BATTI UN CINQUE – 1957, IL PRIMO TOUR DI ANQUETIL

luglio 14, 2020
Categoria: News

Nel 1957 irrompe Anquetil sulle strade del Tour e non ce n’è per nessuno. Non ha mai preso parte a un grande corsa a tappe e mai ha affrontato salite come il Galibier e il Tourmalet. Arriva dalla crono e in esse si è prevalentemente cimentato nei primi quattro anni di professionismo, che lo vedono spadroneggiare al Grand Prix des Nations e strappare a Coppi un record dell’ora che resisteva da ben 14 anni. Tutti lo attendono al varco nelle due prove contro il tempo inserite nel tracciato e le vince entrambe, ma gli sono inutili: i quasi 15 minuti di vantaggio sul secondo con i quali s’imporrà li guadegnarà altrove, a dimostrazione che un nuovo grande campione è arrivato sulle strade del Tour, corridore in grado di monopolizzare la classifica per molte edizioni.

Un pivello già navigato.

Quando Jacques Anquetil prende parte al suo primo Tour de France ha 23 anni, è un “pivello” che però ha alle spalle già quattro stagioni da professionista. Ha debuttato a soli 19 anni imponendosi nel Grand Prix des Nations, gara a cronometro di 140 Km che vince con quasi sette minuti sul connazionale Roger Creton. Farà sue altre nove edizioni di questa massacrante corsa (le prime sei consecutivamente) e nei primi anni da corridore preferisce prevalentemente dedicarsi alle prove contro il tempo (nel 1956 riuscirà a battere il record dell’ora superando quello precedente di Fausto Coppi, che durava da ben 14 anni) non disdegnando fugaci apparizioni nelle altre corse, come il Tour de la Manche che vince nel 1953 e la Parigi-Nizza dell’anno successivo, nella quale s’impone nella tappa conclusiva a cronometro. Bisogna attendere fino al 1957 per vederlo al via del Tour, che all’epoca si disputa ancora per squadre nazionali e che non lo vede inserito tra i “papabili” per il successo finale perché finora non lo si è mai visto in azione sulle lunghe e difficoltose tappe di montagna e non si conosce la sua tenuta in una corsa di tre settimane. Si presenta al via, comunque, esibendo un bel biglietto da visita fresco di stampa, quello della vittoria nella classifica finale della Parigi-Nizza, anche se il suo vantaggio alla fine è stato risicato, appena 23” sul belga Désiré Keteleer e 55” su un altro corridore che viene dalla terra delle classiche del nord, Jean Brankart. I favoriti per la vittora sembrano essere altri, anche perché la nazionale transalpina presenta al via il vincitore uscente del Tour Roger Walkowiak, mentre è assente il trentaduenne Louison Bobet (vincitore del Tour per tre anni consecutivi tra il 1953 e il 1955), che non vuole correre in squadra con Anquetil (ma l’antipatia è reciproca e anche Jacques aveva detto lo stesso) e che non si è ancora ripreso dalle fatiche di un Giro dove è stato battuto per soli 19 secondi da Gastone Nencini. Il corridore toscano è la punta di diamante della nazionale azzurra diretta da Alfredo Binda, mentre la formazione mista del Lussemburgo (in squadra ci sono anche due portoghesi, un tedesco, un britannico e l’italiano Aldo Bolzan) propone al via Charly Gaul, che era partito come favorito per la vittoria alla Corsa Rosa, gara che ha perduto per il famoso episodio della “pipì” nella tappa del Bondone. Particolarmente temibile è la nazionale spagnola, che ha deciso di presentare ai nastri di partenza l’intero podio dell’ultima Vuelta, il vincitore Federico Bahamontes, Jesús Loroño e Bernardo Ruiz.

