BATTI UN CINQUE – 1974, IL QUINTO TOUR DI MERCKX

luglio 11, 2020
Categoria: News

Nel 1974 Eddy Merckx comincia lentamente a imboccare la parabola discendente della sua carriera, anche se già negli anni precedenti aveva incominciato a mostrare piccoli segnali di cedimento. Vince il Giro ma con grande fatica e per appena 12 secondi. Molto meglio gli va al Tour perché il secondo classificato termina a poco più di 8 minuti da lui: quello è il vantaggio più basso fatto registrare dal belga nei suoi cinque vittoriosi Tour, anche se Merckx anche in quest’occasione è riuscito a fare valere una marcia decisamente superiore a quella degli avversari.

Il Giro più bello e appassionante del dopoguerra.

Così i giornalisti dipinsero l’edizione della Corsa Rosa terminata il 9 giugno a Milano, vinta per la quinta volta in carriera da Eddy Merckx. Ma stavolta il belga aveva faticato come non mai e il ricordo dei patimenti del Tour del 1971 al confronto sembrav impallidire. Nella cronometro di Forte dei Marmi si era visto il solito Merckx ma sulle numerose e difficili salite disseminate lungo il percorso da Torriani le aveva sempre prese, prima dallo spagnolo Josè Manuel Fuente sui monti Faito, Carpegna e Generoso, poi dal giovane neoprofessionista Gianbattista Baronchelli nella tappa di Sanremo, pure sul Generoso e soprattutto sulle Tre Cime di Lavaredo. All’ultimo chilometro dell’impennata dolomitica aveva virtualmente perduto la maglia rosa e sarà soltanto facendo ricorso all’orgoglio che riuscirà a raschiare il fondo del suo serbatoio d’energie e trovare la forza di salvare il suo Giro, anche se per soli 12 secondi, il secondo minor distacco fra primo e secondo della storia del Corsa Rosa.

Ci sono appena 18 giorni tra la fine del Giro e l’inizio del Tour e molti cominciano a pregustare un altro grande spettacolo, alla luce di quanto successo in Italia, anche perché Merckx potrebbe non avere recuperato, pur essendo ancora considerato come il principale favorito per la vittoria finale. Si fregano le mani e cominciano ad affinare le armi i rivali del belga, a cominciare dai corridori di casa Cyrille Guimard, Bernard Thévenet e Raymond Poulidor; anche il belga Lucien Van Impe punta a mettere in difficoltà il connazionale mentre la “bestia nera” di Merckx al Tour, lo spagnolo Luis Ocaña, non potrà difendere il titolo di vincitore della corsa conseguito nel 1973 (l’anno prima il cannibale aveva puntato sulla doppietta Vuelta-Giro, riuscendo a far sue entrambe le corse) perchè una frattura al gomito rimediata al Tour de l’Aude gli impedisce di essere al via. Nonostante ciò i corridori spagnoli saranno ugualmente grandi protagonisti, in particolare con il galiziano Vicente López Carril e il sorprendente cantabrico Gonzalo Aja, rivelazione della corsa. Assente per infortunio è anche l’olandese Joop Zoetemelk (frattura cranica al Midi-Libre), mentre l’Italia schiera dieci corridori, i più illustri dei quali sono Wladimiro Panizza e il futuro vincitore del Giro Fausto Bertoglio.

L’inizio è subito nel segno del cannibale perché Merckx vince il cronoprologo di Brest percorrendo i primi 7 Km del Tour 1974 in poco meno di 9 minuti, alla media di 47.828 Km/h. Sei sono i secondi che lo separano dallo spagnolo Jesús Manzaneque (fratello di quel Fernando che al Tour di dieci anni prima era stato protagonista di una memorabile scazzottata con Vito Taccone), mentre a otto secondi si piazza il suo compagno di squadra Joseph Bruyère. Scendendo lungo il primo ordine d’arrivo s’incontrano Thévenet a 23”, Bertoglio a 28”, Aja e Poulidor a 33”, Panizza a 34”, López Carril a 38”, Van Impe a 40” e Guimard a 48”.

