BATTI UN CINQUE – 1982, IL QUARTO TOUR DI HINAULT

luglio 5, 2020
Categoria: News

Il 1982 è la stagione della sesta doppietta Giro-Tour dopo le due di Coppi, quella di Anquetil e le tre di Merckx. Stavolta i guai al ginocchio che gli avevano impedito l’impresa nel 1980 sono solo un ricordo è così anche Hinault può iscrivere il suo nome nel ristrettissimo albo d’oro dei corridori riusciti a vincere prima la Corsa Rosa e poi la Grande Boucle nella medesima stagione.

Arriva la doppietta, finalmente.

L’aveva già messa in programma nel 1980, Bernard Hinault, ma il progetto si era arenato contro lo scoglio di un ginocchio che si era messo a far dolorose bizze mentre si trovava in testa alla classifica del Tour dopo aver conquistato il Giro. Così nel 1981 si era stabilita una marcia d’avvicinamento diversa al Tour e ora, dopo aver letteralmente dominato la corsa francese l’anno prima, si poteva tornare a prendere in considerazione la doppietta con la Corsa Rosa, un’impresa della quale finora erano stati capaci solo tre corridori, Fausto Coppi, Jacques Anquetil ed Eddy Merckx. Stavolta a favore del francese gioca anche la possibilità di un maggior recupero tra le due corse perché la partenza del Tour è stata posticipata di una settimana rispetto alle più recenti edizioni e così intercorre quasi un mese d’intervallo tra le due gare, periodo nel quale il francese non se ne sta con le mani in mano perché, pochi giorni dopo aver concluso vittorisamente il Giro d’Italia, s’impone nella classifica finale del Tour de Luxembourg.

Al via non si vede un corridore che potrebbe contrastare il francese, anche se ancora una volta potrebbero rivelarsi spine nel fianco i corridori olandesi: nonostante gli anni che avanzano sono ancora della partita Joop Zoetemelk ed Hennie Kuiper, affiancati a giovani promettenti come Johan van der Velde e Peter Winnen. Dopo quanto mostrato l’anno prima, c’è ancora da seguire con attenzione l’australiano Phil Anderson e il francese Robert Alban, mentre tornano a farsi vedere gli italiani, che hanno i loro nomi più prestigiosi nel velocista bresciano Guido Bontempi e negli scalatori Giovanni Battaglin e Mario Beccia.

Non ci sono dubbi sul fatto che l’uomo da battere sia unicamente Hinault, che dimostra di essere in forma sin dall’impegnativo cronoprologo di Basilea – strade strette e tortuose e un tratto da percorrere in salita – che vince vestendo la prima maglia gialla con 7” sull’olandese Gerrie Knetemann e 11” sul pistard tedesco Gregor Braun mentre, tra gli altri, Anderson è staccato di 13”, Zoetemelk di 20”, Beccia di 26”. Inizia male, invece, il Tour per Battaglin che dopo soli 7.4 Km ha già quasi un minuto da recuperare sull’asso francese.

Si rimane nel territorio della Confederazione Elvetica anche il secondo giorno di gara, quando è in programma una frazione vallonata disegnata tra Schupfart e Möhlin che si conclude con l’assolo del belga Ludo Peeters, partito all’ultimo giro del circuito finale e giunto al traguardo con 38” sul gruppo, regolato allo sprint dall’irlandese Sean Kelly, e le insegne del primato sulle spalle, levate a Hinault per 14 secondi.

Il Ballon d’Alsace, prima montagna del Tour 1982, viene affrontato molto presto, a ben 160 Km dal traguardo dell’interminabile frazione che introduce la corsa in Francia. L’arrivo è fissato a Nancy, dove va in porto un tentativo nato su una collinetta piazzata a una ventina di chilometri dal traguardo e che vede all’attacco sei corridori, tra i quali due degli elementi interessanti citati poche righe sopra, Winnen e Anderson, con il secondo che vince la tappa e, grazie ai 71 secondi guadagnati (42 dei quali in abbuoni), si porta al comando di una classifica che lo vede in testa con 38” sul francese Bernard Vallet e 44” su Peeters, mentre Hinault scende in settima posizione con 58” di ritardo e Battaglin, vittima di un salto di catena che gli fa perdere una cinquantina di secondi dal gruppo dei migliori, precipita al 93° posto con un passivo da Anderson di 2’43”.