Non esistendo all’epoca i prologhi, che saranno introdotti solamente nel 1967, il Tour inizia con una tappa in linea di 204 che da Nantes conduce a Granville e che vede subito Nencini guadagnare più di un minuto e mezzo sugli altri favoriti. Gastone è lesto a inserirsi nel tentativo di undici uomini che prende il via pochi chilometri dopo la partenza e che riesce ad arrivare fino al traguardo, complici anche i continui saliscendi e l’asfalto che si scioglie a causa del gran caldo e che rende difficoltoso l’inseguimento. All’arrivo il toscano è solo quarto (lo precedono il francese André Darrigade, lo spagnolo Miguel Poblet e il francese Joseph Thomin), ma si fa notare tra i più intraprendenti e la giuria decide di assegnargli il premio riservato al corridore più combattivo. Per Anquetil, invece, il debutto sulle strade del Tour non è stato dei più felici a causa di una caduta avvenuta dopo 120 Km di gara, ma fortunatamente il ruzzolone non ha avuto conseguenze ed è riuscito a terminare la tappa nel gruppo principale.

Il secondo giorno è segnato dal clamoroso ritiro di Gaul, che incassa un’altra cocente delusione a causa di un colpo di sole che lo colpisce dopo un centinaio di chilometri dal via della tappa di Caen. Succede subito dopo una sosta a una fontanella per rinfrescarsi, quando al momento di rimettersi in sella improvvisamente il lussemburghese si trovava con due macigni al posto delle gambe e fatica a procedere, arrivando ad accumulare mezz’ora di ritardo a 40 Km al traguardo, punto nel quale opta per salire in ammiraglia e lasciare amaramente la corsa. Gaul non è l’unica vittima del caldo in questa giornata, perché anche la maglia gialla Darrigade paga un pesante dazio alle alte temperature, concludendo la tappa quasi 27 minuti dopo l’arrivo vincente di René Privat, nuovo capo della classifica. Tre minuti e mezzo dopo la vittoria in solitaria del francese, che nel 1960 s’imporrà nella prima edizione della Sanremo con il Poggio, giunge al traguardo un gruppo di 13 corridori tra i quali ci sono Bahamontes e l’italiano Giancarlo Astrua, mentre il vincitore uscente Walkowiak termina la tappa nel plotincino giunto a 6’41” e guadagna 1’31” su Nencini e gli altri favoriti.

Il giorno successivo si devono affrontare due semitappe, la prima delle quali è una breve cronosquadre di 15 Km che si rivela disastrosa per la nazionale italiana a causa di una caduta che coinvolge tutti gli azzurri (l’unico a uscirne indenne è Pierino Baffi), innescata dal toscano Gianni Ferlenghi dopo che questi era entrato in contatto con il cordolo di un marciapiede. L’incidente disunisce la squadra, che fortunatamente riesce a contenere in 39” il ritardo dalla formazione francese, vincitrice a 46.632 Km/h grazie alla presenza di Anquetil, che il giorno stesso conquista la sua prima vittoria sulle strade del Tour imponendosi a Rouen dove, davanti ai suoi titosi (è nativo del vicino centro di Mont-Saint-Aignan), precede in volata il connazionale Georges Gay e Nencini, che non sembra aver subito grandi danni nella caduta del mattino.

Il caldo, intanto, continua a mietere vittime e 12 corridori sono costretti a ritirarsi nel corso della lunga frazione verso Roubaix, che presenta anche diversi tratti da percorrere sul pavè e che vede giungere tutto solo sulla pista del mitico velodromo il belga Marcel Janssens, mentre i corridori di vertice terminano la tappa tutti assieme dopo quasi 11 minuti, senza che nessuno abbia avuto il coraggio (o la forza, vista la canicola) di mettere in croce i grossi nomi che oggi hanno accusato qualche difficoltà ma che poi sono riusciti a rientrare in seno al gruppo, come la maglia gialla Privat e lo spagnolo Bahamontes.

