnat di Bahamontes. In classifica Pérez Francés è così il primo dei corridori che contano, con sette secondi di vantaggio sugli italiani Adorni e Taccone, dieci su Anquetil, sedici su Poulidor e 1’12” su Bahamontes.
Si rientra in Francia con l’interminabile tappa di Metz, lunga quasi come la Milano-Sanremo (291 Km) e terminata allo sprint con la vittoria del tedesco Rudi Altig, poi la corsa torna nuovamente a sconfinare. L’arrivo è in terra di Germania, dove Altig non riesce a ripetersi sulle sue strade dopo esser stati tra i protagonisti della fuga di giornata, giunta al traguardo di Friburgo in Brisgovia con quattro minuti di vantaggio sul gruppo. La delusione per il secondo posto, regolato allo sprint dal belga Willy Derboven, viene mitigata dalla conquista della maglia gialla, vestita con 1’08” sul francese Georges Groussard, uno dei cinque corridori inseritisi nel tentativo, tra i quali c’è anche suo fratello maggiore Joseph.
Tornato in patria con la tappa di Besançon, vinta con una sparata nel finale dall’olandese Henk Nijdam, il Tour propone alla vigilia delle Alpi una frazione di media montagna caratterizzata da due salite abbastanza pedalabili, Septmoncel e la Faucille, da superare entro i primi 90 Km e a 100 Km dal traguardo. L’arrivo è fissato a Thonon-les-Bains, dove in una frazione molto simile nel 1957 Anquetil era stato autore di un colpo che gli aveva permesso di guadagnare parecchi minuti sugli avversari e in particolare ben 11 su Nencini. Dev’essere questo un tracciato particolarmente stimolante perché pure nel 1964 vede nascere un tentativo a sorpresa, nel quale a essere sorpreso è lo stesso Anquetil: succede tutto in un tratto di falsopiano a una trentina di chilometri dall’arrivo, quando Poulidor è lesto a inserirsi in un gruppetto di quindici attaccanti, tra i quali c’è Pambianco, che riesce a stringere i denti fino al traguardo, dove i secondi guadagnati su Anquetil sono 34”, a cogliere la vittoria è Jan Janssen e ben quattordici sono i corridori mandati fuori tempo massimo da questa velocissima frazione, tra i quali il bolognese Romano Piancastelli.
La fase alpina è quest’anno costituita da due lunghe frazioni, entrambe consistenti nel chilometraggio e caratterizzate dall’arrivo in discesa. Il primo giorno sono in programma quasi 250 Km che prevedono nel finale l’inevitabile accoppiata Télégraphe-Galibier e che dimostrano come Bahamontes sia ancora un avversario temibile per Anquetil, nonostante sia alle porte il suo trentaseiesimo compleanno, traguardo che taglierà dieci giorni più tardi. Intanto transita per primo su quello di Briançon, dove si presenta con 1’32” di vantaggio su Poulidor dopo esser andato all’attacco già sul Télégraphe ed essersi presentato in vetta al Galibier con quasi 4 minuti su “Poupou” e Anquetil, con quest’ultimo che all’arrivo che cede 17 secondi al connazionale a causa di una foratura mentre la maglia gialla passa dalle spalle di Altig e quelle di Groussard. La tappa è, invece, fatale per gli italiani che erano partiti da Rennes con la volontà di fare bene: il primo all’arrivo è Pambianco, 27° con quasi nove minuti di ritardo, e ancor più accusano Adorni e soprattutto Taccone, che perde quasi un quarto d’ora.
La tappa successiva è più breve di una decina di chilometri e, dopo esser saliti su Vars e Bonette (tetto del Tour, 2802 metri di quota) e su un paio di colli dell’entroterra della Costa Azzurra nel finale, ha in serbo l’arrivo sulla pista dello stadio Louis II di Monaco, dove si devono percorrere due giri del brevissimo anello. Ma Poulidor non ha letto con attenzione le carte o forse s’è dimenticato di questo particolare e, convinto che ci sia una sola tornata da compiere (come solitamente capitava negli arrivi di questo genere), si spreme nel precedere allo sprint Anquetil e gli altri 22 corridori che si sono presentati per primi nello stadio monegasco, accorgendosi subito dopo che la tappa non è ancora conclusa. Consumate le energie in questo tentativo, non ne ha più per competere, pochi secondi più tardi, nella volata che conta e che vede Anquetil precedere Simpson e intascare i preziosi secondi d’abbuono riservati al vincitore. Dopo la disfatta del giorno prima stavolta gli italiani sono andati meglio perché nel gruppo di testa hanno concluso Adorni, Pambianco e il romagnolo Battista Babini, mentre ha pagato ancora Taccone, giunto al traguardo quasi 18 minuti dopo l’arrivo dei primi. Intanto, giunti all’altro capo della catena alpina Groussard continua a mantenere la maglia gialla con 3’35” su Bahamontes, il quale precede di 32” Poulidor e di 47” Anquetil, mentre per incontrare il primo italiano bisogna scendere fino alla diciannovesima posizione di Adorni, che si trova a 12’33” dal capoclassifica.
