BATTI UN CINQUE – 1981, IL TERZO TOUR DI HINAULT
Nel 1981 Hinault si schiera al via del Tour con un avversario in più da affrontare, il fantasma dell’amaro ritiro all’edizione dell’anno precedente. È una corsa di rabbia quella del francese, così come quella volta nella quale Merckx dominò la Grande Boucle dopo l’esclusione dal Giro per doping, e i distacchi che affibbierà lo testimonia.
Un progetto accantonato, momentaneamente.
Per la stagione 1980 Bernard Hinault ha un programma ambizioso, molto ambizioso, un programma che lo avrebbe consacrato tra i grandissimi del ciclismo. Vuole il Tour, il suo terzo consecutivo, ma vuole anche la doppietta con il Giro d’Italia, una corsa alla quale non aveva mai partecipato. La prima parte di questo progetto si concretizza e, grazie all’impresa nella tappa dello Stelvio in compagnia del fido gregario Jean-René Bernaudeau, s’impone alla Corsa Rosa con quasi sei minuti di vantaggio sul varesino Wladimiro Panizza. Anche il Tour inizia con il piede giusto per il francese che vince il cronoprologo di Francoforte, la crono disputata sul circuito automobilisto di Spa-Francorchamps e la tappa di Lilla, prende la maglia gialla, poi la perde per successivamente ritrovarla dopo la crono di Laplume, vinta dal rivale “Joop” Zoetemelk alla vigilia della tappa pirenaiche. Ma i Pirenei non lo vedranno in gara perchè proprio a quel punto una fastidiosa tendinite al ginocchio lo costringerà a una dolorosa battuta d’arresto e a far ritorno nella sua Bretagna.
È con la rabbia in corpo per questo ritiro che l’anno successivo Hinault si presenta al via del Tour con la seria intenzione di riprendersi ciò che la sfortuna gli aveva portato via, la stessa rabbia che albergava nell’animo di Merckx quando vinse il suo primo Tour, correva l’anno 1969, due mesi dopo l’esclusione dal Giro d’Italia per una positività al controllo antidoping che il belga sempre considerò fallace. Tale fu la “cattiveria” che impresse ai pedali e alla bici che Eddy vinse quell’edizione con distacchi mostruosi (Roger Pingeon terminò il Tour in seconda posizione con quasi 18 minuti di ritardo) e un verdetto quasi simile lo fornirà il Tour del 1981: se la corsa si fosse disputata tutta di filato Hinault sarebbe giunto in beata solitudine sugli Champs-Élysées e per vedere spuntare la sagoma del corridore che si piazzerà secondo, il belga Lucien Van Impe, si sarebbe dovuto attendere quasi un quarto d’ora. Intanto il francese ha cambiato programma d’avvicinamento al Tour, rimandando il progetto doppietta ad una stagione futura e prediligendo una preparazione meno impegnativa, che passa dalle classiche (dove vince Roubaix e Gand-Wevelgem) e dal Delfinato, che domina imponendosi in quattro tappe su nove e distanziando di quasi dodici minuti Joaquim Agostinho.
Il belga e il portoghese citati poco sopra sono solo due dei rivali che Hinault dovrà fronteggiare nella 68a edizione del Tour de France e ancora una volta dovrà fare i conti con l’olandese Zoetemelk, che era riuscito a vincere l’anno prima solo grazie al prematuro ritiro del francese, alle cui spalle aveva sempre terminato la corsa nel 1978 e nel 1979. Sono avversari che presentano, però, un grosso handicap, quello dell’avere abbondantemente superato i trent’anni e il discorso vale anche per gli altri grandi nomi al via, come quelli dell’olandese Hennie Kuiper, del suo connazionale Bernard Thévenet e del belga Johan De Muynck. C’è anche un corridore che nessuno prende in considerazione alla vigilia della partenza e che sorprenderà tutti perché il francese Robert Alban riuscirà alla fine a conquistare un insperato terzo posto in classifica. E ancora mancano totalmente gli italiani, come già era successo nel 1978 e l’anno precedente.
