BATTI UN CINQUE – 1979, IL SECONDO TOUR DI HINAULT
Il secondo Tour vinto da Hinault si conclude esattamente come quello disputato l’anno precedente, con i medesimi corridori e nella medesima sequenza. Stavolta, però, i distacchi sono molto più elevati, sintomo di un campione che si sta rivelando in tutta la sua potenza. A dire il vero gran parte dello svantaggio accumulato da Zoetemelk sarà frutto di una pesante penalizzazione per doping, senza la quale però accresce ancor più il valore di Hinault, riuscito a resistere con le unghie e i denti a un avversario dimostratosi non meno tenace e caparbio del francese.
Nulla sembrerebbe cambiato, apparentemente.
Il mattino del 23 luglio del 1979 i quotidiani riportano la classifica generale del Tour de France che si è concluso meno di ventiquattrore prima e leggerla è come salire sulla macchina del tempo e tornare indietro di un anno, un viaggio che idealmente compie soprattutto chi è poco appassionato di ciclismo e il Tour non l’ha seguito per nulla oppure senza darci particolare attenzione. Perché il Tour del 1979 è terminato esattamente come quello del 1978, almeno per i nomi dei corridori che occupano il vertice della classifica, che sono gli stessi e nello stesso ordine: primo Bernard Hinault, secondo “Joop” Zoetemelk e terzo Joaquim Agostinho. Apparentemente la corsa è stata un clone dell’edizione precedente ma in realtà non è così e basta un semplice movimento del capo per rendersene conto, spostandolo gli occhi dalla colonna dei nomi a quello dei minuti di distacco che il francese ha affibbiato: solo l’olandese è riuscito a tenere il passo del campione transalpino e ha limitato i danni a 3’07”, ossia 50 secondi in meno rispetto al passivo registrato l’anno precedente (anche se è doveroso precisare che, per i motivi che poi sveleremo, un mese più tardi gli sarà attribuita una penalità di 10 minuti che porterà il distacco a 13’07”), mentre il portoghese ha concluso la corsa distanziato di quasi mezz’ora, un abisso al confronto dei 7 minuti che lo separarono da Hinault dodici mesi prima. Anche Hinault è cambiato, non è più il giovane francesino di belle speranze ma una concreta realtà che garantirà parecchia gloria alla sua nazione che si appresta a entrare negli anni ’80, quelli nei quali si chiuderà il periodo d’oro dei francesi nella corsa di casa. Dopo la quinta e ultima vittoria di Hinault al Tour nel 1985 e la doppietta di Laurent Fignon (1983-1984) per i corridori d’oltralpe inizierà, infatti, un “digiuno” pluridecennale per quanto riguarda il successo finale, un periodo che al 2019 non si è ancora concluso.
Non ci sono solo i tre corridori citati al via della 66a edizione della Grande Boucle, che vede schierati ai nastri di partenza molti altri corridori interessanti: c’è il belga Lucien Van Impe che, dopo una stagione avara di vittorie, è tornato a riassaporare la gioia del successo imponendosi ad aprile nella tappa di León della Vuelta; c’è l’olandese Hennie Kuiper, che nel 1979 non ha ancora ottenuto vittorie e al quale ancora brucia il ritiro forzato dal Tour dell’anno prima, avvenuto quando era terzo in classifica, a causa di una frattura alla clavicola; c’è il tedesco Dietrich Thurau, che si era piazzato quarto alla Vuelta nel 1976 e quinto al Tour l’anno dopo; c’è ancora il belga Michele Pollentier, che dopo la figuraccia al Tour dell’anno prima ha cambiato casacca passando dalla Flandria alla Splendor e s’è comunque fatto notare piazzandosi terzo alla Vuelta, vinta proprio da uno dei corridori più attesi, il già menzionato Zoetemelk; c’è il suo connazionale Johan De Muynck, che di Pollentier è stato successore nell’albo d’oro del Giro d’Italia e adesso ha nel mirino la Grande Boucle, corsa che in precedenza aveva disputato solamente nel 1972, esperienza brevissima perché terminata con il ritiro dopo soli quattro giorni; finalmente, dopo la totale assenza nell’edizione precedente, ci sono anche 23 italiani iscritti al Tour e tra questi spiccano i nomi di due corridori che potrebbero fare bene, il vicentino Giovanni Battaglin e il mantovano Gianbattista Baronchelli.