Il giorno successivo il belga si lancia anche alla caccia degli abbuoni, riuscendo anche a mettersi in tasca una dozzina di secondi in bonificazioni che però non gli consentiranno di tenersi sulle spalle la maglia gialla. A sera a vestire le insegne del primato è, infatti, il suo luogotenente Bruyère, accodatosi alla fuga intrapresa dal connazionale Herman Van Springel e da Ercole Gualazzini, che s’impone sul traguardo di Saint-Pol-de-Léon conquistando quella che sarà l’unica vittoria italiana in questa edizione del Tour. Il gruppo con Merckx conclude con 22” secondi di ritardo e di 16” è il vantaggio con il quale Bruyère si ritrova in testa alla classifica, precedendo il proprio capitano.

L’indomani è previsto uno storico sconfinamento perché mai il Tour aveva fatto scalo nel Regno Unito, raggiunto con un breve volo aereo sopra la Manica. Disputata la facile tappa di Plymouth – terminata con il successo allo sprint del 22enne olandese Henk Poppe (è il più giovane tra i corridori in gara) e caratterizzata da una brutta caduta di Guimard, giunto al traguardo con più di sei minuti di ritardo – la carovana della Grande Boucle fa velocemente ritorno in patria per un’altra frazione destinata alle ruote veloci, diretta a Saint-Malo, dove s’impone il belga Patrick Sercu. Qui si assiste a una volata da brividi per colpa di un operatore della televisione francese, che sporgendosi troppo colpisce il francese Régis Delépine, il quale cade trascinando a terra altri cinque corridori, tra i quali il belga Cees Priem – che riporta la frattura del bacino – e lo sfortunato Guimard.

Intanto, grazie agli abbuoni in palio ai traguardi volanti, Merckx sta riducendo sempre più le distanze da Bruyère. Dopo la tappa di Plymouth aveva 10” secondi da recuperare, diventati solo due a Saint-Malo prima del “sorpasso” avvenuto nella tappa di Caen, nuovamente conquistata dal connazionale Sercu davanti agli olandesi Gerben Karstens e Albertus Hulzebosch, entrambi successivamente retrocessi, il primo per non essersi presentato al controllo antipoding (con consuente penalizzazione di 10 minuti) e il secondo per una scorrettezza allo sprint. E così Merckx, che come cannibale non conosce mai crisi (ma forse gli bruciano ancora i dodici secondi del Giro e vuole premunirsi), s’è ripreso il simbolo del comando con 4” su Bruyère e 18” su Sercu.

Il mattino successivo, però, la giuria si rimangia la decisione presa su Karstens, che non era riuscito a raggiungere il luogo del controllo antidoping per una colpa non sua, reinserendo al suo posto dell’ordine d’arrivo e annullando la penalizzazione di 10 minuti, decisione che lo riporta al secondo posto della classifica con due secondi ritardo da Merckx. Il gap a sera sarà colmato sul traguardo di Dieppe, dove il belga Ronny De Witte anticipa di nove secondi la volata del gruppo (ancora regolato da Sercu) e Karstens riesce grazie agli abbuoni a portarsi al vertice della classifica con lo stesso distacco che aveva al mattino da Merckx, ma a ruoli invertiti.

Si arriva in Belgio, dove il “cannibale” ha in programma di riprendersi la maglia gialla, ma non sarà lui il belga a vestirla perché sul traguardo di Harelbeke, dove s’impone il francese Jean-Luc Molinéris, Karstens viene raggiunto in vetta alla classifica da Sercu, con i due corridori classificati con il medesimo tempo e la maglia assegnata al secondo in virtù dei migliori piazzamenti conseguiti nei giorni precedenti. La stessa situazione si verifica nel pomeriggio perché, dopo la semitappa a cronometro a squadre, Merckx e Karstens si ritrovano paritempo al comando e stavolta la miglior classifica a punti premia l’olandese. A consolazione Merckx può guardare soddisfatto al tempo guadagnato sui principali avversari nella cronosquadre, vinta dalla Molteni, perché ora si ritrova ad avere 1’13” su Thévenet, 1’20” su Aja, 1’22” su Poulidor, 1’23” su Panizza, 1’26” su López Carril e 1’29” su Van Impe, mentre tra i favoriti della vigilia Guimard, 99° a 7’29”, è l’unico a vedere compromesse le possibilità di competere per la vittoria finale.