E pensare che quel Tour era partito molto vicino all’Italia. Come accadrà nel 2020 la sede di partenza è fissata in Nizza, dove sono in programma tre tappe in due giorni e dove Hinault fa subito capire le sue intenzioni imponendosi nettamente nel cronoprologo d’apertura con 7” sull’olandese Gerrie Knetemann e con distacchi che già sono pesanti sui rivali più attesi, che vanno dai 23” patiti da Zoetemelk ai 35” di Thévenet.
Il secondo giorno di gara sono previste due semitappe, la prima delle quali termina in volata con il successo di Freddy Maertens, il corridore belga che quell’anno conquisterà a Praga il suo secondo campionato del mondo dopo quello vinto a Ostuni nel 1976. C’è più attesa sulla cronosquadre pomeridiana di 40 Km, per la quale la favorita è la TI-Raleigh, la formazione nella quale l’anno prima era passato Zoetemelk e che dal 1976 puntualmente s’impone nelle prove collettive del Tour: anche stavolta la tappa finisce nel palmarès del team olandese che, volando a quasi 52 Km/h, distanzia di 29” la belga Capri Sonne, di 40” la francese Miko-Mercier e di 43” la Renault di Hinault, che perde le insegne del primato e viene preceduto in classifica da sette corridori, quasi tutti appartenenti alla “corazzata” olandese. Il nuovo capoclassifica è, infatti, Knetemann, che veste la maglia gialla con 13” sul belga Ludo Peeters e 16” su Zoetemelk, mentre Hinault è 8° a 33”. Per quanto riguarda gli altri grandi nomi, al termine della due giorni nizzarda il corridore più vicino a Hinault è Kuiper (47” dal francese), poi scorrendo la classifica s’incontrano De Muynck (1’06”), Agostinho (1’22”), Van Impe (1’49”) e Thévenet, per il quale si può dire che il Tour sia finito ancora prima di cominciare a causa di un passivo dal francese che supera i sette minuti.
La TI-Raleigh e la Renault tornano a sfidarsi il giorno successivo nel finale della lunga tappa di Martigues, con l’attacco di un corridore della formazione di Zoetemelk, l’olandese Johan van der Velde, nel circuito finale e la pronta risposta di un membro del team di Hinault, il lussemburghese Lucien Didier: i due riescono ad andare fin sul traguardo dove sullo strappo finale Van der Velde riesce a distanziare di 6” l’avversario mentre i loro capitani terminano pari tempo nel gruppo, giunto sulla linea d’arrivo 25 secondi più tardi.
Dopo la tappa di Narbonne Plage, che vede per la seconda volta sfrecciare vittorioso Maertens e il belga Peeters portarsi a un solo secondo dalla maglia gialla grazie agli abbuoni conquistati ai traguardi volanti, si disputa una seconda cronometro a squadre, molto più probante della precedente perché si devono percorrere 77 Km. La notevole distanza non spaventa la TI-Raleigh, che si fa trovare ancora pronta all’appuntamento e stavolta riesce a guadagnare tantissimo sulla Renault in virtù dei consistenti abbuoni previsti al traguardo di Carcassonne: qui la formazione di Hinault paga “fisicamente” un passivo di 41” ma, complici le generose bonificazioni, il francese si ritrova ad avere un ritardo di 2’18” in classifica, sempre comandata da Knetemann con 1” su Peeters e 16” su un Zoetemelk che sembra ancora un avversario temibile, nonostante le quasi 35 primavere che gli gravano sulle spalle.
Ma quei 35 anni potrebbero chiedergli il conto prima o poi e lo faranno prima, anzi subito il giorno dopo nell’unica frazione pirenaica di un Tour che è stato disegnato con mano non troppo pesante. Al traguardo in salita del Pla d’Adet, sopra Saint-Lary-Soulan, al quale si giunge dopo una tappa dal tracciato non terribile (117 Km e mezzo e le scalate al Col des Ares e al Peyrosourde prima di quella finale), l’olandese che l’anno prima aveva vinto il Tour si presenta sei minuti e mezzo dopo l’arrivo di Hinault, a sua volta preceduto di 27” da Van Impe. Pari tempo con il francese transita dalla linea d’arrivo l’australiano Phil Anderson che, grazie al secondo miglior tempo conseguito dalla sua squadra nella crono del giorno precedente, si veste di giallo con 17” sul francese, che dal canto suo ha scavato un abisso su tutti gli altri campioni.
