BATTI UN CINQUE – 1969, IL PRIMO TOUR DI MERCKX
Arriva Merckx al Tour e non ce n’è per nessuno. Si porta addosso la rabbia per la “cacciata” dal Giro d’Italia e la mette tutta nei pedali, riuscendo a imporsi in classifica, al suo primo Tour, con oltre un quarto d’ora di vantaggio sul corridore giunto secondo, l’italo-francese Roger Pingeon. E nasce così la leggenda del “cannibale”.
Merckx contro tutti.
Contro i più quotati avversari, contro sé stesso, contro le recenti vicende che l’hanno visto esplulso dal Giro d’Italia dopo esser stato scoperto positivo a un controllo antidoping, un verdetto che lui ha sempre rigettato e che ha suscitato parecchie perplessità anche tra i suoi colleghi e tra molti giornalisti. La stessa Unione Ciclistica Internazionale gli è venuta incontro, riducendo di qualche giorno la sospensione di un mese dalle corse per permettergli di essere al via del Tour che scatta il 28 luglio da Roubaix tra mille dubbi.
Quasi un mese senza gare avrà intaccato la tenuta del belga in una corsa di tre settimane? Sapranno i suoi più accreditati rivali approfittarne di questa particolare situazione? Oltre a Merckx ci sono almeno tre corridori che si presentano ai nastri di partenza con velleità di vittoria finale, a cominciare da Jan Janssen, che l’anno prima si era imposto nella classifica finale ed era stato il primo olandese a riuscirci. L’Italia è rappresentata da Felice Gimondi, che il Tour l’ha vinto quattro anni prima, e un pochino anche dal francese Roger Pingeon, che ha vinto nel 1967 e che ha profonde radici piemontesi essendo la nonna materna originaria di Bernezzo, piccolo centro alle porte di Cuneo. Altri nomi interessanti sono quelli del francese Lucien Aimar (primo al Tour del 1966 ma che corre in squadra con il vincitore uscente Janssen), del suo connazionale Raymond Poulidor e del “vecchio” connazionale di Merckx Rik Van Looy (35enne, si ritirerà l’anno successivo), mentre tra gli altri azzurri risalta la presenza di Marino Basso, Michele Dancelli, del campione olimpionico in carica Pierfranco Vianelli, di Dino Zandegù, del due volte vincitore del Giro Franco Balmamion e di Wladimiro Panizza. Ci sono anche tre giovani corridori che saranno in futuro protagonisti della corsa francese come lo spagnolo Luis Ocaña, il belga Lucien Van Impe e il portoghese Joaquim Agostinho.
Su tutti, però, si abbatterà come una mannaia il furore di Merckx, che deve ancora smaltire la rabbia dell’esclusione dalla Corsa Rosa e la metterà tutta nei pedali, unitamente alla classe che lo contraddistingue: a Parigi il secondo classificato accuserà 17’54” di ritardo!!! E pensare che era totalmente digiuno di Tour, corsa alla quale prendeva parte per la prima volta in carriera.
Vorrebbe subito la maglia gialla Merckx, anche perché dopo il cronoprologo di Roubaix è in programma uno sconfinamento in Belgio e ci tiene da matti a indossarla orgoglioso davanti ai suoi tifosi. Riuscirà a farlo, ma solo il giorno dopo perché nella breve crono con arrivo nel celebre velodromo il tempo migliore è quello del tedesco Rudi Altig, che precede l’agguerrito belga di sette secondi. Tra i corridori più attesi Gimondi è 5° a 21”, Poulidor 6° a 22”, Janssen 9° a 27” e Pingeon 12° a 32”.