Una foratura, il giorno dopo, permette a Merckx di mettere nuovamente le mani sulla maglia gialla, indumento che nessun altro gli porterà via da qui a Parigi. Succede tutto a poche centinaia di metri dal traguardo di Châlons-sur-Marne (l’odierna Châlons-en-Champagne) quando il tubolare di Karstens improvvisamente si affloscia mentre il belga è già lanciato verso la volata, che conquista dopo aver racimolato sei secondi di abbuono a uno sprint intermedio. Ora, grazie anche alla bonificazione di venti secondi spettante al vincitore, si ritrova nuovamente in prima posizione, con Sercu secondo a 7” e lo sfortunato olandese terzo a 18”.

Guimard, che già nelle volate di Caen e Dieppe aveva fatto capire d’essersi immediatamente ripreso dal doppio capitombolo dei giorni precedenti piazzandosi rispettivamente quarto e terzo, va a segno nella semitappa di Chaumont, seguita da una seconda frazione diretta a Besançon dove coglie la vittoria Sercu, protagonista sfortunato al mattino per una caduta avvenuta subito prima dell’arrivo.

Si arriva così alle Alpi, introdotte da una tappa di media montagna che si conclude a Gaillard presso gli stabilimenti di Aspro, l’azienda farmaceutica che sponsorizza il servizio sanitario del Tour e il cui nome compare sulle ambulanze al seguito e sull’auto del medico di corsa. Proprio a ridosso del finale di gara è prevista la breve ma ripida ascesa al Mont Salève sulla quale Eddy mette una bella ipoteca sulla vittoria finale, seppur non definitiva: al suo scatto resistono cinque corridori – dai quali si stacca per una foratura López Carril, che perde 18” – che il “cannibale” batte in volata precedendo nell’ordine Panizza, Poulidor, il portoghese Joaquim Agostinho e Aja. Tra gli altri big Van Impe termina nel primo gruppo inseguitore, giunto a Gaillard con quasi due minuti e mezzo di ritardo, mentre Bertoglio accusa un passivo di circa sei minuti. La delusione principale arriva da Thévenet, che alla partenza di questa frazione era l’avversario di Merckx meglio posizionato in classifica e che su un percorso non particolarmente difficile ha perduto 8’34”, concludendo la tappa nello stesso gruppo di Guimard.

La seconda frazione alpina presenta un percorso paragonabile a quello della tappa di Gaillard. Al posto del Salève c’è l’impegnativo Mont du Chat, sul quale Merckx viene staccato da Poulidor e si ritrova a pagare un ritardo di più di un minuto dal corridore più amato dai francesi. In discesa – la stessa della disastrosa caduta dell’australiano Richie Porte al Tour del 2017 – il belga si scatena e, con l’aiuto dello spagnolo naturalizzato francese Mariano Martínez riesce non solo a rientrare su “Poupou” ma anche a raggiungere il sempre più sorprendente Aja, che in cima alla salita aveva due minuti su Eddy. Come il giorno prima si porta gli avversari sin sul traguardo di Aix-les-Bains e li precede anche stavolta regolando Martínez, mente Poulidor e Aja concludono rispettivamente in terza e quarta posizione. Dietro a questo quartetto è un altro stillicidio di minuti: nel primo gruppo inseguitore, giunti al traguardo con un minuto più tardi, ci sono gli italiani Bertoglio e Panizza oltre a López Carril; Van Impe perde quasi quattro minuti mentre ne accusa quasi otto un Thévenet ancora sofferente e che forse si sta ancora portando dietro i postumi del “fuoco di Sant’Antonio” che l’aveva colpito durante la Vuelta ad aprile.

Dopo il primo giorno di riposo si disputa l’unico vero e proprio tappone previsto sulle Alpi, lungo quasi 200 Km e che ha il traguardo fissato a Serre-Chevalier dopo esser saliti ai quasi 2600 metri del Galibier. Pure questo traguardo vede il belga allungare ulteriormente sui rivali, dimostrando di trovarsi in una condizione migliore di quella del Giro d’Italia, anche se non ha più la forza per provocare i “distacconi” visti nei primi due Tour vinti. Non è lui, però, a conquistare il tappone perché López Carril lo ha anticipato di 54” in una frazione nella quale gli spagnoli sono stati ancora protagonisti, con Francisco Galdos e Aja che hanno terminato subito dietro il belga. Panizza si conferma intanto il migliore della pattuglia azzurra conquistando il sesto posto a 2’23” da López Carril, mentre la vera vittima di questa giornata è Poulidor, che per sua ammissione ha patito il giorno di riposo e oggi ha accusato 6’17” di ritardo. Per quanto gli altri corridori più interessanti Van Impe ha lasciato sulle strade alpine più di nove minuti, l’italiano Bertoglio, due giorni prima tra i protagonisti, ha perduto più d’un quarto d’ora mentre non è più in corsa Thévenet, che ha preferito prendere la strada di casa.