C’è particolare interesse, dunque, su questa edizione del Tour e non soltanto per il campo partenti. Gli organizzatori stavolta hanno, infatti, confezionato un disegno insolito per la loro “creatua”, soprattutto per quanto riguarda la distrubuzione delle tappe di montagna: le tre frazioni pirenaiche si disputeranno in partenza, subito dopo il cronoprologo d’apertura, mentre sulle Alpi raddoppierà l’appuntamento con l’Alpe d’Huez, sulla quale è prevista la conclusione di ben due frazioni. Anche gli undici giorni dell’interminabile trasferimento tra i due massicci montuosi sono stati “conditi” a dovere per la presenza di un’insidiosa tappa sulle strade della Parigi-Roubaix, che tanto farà penare Hinault, e tre prove a cronometro, due delle quali a squadre. E queste ultime, messe assieme, fanno un totale di 177 Km da percorrere nelle prove collettive, una distanza che supera i 153 km della frazione di Caen dell’anno prima, alla quale rimane comunque il primato di cronosquadre più lunga della storia del Tour.
La sede d’avvio è nel piccolo centro di Fleurance, poco meno di 6000 abitanti che applaudono la vittoria nel prologo dell’olandese Gerrie Knetemann, che percorre i 5 Km del circuito cittadino a più di 50 Km/h e sostituisce la maglia iridata conquistata l’anno prima sul circuito del Nürburgring con la maglia gialla. Tra i corridori c’è più ambiscono a vestire quest’ultima a Parigi fanno registrare il medesimo tempo Zoetemelk e Hinault, 4 secondi peggio di Knetemann, mentre Thurau ne perde sei, Kuiper undici, Agostinho venti, Pollentier ventuno, Baronchelli ventidue, Battaglin e Van Impe ventitré e De Muynck ventiquattro.
Come anticipato, si affrontano subito i Pirenei e per evitare sfracelli il gruppo decide di percorrere al piccolo trotto il tratto iniziale della frazione che da Fleurance conduce al mitico traguardo di Luchon, dove si approda dopo esser saliti prima sul difficile Col de Menté e poi, dopo un breve sconfinamento in Spagna, sul Portillon, superato il quale inizia una discesa di una decina di chilometri che termina sulla linea d’arrivo. La prima ascesa provoca principalmente la classica “selezione da dietro”, la cui prima vittima è la maglia gialla Knetemann, già staccata di 5 minuti in vetta al Menté, sul quale il primo a transitare è Hinault con gli altri favoriti subito dietro. Nel tratto in falsopiano che separa il Menté dal Portillon si sgancia un tentativo di quattro corridori ai quali successivamente si aggiunge Battaglin e che riesce ad andare fino al traguardo, dove s’impone il francese René Bittinger, che precede di 8” il connazionale Jean-René Bernaudeau e di 32” il corridore italiano. A questo punto si devono aspettare altri 15 secondi per assistere all’arrivo del gruppetto dei migliori, ridotto a soli nove corridori dopo la più marcata selezione provocata dal Portillon. Dei nomi più attesi ci sono Hinault, Kuiper, Zoetemelk e Pollentier, mentre Agostinho paga 26 secondi e tutti gli altri già incassano passivi che pesano: 1’28” per De Muynck, 3’40” per Thurau e ben 7’38” per Van Impe, che subito vede compromesse le sue possibilità di vittoria finale. Accusato quasi un quarto d’ora di ritardo, Knetemann è costretto a lasciare le insegne del primato, che grazie al tempo guadagnato in fuga vengono assegnate a Bernaudeau, nuovo leader della classifica con 4” Bittinger e 24” sul suo capitano Hinault.
Ancor più selettiva è la frazione che gli organizzatori hanno collocato al terzo giorno di gara, una prima cronoscalata (ne è prevista un’altra sulle Alpi) che ha come meta Superbagnères, dove Hinault cala subito l’asso vincente e solo il portoghese Agostinho riesce a viaggiare quasi al suo livello, perdendo da lui un solo secondo nel tratto in salita, mentre saranno undici quelli che pagherà a un traguardo dove il francese guadagna parecchio su tutti gli altri avversari e addirittura manda fuori tempo massimo cinque corridori, tra i quali ci sono due italiani, il romagnolo Giovanni Cavalcanti (14’03” di ritardo per lui) e il bergamasco Gianfranco Foresti (15’05”). E così a soli tre giorni dal via la classifica presenta già un volto ben definito, che vede Hinault in giallo con 53” su Agostinho e Zoetemelk, appaiati nel distacco, 1’49” su Kuiper, 2’19” su Battaglin, 3’06” su Baronchelli, 3’09” su Pollentier, 5’52” su De Muynck, 9’45” su Thurau e 11’06” su Van Impe.