Il giorno successivo sono previstedue semitappe, entrambe con arrivo a Woluwe-Saint-Pierre, cittadina situata pochi chilometri a sud-est di Bruxelles. La frazione mattutina non è particolarmente impegnativa – c’è il Muro di Grammont, ma a un’ottantina di chilometri dall’arrivo – e termina con una volata di gruppo vinta dal vicentino Marino Basso davanti a Janssen, che riesce così a racimolare l’abbuono di 10 secondi riservato al secondo. Non è stata comunque una passeggiata, perché per due volte aveva tentato la fuga – prima da solo e poi in un gruppetto nel quale c’erano Gimondi, Dancelli e Janssen – un voglioso Merckx, che dovrà attendere la cronosquadre pomeridiana per far sua la maglia gialla. Si corre su di un circuito di 8 Km che deve essere ripetuto due volte e che prevede l’assegnazione di abbuoni al posto dei reali distacchi, che vengono comunque registrati dai cronometristi: nove sono i secondi con i quali la Faema di Merckx precede la BIC di Janssen e la Salvarani di Gimondi e Altig, mentre la Peugeot di Pingeon è 5a a 26” e la Molteni di Basso (la formazione nella quale il “cannibale” passerà nel 1971) 7a a 48”. E ora le prime piazze della classifica s’invertono con lo scambio di posizioni tra Merckx e Altig, separati da 8”, mentre si conferma al terzo posto Janssen, staccato di 20”.
Prima di far rientro in Francia è prevista una movimenta tappa sulle strade della Vallonia diretta alla cittadina olandese di Maastricht. I saliscendi ispirano un tentativo di otto corridori, tra i quali ci sono il secondo e il terzo della classifica, che rimangono in avanscoperta per una sessantina di chilometri. La squadra di Merckx controlla agevolmente e alla fine concede spazio a un gregario del belga, il connazionale Julien Stevens, uscito dal gruppo sulla “côte” piazzata a nove chilometri dal traguardo assieme ad altri tre corridori, tra i quali c’è Balmamion. Ed è proprio Stevens a far sua la frazione, riuscendo anche a conquistare la maglia gialla con 12 secondi di vantaggio sul suo capitano.
La tappa che riconduce il Tour in patria ripercorre nuovamente le colline della Vallonia per poi approdare a Charleville-Mézières dove – dopo la lunga fuga da lontano del belga Jozef Timmermann, arrivato ad accumulare fino a 18 minuti di vantaggio – si assiste al secondo arrivo allo sprint di questa edizione del Tour, nel quale Basso si deve stavolta accontentare del secondo posto, preceduto dal belga Eric Leman.
Anche la successiva frazione di Nancy, molto più semplice e lineare della precedente, dovrebbe secondo le previsioni terminare in volata. A un certo punto, invece, ci prova a sorpresa Pingeon e l’immediata reazione di Merckx è così forte provocare una temporanea selezione del gruppo dei migliori, nel quale rimangono anche Gimondi, Dancelli, Janssen e Poulidor. Tornate calme le acque in gruppo, quando mancano quasi 120 Km al traguardo se ne esce tutto solo il “vecchio” Van Looy, che indisturbato arriva a guadagnare fino a 12’25” di vantaggio, vestendo virtualmente per un lungo tratto la maglia gialla, per poi presentarsi al traguardo di Nancy con una quarantina di secondi su un gruppetto di sette corridori nel quale ci sono due italiani (Zandegù, terzo, e Panizza, che si porta al quinto posto della classifica) e Stevens, uscito per difendere la sua maglia gialla e riuscito a distanziare di poco più di un minuto il grosso del gruppo. Ora il belga ha portato il suo vantaggio in classifica su capitan Merckx a 1’37”, mentre al secondo posto è risalito un altro corridore riuscito ad avvantaggiarsi nel finale, il francese Désiré Letort, 2° a 1’28”.
La tappa di Mulhouse propone le prime salite di una certa consistenza, anche se non sembrano ostacoli insormontabili i colli della Schlucht e di Firstplan, leggeri antipasti all’arrivo in salita al Ballon d’Alsace previsto per il giorno successivo. Bastano, però, per cambiare il volto della maglia gialla perché Stevens si presenta al traguardo tre minuti e mezzo dopo l’arrivo del vincitore, il portoghese Agostinho, andato in fuga sulle salite e giunto a Mulhouse con 18” di vantaggio sul gruppo dei migliori, selezionatosi a una ventina di elementi dopo che Merckx era riuscito leggermente ad avvantaggiarsi sul Firstplan. Il nuovo capoclassifica è il corridore che alla partenza da Nancy era secondo, il francese Letort, che ha 9” su Merckx, 17” su Altig e 23” su Panizza.
