BATTI UN CINQUE – 1962, IL TERZO TOUR DI ANQUETIL

luglio 18, 2020
Categoria: News

Nel 1962 Anquetil riesce ad eguagliare il primato di tre Tour de France vinti, finora conseguito solo da due corridori, il belga Philippe Thys e il suo connazionale Luison Bobet. Ma quello sarà un Tour più difficile da conquistare per Jacques, che non riesce a mordere come suo solito nella prima delle due cronometro e non riesce a scrollarsi di dosso gli avversari più coriacei nelle tappe di montagna: alla fine il suo vantaggio sul secondo sarà di 5 minuti, nulla al confronto dei quarti d’ora abbondanti con i quali si era imposto nei suoi primi Tour.

Philippe Thys e Luison Bobet.

Saranno questi due i principali avversarsi di Jacques Anquetil al Tour del 1962. Due avversari a distanza, però, perché il belga ha più di settant’anni e si è ritirato nel lontano 1927, mentre il suo connazionale è ancora in attività, ma è all’ultima stagione da professionista, non disputa più il Tour dal 1959 e non sarà presente nemmeno in questa edizione. Entrambi hanno vinto tre edizione della Grande Boucle a testa e finora sono stati gli unici a conseguire un record che ora è nel mirino di Anquetil, il quale fisicamente si trova a gareggiare contro avversari diversamente “dislocati” rispetto alle edizioni precedenti. È stata, infatti, abbandonata la formula per squadre nazionali e così il francese, che gareggia nella Saint-Raphaël-Helyett diretta da Raphaël Géminiani, non avrà una nazionale tutta per sé e non sarà circondato solo da fidati connazionali perché in formazione ha anche due olandesi e un tedesco. Ben sei sono le squadre di matrice italiana e in particolare la più temibile pare essere la Ignis-Moschettieri, che sfodera un tridente di tutto rispetto costituito dal toscano Gastone Nencini e dai forlivesi Ercole Baldini e Arnaldo Pambianco, tutti e tre vincitori del Giro d’Italia. Nella Gazzola-Fiorelli il corridore di punta non è “nostrano” poiché si tratta dello “stagionato” Charly Gaul, che si presenta al via del Tour con la maglia di campione lussemburghese appena conquistata ma è oramai indirizzato al capolinea (quel campionato nazionale sarà, infatti, l’ultima vittoria della sua carriera, che terminerà ufficialmente tre anni più tardi).Nella Legnano-Pirelli c’è Imerio Massignan, nella Carpano Nino Defilippis, mentre la Philco ha schierato il miglior italiano dell’edizione precedente, Guido Carlesi, al quale si è deciso d’affiancarli il promettente parmense Vittorio Adorni, professionista da un anno e già messosi in luce all’ultimo Giro d’Italia, dove si è piazzato quinto dopo aver vinto la tappa di Moena. Per quanto riguarda i corridori stranieri quelli che offrono maggiori garanzie sembrano essere il giovane francese Raymond Poulidor, che gareggia nella Mercier-BP-Hutchinson, e lo spagnolo – “anziano” (34 anni) ma ancora sulla cresta dell’onda – Federico Bahamontes, che corre con le insegne della Margnat-Paloma-D’Alessandro. Alla fine di questo Tour, però, tutti questi corridori termineranno lontano dal podio (Massignan sarà settimo) con l’esclusione di Poulidor, che si piazzerà terzo, preceduto da un ciclista non pronosticato alla vigilia, il sorpendente belga della Flandria-Faema-Clément Joseph Planckaert. E a sorprendere sarà anche l’entità dei distacchi che riuscirà a imporre Anquetil, decisamente più bassi rispetto ai suoi due primi Tour, segnali d’esordio di un progressivo declino agonistico che gli consentirà comunque di far sue altre due edizioni della Grande Boucle.

Si inizia con una tappa insolitamente lunga per essere il primo giorno, perché ben 253 sono i chilometri che si devono percorrere per andare da Nancy al traguardo belga di Spa, nel cuore della Vallonia, dove Rudi Altig, il tedesco inquadrato nella formazione di Anquetil, nega al francese André Darrigade la quinta vittoria in carriera nella frazione d’apertura del Tour precedendolo in uno sprint di ventiquattro corridori tra i quali ci sono anche Carlesi (quinto), “Jacquot”, Nencini, Baldini e Massignan. Il Tour è, invece, partito con il piede sbagliato per altri attesi corridori perché già al primo giorno di gara Gaul si ritrova sul groppone un ritardo di 1’49” e peggio è andata a Bahamontes, Poulidor e Pambianco, che hanno rispettivamente perduto circa otto minuti i primi due e più di tredici il vincitore del Giro del 1961, vittima di una foratura.