In un Tour avaro di buone notizie per l’Italia le liete novelle arrivano dal Tour de l’Avenir, che scatta il giorno successivo con Felice Gimondi, capitano della nazionale azzurra, che s’impone a sorpesa nella tappa d’apertura di Tolone, nella quale ha tirato la volata al veronese Pietro Campagnari, il quale all’ultimo momento ha perso le ruote del bergamasco. Poche ore più tardi sul medesimo traguardo termina la prima delle tre cronometro individuali previste dal Tour dei “grandi”, che si risolve nuovamente in una sfida tra i due corridori francesi più amati, con Poulidor che riesce addirittura a viaggiare quasi sui tempi di Anquetil nella prima parte del tracciato, arrivando ad accusare appena 5 secondi di ritardo al rilevamento posto dopo 10 Km, a metà tappa. Poi Jacques ingrana la marcia e riesce a distanziare l’avversario di 36”, mentre anche Altig conclude con un passivo di poco inferiore al minuto. Assente Baldini, che al Giro era stato il corridore arrivato più vicino al francese nella crono di Parma e che si è ritirato da diversi giorni, il migliore dei nostri è Adorni, 5° a 1’31”. Come al solito soffre in prove del genere Bahamontes, 14° a 2’20”, e parecchio tempo perde la maglia gialla Georges Groussard, che riesce comunque a rimanere al comando della corsa per 1’11”.
La notizia del giorno, soprattutto sui quotidiani italiani, è un’altra, oltre a quella della vittoria di Gimondi tra i “puri”. È nella semitappa mattutina verso Hyères, vinta dall’olandese Janssen, che accade lo storico episodio della zuffa tra Taccone e Manzaneque, che costerà ai due una multa di 65 mila lire (700 euro odierne). A iniziarla è lo spagnolo, che ce l’ha con l’abruzzese perché non lo sta aiutando nel tirare il gruppo, dopo che questo si è spezzato in due tronconi in zona rifornimento e loro due sono rimasti nella seconda parte. Manzaneque vuole ricucire lo strappo perché dietro è rimasto anche Pérez Francés, Vito non ne vuole sapere perché nella prima parte del gruppo c’è il suo compagno di squadra Adorni e così lo spagnolo lo insulta e arriva a mettergli le mani addosso strattonandolo. Nonostante il suo carattere notoriamente rissoso Vito non reagisce e preferisce recarsi all’auto del direttore del Tour Jacques Goddet per lamentare l’accaduto, ma appena rientra in gruppo Manzaneque gli si avvicina per strattonarlo di nuovo, provocando la caduta di entrambi. Poi ci riprova una terza e una quarta volta, arrivando addirittura a brandire la bici come una clava: è a questo punto che scatta l’ira di Taccone, che colpisce lo spagnolo con un pugno, dando il via a un vero e proprio incontro di pugilato, viene fermato solo dall’intervento di Goddet che riesce a separarli a colpi di pompa di bicicletta. E in serata arriverà una seconda multa per Manzaneque, della medesima entità, reo di aver insultato un giudice di gara alla partenza da Monaco.
Inizia intanto il trasferimento verso le frazioni pirenaiche, che non è certo una passeggiata perché è lunga ben 250 Km la tappa che termina a Montpellier dove il belga Sels s’impone allo sprint in una giornata che si fa ricordare quasi esclusivamente per una caduta di massa che ha coinvolto una trentina di corridori a una sessantina di chilometri dall’arrivo (tra questi c’è Taccone) e per una lite all’arrivo tra Bahamontes e Goddet, con lo spagnolo che minaccia addirittura di abbandonare il Tour se Anquetil si farà ancora aiutare dalle scie delle moto per andare all’attacco. Dura sole ventiquattrore, intanto, la permanenza di Gimondi al vertice della classifica del Tour de l’Avenir poichè viene scalzato per sei secondi dallo spagnolo Ginés García Perán al traguardo di Montpellier, dove a imporsi è un corridore che corre nella nazionale olandese pur essendo lussemburghese: è Johny Schleck, futuro papà dei fratelli Fränk e Andy (vincitore del Tour del 2010).
