BATTI UN CINQUE – 1963, IL QUARTO TOUR DI ANQUETIL
Vuelta e Tour nello stesso anno è un’impresa che fino al 1963 non era riuscita a nessuno. L’anno buono per la doppietta doveva essere quello precedente, ma Altig s’era rivelato una spina del fianco del suo capitano, nonché un corridore inaspettatamente resistente in salita. Così il transalpino rimanda alla stagione successiva l’ambizioso progetto, che riesce a portare felicemente in porto: in Spagna dominerà come suo solito a cronometro, ma in Francia dovrà faticare non poco e alla vigilia dell’ultima crono si troverà ad avere soli 28 secondi di vantaggio sull’immarcescibile Bahamontes.
Monsieur Anquetil s’è ingolosito (ed è pure un po’ incazzato, come i francesi della celebre “Bartali” di Paolo Conte).
Non gli basta un record, ne vuole due per la stagione 1963 e tutti e due inediti. Punta alla vittoria nel quarto Tour ma cerca anche la doppietta e non ambisce a quella con il Giro d’Italia, che finora è già stata conquistata dal solo Fausto Coppi. Perché Tour e Vuelta nello stesso anno non li ha mai vinti nessuno e poi lui ha un conto aperto con la corsa spagnola, che aveva affrontato anche l’anno prima, ma si era trovato a fare i conti un inatteso avversario, il suo compagno di squadra Rudi Altig, che aveva il compito di puntare alle vittorie di tappa. Invece quest’ultimo aveva resistito sulle salite e lo aveva addirittura battuto, e per un solo secondo, nella lunga cronometro di San Sebastián del penultimo giorno, terminata la quale Jacques si ritrovava ad avere un ritardo di quasi 5 minuti in classifica generale, un’onta che aveva spinto il francese a ritirarsi dalla corsa iberica nonostante sia comunque secondo in graduatoria e manchi solo una tappa alla conclusione. Così dodici mesi più tardi torna in Spagna e, assente Altig, fa sua la Vuelta dominandola fin dall’inizio perché quell’anno gli organizzatori hanno piazzato una crono di ben 52 Km al primo giorno di gara, tappa che Anquetil vince staccando di 2’40” il secondo arrivato, l’italiano Aldo Moser, per poi imporsi nella classifica finale con 3’06” sullo spagnolo José Martín Colmenarejo dopo esser stato battuto per 26” nella crono di Barcellona. È la riprova di come, nonostante la classe sia sempre la stessa, Anquetil non riesca più a dare il massimo a crono e a imprimere grandi distacchi e la conferma arriverà anche dal Tour, che da qualche stagione sta vincendo con vantaggi in progressiva caduta libera.
Forte del successo alla Vuelta, Anquetil si presenta al via della corsa francese rivestendo ancora il ruolo di favorito numero uno, ma anche di numero due, tre e quattro. A parte il connazionale Raymond Poulidor, gli avversari del transalpino, stavolta, non sembrano offrire particolare garanzie: lo spagnolo Federico Bahamontes compirà 35 anni proprio nei giorni del Tour, Charly Gaul ha oramai ben poco da dare e concluderà il suo ultimo Tour con un ritiro nel tappone alpino di Val-d’Isère, Jozef Planckaert l’anno prima era riuscito a rimanere agganciato ad Anquetil sulle salite, ma poi era stato spazzato via come un fuscello dal francese nell’ultima crono. Anche l’Italia si schiera al Tour con le sue principali armi spuntate perché entrambi i corridori più quotati al via non stanno attraversando un buon periodo di forma: Guido Carlesi è sotto antibiotici mentre Franco Balmamion, reduce dalla sua seconda vittoria consecutiva al Giro d’Italia, ha problemi alla gola. Per entrambi arriverà il momento del ritiro e, alla fine, il miglior dei nostri sarà un corridore sconosciuto ai più, lo spezzino Renzo Fontona, che riuscirà ad agguantare un insperato settimo posto in classifica a quindici minuti da Anquetil. Nel 1963 saranno gli spagnoli a rendere dura la vita a “Jacquot” perché i corridori che gli giungeranno più vicini saranno il vecchio Bahamontes e il più giovane José Pérez Francés, avversario che Jacques già conosce perché qualche settimana prima si è piazzato secondo al Delfinato (vinto proprio dal francese) e ora si accinge a disputare il Tour con la maglia di campione nazionale sulle spalle.