È solamente rimandato di ventiquattrore l’appuntamento con la vittoria per Darrigade, che l’indomani fa sua allo sprint la prima delle sue semitappe con arrivo a Herentals, nella quale il grande sconfitto è il belga Rik Van Looy, che corre con la maglia iridata e che è giunto solamente quarto nella frazione terminata nel paese dove risiede e della quale è per tutti “l’Imperatore”. Registrato in casa Italia il ritiro di un febbricitante Defilippis, il pomeriggio si disputa una cronometro a squadre di 23 Km nella quale la Flandria, la formazione nella quale corre Planckaert, s’impone distanziando 1’15” la VC XII-Leroux-Gitane-Dunlop della maglia gialla Darrigade, che riesce a mantenere le insegne del primato conquistate al termine della semitappa mattutina. La formazione migliore tra quelle dei big è quella di Anquetil, che fa meglio di 1’09” della squadra di Carlesi, di 1’30” della favoritissima Ignis del “tridente”, di 2’03” della squadra di Bahamontes, di 4’18” della formazione di Poulidor, di 5’05” di quella di Massignan e di 5’18” di quella di Gaul.

Si fa ritorno in Francia con una tappa diretta ad Amiens, caratterizzata da diversi tentativi e che ha tra i protagonisti Carlesi, il pavese Giuseppe Sartore e il tedesco Rolf Wolfshohl, che si lanciano in fuga ai meno 18 e che vengono ripresi a soli 5 Km dal traguardo, dove Altig s’impone in volata riuscendo a togliere grazie all’abbuono la maglia gialla a Darrigade per 24 secondi. Intanto, in una giornata insolitamente caratterizzata da temperature fredde, ci sono corridori di vertice che hanno ancora perduto tempo e così Gaul, Bahamontes e Nencini si ritrovano a concedere agli avversari 56 secondi i primi due e quasi un minuto e mezzo il toscano.

Il giorno successivo l’Italia sfiora la vittoria con il ferrarese Dino Bruni, che al traguardo viene preceduto allo sprint dal belga Willy Van Den Berghen dopo esser stato tra i promotori del tentativo di fuga che era andato a riprendere il comasco Giancarlo Manzoni e in compagnia di quest’ultimo era arrivato fino a Le Havre, dove il gruppo dei migliori è preceduto di poco più di due minuti.

I nostri corridori sono ancora in bella vista nel corso della tappa che conduce a Saint-Malo e stavolta con nomi importanti in fuga, come quelli di Pambianco e di Adorni. Nel tentativo si inseriscono anche il vicentino Antonio Bailetti, il ligure Arnaldo Di Maria e il varesino Augusto Marcaletti, corridore che quell’anno al Tour conquisterà un primato unico al mondo e mai più ripetuto, una “doppietta” all’incontrario con Giro e Tour essendo piazzatosi ultimo – maglia nera, dunque – sia nell’edizione della Corsa Rosa disputata nel 1961, sia nella Grande Boucle in corso. La presenza di Pambianco stimola Massignan, che cerca di raggiungere i battistrada per recuperare il tempo perduto nelle prime tappe, ma la sua reazione trova una pronta risposta nel gruppo che non intende lasciarsi scappare Imerio, miglior scalatore al Tour del 1961, e aumenta la velocità, andando a riprenderlo ma anche causando il fallimento della fuga degli altri italiani. Con il ricongiugimento del gruppo ben 130 corridori si presentano sul traguardo di Saint-Malo, dove a cogliere la vittoria è il belga Emille Daems, che riesce a guadagnare qualche metro al momento dell’ingresso della pista sulla quale è posto l’arrivo e a imporsi con due secondi di vantaggio sul francese d’origini polacche Jean Graczyk e sull’italiano Rino Benedetti.

La lunga marcia d’avvicinamento verso l’attesa cronometro della Rochelle, in programma fra tre giorni, passa ora da un’altra lunga tappa di trasferimento, il cui traguardo è posto all’estremità occidentale dello stato francese, nella città portuale di Brest. È una tappa, questa, che cambia il volto alla leader della classifica perché il tradizionale tentativo di fuga è promosso da quindici corridori di ben nove formazioni differenti e sono, dunque, ben poche le squadre sulle quali ricade un lavoro di ricongiungimento che fallisce per quasi 5 minuti. Tra gli “ardimentosi” di giornata ci sono due italiani (il campano Francesco Miele e il lombardo Carlo Azzini), il francese Robert Cazala – vincitore in quel di Brest – e soprattutto l’olandese Albertus “Ab” Geldermans, che grazie al tempo guadagnato sulla strada riesce a levare per 3’14” la maglia gialla ad Altig, che in classifica viene preceduto anche da un altro dei corridori andati in fuga quest’oggi, il belga Jos Hoevenaars, secondo a 23 secondi. A completare la festa olandese sarà l’indomani la vittoria di Hubertus “Huub” Zilverberg sul traguardo di Saint-Nazaire.