La prima tappa di vera montagna è lunga soli 133 Km e prevede entrambi i celebri “ballons”, il “Grande” a quarantina di chilometri dalla partenza e poi l’arrivo in quota su quello d’Alsazia, sul quale i riflettori sono tutti puntati su Merckx. Dopo un tentativo del belga in partenza, subito abortito, Eddy cambia tattica e preferisce attendere la salita finale, mentre Gimondi si trova a inseguire a causa di una foratura. Ai piedi del Ballon d’Alsace con il belga sono rimasti in quattro, l’olandese Marinus Wagtmans, il suo connazionale Roger De Vlaeminck (passato professionista proprio quell’anno), il tedesco Altig e lo spagnolo Joaquim Galera, ultimo a cedere: negli ultimi chilometri dell’ascesa dei Vosgi Merckx riesce a scavare un grosso fossato tra sé e gli avversari e si presenta al traguardo con 55” sull’iberico e 1’55” sul tedesco Altig. Bisogna poi attendere più di quattro minuti per assistere al passaggio dal traguardo del gruppetto nel quale ci sono Janssen, Gimondi, Pingeon e Poulidor e questo punto molti già suonano il “De Prufundis” per il successo finale di questi campioni: Merckx, infatti, è tornato in giallo con 2’03” su Altig, 4’41” su Janssen, 4’50” su Gimondi, 4’56” su Poulidor, 5’06” su Pingeon e, con Alpi e Pirenei ancora da affrontare e altre tre tappe contro il tempo in calendario, pare impossibile detronizzare il belga, lanciatissimo verso il suo primo Tour.
Anche perché Merckx intende allungare ancora e lo farà alla prima occasione utile, il giorno dopo la tappa di trasferimento che da Belfort conduce a Divonne-les-Bains, dove va in porto per la seconda volta una fuga da lontano con successo dello spagnolo Mariano Díaz. Nella stessa cittadina ci si ferma l’indomani mattina per una mini cronometro di circa 9 Km, rivincita del prologo disputato una settimana prima a Roubaix e che ha gli stessi protagonisti, ma a ruoli invertiti: a vincere stavolta è proprio Merckx, che ha la meglio per appena due secondi su Altig. Il pomeriggio dello stesso giorno si disputa una seconda semitappa alla volta di Thonon-les-Bains, dove s’impone l’italiano Dancelli, “costretto” ad andare in fuga ben due volte perché il primo tentativo era stato ripreso per colpa di Pingeon, anche lui lanciatosi all’attacco causando la pronta reazione di Merckx, che era andato a riprendere prima il francese e successivamente il bresciano.
Le Alpi si affrontano in tre round e il primo è il meno impegnativo, essendo anche quella di Chamonix una tappa di montagna breve, 111 Km con le difficoltà concentrate nel finale quando, attraversando la Svizzera, si devono affrontare le salite ai colli della Forclaz e di Montets. Dopo il tentativo stoppato il giorno prima qualcuno si attende ancora Pingeon in azione e l’italo-francese ci prova nuovamente, stavolta quando mancano poco meno di 2 Km alla vetta della Forclaz, punto nel quale il gruppo dei migliori è già selezionato e sono leggermente staccati Janssen e Gimondi. All’accelerazione di Roger resiste solo Eddy, in compagnia del quale viaggia fino al traguardo posto ai piedi del Monte Bianco, dove il belga viene a sorpresa battuto allo sprint da Pingeon, un minuto e mezzo prima dell’arrivo del primo gruppetto inseguitore, nel quale ci sono Van Impe, Poulidor e gli spagnoli Andrés Gandarias, Francisco Galdos e Santiago Lazcano. A 2’13” Janssen e Gimondi tagliano appaiati la linea d’arrivo: se ci fossero stati ancora dubbi, questa è la conferma di un Tour che sta viaggiando verso un autentico trionfo per Merckx.