L’indomani si sconfina in Belgio con un’altra tappa caratterizzata dal pavè e che presenta anche la ripida ascesa del muro di Grammont, che il ciclismo ha scoperto 7 anni prima, quando era stato inserita per la prima volta nel tracciato del Giro delle Fiandre. Nella frazione nella quale il caldo lascia il passo alla pioggia avviene il passaggio di consegne al vertice della classifica tra Anquetile e Privat, dopo che la nazionale francese ha dato battaglia sulle insidiose strade fiamminghe, riuscendo a guadagnare parecchio tempo anche grazie a un passaggio a livello abbassato. Vincono al traguardo di Charleroi con Gilbert Bauvin, mentre sono francesi quattro dei cinque corridori che tagliano per primi la linea d’arrivo e tra questi c’è Anquetil, che in questa giornata ha staccato di quasi 11 minuti e mezzo un Nencini febbricitante e qualcosa di più ha perso Bahamontes. Prima di far ritorno in terra di Francia “Jacquot” si trova così già in giallo con distacchi pesanti, nonostante non si siano ancora affrontate le cronometro che tanto ama: ha 1’11” sul vincitore a Roubaix Janssens, 3’17” sul connazionale Jean Forestier, 3’29” sull’ex leader della corsa Privat e 3’52” sul vincitore dell’anno prima Walkowiak. Bahamontes è 14° a 9’18” e precede in classifica di 21 secondi il primo italiano, Astrua; s’incontrano poi Nino Defilippis in 17a posizione a 10’35” e Nencini 18° a 11’13”.

Nella successiva frazione Anquetil si gode le acquisite insegne del primato e fa buona guardia in gruppo, lasciando andare in fuga quattro corridori che sono molti lontani da lui in classifica. Tra questi c’è André Trochut, che corre per una delle quattro formazioni regionali francesi, quella che raggruppa i corridori di “secondo piano” che provengono dalle zone sud occidentali della nazione, e che s’impone in quel di Metz precedendo allo sprint i tre compagni d’avventura, tutti suoi connazionali, anche se due di loro sono d’origine italiana (il friulano Mario Bertolo e il toscano Nello Lauredi).

Con un copione molto simile va in scena la tappa di Colmar, nella quale si affrontano le prime salite di un certo impegno, il Col de la Schlucht e il Collet du Linge. Ancora la fuga va in porto ma stavolta la nazionale francese fa male i conti e così Anquetil si vede portar via la maglia gialla per 38” da un suo connazionale, quel Nicolas Barone che ha antenati abruzzesi di Vasto, che a marzo era stato protagonista alla Sanremo con una lunga fuga terminata a 15 chilometri dal traguardo e che prima di fare il corridore lavorava come fattorino per “L’Équipe”, il principale quotidiano sportivo francese. Al traguardo Barone è nono, ultimo del gruppetto di testa nel quale ci sono anche lo spagnolo Loroño e il francese Roger Hassenforder, che ottiene il successo di tappa sulle strade di casa, lui che è nato a una quarantina di chilometri da Colmar, nella cittadina di Sausheim. Di nove minuti è il passivo con il quale giunge al traguardo il gruppo Anquetil, nel quale concludono anche Nencini e Defilippis, oggi protagonisti sfortunati il primo per una caduta dopo l’impatto con un poliziotto, il secondo fermato da due forature – entrambe avvenute nel giro di poche centinaia di metri – mentre si trovava in fuga nel gruppetto di Barone e Hassenforder.

Se fin qui il Tour ha offerto ben poche soddisfazioni per gli italiani, arriva ora il momento del “raccolto”, che permetterà di mettere in cascina ben sei vittorie di tappa che faranno della nazionale azzurra la squadra con più successi dietro agli “acchiappatutto” francesi che – tra formazione principale e regionali – s’imporranno in 17 frazioni. Il primo dei nostri a lasciare il proprio nome nell’albo d’oro del 44° Tour de France è il cremasco Baffi, che a Besançon dà sfogo delle sue doti di velocista regolando un plotoncino di quindici corridori giunti al traguardo con quasi 18 minuti di vantaggio sul gruppo dei migliori. In quest’ultimo c’è Barone, costretto a lasciare le insegne del primato a Forestier, presente nel gruppetto all’attacco.