Arriva l’atteso giorno della cronometro, che si disputa nel pomeriggio del primo luglio, dopo che il mattino è arrivata la prima vittoria italiana, conquistata sul traguardo di Luçon dal bolognese Mario Minieri precedendo in volata Benedetti. Anche la crono sorride all’Italia perché l’Anquetil che la disputa non è lo stesso tiranno contro il tempo che si era visto negli anni precedenti: è il francese a vincere ma, dopo una crono filata via velocissima a quasi 48 Km orari, Baldini gli arriva vicinissimo e perde soli 22 secondi. Anche gli altri avversari riescono a contenere il distacco e così Altig finisce a 46” dal transalpino, Planckaert a 1’07”, Carlesi a 1’41”, Nencini a 2’17”, Poulidor a 3’12”, Bahamontes a 3’15”, Gaul a 3’19” e Massignan a 3’30”. Lo sprinter francese Darrigade termina a 4’14” dal suo connazionale e, grazie al tempo guadagnato nei primi giorni di gara, si riprende la maglia gialla vestendola con 51” sul britannico Tom Simpson e 1’21” sull’ex leader Geldermans; Altig è 7° a 3’20”, Planckaert 10° a 3’36” mentre Anquetil è solo 12° a 4’11”: a pochi giorni dall’inizio delle montagne il favorito numero uno per la vittoria finale si ritrova ad avere 1’06” di vantaggio su Baldini, 2’45” su Carlesi, 4’08” su Massignan, 4’34” su Nencini, 7’16” su Poulidor, 8’18” su Gaul e 13’04” su Bahamontes.

Poche ore dopo l’affermazione di Minieri arriva un altro successo italiano, conseguito da Bailetti sul traguardo di Bordeaux, dove il corridore della Carpano regola in volata cinque compagni d’avventura, tra i quali ci sono il romagnolo Franco Magnani e Willy Schroeders, il corridore belga che con questa fuga riesce a spodestare per 45 secondi Darrigade dal vertice della classifica. Alla vittoria di Bailetti fa eco, lo stesso giorno e sullo stesso traguardo, il secondo posto del suo conterraneo Mario Zanin nella prima tappa del Tour de l’Avenir, conquistata dall’olandese Jan Janssen. Quest’anno, però, la nazionale azzurra non riuscirà a bissare il successo conseguito nella prima edizione del Tour dei dilettanti di dodici mesi prima e si dovrà accontentare di una sola vittoria di tappa e del secondo posto sul podio finale di Parigi con un altro corridore che arriva dal Veneto, Mario Maino.

Bisogna affrontare ancora due frazioni prima delle tappe pirenaiche ed entrambe finiscono in mano a corridori belgi. A Bayonne ad imporsi è Willy Vannitsen mentre sul tradizionale traguardo di Pau, al quale stavolta si arriva senza affrontare in precedenza grandi salite, a transitare per primo è Eddy Pauwels. Quest’ultima, però, non è una giornata felice per il Belgio perché perde uno dei suoi corridori più rappresentativi, il campione del mondo in carica Van Looy, costretto al ritiro a causa di una caduta provocata dalla brusca frenata della moto di un quotidiano locale.