Dopo 13 anni di partenze lontano da “casa” il Tour torna a scattare da Parigi per festeggiare la sua cinquantesima edizione e brinda a champagne perché l’arrivo della prima tappa è fissato 152 Km più avanti tra i vigneti di Épernay, dove di certo non ha nulla da brindare Anquetil. Il suo Tour è iniziato con l’affanno, prima per colpa di una caduta, poi per l’inseguimento a due fughe nelle quali si sono infilati uomini pericolosi: se il tentativo con Poulidor e Rik Van Looy viene rintuzzato, ciò non accade con quello successivo che ha tra i protagonisti Bahamontes e che riesce ad andare fino al traguardo, al quale s’impone il belga Eddy Pauwels mentre Anquetil già si ritrova un passivo di un minuto e mezzo da recuperare allo spagnolo.
Il giorno successivo il tracciato offre ad Anquetil una prima occasione per ridurre lo svantaggio patito nella prima frazione. Dopo una semitappa vinta allo sprint da Rik Van Looy a Jambes, nella quale Carlesi e Gaul accusano cinque minuti di ritardo, sulle strade della stessa cittadina belga, alle porte di Namur, si disputa una cronosquadre di 22 Km che consente al francese di recuperare, però, appena nove secondi allo spagnolo. La prova collettiva, vinta dal team francese Pelforth, vede solo Planckaert guadagnare tempo su Anquetil (e comunque soli 16 secondi), mentre Poulidor ne perde 15 e Pérez Francés lascia per strada poco più di un minuto. La prova non intacca il primato di Pauwels, che continua a comandare la classifica con 30” sul connazionale Edgar Sorgeloos e 39” sul britannico Alan Ramsbottom, entrambi protagonisti della fuga del primo giorno.
L’indomani si rientra in Francia con una frazione dal profilo pianeggiante ma resa indisiosa dal pavè e dal maltempo, sotto il quale Balmamion, in quel momento miglior italiano della classifica a 3’34” da Pauwels, è vittima di una rovinosa caduta causata dallo scollamento del tubolare, in conseguenza di una foratura. Mentre il corridore piemontese lascia il Tour a bordo di un’ambulanza (all’ospedale non gli saranno riscontrate fratture ma gli saranno applicati nove punti di sutura alla fronte), la tappa prosegue e vede dieci corridori riuscire a prendere il largo e accumulare un importante vantaggio sul gruppo maglia gialla, che al traguardo di Roubaix si presenta quasi nove minuti dopo l’arrivo solitario dell’irlandese Seamus Elliott, evaso dal plotoncino in fuga a 7 Km dall’arrivo. È inevitabile il cambio al vertice della classifica, che ora vede proprio l’irlandese in maglia gialla con 1’14” sul francese Henry Anglade e 1’30” sul belga Guillaume Van Tongerloo.
Il giorno successivo è previsto l’arrivo a casa di Anquetil e qualcuno pensa che il normanno potrebbe ritentare l’azione a sorpresa che nel 1957, al suo primo Tour, gli aveva consentito di imporsi nella frazione che terminava nella sua Rouen. Stavolta, consapevole anche degli anni che passano e desideroso di non sprecare per ora inutili energie, preferisce attendere la crono in programma un paio di giorni più tardi e ne viene fuori una tappa sonnolenta e priva di grandi emozioni. Il gruppo si presenta così quasi totalmente compatto sul Boulevard de la Marne, dopo che Antonio Bailetti ha tentato inutilmente la fuga – guadagnandosi almeno il titolo di più combattivo di giornata – e con qualche secondo di ritardo rispetto ai primi tre uomini che hanno tagliato la linea d’arrivo, i belgi Frans Melckenbeeck, Willy Derboven e Van Looy.