Continua il momentaccio per Taccone, che era stato più volte accusato dagli altri corridori di aver innescato cadute in occasione degli arrivi in volata a causa dei suoi attacchi scomposti. Stavolta è lui a cadere a soli 400 metri dal traguardo di Perpignano, sul quale s’impone con un leggero margine di vantaggio l’olandese Jo de Roo, e il capitombolo è di quelli che fanno male, sia alla sua bicicletta (entrambe le ruote spezzate, che è costretto a far cambiare prima di percorrere il tratto finale del rettilineo d’arrivo), sia a lui stesso, perché ha picchiato la testa e dopo aver tagliato il traguardo comincia ad avvertire nausea e senso di stordimento che consiglieranno l’immediato ricovero in ospedale, dove non gli vengono riscontrati danni e gli viene consentito di riprendere la corsa, anche se si ritirerà poco dopo aver preso il via nella frazione successiva. Per le buone novelle ci si deve ancora una volta appigliare al Tour de l’Avenir, dove arriva la vittoria del veronese Luciano Dalla Bona mentre, per la terza volta in tre giorni, la maglia gialla cambia proprietario e passa sulle spalle del polacco Józef Beker, con Gimondi terzo in classifica a 50” dal primato.
I Pirenei debuttano con una novità assoluta perché finora nemmeno la Vuelta aveva proposto un traguardo nel Principato d’Andorra, dove la tredicesima tappa si conclude sulle strade della capitale del piccolo stato incastonato nel mezzo delle montagne dopo esser saliti sino ai 2407 metri del Port d’Envalira. La primizia lascia però con l’amaro in bocca gli appassionati perché la tappa si svolge priva di particolari sussulti agonistici, se non quello provocato dalla tremenda caduta del belga Armand Desmet nella discesa dal Col de Puymorens, costretto con il resto del gruppo ad allargare per evitare una moto ferma a bordo strada. Alcuni corridori si ritrovano con il transitare con la bici sul brecciolino a bordo strada, perdendo l’aderenza del mezzo e innescando una caduta di una ventina di corridori e tra questi c’è lo sfortunato belga che subisce le conseguenze peggiori andando a impattare violentemente contro la moto e riportando un grosso e sanguinante squarcio sul volto. Nel frattempo in testa alla corsa si era portato lo spagnolo Julio Jiménez che, dopo aver scollinato in testa tutti e tre i GPM di giornata, riusciva a presentarsi solitario al traguardo di Andorra con quasi nove minuti di vantaggio sul primo gruppo inseguitore, regolato dal campione del mondo in carica Benoni Beheyt e nel quale ci sono anche Poulidor e Anquetil, mentre Bahamontes ha perso leggermente le ruote nel velocissimo finale in discesa, ma ha contenuto il ritardo in soli sette secondi. All’Avenir, invece, la vittoria viene stavolta sfiorata dall’Italia con il secondo posto del romano Adriano Massi, anticipato di un amen dal polacco Józef Gawliczek nella tappa che vede lo spagnolo García Perán tornare in possesso della maglia gialla.
Andorra ospita anche l’unica giornata di riposo prevista in questa edizione, mentre non si fermano i dilettanti che affrontano a questo punto una cronometro disegnata tra Tarascon-sur-Ariège e Foix, 36 Km al termine dei quali Gimondi fa registrare il secondo miglior tempo, di appena due secondi inferiore a quello del francese Désiré Letort, portandosi al secondo posto della classifica con 24” di ritardo dallo spagnolo in maglia gialla. I “grandi”, invece, si rilassano e chi ne approfitta più di tutti è Anquetil, che annulla una sessione di allenamento e accetta l’invito a un barbecue “vip” – tra i presenti c’è la nota cantante italo-francese Dalida – dove viene visto servirsi di abbondanti bicchieri di sangria (gli organizzatori dell’evento si erano equipaggiati con ben 200 litri del celebre vino spagnolo). Sono noti i suoi eccessi a tavola e così la cosa viene riferita a Poulidor, invitandolo all’attacco il giorno dopo, quando in partenza è nuovamente presente la salita dell’Envalira. E poi riprende a serpeggiare in gruppo la voce di una profezia che un veggente, tale Belline, aveva rilasciato al quotidiano France-Soir prima della partenza del Tour, secondo la quale Anquetil sarebbe morto durante il quattordicesimo giorno del Tour: tale giorno coincide proprio con il riposo ed è forse per questo motivo che il corridore francese, notoriamente superstizioso (la mogle Janine aveva tentato inutilmente di tenergli nascosto quel giornale) aveva preferito annullare l’allenamento e dirigersi alla festa.