È prevista una sola vera tappa di montagna sui Pirenei, 207 Km per andare da Pau a Saint-Gaudens con le salite “ammucchiate” nella fase centrale (nell’ordine Tourmalet, Aspin e Peyresourd) e nessuna difficoltà da superarsi nei primi 65 Km e negli ultimi 50. Sul primo dei tre colli entra in scena Bahamontes, che esce dal gruppo, raggiunge i corridori che si trovavano in fuga da diversi chilometri e li stacca, arrivando a vantare in vetta al Tourmalet due minuti su Massignan e due minuti e mezzo sugli altri assi, tra i quali non ci sono Carlesi – che sta perdendo a questo punto una trentina di secondi da Anquetil – e l’ancor più attardato Baldini. Dietro si attrezzanno per l’inseguimento e riescono a ridurre il vantaggio dello spagnolo sull’Aspin prima e sul Peyresourde poi, in vetta al quale l’Aquila di Toledo transita con 13” su Massignan, 1’22” su “Poupou” e 1’35” sul gruppetto di venti corridori, con Gaul e Anquetil, nel quale è riuscito a rientrare Carlesi. Successivamente una foratura dello spagnolo permette al tedesco Wolfshohl e a Massignan di raggiungerlo e di portarsi al comando della corsa. Ai meno otto viene ripreso lo scalatore vicentino, poco dopo anche il tedesco viene fagocitato dal gruppo che si presenta forte di 18 corridori sul traguardo di Saint-Gaudens, dove coglie la vittoria Cazala mentre Carlesi si piazza secondo guadagnando trenta secondi d’abbuono. Tra i nomi di punta incassano pesanti ritardi Nencini (6’36”) e Baldini (8’45”) mentre esce dai piani alti della classifica la maglia gialla Darrigade, che lascia le insegne del primato a Simpson, primo britannico a vestire il nobile indumento.

È previsto a questo punto il ritorno a Superbagnères, stavolta per una frazione completamente diversa rispetto a quella dell’anno precedente. L’arrivo è, infatti, previsto al termine di una cronoscalata di 18 e mezzo, un esercizio che Anquetil ha già avuto modo di affrontare in due occasioni al Giro d’Italia, al Vesuvio nel 1959 e alle Cave di Carrara nel 1960: nella prima, lunga 8 Km, aveva accusato 52” di ritardo da Gaul, mentre in quella brevissima dell’anno successivo, 2 Km appena, si era imposto ex aequo con lo spagnolo Miguel Poblet. La distanza stavolta è maggiore e i più pensano che pure in quest’occasione il francese si troverà a perdere terreno rispetto agli scalatori: in parte succede proprio così perché ai 1800 metri della stazione di sport invernali sopra Luchon i cronometri sanciscono un minuto e mezzo di ritardo per il francese nei confronti di Bahamontes mentre di soli tre secondi è il vantaggio al traguardo del sorprendente Planckaert, che diviene la nuova maglia gialla. Jacques, però, fa registrare il terzo miglior tempo, superiore di un solo secondo a quello di Gaul, e gli altri avversari si trovano ancora a perdere nei suoi confronti, come nell’altra crono: Poulidor è stato staccato di 1’35”, Massignan di 2’36” e Baldini di 2’53”. Messe in archivio le Alpi ora il favoritissimo Anquetil si ritrova a essere in quarta posizione in classifica, preceduto di 3” da Geldermans, di 18” dal belga Gilbert Desmet (da non confondere con il connazionale Armand Desmet, che quell’anno aveva vestito per una settimana la maglia rosa al Giro) e di 1’08” da Planckaert. Tutti gli altri sono ancora costretti a inseguirlo: Simpson è a 52”, Masslgnan a 6’44”, Carlesi a 7’50”, Gaul a 8’19” e Poulidor a 8’51”.

Il prossimo obiettivo del gruppo sono le Alpi, in direzione delle quali sono state disegnate quattro tappe di trasferimento, la prima delle quali termina a Carcassonne con il successo del francese Jean Stablinski, che anticipa di dodici secondi la volata del gruppo. Il giorno successivo l’arrivo è fissato a Montpellier, dove l’anno precedente al Tour de l’Avenir si era imposto Giorgio Zancanaro, che ora è passato professionista e si trova proprio nel gruppo che sta affrontando l’altro Tour, quello dei “grandi”. Memore di questo precedente il corridore piemontese ambisce ad a imporsi sul medesimo traguardo che l’aveva consacrato e più volte tenta di creare la fuga buona, nessuna delle quali va in porto anche perché i gregari di Anquetil tutte le volte lo vanno a riacciuffare, consapevoli che è un uomo di Carlesi, il corridore che l’anno prima era arrivato secondo al Tour. Il “catenaccio” dei transalpini è tale che, fatto raro nei Tour di quegli anni, l’arrivo è a gruppo compatto e a vincere allo sprint è il belga Willy Vannitsen.

Dopo la tappa di Aix-en-Provence, vinta Émile Daems, il Tour propone l’arrivo ad Antibes, dove nel 1961 era iniziato il filotto di vittorie italiane all’Avenir ed è proprio su questo traguardo che viene colta l’unica vittoria azzurra nella corsa riservata dai dilettanti, per opera del fiorentino Roberto Poggiali. La tappa dei “big” vede, invece, il successo del tedesco Altig alla vigilia del tappone più duro della corsa francese.