Protagonista sfortunato il giorno prima, Bailetti ci riprova ventiquattrore più tardi nella tappa più lunga di questa edizione e stavolta ottiene il bottino sperato perché è proprio il corridore vicentino a tagliare vincitore il traguardo dell’interminabile Rouen – Rennes (285 Km) davanti ai suoi compagni di fuga, tra i quali c’è un altro italiano, il corregionale Danilo Ferrari, che si piazza al secondo posto.
Come avvenuto anche nel 1962 la prima cronometro individuale è soltanto il secondo atto di una giornata che prevede una prima semitappa priva d’insidie e che ancora termina a gruppo compatto perché la regia della squadra di Anquetil non ha concesso a nessuno d’andarse e ha lasciato via libera solo alla sparata del belga Roger de Breuker a 500 metri dal traguardo, che gli consente di imporsi con un secondo di vantaggio sul connazionale Willy Vannitsen. Nella pomeridiana corrida della crono nessuno, come da copione, riesce a “matare” il toro Anquetil, che sul circuito di Angers è autore di una prestazione che ricorda quella dell’anno precedente a La Rochelle perché anche stavolta i distacchi che impone sono limitati rispetto agli “standard” di un tempo: Poulidor gli cede solo 45”, terzo a 55” è il belga Gilbert Desmet mentre il primo ad accusare più di un minuto di ritardo è Planckaert (1’03”). Bahamontes perde 1’38” e, tenuto conto anche dell’abbuono conquistato da Anquetil, si vede totalmente azzerato il vantaggio conquistato in occasione della prima tappa; Bailetti è ancora il primo degli italiani (16° a 1’57”), Pérez Francés è 22° a 2’16”, Carlesi 39° a 2’47” e Gaul 78° a 3’53”. Persi 3’32” nella crono Elliott non ha più la maglia gialla, che passa sulle spalle di Desmet, nuovo capoclassifica con 6” su Anglade e 1’02” sull’irlandese, che si trovano ancora ai primi posti in virtù del tempo guadagnato nella tappa del pavè. Bisogna scendere fino al sesto posto per incontrare Anquetil, che a questo punto ha 6’14” di ritardo dalla maglia gialla ma ha già distanziato i rivali che teme di più: Bahamontes è a 1’19”, Poulidor a 1’30” e Planckaert a 1’49”, mentre più lontani sono Pérez Francés (4’27”), Gaul (9’49”) e Carlesi (10’30”).
Prima di arrivare sui Pirenei si devono superare tre lunghe tappe interlocutorie, la prima delle quali termina a Limoges con il successo dell’olandese Jan Janssen, che riesce ad anticipare di una manciata di secondi la volata del gruppo, conquistata da Van Looy. Il giorno dopo si arriva a Bordeaux che, come l’anno prima, accoglie la Grande Boucle lo stesso giorno della partenza del Tour de l’Avenir, che nel 1963 schiera al via nella nazionale azzurra futuri protagonisti ad alto livello del calibro del bresciano Michele Dancelli, del padovano Dino Zandegù e del toscano Marcello Mugnaini, che alla fine sarà l’unico dei nostri a vincere una tappa e il migliore della classifica, 4° a quasi quattro minuti dal francese André Zimmermann. È, invece, un olandese, Lex Van Kreuningen, a inaugurare la terza edizione della corsa poche ore prima dell’arrivo della tappa dei professionisti, terminata in volata con la vittoria di Van Looy.