L’indomani mattina anche Raymond si accorge di qualcosa di strano perché Anquetil si presenta al raduno di partenza con il volto pallido e indossando un paio di occhiali da sole, accessorio quasi certamente necessario per celare alla vista gli occhi ancora segnati dalla sbornia. Sarà vera la notizia che gli hanno comunicato? Nel dubbio va subito all’attacco, dopo appena 3 Km dal via, e in effetti coglie l’avversario in sofferenza e sempre più pallido in volto, un pallore accresciuto dalla nebbia che ammanta la cima dell’Envalira. In vetta Jacques arriva ad accusare 4 minuti da Bahamontes e Poulidor e per molti questa è una sentenza definitiva sul Tour del transalpino, che invece risorge nella successiva discesa, affrontata con un misto di follia che lo porta a osare eccessivamente in tornanti quasi totalmente mascherati dalla nebbia. L’inseguimento al gruppo di testa dura quasi 120 Km e si conclude favorevolmente per Anquetil che al traguardo di Tolosa, dove per la terza volta s’impone Sels, si ritrova addirittura a guadagnare quasi due minuti e mezzo su Poulidor, ghermito due volte dalla sfortuna nel giro di poche centinaia di metri, prima costretto a cambiare bici dopo che gli si era scentrata una ruota e immediatamente dopo ruzzolato a terra al momento della ripartenza, a causa della spinta troppo potente ricevuta dal meccanico della sua squadra. Mentre si attendeva l’epilogo di questo appassionante frazione giungeva a termine la sesta frazione dell’Avenir, conquistata allo sprint dallo spagnolo Juan José Sagarduy sul belga Roger Swerts (futuro gregario di Merckx) e sul romagnolo Luciano Sambi.
È un “Poupou” decisamente infuriato quello che l’indomani si agginge ad affrontare il tappone che arriva a Luchon. Un po’ c’è l’ha con la malasorte, un pochino anche con il meccanico che il giorno prima l’aveva scaraventato a terra e sfoga la sua rabbia attaccando a 20 km dall’arrivo sulla salita del Portillon. Il suo è un attacco talmente deciso che va a riprendere tutti i corridori che in quel momento si trovano in testa alla corsa, mentre nessun altro riesce a rimanere aggrappato alle sue ruote e tutto solo si presenta al traguardo, dove riesce ad annullare totalmente il tempo perduto il giorno precedente: Anquetil perde, infatti, 1’43” ai quali va sommato il minuto d’abbuono riservato al vincitore e che consente a Poulidor di ritornare al terzo posto della classifica, che vede ancora al vertice il resistente francese Groussard. Tra i dilettanti, invece, concede il bis lo spagnolo Sagarduy in una frazione che vede Gimondi piazzarsi al quarto posto conservando i 24 secondi di ritardo che ha dalla maglia gialla.