Winnen ci riprova ancora il giorno dopo nella tappa diretta a Longwy e con lui c’è Alban, il corridore che l’anno prima era giunto terzo sul podio di Parigi. La reazione delle squadre di Hinault e della maglia gialla Anderson non si fa attendere e immediatamente vanno a riprendere le due lepri, subito prima che parta l’azione decisiva, firmata dall’elvetico Serge Demierre e dal belga Daniel Willems. I due, grazie ai continui saliscendi che rendono difficoltoso l’inseguimento, riescono a rimanere in testa fino al traguardo, dove s’impone il belga, mentre il primo gruppo inseguitore taglia la linea d’arrivo cinque secondi più tardi, anticipando di una quindicina di secondo il gruppo con Anderson e Hinault, che dopo questa frazione risale al secondo posto della classifica con 50” di ritardo dall’australiano.

Dopo la scoppiettante tappa belga di Mouscron, caratterizzata da una girandola di attacchi (ci prova anche la maglia gialla in persona) e vinta allo sprint da Knetemann, si rientra in Francia per la prima tappa chiave del Tour, una cronometro a squadre di 73 Km disegnata tra Orchies e Fontaine-au-Pire. La prima formazione ad affrontarla è la belga Splendor, i cui uomini dopo 39 Km si ritrovano di fronte un’autentica muraglia umana che sbarra loro il passo: sono gli operai in protesta dell’Usinor, un’azienda siderurgica della zona la cui dirigenza il giorno prima aveva annunciato quattromila licenziamenti. Nella speranza che i manifestanti si facciano da parte l’organizzazione fa prendere regolarmente il via a tutte le altre squadre, ma è inutile: poco dopo la partenza della TI-Raleigh, ultima a scendere dalla rampa di lancio e favoritissima per il successo, l’organizzazione ferma tutte le compagini che in quel momento sono ancora in gara e annuncia loro che la tappa è definitivamente annullata ma non perduta, perché sarà recuperata qualche giorno più tardi.

Il Tour si sposta quindi nella vicina Lilla per un’insidiosa tappa disegnata sulle rotte della Parigi-Roubaix, la classica delle pietre che tre mesi prima era stata conquistata da Jan Raas, l’olandese che concede il bis sulle medesime strade anche al Tour, uscendo dal gruppo in un tratto d’asfalto a 9 Km dal traguardo e giungendo a Lilla con 10” sui corridori che con lui avevano tentato la sortita e 24” sul gruppo di Hinault. Quest’ultimo può accendere un cero alla Madonna per lo scampato pericolo – ha forato due volte e s’è trovato a inseguire tutto da solo essendo rimasto senza compagni di squadra al fianco – e può fare lo stesso anche Battaglin, che ha affrontato senza nessun problema il pavè per la prima volta in carriera e con la spalla ancora non del tutto a posto dopo la doppia frattura, clavicola e scapola, rimediata in aprile al Giro dell’Etna e che l’ha tenuto lontano dalle corse per due mesi. Chi, invece, non ha ragione d’accendere il cielo è il pugliese Beccia, che ha sfasciato la bici in un tratto acciottolato e ha lasciato per strada non solo il suo mezzo ma anche ben sei minuti, praticamente impossibili da recuperare.

Spostandosi da un capo all’altro dell’Esagono, il Tour osserva una giornata di riposo prima di affrontare la tappa che si snoda nelle terre di Bernard Hinault, tra Cancale e Concarneau, occasione che il bretone sfrutta per andare a caccia di abbuoni assieme ad Anderson, con l’australiano che riesce a conservare la testa della classifica con 36” su Kelly e 1’06” sul favoritissimo per la vittoria finale. Intanto c’è da registrare la vittoria del belga Pol Verschuere, al quale il giorno dopo replica il successo del connazionale Frank Hoste sul traguardo di Châteaulin, dove precede allo sprint l’italiano Bruno Leali.