Alla vigilia dei Pirenei si disputa un’altra tappa che sulla carta dovrebbe essere adatta ai velocisti e invece vede andar via una fuga nella quale è effettivamente presente uno sprinter, uno dei più “navigati” del gruppo, il 34enne André Darrigade. È il lui il naturale favorito per il successo, anche perché a un certo punto è evidente che il gruppo inseguitore non riuscirà a raggiungere il piccolo manipolo all’attacco, che si presenta al traguardo con poco più di tre minuti di vantaggio. Di certo non può impensierlo Pino Cerami, il siciliano naturalizzato belga che di anni ne ha ben 41 e che qualche tempo prima aveva pensato di smettere non trovandosi più a suo agio nel ciclismo: invece, è proprio lui a farla sotto il naso a Darrigade partendo di scatto all’ultimo chilometro, dopo essersi accorto che il francese continuava a voltarsi per controllare il connazionale Jean Graczyk, entrando nella storia del Tour con la qualifica di vincitore di tappa più anziano del dopoguerra, primato tuttora imbattuto.
Entrambe le frazioni pirenaiche propongono l’arrivo posto in fondo alle discese e così a Bagnères-de-Bigorre ci si presenta dopo esser saliti prima sull’Aubisque e poi sul Tourmalet, sui quali transita in testa Bahamontes. Lo scalatore spagnolo, al quale un quotidiano madrileno di estrema destra ha offerto 250 mila pesetas (circa 28.500 euro odierne) in caso di vittoria al Tour, scollina l’Aubisque con 47” su Poulidor e 1’30” su Anquetil, ma poi viene raggiunto in discesa, che da sempre è il suo tallone d’Achille. Ci riprova sul Tourmalet, stavolta senza riuscire a fare il vuoto alle sue spalle perché “Poupou” rimane al suo fianco e “Jacquot” cede cinque secondi appena. Poi si ritorna a pedalare tutti assieme nella picchiata che termina sulla linea d’arrivo, dove Anquetil fulmina allo sprint i due rivali, accanto ai quali c’è anche l’altro iberico Pérez Francés. Il primo degli azzurri al traguardo è Fontona, 16° a 4’09”, mentre Carlesi perde più di sette minuti anche a causa dei dolori che gli ha lasciato in corpo un incidente avvenuto mentre si recava in bici al raduno di partenza della tappa del giorno precedente, quando era stato investito da un’auto. Poco più del toscano perde Gaul, oramai l’ombra del campione che fino a pochi anni prima riusciva a dettar legge in montagna, mentre la principale vittima della prima frazione pirenaica è – con gran sollievo per Anquetil – il corridore che l’anno precedente fino all’ultimo gli avava conteso la maglia gialla perché oggi Planckaert è crollato sin dall’Aubisque ed è giunto al traguardo con 13 minuti di ritardo.
Il giorno successivo è prevista una tappa molto simile nella costruzione alla precedente, anche se le tre salite in programma nel viaggio tra le località termali di Bagnères-de-Bigorre e Luchon sono meno impegnative rispetto alle due affrontate ventiquattrore prima. Ciò non scoraggia Bahamontes che, dopo un primo tentativo sull’Aspin, va nuovamente all’attacco sul Peyresourde, in cima al quale riesce a guadagnare quasi 4 minuti sul gruppo dei migliori. Come al suo solito si fa raggiungere nella picchiata che conduce a Luchon, transitati dalla quale si deve ancora percorrere un circuito di una sessantina di chilometri che lo spagnolo intraprende assieme ai corridori che gli erano giunti più vicini sul Peyresourd, i francesi Guy Ignolin, Claude Mattio e Guy Epaud. Costatato il recupero del gruppo inseguitore, a un certo punto l’Aquila di Toledo decide di fermarsi e farsi riassorbire, lasciando agli altri tre il palcoscenico di una gara che vedrà Ignolin portarsi al comando con netto vantaggio sul Portillon e giungere