L’indomani si deve viaggiare per 241 Km dalle rive del Mediterraneo al cuore delle Alpi, dove l’arrivo è fissato a Briançon dopo esser saliti su Izoard, Vars e su una succulenta salita inedita, il Col de Restefond. Con questo nome viene presentato sull’altimetria ufficiale il colle oggi noto con il nome di Bonette e che conduce al punto più elevato della rete stradale francese, a 2802 metri di quota. Ci sono tutte le prerogative perché ne esca un tappone da far tremare i polsi e invece a tremare è ben poco, al punto che un velocista come Daems riesce a rimanere assieme agli scalatori e addirittura li precede al traguardo, dove Massignan, Poulidor, Anquetil, Gaul, Planckaert e Bahamontes giungono tutti assieme. A pagare sono solo i soliti nomi che già erano apparsi in difficoltà sui Pirenei, ai quali si aggiunge quello di Carlesi, oggi staccato di quasi otto minuti.

È rimasta una sola tappa di montagna per tentare di mettere in croce Anquetil, quella che termina ad Aix-les-Bains dopo aver affrontato il Lautaret, il Luitel e, nel finale, il tridente Porte-Cucheron-Granier, percorso al contrario rispetto alla frazione dove l’anno prima Gaul era riuscito a staccare il francese. Anche stavolta è questo trittico a rivelarsi decisivo, con l’attacco di Bahamontes sul Porte e la risposta di Poulidor, con il francese che riesce a raggiungere e lasciare sul posto il corridore spagnolo, involandosi verso un traguardo dove giunge con 2’30” sull’Aquila di Toledo e il connazionale Anglade, mentre “Jacquot” termine nel gruppo di 17 corridori che giunge dopo 3’16” e nel quale c’è ancora Planckaert, che così mantiene intatto il vantaggio di 1’08” che alla partenza aveva su Anquetil. Per quanto riguarda gli italiani cede ancora Carlesi, che oggi ha terminato con un passivo di poco inferiore ai venti minuti. Finite le Alpi ora la classifica vede, come detto, ancora in testa il corridore belga, secondo è Anquetil a poco più di un minuto, terzo Poulidor a 5’43”; s’incontrano quindi Desmet a 7’15”, Geldermans a 7’23”, Simpson a 7’27”, Massignan a 7’50” e Gaul a 9’27”. Baldini è 11° a 16’39” mentre Carlesi è sprofondato in diciottesima posizione con 32’28” di ritardo. A parziale consolazione per l’Italia arriva il terzo posto di Maino nella tappa del Tour de l’Avenir (vinta dall’elvetico René Binggeli), piazzamento grazie al quale il corridore veneto si porta al secondo posto della classifica generale con 1’54” di ritardo dalla maglia gialla, lo spagnolo Antonio Gómez del Moral.

È quasi diventato un incubo quel Planckaert per Anquetil, ma ora Jacques ha a dispozione la tappa che gli consentirà di riportare l’ordine, la lunga crono che in 68 Km conduce da Bourgoin-Jallieu a Lione. Sul suo terreno di gara prediletto torna a farsi vedere il solito schiacciasassi contro il tempo che si conosceva perché stavolta i distacchi che riesce ad affliggere non sono ridotti ai minimi termini, come invece era successo nella crono della Rochelle. È ancora Baldini il primo dei battuti, ma con un ritardo quasi decuplicato rispetto all’altra volta, quando aveva accusato un passivo di 22 secondi, ora divenuti 179, vale a dire quasi tre minuti. Quel che più contano per il transalpino sono i cinque minuti e rotti che è riuscito a dare a Planckaert, che deve salutare la maglia gialla pur riuscendo a conservare la seconda posizione in classifica, al cui terzo posto si conferma Poulidor.

Ora Anquetil può dormire sonni tranquilli e non possono certo turbarlo i 12 secondi che Planckaert e Poulidor riescono a sgranocchiargli l’indomani nel finale della penultima tappa, vinta a Nevers dall’italiano Bruni, antipasto della prestigiosa affermazione che Benedetti otterrà ventiquattrore più tardi sull’approdo finale sulla pista del velodromo del Parco dei Principi.

Missione tripletta compiuta per Anquetil, che ora punta dritto al primato assoluto…

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Nota: presenti sono le frazioni pirenaiche, quelle alpine e due delle tappe di trasferimento verso le Alpi







Anquetil e Poulidor al Tour del 1962

Anquetil e Poulidor al Tour del 1962

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