Non è finita qua perché è prevista una quarta frazione alpina che prevede l’arrivo a Orange dopo aver affrontato un “babau” che risponde al nome di Mont Ventoux, del quale si torna ad affrontare in salita il temuto versante di Bédoin. Ma stavolta il “Gigante della Provenza”, che aveva fatto passare un brutto quarto d’ora a Merckx quattro anni prima, scivola letteralmente via senza problemi, forse complici anche gli oltre 74 Km che bisogna percorrere per andare al traguardo dopo lo scollinamento. La velocità si alza solo negli ultimi 6 Km d’ascesa, ma per opera di corridori poco pericolosi, poi mille metri più avanti scatta Aja, che va a conquistare uno dei colli più prestigiosi del Tour prima di essere raggiunto in discesa. A quel punto riesce ad andare via una fuga di corridori fuori classifica, che si presenta al traguardo – dove s’impone il belga Joseph Spruyt – con 41” secondi di vantaggio sul gruppo principale, composto di una sessantina di corridori e regolato da un velocista, il francese Jacques Esclassan, a testimonianza dei pochi danni provocati stavolta dal Ventoux e, forse, da una certa rassegnazione degli avversari di Merckx. Probabilmente si sperava che, dopo quanto successo al Giro, a questo punto la classifica avesse una fisionomia ancora da delineare e invece ci si deve arrendere all’evidenza di un Merckx saldamente alle redini della corsa francese, con 2’01” su Aja, 3’13” su López Carril, 5’20” su Panizza, 5’55” su Agostinho, 6’44” su Galdos e 7’30” su Poulidor, mentre Van Impe, che sperava alla partenza di mettere alla frusta Merckx come aveva fatto nel 1971, si ritrova sul gruppone un ritardo di 17’41”.

Dopo le quattro frazioni alpine altrettante ne sono previste sui Pirenei, dalle prime separate da un paio di tappe di trasferimento poco impegnative, la prima delle quali termina a Montpellier con una volata di gruppo vinta da Barry Hoban, il corridore britannico che era stato compagno di squadra di Tom Simpson e che due anni dopo la sua tragica scomparsa sul Ventoux ne aveva sposato la vedova.

La fuga va, invece, in porto nella tappa di Colomiers, che vede il francese Jean-Pierre Genet tagliare il traguardo quasi un minuto prima dell’approdo del gruppo, nel quale manca l’italiano Attilio Rota, costretto al ritiro da una clamorosa “papera” di uno degli autisti della sua formazione, che guidava l’ammiraglia sulla quale il corridore bergamasco stava raggiungendo il raduno di partenza di Lodève. Lo stesso giorno, infatti, partiva anche il Tour de l’Avenir e il traffico di ammiraglie verso l’altro raduno di partenza, previsto a Mazamet, traeva in inganno l’autista che si dirigeva erroneamente verso l’altra cittadina e, accortosi dell’errore, velocemente faceva retromarcia in direzione di Lodève, troppo tardi perché i due arrivavano a destinazione a partenza oramai avvenuta.

I Pirenei debuttano dopo il secondo riposo con doppio sconfinamento, dovendosi attraversare il principato d’Andorra prima di giungere al traguardo spagnolo di Seo de Urgel, preceduto di una cinquantina di chilometri dall’unica salita prevista, quella che conduce ai quasi 2400 metri del Col de l’Envalira. È un percorso non troppo difficile che riduce il gruppo alla quindicina di corridori che piombano sul rettilineo d’arrivo dove Merckx mette il puntino sulla “i” della sua supremazia: sua è anche questa volata, ottenuta davanti a Martínez, al belga Michel Pollentier e agli altri componenti di questo gruppetto, nel quale ci sono Panizza, López Carril, Aja e Poulidor, incappato in una caduta senza conseguenze a pochi passi dall’arrivo.