Alla vigilia dei tapponi alpini arriva il primo colpo da parte di Anquetil in una frazione che si pensava interlocutoria e poco incline alle sorprese. Stavolta non si tratta di un’azione di squadra, come quella messa in scena nella tappa di Charleroi, perché il corridore francese fa tutto da solo (o quasi, con lui c’è il belga Jozef Planckaert) uscendo improvvisamente dal gruppo quando mancano una novantina di chilometri al traguardo e dal gruppo ha già preso la strada di casa un delibitato Bahamontes. In quel momento in testa alla corsa ci sono diece corridori in fuga che Jacques raggiunge e poi regola in volata al traguardo di Thonon-les-Bains, dal quale Nencini transita quasi 11 minuti più tardi, nel gruppo nel quale c’è anche la maglia gialla Forestier. Quest’ultimo, nonostante il tempo guadagnato da Jacques, riesce a mantersi in testa alla classifica con un vantaggio di 2’39” su Anquetil, che dal canto suo si appresta ad affrontare le prime frazioni d’alta montagna con un vantaggio sui principali avversari che già appare incolmabile.

Ma Anquetil non ha mai affrontato in gara salite come quella del Galiber, sul quale si deve transitare prima di giungere al traguardo di Briançon dopo aver percorso 247 Km. Non si sa, e nemmeno lui lo sa, come potrebbe reagire il suo fisico a quelle pendenze e a quelle quote e forse si spiega in tal senso il “colpaccio” del giorno prima. Alla fine esce a testa alta anche dal tappone, perché il minuto e 18 secondi che ha accusato al traguardo dallo scatenato Nencini e dal belga Janssens possono essere considerati un successo per un neofita delle grandi salite e poco hanno scalfito il consistente tesoretto di minuti guadagnato nei primi nove giorni. Senza contare che i corridori giunti dietro il francese hanno incassato anche in questa occasione pesanti distacchi e tra questi c’è Forestier, che perde 6’41” dal suo connazionale e deve consegnargli quella maglia gialla che “Jacquot” vestirà fino a Parigi. E pensare che la sfortuna oggi si era accanita in due occasioni sull’asso transalpino, costretto a fermarsi una prima volta per una foratura sulla salita del Col de Tamié e successivamente per far riparare dal meccanico della sua squadra il deragliatore, rottosi nel tratto pianeggiante che precede l’inizio della lunga ascesa verso il Galibier.

Ancor più complicata è la tappa che l’indomani conduce a Cannes, nonostante all’ultimo momento sia stata tolta dal tracciato la salita al Col de Vars a causa dell’impraticabilità della strada. L’imprevista modifica allunga di 20 Km un percorso che alla fine risulta lungo 286 Km e che presenta anche le ascese ai colli d’Allos e di Luens. Invece, si rivela il palcoscenico di una tappa piuttosto noiosa, priva di grandi attacchi messi in atto dagli avversari di Anquetil e ancora contraddistinta dalla sfortuna che colpisce gli italiani, sotto la forma di forature che attardano Defilippis prima e Arrigo Padovan poi. È quest’ultimo a pagarne il prezzo più salato perché il tubolare gli si era afflosciato a 7 Km dal traguardo mentre si trovava nel gruppetto di cinque corridori che stava viaggiando in testa alla corsa, trovandosi così escluso dalla possibilità di competere per la vittoria, conquista da Privat.

È insidiosa anche la tappa che si deve disputare in direzione di Marsiglia, alla quale si giunge passando per il Col de l’Espigoulier e soprattutto per il breve ma ripido Mont Faron, salite che vedono entrambe scollinare in testa Jean Stablinski. In un’altra tappa rivelatasi monotona per quando riguarda la classifica generale il corridore francese d’origini polacche è protagonista di una lunga fuga, lunga quasi come la frazione da disputare e inizialmente intrapresa assieme al connazionale Henry Anglade, che successivamente ha perso le ruote di Stablinski sul Faron. Quasi quattordici minuti dopo l’arrivo del vincitore transita dal traguardo il grosso del gruppo, nel quale c’è un Anquetil che alla fine delle sue prime Alpi si ritrova ad avere in classifica un vantaggio di 4’02” su Forestier e di 11’02” su Janssens, mentre Nencini – pur non avendo guadagnato tempo in questa tappa – risale in classifica dall’undicesima alla nona posizione conservando intatti i 20’44” di ritardo che aveva alla partenza.