La lotta per la vittoria finale stavolta è aperta come mai era accaduto durante i Tour di Anquetil. Alla vigilia dell’ultimo tappone pirenaico appena nove secondi separano Anquetil da Poulidor e nella sfida sta per rientrare Bahamontes, che alla partenza da Luchon ha due minuti di ritardo da “Jacquot”, gap che l’Aquila di Toledo riesce completamente a colmare nel viaggio verso Pau, che prevede di salire su Peyresourde, Aspin, Tourmalet e Aubisque. Il corridore spagnolo è già all’attacco sin dal primo colle, in compagnia del connazionale Jiménez al quale concede il transito in testa sulle prime tre ascese per poi rimanare solo al comando sull’Aubisque. Proprio in vetta a quest’ultimo fa registrare il vantaggio massimo sul gruppetto nel quale ci sono Anquetil, Poulidor e ancora Groussard, poi i quasi sei minuti e mezzo guadagnati si assottigliano, complici la mancanza di salite negli ultimi 60 Km e la stanchezza che comincia a fiaccarlo, fino ai quasi due minuti con i quali taglia il traguardo di Pau, che con l’abbuono gli permettono di scavalcare Anquetil in classifica e di avvicinarsi notevolmente a Groussard. Trentacinque, infatti, sono i secondi che lo distanziano dalla maglia gialla mentre cinquantuno sono quelli che Anquetil ha da recuperare allo spagnolo, ancora separato da Poulidor da nove secondi. A completare la trionfare giornata per i corridori spagnoli è la vittoria di Ventura Díaz nell’ultima frazione pirenaica del Tour de l’Avenir, nella quale Gimondi riesce a guadagnare 15 secondi sulla maglia gialla portandosi a soli nove secondi dal capoclassifica.
Ora è il turno dei futuri professionisti di riposare mentre va in scena la seconda crono del Tour dei “pro”, che, numeri alla mano, si rivela una fotocopia della precedente gara contro il tempo. Come otto giorni prima Anquetil e Poulidor sono separati da pochissimi secondi ai primi intermedi – sette sia al rilevamento del decimo chilometro, sia a quello successivo del Km 21 – poi al traguardo di Bayonne diventano trentasette, un secondo in più rispetto al distacco che Jacques aveva dato a Raymond a Tolone. La similitudine con l’altra crono non finisce qua perché anche in quest’occasione il terzo è Altig, ancora sotto il minuto di ritardo, mentre soffrono parecchio sia Bahamontes, sia Groussard: il primo forse patisce gli sforzi fatti per imporsi il giorno prima e termina a 4 minuti da Anquetil, la maglia gialla va ancora peggio, ne perde quasi sei e deve dare all’addio al prestigioso indumento che indossa da una decina di giorni. Anquetil tira un mezzo sospiro di sollievo perché finalmente è riuscito a vestirsi di giallo, ma il suo regno è ancora traballante per via degli appena 56” che lo separano da Poulidor, il quale certamente troverà ancora la maniera di cercare di mettere in difficoltà l’avversario essendo previsto tra un paio di giorni un arrivo in salita, l’unico inserito nel percorso di questa edizione del Tour.
In attesa di quest’appuntamento, che Anquetil teme con non mai in passato, si devono disputare due tappe di trasferimento che vengono conquistate da Darrigade a Bordeaux e da Sels a Brive-la-Gaillarde e anche all’Avenir si assistono a due giornate simili, vinte dal francese Christian Raymond e dal belga Swerts. Quella di Brive è, però, una tappa tragica che passerà alla storia per il peggior incidente mortale avvenuto sulle strade del Tour, avvenuto in località Port-de-Couze quando un camion cisterna che trasporta cherosene sbanda finendo in mezzo alla folla che festosa attende il passaggio del gruppo, provocando tredici feriti e nove morti, tra i quali tre bambini.
I fari sono ora tutti puntati sullo storico arrivo in salita al Puy de Dôme, il vulcano spento del Massiccio Centrale che “riaccende” un Tour che mai si è spento e che oggi vede Anquetil staccato in salita, anche se la frazione in parte si rivela deludente perché Poulidor ha aspetto solo l’ultimo chilometro per attaccare il rivale e avrebbe potuto staccarlo maggiormente e magari portargli via la maglia gialla se si fosse mosso prima. L’attacco gli consente di recuperare 42 secondi e di portare il suo ritardo in classifica a 14”, mentre molto prima erano scattati Jiménez e Bahamontes, con il primo che s’impone in cima al mitico Puy e il secondo che recupera due minuti a Jacquot, confermando la sua terza posizione in classifica a 1’33” da Jacques. La salita finale viene risparmiata ai dilettanti ma, nonostante questo, la tappa con arrivo nella sottostante Clermont-Ferrand rischia di cambiare i connotati alla classifica dell’Avenirr a causa della lunga fuga del francese Lucien Aimar, che guadagna fino a più di 4 minuti e li conserva fino al traguardo, dove viene raggiunto proprio all’ultimo chilometro dal belga Joseph Spruyt, che lo stacca a sua volta precedendolo di 40 secondi: l’impresa consente al francese di portarsi a ridosso dei primi due corridori della classifica, ancora comandata da García Perán con 9” su Gimondi, mentre Aimar si colloca al terzo posto della graduatoria con 51” di ritardo.