Il cannibale in salita non è comunque più quello di prima, soprattutto se viene accattato a fondo. Lo dimostreranno il giorno successivo Poulidor e López Carril all’arrivo in salita al Pla d’Adet raggiunto al termine di un tappone di 209 Km che ha in programma complessivamente cinque impegnative ascese: il Port del Cantó sterrato in partenza, poi gli oltre 2000 metri della Bonaiuga e quindi i tradizionali colli del Portillon e del Peyresourde prima dell’ascesa finale, inedita per il Tour. Frenato da una foratura proprio nel finale, il belga si vede scappar via lo spagnolo per 1’08” mentre 1’49” è il vantaggio con il quale si presenta al traguardo il francese, che ancora rimpiange i minuti persi sul Galibier, senza i quali forse oggi avrebbe potuto rimettere in discussione il primato di Merckx. Quest’ultimo, dal canto suo, ha terminato in quinta posizione ed ha aumentato il suo vantaggio sugli altri rivali, il più vicino dei quali al belga è stato Panizza, che nell’ordine d’arrivo lo segue per 16 secondi; peggio è andata ad Aja, che non è riuscito a tenere il suo passo, a differenza di quanto dimostrato nelle tappe precedenti, e ha perduto un paio di minuti.

Non sono finite le sofferenze per Merckx, che le “busca” anche sul Tourmalet e stavolta non solo da “Poupou”. È sempre il francese quello che ottiene il vantaggio maggiore, in una giornata doppiamente trionfale per i francesi per il successo di Jean-Pierre Danguillaume, ma anche Panizza e Van Impe riescono a rosicchiare qualcosa al belga, seppur trattandosi sempre di distacchi contenuti che poco graffiano lo scudo di molti minuti che il cannibale continua ad avere in classifica: 42 secondi guadagna Poulidor, una ventina ne incamera Panizza e poco meno Van Impe. Perdono entrambi gli spagnoli di classifica, ma mentre per López Carril lo svantaggio è quasi nullo (un solo secondo) Aja bissa la prestazione in negativo del giorno prima e perde ancora 1’41”.

Anche il giorno successivo si deve affrontare il Tourmalet, che nuovamente vede Poulidor all’attacco e Merckx staccato. Stavolta, però, il percorso gioca a favore del belga, che riesce a rientrare in discesa e non viene più messo in difficoltà dal transalpino sul successivo Soulor, ultima grande salita del Tour 1974. Definitivamente chiusi lassù i giochi di classifica, riesce nel finale a sganciarsi una fuga, che vede sul traguardo di Pau Danguillaume ottenere un prestigioso bis consecutivo.

Archiviati i Pirenei, ora il gruppo intraprende ora l’ultima parte del suo cammino verso Parigi, dalla quale ancora lo separano sei frazioni, due delle quali sono a cronometro e permetteranno al belga di tornare a far lievitare il suo vantaggio che, a questo punto, risulta di 2’25” su López Carril, di 5’18” su Poulidor, di 5’33” su Panizza e di 6’01” su Aja. La prima delle prove contro il tempo è in programma l’indomani a Bordeaux, dopo che nello stesso giorno nella metropoli sulla Gironda si è conclusa una semitappa vinta dal francese Francis Campaner, giunto solitario al traguardo con un vantaggio di quasi un quarto d’ora sul gruppo, fermato un paio di volte da manipoli di contadini in rivolta contro la politica agricola attuata dal governo. Il pomeriggio va in scena il solito cronoshow di Merckx, che in quest’occasione fa anche da “cavia” scendendo in campo con un apparecchio che ne capta e registra le reazioni del cuore, antesignano degli odierni cardiofrequenzimetri: il suo è ancora il cuore di un campione nelle sfide contro l’orologio (due anni prima aveva conquistato il record dell’ora), che sui 12 Km e rotti del circuito di Bordeaux gli consente di prevalere per due secondi su Pollentier e per 13” sul neoprofessionista olandese Gerrie Knetemann. Tra i corridori che lo “inseguono” in classifica Poulidor vede il cannibale allontanarsi di altri 20 secondi, Aja di 52”, Panizza e López Carril di 57”, tutti entro il minuto di ritardo.