I distacchi dal transalpino saranno destinati a un inevitabile inasprimento l’indomani perché Jacques Goddet ha previsto che a questo punto tornino a correre le lancette dei cronometri, stavolta per una prova contro il tempo individuale. I poco meno di 27 Km che si devono percorrere tra Nay e Pau prevedono una breve ma ripida “côte” nella fase iniziale di questa crono che in parte mette freno all’ardore agonistico di Hinault, che riesce a imporsi con appena 3” di vantaggio su Knetemann, mentre continua a sorprendere Anderson, terzo a 30”. Dietro al quarto classificato (il belga Gery Verlinden) i distacchi superano il minuto e così, a soli sette giorni dal via del Tour, pare quasi impossibile mettere in dubbio la supremazia del francese al Tour: ora, infatti, il “Tasso” viaggia con 13” su Anderson, 4’30” sul francese Michel Laurent, 4’58” su Van impe, 6’39” su Kuiper, 6’50” su Zoetemelk e 8’39” su Agostinho.
Annichilito dalle prestazioni fin qui fornite da Hinault, il Tour intraprende ora una lunga serie di noiose tappe di trasferimento verso la terza delle quattro cronometro individuali, in programma 10 giorni più tardi. Si comincia con la frazione che termina sul classico traguardo di Bordeaux dove allo sprint il neoprofessionista elvetico Urs Freuler riesce a precedere il navigato Maertens, mentre Hinault – che non è cannibale come Merckx ma poco ci manca – raggranella lungo il percorso venti secondi in abbuoni ai traguardi intermedi. E altri quattro ne guadagna, sempre agli sprint intermedi, nel corso della successiva tappa che da Rochefort conduce a Nantes, vinta allo sprint dall’olandese Ad Wijnands.
Osservato il primo giorno di riposo la carovana si rimette in marcia con una frazione diretta al celebre autodromo di Le Mans, dove riesce ad andare in porto la fuga da lontano di sette corridori, che sul traguardo vengono anticipati di una manciata di secondi da René Martens. Tra gli ardimentosi all’attacco c’è Gilbert Duclos-Lassalle, il corridore francese che negli anni ’90 vincerà due edizioni della Parigi-Roubaix e che grazie ai 2’36” guadagnati in questa giornata riesce a installarsi al terzo posto della classifica generale, a 3’31” da Hinault. Quest’ultimo il giorno successivo guadagna altri quattro secondi d’abbuono portando così a 41” il suo vantaggio su Anderson dopo la tappa di Aulnay-sous-Bois, la più lunga di questa edizione (264 Km), terminata con il bis in volata di Wijnands.
La caccia agli abbuoni forse si spiega con la voglia del corridore francese di incamerare più vantaggio possibile in vista della tappa del pavè, che tanto lo aveva fatto tribolare due anni prima, quando era stato attaccato da Zoetemelk e aveva perduto quasi tre minuti e mezzo dall’olandese e con essi la maglia gialla che portava orgoglisamente sulle spalle. Stavolta, però, i numerosi settori di pietre che si devono affrontare tra Compiègne e Roubaix non si rivelano per nulla selettivi, con somma pace di Hinault che termina la tappa nel folto gruppo di quasi 120 corridori che transitano dalla linea d’arrivo pochi secondi dopo il vincitore di questa frazione, il belga Daniel Willems.
Archiviato con un sospiro di sollievo questa delicata frazione, il Tour si sposta nel vicino Belgio dove sono previste tre tappe, anche queste poco impegnative. Nemmeno il muro di Grammont riesce a movimentare più di tanto la semitappa mattutina verso Bruxelles, che si conclude con la terza affermazione di Maertens; qualche emozione in più arriva il pomeriggio da Hinault che si lancia nello sprint al traguardo di Zolder, ma si deve accontentare del sesto posto mentre la vittoria la coglie il belga Eddy Planckaert, che nega la doppietta a Martens.