Arriva il momento di recuperare la cronosquadre, per la quale viene spezzata in due semitappe una frazione che in origine doveva disputarsi in un’unica soluzione di 207 Km, da Châteaulin e Nantes. La prova collettiva si disputa per prima, sul tratto iniziale di 69 Km verso Plumelec sul quale la TI-Raleigh spadroneggia come il solito e distacca di 1’10” la Renault di Hinault, il quale guadagna parecchio su tutti gli altri avversari, anche se per la classifica non si conteggiano i distacchi reali ma solo quelli attribuiti dagli abbuoni per 15 delle 17 formazioni in gara (si spazia dai 3’15” destinati ai corridori della squadra vincente ai 10 secondi della formazione giunta quindicesima, l’Inoxpran di Battaglin che in questa tappa incassa oltre sette minuti distacco reale). La giornata si rivela doppiamente positiva per Hinault che, pur non riuscendo a togliere la maglia gialla ad Anderson, guadagna tempo prezioso anche nella semitappa pomeridiana, vinta dopo una fuga solitaria di una quarantina di chilometri dall’elvetico Stefan Mutter: il francese deve ringraziare ad una caduta di massa che spezza il gruppo a tre chilometri e mezzo dal traguardo e della quale ne fa le spese anche Beccia, che riesce a rientrare sul gruppo di testa, ma poi è costretto a precipitarsi in ospedale per farsi ricucire un paio di ferite alla mano. E, come detto, all’uscita di questo doppio impegno l’australiano si ritrova ancora in testa alla classifica con 28” di residuo vantaggio sul “Tasso”, 48” su Knetemann, 1’53” su Van der Velde, 2’31” su Zoetemelk e 6’34” su Battaglin.

Sono giornate febbrili per il Tour perché due giorni dopo il recupero della cronosquadre un’altra sfida contro il tempo attende i corridori, anticipata da una velocissima tappa di totale pianura che si conclude a Bordeaux con il successo del francese Pierre-Raymond Villemiane, che tre anni prima sull’arrivo in salita del Ballon d’Alsace aveva preceduto allo sprint Battaglin.

La terza cronometro, la seconda individuale dopo il prologo, va in scena per quasi 60 Km attorno a Valence-d’Agen, cittadina rimasta celebre nell’ambiente per lo sciopero dei corridori al Tour del 1978, quando il gruppo aveva tagliato a piedi il traguardo, dopo esser giunto fin lì a velocità da crociera, per protestare contro le partenze all’alba alle quali erano sottoposti in occasione delle semitappe. Quel giorno il primo a transitare sulla linea d’arrivo era stato Hinault, nominato dai corridori loro ambasciatore, e si presume che sarà ancora lui ad aprire l’ordine d’arrivo di questa crono, ma non accadrà tutto questo. Come nel prologo, come nelle prime due prove contro il tempo individuali del Tour dell’anno prima, la tappa si risolve in una sfida tra il francese e Knetemann, ma stavolta è l’olandese a far registrare il tempo migliore precedendo di 18” il francese, nonostante abbia patito la rottura di un raggio nel finale di gara, incidente meccanico che è probabilmente costato all’olandese la conquista della maglia gialla. Complici anche i quasi tre minuti perduti da Anderson, alla vigilia dei Pirenei Hinault si ritrova così in giallo con 14” su Knetemann, assolutamente non temibile nei tapponi, con 2’03” sull’australiano mentre gli altri avversari giurati del francese sono molto più lontani: in particolare Peeters, che l’anno prima aveva vinto la tappa dell’Alpe d’Huez – è 5° a 3’38”, l’intramontabile Zoetemelk è 7° a 4’26”, Van de Velde 10° a 6’34” e Kuiper, per concludere con gli onnipresenti olandesi, è 18° a 7’26”.

Dopo l’unica minitappa dell’anno precedente, nel 1982 i Pirenei si affrontano in due “round”, il primo dei quali è il più consistente sotto l’aspetto della distanza per via dei quasi 250 Km che si devono percorrere tra Fleurance e Pau. Il traguardo è preceduto da un solo storico colle, l’Aubisque, affrontato dal versante meno impegnativo e piazzato a ben 62 Km dalla conclusione della frazione, una collocazione che ne sminuisce la portata anche se nessuno si aspetta il successo di un velocista. A imporsi, infatti, è Kelly, corridore che negli anni dimostrerà di non temere le salite – riuscirà a concludere in quarta posizione il Tour del 1984 e addirittura a vincere la Vuelta nel 1988 – e che a Pau regola allo sprint il gruppetto di 17 corridori scremato dall’Aubisque e nel quale, come si pensava alla vigilia, non c’è il secondo della classifica Knetemann, che conclude con un passivo di quasi dodici minuti, lo stesso accusato da Battaglin.