solitario al traguardo. Dietro, intanto, si registra un po’ di bagarre tra gli uomini di classifica che provoca, però, ben poca selezione e vede Poulidor guadagnare undici secondi su Pérez Francés e Anquetil, che ha rischiato un “dritto” nell’ultima discesa, e 21 su un Bahamontes che non ci ha più provato a staccare gli avversari. Per gli italiani – Fontona è ancora il migliore dei nostri, 15° a 3’22” – è un’altra giornata da dimenticare a causa di due incidenti avvenuti nel corso della discesa finale, resa insidiosa dalla pioggia e che hanno avuto come sfortunati protagonisti il piemontese Giancarlo Gentina, che perde i sensi per qualche minuto dopo aver centrato una roccia a bordo strada, e il toscano Graziano Battistini, leggermente feritosi dopo aver investito un tifoso che gli si era parato improvvisamente dinanzi e che, colpito dal corridore italiano, era finito in un profondo fossato fratturandosi una spalla. All’uscita dalla due giorni pirenaica la situazione in classifica vede Anquetil in seconda posizione a 3’03” da Desmet, che continua a vestire la maglia gialla. Il favorito per la vittoria finale ha, però, ancora un discreto vantaggio sugli avversari che più teme perché Poulidor è a 2’19” dal transalpino e Bahamontes ha dieci secondi di ritardo in più. Pérez Francés ne perde 4’57”, Fontona 11’48”, Planckaert 18’14” mentre Gaul, che oggi è andato meglio rispetto alla tappa del giorno prima (solo un minuto perduto da Anquetil), si ritrova ad avere ben 21 minuti di ritardo da “Jacquot”.
Dopo la tappa di Tolosa il Tour si dirige verso le Alpi, stavolta senza percorrere il solito “corridoio” pianeggiante che rasenta le coste del Mediterraneo ma imboccando la strada che conduce sulle alture del Massiccio Centrale, sul quale sono disegnate un paio di frazioni. La prima di queste termina ad Aurillac nel giorno dell’unica affermazione italiana al Tour de l’Avenir per opera di Mugnaini e vede protagonisti i big della classifica, nonostante un percorso poco accidentato e poca selettivo. Trentasette secondi dopo l’arrivo di Van Looy, “evaso” a 15 Km dal traguardo, piomba sulla linea d’arrivo un primo gruppo composto di una quarantina di corridori che viene regolato allo sprint da Anquetil su Bahamontes e Poulidor, con il primo che intasca i trenta secondi d’abbuono riservati al secondo piazzato e porta a 2’33” il suo svantaggio da Desmet.
Osservato l’unico giorno di riposo e affrontata la tappa di Saint-Étienne, terminata con il bis di Ignolin e il temporaneo inserimento del fuggitivo Jean Gainche al terzo posto della classifica, si arriva alla fase alpina del Tour, che prevede per prima una frazione con arrivo a Grenoble, ricalcando il finale della tappa che due anni prima aveva visto Gaul attaccare Anquetil e riuscire a staccarlo, senza tuttavia detronizzarlo dal vertice della classifica. Ripetere le gesta del lussemburghese sembra impresa impossibile perché gli organizzatori hanno addolcito il tratto conclusivo e del tridente Granier-Cucheron-Porte hanno conservato solo l’ultima ascesa, seguita dalla picchiata che conduce al traguardo. Comunque, ci si aspetta ancora un tentativo di Bahamontes, e lo spagnolo non delude le attese transitando in vetta al Porte con 2’15” di vantaggio, ma poi si è quasi certi che paleserà nuovamente difficoltà in discesa e sarà raggiunto. Stavolta, invece, l’iberico riesce a esorcizzare la sua “bestia nera” e tira dritto fino al traguardo, dove si presenta con un vantaggio quasi immutato, al quale viene addizionato il minuto d’abbuono che gli consente di scavalcare di tre secondi Anquetil in classifica, ancora comandata da Desmet.