Terminata allo sprint anche la tappa belga di Hasselt – vittoria ancora per Maertens e altri 16 secondi guadagnati da Hinault con le “volatine” – si arriva finalmente a una frazione che offrirà più consistenti spunti di cronaca perché è terminato il lungo trasferimento verso la cronometro di Mulhouse. Su un anello di 38 Km che prevede anche una piccola salitella di quarta categoria si rinnova la sfida tra Hinault e Knetemann, che era stato preceduto dal francese sia nel prologo di Nizza, sia nell’altra crono di Pau. In queste occasioni i passivi pagati dall’olandese erano stati rispettivamente di sette e tre secondi, mentre stavolta Bernard corre con una marcia leggermente superiore a Gerrie e lo distanza di 25 secondi. Nonostante il ritardo di 2’31” al traguardo, in questa crono si confermano le doti dell’australiano Anderson, che fa registrare il quinto miglior tempo e viene immortalato dai fotografi mentre allarga le braccia sconsolato nel momento nel quale gli sfreccia accanto a velocità doppia un missile targato Renault. Già apparso inattaccabile, a due giorni dall’inizio delle Alpi il francese ha un vantaggio in classifica di 2’58” sull’australiano, di 9’38” su Van Impe, di 10’43” su Zoetemelk, di 11’28” su De Muynck, di 12’11” su Agostinho, di 13’20” su Kuiper, di 14’40” sull’ancora poco conosciuto Alban e di 23’52” su Thévenet.
Anticipate dalla lunga frazione di Thonon-les-Bains, conquistata allo sprint dall’irlandese Sean Kelly, le Alpi debuttano con una tappa di quasi 200 Km che si conclude a Morzine dopo aver affrontato le impegnative salite ai colli del Joux-Plane e del Joux-Verte, che Hinault ben conosce perché la prima fu scalata per la prima volta nella storia nel 1978, l’anno nel quale aveva vinto il suo primo Tour, mentre la seconda è più conosciuta con il nome di Avoriaz, la località di sport invernali che si trova in prossimità della scollinamento e dove due anni prima si era conclusa la cronoscalata che gli aveva permesso di levare la maglia gialla a Zoetemelk. Tutti si attendono un’ennesima zampata del corridore francese, ma questa non avviene perché stavolta il leader del Tour opta per una corsa di controllo, che lo porta a concludere questa frazione all’interno del gruppetto di dodici corridori – tra i quali ci sono anche “Joop” e Van Impe – che taglia il traguardo quasi quattro minuti dopo l’arrivo del vincitore, il francese Alban. È quest’ultimo, corridore fino a questo momento poco valutato, la vera sorpresa di giornata perché, grazie al tempo guadagnato sugli ultimi due colli, risale dal ventiseiesimo al sesto posto della classifica generale (10’45” è l’attuale passivo da Hinault) e ancora non è possibile immaginare che a Parigi salirà sul gradino più basso del podio. Intanto riesce a mantenere il secondo posto Anderson, nonostante i quasi 5 minuti perduti.
Dopo il giorno di riposo si corre l’attesa frazione dell’Alpe d’Huez, che parlerà olandese per la quinta volta dopo la vittoria di Kuiper nel 1977 e la tripletta di Zoetemelk (1976-1978-1978). In questa occasione il “tulipano” a tagliare per primo una linea d’arrivo che, pian piano, si sta facendo sempre più mitica è Peter Winnen, il miglior giovane del Tour, che al traguardo precede di otto secondi un Hinault apparso meno pimpante del solito, ma che comunque riesce egualmente a dilatare il suo dominio. Attaccato per due volte sulla salita finale da Van Impe e Alban, la maglia gialla arriva a pagare fino a 14” di ritardo prima di recuperare sui due corridori, che riesce poi a distanziare di una manciata di secondi in dirittura d’arrivo. Alle spalle dei primi tre corridori dell’ordine d’arrivo i distacchi sono, però, pesanti e a pagar dazio in maniera particolare è il secondo della classifica, Anderson, perché l’australiano si “spegne” sul Glandon e arriva ad accusare ben diciassette minuti di ritardo al traguardo, scivolando giù dal podio fino al diciannovesimo posto.