Il giorno successivo si arriva sulla salita del Pla d’Adet al termine di un tappone in formato mignon, 122 Km che vedono i corridori arrampicarsi prima sul Tourmalet e poi sull’Aspen prima dell’ascesa finale, sulla quale dodici mesi prima era emerso il talento di Anderson. In quell’occasione l’australiano era giunto al traguardo assieme a Hinault, ma stavolta le cose vanno molto diversamente, dopo che Phil a inizio ascesa era riuscito a staccare Hinault, assieme agli olandesi Winnen e Van der Velde, nel tentativo di raggiungere l’elvetico Beat Breu, partito pochi minuti prima. Il francese li lascia sfogare poi innesta una marcia superiore e uno per volta li va riprendere, anche se non riesce a recuperare su tutti quelli che nel frattempo si erano portati in testa alla corsa e alla fine deve accontentarsi del sesto posto, 54 secondi dopo l’arrivo vittorioso di Breu, ma con pesanti distacchi affibbiati ai rivali. La vittoria finale di Bernard sembra saldamente nella classica botte di ferro perché, al momento di lasciare i Pirenei per intraprendere il lungo trasferimento aereo verso le Alpi, il “Tasso” può vantare 3’12” su Anderson, 4’31” su Zoetemelk, 5’40” sul connazionale Vallet e 7’26” su Van der Velde, mentre i due italiani che avevano preso il via da Basilea con l’intenzione di far bene s’inabissano sempre più in classifica e ora accusano rispettivamente ritardi di 17’22” (Beccia) e di 31’15” (Battaglin).

C’è un particolare, quest’anno, che accomuna la fase pirenaica a quella alpina, ed è il fatto d’esser precedute entrambe da una frazione a cronometro. Così se ne deve affrontare un’altra soli quattro giorni dopo la tappa contro il tempo di Valence-d’Agen e già la si può annunciare come l’atto iniziale di un’interminabile passerella trionfale per Hinault, che, infatti, detta la sua legge anche sui 32 Km e rotti del ventoso circuito di Martigues senza incontrari avversari in grado di impensierirlo: Knetemann stavolta arriva molto lontano dal francese, sesto a poco più di un minuto, che distacca di 48” il corridore che oggi gli è più arrivato vicino, l’olandese Adri van Houwelingen. Paga molto Anderson, che perde quasi due minuti da Hinault e per soli nove secondi riesce a non farsi soffiare il secondo posto da Zoetemelk, oggi staccato nell’ordine d’arrivo di 54 secondi.

Le Alpi debuttano con un arrivo in salita non difficilissimo ma che qualche brivido in gruppo lo suscita perché ancora vivo è il ricordo dell’impresa siglata undici anni prima dallo spagnolo Luis Ocaña nella frazione con arrivo a Orcières-Merlette, tra l’altro molto meno impegnativa rispetto a quella che è stata disegnata quest’anno da Jacques Goddet. Quel giorno lo scalatore spagnolo riuscì a compiere ciò che nessuno era riuscito a fare fino a quel momento, staccando pesantemente un corridore del calibro di Merckx fino a fargli accusare al traguardo un passivo di quasi nove minuti e vestendo la maglia gialla con un vantaggio ancora più elevato, una leadership che avrebbe portato senza troppi problemi fino a Parigi se una maledetta caduta nel primo tappone pirenaico lo avesse costretto al ritiro, spalancando al belga un autentico portone verso la vittoria finale. Difficilmente si rivivrà al Tour del 1982 una giornata simile a quella del 1971, sia perchè il Merckx di quel Tour aveva uno stato di forma inferiore rispetto ai suoi “standard” e a quelli dell’attuale Hinault, sia perché in gruppo non si vede un corridore in grado di emulare Ocaña e mettere in discussione la supremazia del francese. Invece, a un certo punto, le cose sembrano mettersi male per Bernard che – mentre in testa alla corsa c’è il terzetto di fuggitivi che andrà a giocarsi la tappa (vittoria di giornata al francese Pascal Simon) – viene attaccato nel finale e al traguardo si ritrova staccato da corridori come Beccia, Alban e Winnen, che l’anno prima si era imposto nella tappa con arrivo sull’Alpe d’Huez. I rivali più vicini in classifica al bretone, però, non riescono ad approfittare di questa situazione poiché Zoetemelk all’arrivo giunge assieme a Bernard mentre perde ancora terreno Anderson, che si scambia di posizione in classifica con l’olandese.