La prima delle tre tappe di trasferimento verso i Pirenei riporta il sorriso nel clan italiano grazie alla vittoria di Defilippis che, superata una piccola crisi nella frazione di Marsiglia, si lancia in fuga assieme ad altri nove corridori, sui quali s’impone allo sprint in quel di Alès, e guadagna 11 minuti sul gruppo, grazie ai quali scavalca di un minuto Nencini in classifica, divenendo così il miglior azzurro del Tour.

Vittoria solamente sfiorata per l’Italia il giorno successivo a Perpignano, dove Padovan rimane ancora una volta a bocca asciutta venendo preceduto allo sprint da Hassenforder, che bissa così il successo ottenuto a Colmar. La tappa è anche caratterizzata da un attacco ad Anquetil apportato da cinque corridori della nazionale belga, iniziato nel momento nel quale il capo della classifica si era leggermente staccato dal gruppo per accostarsi alla sua ammiraglia. Il tentativo è così improvviso che coglie Jacques impreparato, mentre non lo è la dozzina di corridori che riesce ad accordarsi alla pattuglia belga, andando a costituire un gruppetto che rimane all’attacco per una ventina di chilometri prima del ricongiungimento.

Prima di tornare sulle montagne che hanno fatto la storia del Tour è previsto uno sconfinamento in terra spagnola con due semitappe che terminano entrambe a Barcellona. La prima vede ancora il felice approdo di una fuga – all’epoca, grazie allo stato delle strade, evento piuttosto frequente, mentre rari erano gli arrivi a gruppo compatto – coronata dal tris di Privat e da altro tempo guadagnato da Defilippis, che si porta al nono posto della classifica con un ritardo di 16’18” da Anquetil. Nencini, invece, incappa in una giornata sfortunata che gli riserva prima una caduta a 25 Km dal traguardo, che gli lascia come souvenir una ferita alla coscia, e poi una foratura già all’interno della città di Barcellona, che non fa riparare riuscendo lo stesso a concludere la tappa nel gruppo della maglia gialla. Quest’ultima poi il pomeriggio del medesimi giorno ha la prima opportunità al Tour di fare sfoggio delle sue doti a cronometro: e, come da previsioni, è Anquetil il più lesto a percorre il circuito del Montjuïc, 10 Km nei quali riesce a distanziare di 12” il secondo della classifica generale Forestier e di 25” lo spagnolo Loroño, con Defilippis 6° a 39” e Nencini ventesimo a un minuto e otto secondi dall’asso transalpino.

Uscito indenne dalla fase alpina, ora per Anquetil inizia l’esame Pirenei, che prevede tre round il primo dei quali si affronta dopo l’ultimo giorno di riposo, seguito da una frazione di 220 Km che ha il traguardo fissato ad Ax-les-Thermes, in fondo alla discesa dal Col de Puymorens. Forse a causa di pendenze non particolarmente formidabili, forse a causa della superiorità dimostrata anche oggi dai transalpini, la tappa risulta piuttosto deludente. Nencini e Defilippis ci provano, infatti, a uscire dal gruppo in salita, ma la nazionale francese ci mette un attimo ad andare a riacciuffarli, spegnendo così le velleità agonistiche dei nostri corridoti. Va a finire che s’impone un “carneade” che risponde al nome del francese Jean Bourlès e far notizia è, purtroppo, il mortale incidente che coinvolge la moto sulla quale viaggiava il cronista di una radio lussemburghese.
Il tappone è previsto l’indomani, quando si devono scalare i colli di Porte, di Portet d’Aspet, d’Ares e del Portillon, quest’ultimo distante più di 60 Km dal traguardo di Saint-Gaudens. Sono percorsi che oggi sarebbero “improduttivi”, ma che negli anni ’50 erano ancora in grado di portare scompiglio, come contribuisce a fare Nencini attaccando sul Portillon e riuscendo a ridurre il gruppo a 18 elementi, che poi si selezionano leggermente al traguardo, dove Defilippis vince allo sprint su Forestier e Anquetil cede appena cinque secondi. Va peggio proprio a colui che aveva contribuito a creare la selezione perché il “Leone del Mugello”, mentre stava per tagliare il traguardo con una decina di secondi di ritardo da Defilippis, si arrota ai meno 150 metri con l’olandese Mies Stolker e cade riportando una ferita che appare seria e fa temere che il giorno dopo non possa schierarsi al via dell’ultima tappa di montagna.