A Merckx, però, manca qualcosa. Vuole una vittoria in solitaria che gli ricordi il sapore delle imprese di una volta e decide di mettere in pratica questo desiderio alla penultima tappa, preceduta da una frazione di trasferimento che termina a Nantes con il successo in solitaria dell’olandese Gerard Vianen. Sarà forse stata quest’affermazione a ispirare il “cannibale”, o forse i quasi 15 minuti di vantaggio con i quali era giunto al traguardo Campaner in quel di Bordeaux un paio di giorni prima. Fatto sta che il belga s’inventa una delle sue imprese presentandosi tutto solo al traguardo di Orléans, che taglia un minuto e mezzo primo dell’arrivo di tutti gli altri, regolati allo sprint da Sercu. Si pensa “è tornato il cannibale e adesso si papperà anche la crono” perché quella vinta dal belga è soltanto la prima semitappa di una giornata che nel pomeriggio prevede una prova contro il tempo di 37 Km. Così non sarà, però, perché Merckx ha chiesto troppo al suo fisico e ha finito per strozzarsi con le sue stesse mani e ciò gli costa perdere la cronometro per soli 10 secondi. Di tanto l’ha sopravanzato il connazionale Pollentier e, a guardar la faccia contrariata di Eddy al traguardo, non era certamente quanto auspicata dal campionissimo belga, che ambiva a far sue entrambe le semitappe. Alle sue spalle, intanto, divampa la lotta per le posizioni di rincalzo con Pollentier che ha da recuperare ben due minuti e sedici secondi da López Carril e riesce a distaccarlo della stessa quantità di tempo con l’aggiunta di un secondo che gli consente di ribaltare la sua posizione in classifica per un amen.

Ora rimane solo la tappa conclusiva di Parigi, che per l’ultima volta terminerà sulla pista della Cipale perché dall’anno successivo si stabilirà di arrivare sugli Champs-Élysées. Ci si aspetta un arrivo in volata e, con tutta probabilità, un’affermazione del più forte velocista del gruppo, quel Sercu che lascia il segno anche nella capitale francese. Ma stavolta la sua non è una volata perfetta perchè ha ostacolato il connazionale Gustaaf Van Roosbroeck e così la giuria si vede costretta a retrocederlo e a decretare vincitore chi era transitato in seconda posizione sul traguardo disegnato all’interno del velodromo di Vincennes: sua maestà Eddy Merckx, che mette un’altra ciliegina sul suo ultimo Tour, vincendolo con 8′04″ su Poulidor e 8′09″ su López Carril.

L’anno successivo Merckx sarà protagonista di un inizio di stagione travolgente che lo vede vincitore prima al Giro di Sardegna, poi alla Sanremo, all’Amstel, alla Settimana Catalana, al Fiandre e alla Liegi. Al Tour s’interromperà la sua egemonia nei prologhi, preceduto per due secondi da Moser a Charleroi, poi vincerà le prime due crono individuali, grazie alle quali tornerà a vestire la maglia gialla, che riuscirà a tenere sui Pirenei nonostante il tempo guadagnato da Thévenet. La situazione per il belga si complicherà sul Puy de Dôme, dove viene colpito da un pugno di un “tifoso” all’atezza del fegato, un colpo per le cui conseguenze soffrirà terribilmente due giorni più tardi nello storico tappone di Pra-Loup, che lo vede cedere definitivamente le insegne del primato a Thévenet.

Da questo momento la parabola discendente del grande campione si farà sempre più scoscesa: terminerà quel Tour in seconda posizione al 2’47” dal francese, poi – dopo l’ultima delle sette affermazioni alla Sanremo – si piazzerà ottavo al Giro del 1976 (a 7′40″ da Gimondi), sesto al Tour del 1977 (a 12’38” da Thévenet) e addirittura ultimo al mondialiale disputato lo stesso anno a San Cristóbal, in Venezuela. È la classica goccia che fa traboccare il vaso perché questa è una figuraccia che fa passar la fame anche un cannibale: è così il 18 maggio del 1978 convoca la conferenza stampa nella quale annuncia il suo immediato ritiro dalle gare, nonostante avesse in programma di disputare il Tour.

Il cannibale ha finito di mangiare

Mauro Facoltosi

La vittoria di Merckx a Gaillard (Miroir Sprint)

La vittoria di Merckx a Gaillard (Miroir Sprint)

Commenta la notizia