Pocanzi abbiamo accennato all’Alpe d’Huez, che l’indomani ospita l’arrivo di una tappa simile a quella del Pla d’Adet, breve e intensa come quella affrontata sui Pirenei. Uguale è anche il suo verdetto perché a imporsi è ancora l’elvetico Breu, che interrompe così una lunga serie di affermazioni olandesi in cima all’Alpe, dove i “tulipani” torneranno a vincere in sole altre tre occasioni (nel 1983 con Winnen, nel 1988 con Steven Rooks e nel 1989 con Gert-Jan Theunisse). Intanto, alle spalle di Breu – che, grazie al successo e a un’altra giornata ampiamente negativa per Anderson, si porta al terzo posto della classifica – continua il progressivo avvicinamento di Hinault all’apoteosi di Parigi perché oggi il francese ha reagito meglio agli attacchi riuscendo nel volgere di 3 Km ad annullare i venti secondi che Zoetemelk ha guadagnato attaccando lungo l’ascesa finale.

Ora è rimasta un’ultima giornata disegnata in montagna, l’unico vero tappone del Tour 1982 che negli ultimi 100 Km dei 244 da percorrere verso Morzine propone i colli dell’Aravis e della Colombière come antipasto alla difficile ascesa del Joux-Plane, posta proprio a ridosso dal traguardo. È una tappa che Hinault controlla senza problema alcuno e che concludequasi due minuti e mezzo dopo l’arrivo dell’olandese Winnen, che prende il posto in classifica di Breu, provato dagli sforzi delle due tappe precedenti. Pratica montagna definitivamente archiviata, ora Hinault ha un vantaggio di 5’27” su Zoetemelk, 7’13” su Winnen, 8’18” su Van der Velde e 9’17” su Breu, mentre non è più in classifica Battaglin, ritiratosi dopo la tappa di Orcières-Merlette a causa di uno stato febbrile che lo aveva portato a tagliare quel traguardo con una temperatura corporea di quasi 38°C.

La corsa francese si sposta ora verso Saint-Priest, che come l’anno prima accoglie l’arrivo di due frazioni consecutive. Le cronache di quel Tour parlano di un Hinault incontenibile e incontentabile che, prima di imporsi nella crono del secondo giorno, aveva sfiorato il successo anche nella prima delle due tappe con epilogo a Saint-Priest, arrivando ad un passo dalla vittoria. Stavolta, invece, il francese se ne rimane buono buono nella pancia del gruppo, che si lascia scappare l’olandese Van Houwelingen (solitario al traguardo con oltre dieci minuti di vantaggio), mentre il bollettino medico registra il brutto infortunio occorso al ligure Alfonso Dal Pian, che in una caduta a 80 Km dal traguardo batte violentemente il volto sull’asfalto riportando la frattura della mandibola. È un’altra tegola che cade sull’Inoxpran, la formazione che ha perduto Battaglin sulle Alpi e che ha visto diversi suoi corridori vittime di un’epidemia di dissenteria che in quei giorni ha colpito parecchi membri della carovana, per la quale viene addirittura attribuita la colpa alla plastica delle borracce, al punto che la stessa organizzazione del Tour nel dubbio invita i corridori a non farne uso.

Nel frattempo risorge Knetemann, che il giorno successivo torna a gareggiare sui livelli di Hinault nella quarta e ultima cronometro individuale, perdendo il confronto per soli nove secondi, mentre Pascal Poisson, connazionale e compagno di squadra della maglia gialla, è terzo a 19” e il belga Daniel Willems quarto a 34”, migliorando leggermente la prestazione dell’anno precedente, che l’aveva visto su questo stesso tracciato finire secondo con 37” di ritardo.

Sarà proprio Willems il primo corridore a tagliare, il giorno successivo, il traguardo della penultima tappa con arrivo ad Aulnay-sous-Bois, dove riesce a precedere allo sprint il più forte sprinter di questa edizione del Tour, l’irlandese Kelly. Quest’ultimo poco si rammarica perché sta già pensando al succulento traguardo dell’indomani sugli Champs-Élysées, prelibata torta sulla quale, però, non sa che il “signore del Tour” ha ancora l’intenzione di mettere la tradizionale ciliegina. Già era riuscito a imporcisi andando in fuga con il rivale Zoetemelk nel 1979, ma stavolta vuole estrarre il suo asso nella manica solo all’ultimo momento e farla sotto il naso ai velocisti: e ce la fa anche stavolta, consacrando ancora di più la sua onnipotenza in un’edizione del Tour che lo vede imporsi con 6’21” su Zoetemelk e 8’59” su Van der Velde.

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Nota: sono presenti le tappe dalla 12a alla 19a

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