Ma il corridore toscano è realmente un felino, come il soprannome che gli hanno attribuito, e leccatesi le ferite lascia la sua zampata migliore proprio ventiquattrore più tardi tagliando vittorioso il traguardo di Pau. Nonostante fosse fiaccato alla partenza anche da qualche linea di febbre e da una notte trascorsa quasi interamente insonne, sul Tourmalet Gastone riesce a rimanere con Anquetil, la cui squadra si è sfaldata sulle rampe del mitico colle. La maglia gialla sorprende tutti riuscendo a fare il vuoto a 3 Km dalla vetta, lui che non si pensava fosse in grado di staccare i rivali in salita, e a un certo punto si trova ad avere più di un minuto e mezzo di vantaggio sul toscano. Nencini è costretto a un inseguimento che riesce a portare a termine sulle prime rampe dell’Aubisque e, una volta terminato il lavoro, è lui a sorprendere trovando la forza di ripartire all’attacco, riuscendo a sua volta a staccare Anquetil. Raggiunge i corridori che si trovavano in quel momento in testa alla corsa e con loro va a costituire un plotoncino di 6 uomini che viaggia spedito verso il traguardo, dove Nencini mette la ciliegina sulla torta di questa frazione cogliendo il successo allo sprint sul francese Gay. Anquetil taglia la linea d’arrivo con 2’38” di ritardo ma, forte dei molti minuti guadagnati nella prima settimana, non vede messa in pericoloso la sua leadership perché a questo punto si ritrova ad avere in classifica 9’14” di vantaggio sul secondo, il belga Janssens, mentre terzo a 10’17” è un corridore poco quotato alla partenza, l’austriaco Adolf Christian. Nencini, invece, grazie al tempo insperatamente guadagnato oggi è salito al sesto posto con 18’43” di ritardo.

Dopo la tappa di Bordeaux, terminata con la vittoria in solitaria di Pierino Baffi che all’arrivo si presenta con ben 22 minuti di vantaggio sul gruppo, si disputa la tappa più attesa da Anquetil. Forse, alla partenza da Nantes, temeva di arrivarci con un distacco da recuperare dalla maglia gialla di turno e, invece, è lui ad affrontare con le insegne del primato addoso e parecchi minuti di vantaggio sul secondo la lunga crono di Libourne. Sono 66 i chilometri che si devono percorrere contro il tempo, una sfida contro l’orologio che non può che dilatare il dominio del corridore normanno, primo al traguardo a poco più di 43 km/h con 2’11” di vantaggio sul sorprendente Defilippis, che riesce a far meglio per quasi 4 minuti di Nencini.

Mancano ora solo due tappe al gran finale del Tour al Parco dei Principi, la prima vinta allo sprint dal francese André Darrigade sul traguardo di Tours e la seconda pure, con “Dédé” (noto anche con il soprannomome di “Levriero delle Lande”), che s’impone anche a Parigi completando il trionfo francese nella 44° edizione della Grande Boucle.

E così sullo scenario del Tour irrompe, silenzioso come il ticchettio dei cronometri, un corridore che già s’intuisce recordman della corsa, in grado nelle successive stagioni di battere il primato dei tre successi finora detenuto da Bobet e dal belga Philippe Thys. Ci riuscirà e andrà anche oltre fino a raggiungere quota 5, la quota dei grandissimi.

Mauro Facoltosi

ALTIMETRIE

Nota: presenti le tappe dalla 7a alla 10a, dalla 16a alla 18a e dalla 20a alla 22a.

Anquetil allattacco sul Tourmalet nella tappa di Pau che sarà successivamente vinta da Nencini (foto AFP)

Anquetil all'attacco sul Tourmalet nella tappa di Pau che sarà successivamente vinta da Nencini (foto AFP)

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