Le sorti della maglia gialla si decideranno nei due tapponi d’alta montagna a venire e poi nella lunga cronometro prevista qualche giorno più tardi. Dopo l’impresa del giorno precedente gli occhi sono nuovamente puntati su Bahamontes, ma deludentemente la tappa di Val-d’Isère si rivela essere al traguardo una fotocopia di quella disputata il primo giorno sui Pirenei perché – quasi otto minuti dopo l’arrivo del vincitore, l’iberico Fernando Manzaneque – Anquetil, Poulidor e Bahamontes transitano sulla linea d’arrivo nel medesimo gruppo, dopo che lo spagnolo era riuscito a guadagnare una ventina di secondi sull’Iseran. È, però, saltato Desmet e così Bahamontes può consolarsi per la mancata selezione con la conquista della maglia gialla, che veste con i tre secondi che anche alla partenza lo separavano da Anquetil.
Ora le speranze di vedere un’altra giornata di grandi battaglie tra i big vacillano, nonostante l’indomani sia in programma un tappone ancora più duro. L’ultima giornata disegnate sulle Alpi prevede di arrivare a Chamonix attraversando l’Italia, entrando in Valle d’Aosta dal Piccolo San Bernardo per uscirvi attraverso il Gran San Bernardo, che fino a quell’estate costituiva l’unica possibilità di passaggio verso la Svizzera (il sottostante traforo, il primo realizzato sulle Alpi, sarà inaugurato l’anno successivo). È la cornice nella quale viene incastonata una piccola impresa a due perché all’ennesimo attacco di Bahamontes sulla salita, all’epoca sterrata, del Col de la Forclaz riesce a rispondere con autorità il solo Anquetil, che piomba come un falco sul rivale e in sua compagnia compie i chilometri che mancano per arrivare al traguardo, dove lo batte in volata anticipando di una ventina di secondi i corridori che sono arrivati loro più vicini. Tra questi ci sono Pérez Francés, l’italiano Fontona e il velocista belga Van Looy (che pure è equipaggiato per la salita), a dimostrazione che la tappa è sì stata selettiva ma non eccessivamente battagliata. Intanto il corridore spagnolo, che sperava oggi di dilatare il vantaggio di tre secondi che lo separava dal francese, si vede invece sopravanzato da quest’ultimo perché con l’abbuono si è finalmente portato al vertice della classifica: ora è tornato a essere padrone del Tour con 28” sul toledino e 6’43” su Pérez Francés, mentre Fontona ribadisce d’essere il migliore dei nostri con il sesto posto a 10’29” da Anquetil.
I distacchi inflitti dal francese sono destinati a lievitate perché quarantottore più tardi, dopo la tappa di Lons-le-Saunier vinta con quasi tre minuti di vantaggio dal belga Frans Brands, si deve disputare la lunga prova contro il tempo di Besançon, disegnata su un pianeggiante percorso di 55 Km. La crono riserva comunque delle sorprese e la prima è offerta dal belga Ferdinand Bracke che al rilevamento posto dopo 10 Km si ritrova ad avere un secondo di vantaggio su “Jacquot”, favorito sia dalle sue attitudini di cronoman, sia dalle numerose curve che presenta il tratto iniziale; poi il francese ingrana la sua solita marcia e riesce a superarlo agli altri intermedi fino a distanziarlo di 1’04” al traguardo, al quale Bracke sarebbe potuto giungere con un passivo inferiore al minuto senza la foratura che l’ha rallentato un paio di chilometri prima. L’altra sorpresa arriva dal vecchio Bahamontes, autore di una prestazione che stupisce perché riesce a limitare a 2′07″ il ritardo da Anquetil, un distacco lontano anni luce dai quasi 10 minuti che l’anno prima aveva accusato nella crono di Lione.
Forte dei 3’35” che lo separano da Bahamontes, ora Anquetil può godersi senza eccessivi patemi gli ultimi scampoli di un Tour che riserverà ancora la vittoria del belga Roger De Breucker a Troyes e il quarto squillo di Van Looy a Parigi. Poi spazio alla celebrazione del record dei record, le quattro vittorie che finora mai nessuno era riuscito a indovinare sulle strade del Tour.
Ma Anquetil non ha intenzione di fermarsi qui…
Mauro Facoltosi
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