Nonostante i quasi dieci minuti che ha di vantaggio su Van Impe e Alban, secondo e terzo della classifica, Hinault vuole lasciare ancora il segno, forse per esorcizzare lo spettro del mezzo passaggio a vuoto patito sull’Alpe d’Huez, sulla quale desiderava maggiormente staccare gli avversari e non certo farsi mettere alla frusta da loro. A disposizione ha ancora un paio di tappe e la prima di queste è l’ultima frazione di montagna, che prevede l’inedito arrivo in salita a Le Pleynet al termine di una tappa breve ma intensa, che concentra cinque colli in 134 Km. Hinault non vuole attendere l’ascesa finale e ne sceglie una lungo il percorso per salutare gli avversari, il poco impegnativo Col des Mouillés: lassù Bernard parte, va agevolmente a riprendere i due corridori che in quel momento si trovavano in testa alla corsa con un minuto di vantaggio e poi viaggia spedito verso un traguardo che il francese tiene a battesimo con una vittoria di classe, affliggendo altri due minuti e mezzo a Van Impe, Alban e Zoetemelk. E ora il suo primato in classica, già solidissimo, appare incrollabile perché dopo le serie dei tre tapponi alpini si ritrova ad avere 12’12” su Van Impe e 13’22” su Alban, mentre per gli altri corridori che avevano preso il via da Nizza con velleità di vittoria finale i distacchi prendono connotati mostruosi: 15’09” per Zoetemelk, 15’33” per De Muynck, 44’52” per Kuiper, più di un’ora per Thévenet mentre Agostinho non è più in classifica, ritiratosi proprio in questa frazione, vittima di una grossa crisi – più psicologica che fisica – che si trascina fin dalle tappe pirenaiche e farà temere per la fine della sua carriera. In effetti il portoghese, che ha quasi quarant’anni, si prenderà un anno sabbatico nella stagione successiva, per poi tornare alle corse nel 1983, quando si piazzerà 14° al Romandie e 11° al Tour de France. Sarà ancora in gara nel 1984, in quella che sarà l’ultima stagione della sua vita: la perderà, la vita, in seguito ad un drammatico incidente avvenuto alla Volta ao Algarve, dopo aver investito un cane sul traguardo di Quarteira, quando si trovava in testa alla classifica della corsa lusitana.
Dopo le Alpi il Tour si ferma per quarantottore a Saint-Priest, dove sono programmate prima una breve frazione di trasferimento destinata ai velocisti e poi una cronometro di 46 Km, nella quale ci si aspetta che Hinault guadagni ancora sugli avversari. Quel che non ci si attende è che lo faccia anche nella prima tappa, che perde per un’inezia perché allo sprint lo precede il belga Willems, già vittorioso a Roubaix nella frazione del pavè, ma che lo vede acquisire venti secondi in abbuoni ai traguardi volanti. La tappa contro il tempo lo vede grande protagonista come nelle attese e stavolta si ribalta l’ordine d’arrivo del giorno prima perché il corridore che più gli finisce vicino è proprio Willems, unico a contenere il distacco entro il minuto (perde 37 secondi, per la precisione), mentre i ritardi degli altri sono “sonanti”, con Van Impe che perde 2’02”, Zoetemelk tre minuti esatti dal francese e Alban 3’14”.
Contento di quanto costruito negli ultimi giorni, la fame di Hinault si placa – ecco la differenza con il cannibale Merckx – e lascia le briciole agli altri nelle ultime due tappe, briciole su cui si avventano l’olandese Van der Velde e il belga Maertens. Il primo vince in fuga sul traguardo Fontenay-sous-Bois, il futuro bicampione del mondo s’impone sugli Champs-Élysées nel giorno del terzo trionfo di Hinault, che nella classifica finale precede di 14′34″ e di 17′04″ l’inatteso Alban, senza il cui exploit nella tappa di Morzine a salire sul gradino più basso del podio sarebbe stato Zoetemelk, che si deve accontentare del quarto posto a 18’21” dalla maglia gialla.
E ora Hinault può tornare a prendere in considerazione il progetto doppietta.
Mauro Facoltosi
LE ALTIMETRIE
Nota: presenti solo le altimetrie delle tre tappe alpine