E non si è ancora arrivati al primo dei due tapponi, disegnato per 220 Km tra Chamonix e Briançon, dove si giunge dopo esser saliti prima ai quasi 2000 metri del Col de la Madeleine, inserito quest’anno per la prima volta nel percorso del Tour e sul quale i corridori troveranno anche la neve, e poi ai 2556 metri del Galibier, dove lo scollinamento è ancora previsto nella galleria sottostante il valico vero e proprio, all’epoca non ancora raggiunto da una strada (sarà realizzata dopo il 1976, quando il passaggio dal piccolo tunnel fu precluso a tutti a causa della sua “vetustà” e tale rimarrà fino al 2002). Stavolta, però, la selezione avviene prevalentemente da dietro, dopo diversi tentativi di Gimondi, la prima volta nella discesa dalla Madeleine per approfittare di una foratura di Merckx, poi con attacchi ripetuti sul Galibier, ai quali la maglia gialla replica sempre con prontezza per poi precedere il rivale allo sprint in cima al colle. Ripresi Eddy e Felice nel tratto iniziale della discesa, dal gruppo esce quindi Herman Van Springel, il corridore che l’anno precedente era rimasto al vertice della classifica fino alla penultima tappa per poi venire beffato per soli 38” nella conclusiva cronometro di Parigi. Il belga aumenta progressivamente il vantaggio fino a piombare sul traguardo con due minuti su Merckx, che oggi guadagna poco o nulla sugli altri rivali di classifica eccettuato Janssen, vittima di una pesante crisi che lo porta a incamerare un ritardo di oltre venti minuti.
C’è ancora un’ultima frazione alpina, che pare però disegnata al “contrario” perché le salite principali, i colli del Vars e d’Allos, devono essere affrontate nella prima metà di un tracciato che nel finale propone il piccolo Col du Corobin. Risulta, alla fine, molto più selettiva di quella del giorno prima anche perché, se il primato di Merckx sembra inattaccabile, ancora accesa è la lotta per il podio. Il primo a provarci è ancora Pingeon, che si muove sul Col d’Allos cogliendo inizialmente di sorpresa la maglia gialla. Dietro ai due spagnoli che in quel momento si trovano in testa alla corsa, Luis Pedro Santamarina e Gabriel Mascaro, si forma un gruppetto con Pingeon, l’altro iberico Gandarias, Gimondi e Merckx, che riesce a precederli di 45 secondi in vetta al passo prima di essere ripreso in discesa. Mascaro resiste da solo in testa anche sul Corobin, dopo il quale viene raggiunto da un duo scatenato, Eddy e Felice, che lo supera e si lancia verso un traguardo che vede il belga imporsi allo sprint sul bergamasco e altro tempo guadagnato in classifica dal corridore della Faema, che oggi ricaccia indietro Pingeon di 22”, mentre Poulidor incassa quasi tre minuti e un Janssen sempre più alla frutta paga un altro salato conto lasciando per strada quasi undici minuti. All’uscita dalla fase alpina Merckx è sempre più “padre padrone” del Tour, forte di 5’43” di vantaggio su Pingeon, 7’29” su Gimondi e 9’41” su Poulidor.
Protagonisti nella tappa di Dignes, il belga e il bergamasco si fanno notare anche in quella successiva di Aubagne, che sulla carta non pare stuzzicare più di tanto i corridori che puntano al successivo finale per il via di un tracciato non troppo accidentanto, che nel finale prevede la pedalabile ascesa verso il Col de l’Espigoulier. L’episodio decisivo avviene poco dopo il centesimo chilometro, quando Merckx scatta e tra i big solo Gimondi gli risponde. Nonostante l’affannoso inseguimento di Pingeon e Poulidor, i due attaccanti non vengono più ripresi e a guadagnare maggiormente è Gimondi, che vince la tappa precedendo allo sprint lo spagnolo Gandarias e, grazie al tempo recuperato al francese (1’23”), riesce ad arrivare ad un passo dal secondo posto di Pingeon, dal quale ora lo separano solo tre secondi.