Alla vigilia dell’epilogo parigino si arriva ad Orléans, dove l’Italia incassa un doppio secondo piazzamento con il romagnolo Babini e il veronese Claudio Michelotto, il primo preceduto dal francese Jean Stablinski nella tappa dei professionisti e il secondo che si deve inchinare in volata al polacco Jan Kudra nella frazione dell’Avenir.
L’ultimo giorno sono previste due semitappe, la prima delle quali termina a Versailles con l’affermazione di Beheyt mentre, nelle stesse ore, si sta concludendo al parigino Parco dei Principi la quarta edizione del Tour de l’Avenir con una frazione di 129 Km priva di difficoltà altimetriche che non dovrebbe provocare mutamenti in classifica. Invece succede l’imprevedibile sull’unica microscopica salitella che il percorso prevede a una ventina di chilometri dal traguardo, quando scatta improvvisamente Aimar, esibendosi in un’azione alla quale riesce ad accordarsi Gimondi, ma non il capoclassifica García Perán. I due viaggiano di comune accordo, vanno ad accodarsi al gruppetto in quel momento in fuga e con loro giungono al traguardo, dove s’impone l’olandese Gerben Karstens e al quale l’oramai ex maglia gialla giunge con più di due minuti di ritardo.
Mentre gli italiani si godono il successo di Gimondi all’Avenir, vinto con 42” su Aimar e 2’17” García Perán, anche il Tour dei professionisti vede svolgersi una frazione che s’annuncia decisiva, anche se non ci saranno sorprese lungo i 27 Km chilometri che da Versailles conducono a Parigi. Anquetil è sempre il naturale favorito di queste prove e, pur senza riuscire a scavare anche in quest’occasione grossi distacchi nei confronti dei rivali che più gli arrivano vicini, anche nell’ultima crono è suo il tempo migliore. Ancora Poulidor e Altig sono i corridori che più lo insidiano, stavolta a ruoli invertiti rispetto alle precedenti due tappe contro il tempo perché è il tedesco a classificarsi secondo, per appena 15 secondi, mentre “Poupou” ne perde 21.
Il quinto e ultimo Tour targato Anquetil finisce così, con il francese che s’impone con 55” su Poulidor e 4’44” su Bahamontes. Pur non mancando altre grandi affermazioni nei rimanenti cinque anni di carriera (il Delfinato, la Bordeaux-Parigi, due Parigi-Nizza, la Liegi, il Catalogna, il Paesi Baschi) non riuscirà più ad imporsi in nessuna grande corsa a tappe di tre settimane, riuscendo al massimo a collezionare due terzi posti ai Giri del 1966 e del 1967 e concludendo con un ritiro l’unico Tour (1966) al quale prenderà parte dopo quello del 1964. Riuscirà a battere nuovamente il record dell’ora, dopo il primato conseguito nel 1956 strappando il titolo a Fausto Coppi, ma i 47,493 Km che percorrerà il 27 settembre del 1967 migliorando di 146 metri la prestazione del suo connazionale Roger Rivière, non figurano su nessun albo d’oro non essendo mai stati omologati dall’UCI per il suo rifiuto di sottoporsi all’esame antidoping. Non li hai mai accettati quei controlli che diventarono pratiche comuni dopo la tragica morte di Simpson al Tour del 1965, forse perché tra gli eccessi che ne minarono la potenza ci fu l’utilizzo di quei prodotti. Ebbe a dire stizzito “Che qualcuno mi spieghi prima dove finisce la medicina e dove inizia il doping!”, negli anni ammetterà di aver fatto uso di cortisone e forse furono quegli abusi a causargli il tumore allo stomaco che lo porterà alla tomba il 18 novembre del 1987, un paio di mesi prima del suo cinquantaquattresimo compleanno.
Mauro Facoltosi
NOTA AI LETTORI
All’inizio della serie degli articoli sulle cinquine al Tour vi avevamo annunciato anche tre articoli sui Tour vinti da Gastone Nencini, Felice Gimondi e Marco Pantani. Non siamo riusciti a completarli in tempo e quindi abbiamo deciso di rimandarne la pubblicazione a dopo novembre, dopo la fine della stagione di corse.
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