Si viaggia ora in direzione dei Pirenei – eccezionalmente, così come nella successiva edizione, non sono previsti giorni di riposo – con un paio di tappe di trasferimento la prima delle quali si rivela decisamente problematica a causa del vento forte. Quando il “mistral” si trasforma in un’autentica tempesta l’organizzazione decide di neutralizzare la corsa per ben 30 Km, tratto che i corridori percorrono fuori gara con due file di ammiraglie a far loro da “paravento”. Ripresa la gara, si arriva senza altri intoppi allo sprint sul traguardo della Grande-Motte, dove s’impone il belga Guido Reybrouck su Janssen, che dopo esser uscito di classifica ha deciso di puntare ai successi parziali.
Un piccolo problemino per Merckx si palesa nella successiva tappa di Revel, che lo vede ricorrere alle cure del medico dopo esser stato punto da un’ape al polso. Pingeon, invece, è protagonista di un episodio senza conseguenze “penali”, ma che con i regolamenti odierni gli costerebbe l’immediata espulsione dalla corsa, quando prende a schiaffi il suo compagno di squadra Raymond Delisle, punendolo così per esser andato senza permesso in fuga, tentativo al quale si era aggiunto Poulidor provocando la reazione del gruppo. La giuria, invece, interviene per penalizzare di 15 minuti a cranio i cinque corridori che erano stati “pizzicati” positivi al controllo antidoping e tra questi c’è anche la prima maglia gialla, Rudi Altig. Intanto a imporsi per la seconda volta quest’anno è il portoghese Agostinho, che si era infilato nel fuga “lanciata” da Delisle e, dopo la fine di questa, aveva tentato la soluzione solitaria giungendo al traguardo con un paio di minuti di vantaggio sul gruppo.
Prima di avventurarsi sulle cime pirenaiche bisogna superare un altro esame a cronometro e a uscirne laureato a pieni voti è ancora Merckx, che sui 18 Km del circuito di Revel, caratterizzato dalla salita di Saint-Ferréol subito dopo la partenza, distacca di 52” Pingeon, di 55” Poulidor e di 59” Altig, unici a contenere il ritardo entro il minuto, mentre Gimondi perde 1’33” e vede allontanarsi il secondo posto in classifica.
I Pirenei vengono affrontati in due “rate” e la prima viene riscossa tra Castelnaudary e lo storico traguardo di Luchon transitando per le cime dei colli del Portet d’Aspet, del Menté – scoperto dal Tour solo tre anni prima – e del Portillon. A passare all’incasso è ancora una volta il belga che da undici giorni si trova stabilmente al vertice della classifica e che stacca i rivali sull’ultima ascesa, in vetta alla quale si presenta tre minuti e mezzo dopo il passaggio di Delisle – che oggi vincerà la tappa senza subire reprimende dal suo capitano, forse anche perché è il giorno della festa nazionale francese – e con 25” sul misero plotonicino nel quale si trovano Pingeon e Poulidor e qualche secondo in più su Gimondi. In discesa guadagna ancora portando a 42 secondi il vantaggio sui rivali e dilatando ulteriormente la sua supremazia.
La seconda rata pirenaica prevede il secondo e ultimo tappone della 56a edizione del Tour, una frazione che ricorda quella di Digne nel disegno perché le salite (Peyresourde, Aspin, Tourmalet e Aubisque) sono concentrate nella prima parte del tracciato, mentre nei rimanenti 75 Km verso il traguardo di Mourenx non s’incontra neppure un cavalcavia. È un percorso che scoreggerebbe qualsiasi scalatore ma non un corridore come Merckx, che oggi vuole mettere la “ciliegiona” sulla torta, una ciliega decisamente ricca di calorie, i 140 Km della fuga solitaria che il belga intraprende partendo sul Tourmalet, quando Gimondi è in crisi da qualche chilometro. È un’impresa che ricorda le cavalcate di Coppi, eccezionale al punto che la televisione belga – in sciopero da due giorni – decide di interrompere la protesta per permettere agli abbonati di assistere al tentativo del loro corridore, che dai 25” sui primi inseguitori registrati in fondo alla discesa del Tourmalet porta il suo vantaggio agli otto minuti con i quali si presenta al traguardo su Dancelli, secondo, e sul gruppetto nel quale ci sono Pingeon e Poulidor, mentre per l’arrivo di Gimondi bisogna attendere quasi quindici minuti. Fanno ancora più impressione i distacchi in classifica perché, alla luce del tappone, Merckx ha 16’18” di vantaggio su Pingeon e 20’43” su “Poupou”, che in seguito alla crisi del bergamasco – ora quarto a 12’46” – l’ha superato in classifica salendo sul gradino più basso del momentaneo podio.
Per due giorni il posto di Merckx al vertice degli ordini d’arrivo viene occupato dal britannico Barry Hoban, che riesce a infilarsi nella fuga giusta sia nella tappa di Bordeaux, sia in quella successiva di Brive-la-Gaillarde, in entrambe le occasioni imponendosi sui compagni d’avventura. Il sempre più affamato belga torna poi a sgranocchiare secondi sulla ripida ascesa al Puy-de-Dôme, secondo e ultimo degli arrivi in quota previsti quest’anno: scatta quando al traguardo mancano appena 300 metri e in quel breve lasso di strada riesce a rosicchiare altri 22” a Pingeon e 37” a Poulidor, mentre Gimondi soffre ancora e perde quasi due minuti. A sorpresa, in fuga da una settantina di chilometri e giunto al traguardo un minuto e mezzo prima di Merckx, a vincere questa tappa è Pierre Matignon, il corridore che di questo Tour era la “lanterne rouge”, l’ultimo corridore della classifica, primato che ha perduto proprio oggi con il tempo guadagnato in fuga perché la nuova “maglia nera” è diventata il suo connazionale André Wilhelm.
Alla vigilia della giornata conclusiva si disputa un’autentica maratona di 330 Km che punta dritta verso la capitale francese, da Clermont-Ferrand a Montargis su di un percorso prevalentemente pianeggiante. Forse per sdrammatizzare la mole di chilometri da percorrere l’olandese Wagtmans decide di organizzare un divertente scherzo, andando prima in fuga e poi, raggiunto un minuto di vantaggio e venuto a sapere che il gruppo lo stava inseguendo affannosamente, nascondendosi in un vicolo ai margini nel percorso in attesa del passaggio degli inseguitori, ai quali successivamente si accoda. Alla fine è un’altra fuga a riuscire ad andare in porto, coronata dal successo del belga Van Springel, che precede allo sprint “Harm” Ottenbros, il corridore olandese che una ventina di giorni più tardi conquisterà il campionato del mondo a Zolder succedendo nell’albo d’oro del mondiale a Vittorio Adorni.
L’ultima frazione è suddivisa in due semitappe e la prima serve solamente per ridurre le distanze dalla capitale francese e dare l’ultima opportunità ai cacciatori di tappe, occasione che viene colta dal belga Joseph Spruyt, che al traguardo di Créteil si presenta con 8” di vantaggio sui corridori che erano andati in fuga con lui.
L’ultimo atto è ancora a cronometro, sulla distanza di 38 Km e con l’arrivo sulla pista della “Cipale”, il velodromo situato a Vincennes, alle porte di Parigi, che dall’anno precedente aveva preso il posto del glorioso Parco dei Principi quale sede dell’ultimo traguardo del Tour. Anche questa vittoria finisce nel già ricco palmarès di Merckx, che dopo la “ciliegia” di Mourenx oggi mette la candelina sulla torta del suo successo e l’accende distanziando di 53” Poulidor e di 1’14” Pingeon. Tutte le fette se le papperà lui perché subito dopo salirà per ben sei volte sul podio: sue non sono solo la vittoria di tappa e la classifica generale, ma anche quelle dei Gran Premi della Montagna, a punti, della combattività e a squadre.
Si è mangiato tutto Merckx, il soprannome di “cannibale” è nato qui
Mauro Facoltosi
LE ALTIMETRIE