Non sono ancora finiti i Pirenei perché è prevista una terza frazione, una classica cavalcata attraverso i colli che conduce in 180 Km da Luchon a Pau transitando da Peyresourde, Aspin e Soulor. E pure questa tappa si chiude nel segno di Hinault che ci prova in più occasioni, già sul Peyresourde, senza comunque riuscire a rimanere solo al comando. Ottiene comunque il risultato di scremare il gruppo ai tredici elementi che in quel di Pau giungono a giocarsi il successo allo sprint, conquistato proprio da Bernard, che regola in volata il belga Rudy Pevenage e Baronchelli, mentre perdono ancora terreno De Muynck (46”), Van Impe e Thurau (12’08” per entrambi).
La maglia gialla di Hinault non sembra in discussione e, invece, rischia di scivolargli via dalle spalle il giorno successivo, al termine della prima delle due cronometro a squadre, per le quali l’organizzazione ha deciso di non applicare più la regola dei distacchi “calmierati” che era stata proposta l’anno prima e che prevedeva di assegnare distacchi prestabiliti in base al piazzamento. Stavolta i ritardi effettivi peseranno fino all’ultimo centesimo e vedono la Renault-Gitane del capoclassifica perdere ben due minuti e mezzo dalla formazione vincitrice, la corazzata olandese TI-Raleigh, che s’impone percorrendo a 48.447 Km/h i quasi 87 Km della Captieux – Bordeaux. Quel che più conta è il tempo guadagnato dalla Miko-Mercier di Zoetemelk, che si piazza terza facendo guadagnare 48” secondi al proprio capitano su Hinault, mentre tutti gli altri favoriti si ritrovano a perdere ancora dal francese. Agostinho è ancora una volta il corridore che cede meno e vede Hinault allontanarsi di altri 31”, Van Impe termina la crono con un passivo di 1’37” dal “Tasso” e ancor peggio fanno gli altri avversari del campione transalpino, con Baronchelli che perde 1’46”, Battaglin che termina la crono con 4’54” di ritardo e Pollentier che incassa un’autentica sberla, sette dolorosi minuti perduti. Nonostante la sottoprestazione della sua squadra Hinault riesce a mantenere la maglia gialla, continuando a vestirla con 12” di vantaggio su Zoetemelk, mentre anche Kuiper si avvicina sensibilmente al francese e grazie al terzo posto della sua Peugeot ora ha 31” di ritardo. Dietro i due olandesi i distacchi dei corridori di punta sono tutti superiori al minuto: Agostinho è a 1’24”, Baronchelli a 4’52”, Battaglin a 7’13”, Pollentier e De Muynck a 10’23”, Thurau a 19’46” e Van Impe a 24′51″.
Dopo un avvio di corsa decisamente duro è prevista ora una delle tappe più semplici, 145 Km pianeggianti che da Neuville-de-Poitou conducono al traguardo di Angers, dove si attende un “tranquillo” (se può definirsi come tale) arrivo allo sprint. Invece Hinault ci mette ancora il becco e rende tosta anche questa frazione, andando improvvisamente all’attacco poco dopo la partenza per sfruttare a suo favore una foratura che colpisce Zoetemelk. Guadagna fino a 37”, poi viene ripreso e immediatamente dopo tenta nuovamente di andarsene, cercando senza fortuna di accodarsi a un tentativo del campione del mondo Knetemann. Quest’ultimo viene poi raggiunto da altri corridori e si va a formare un gruppetto al comando, raggiunto al 77° Km di gara. Ripresi altri tentativi nel finale, si arriva allo sprint e pure in quest’occasione un indomito Hinault si getta nella mischia, riuscendo a piazzarsi quinto nella volata vinta dall’olandese Jan Raas e guadagnando solo una lavata di capo da parte del suo direttore sportivo Cyrille Guimard, che gli rimprovera il fatto di non aver forse compreso che ci si trova al Tour e non a un criterium, di correre così l’inutile rischio di rimanere coinvolto nelle cadute che spesso caratterizzano gli arrivi di massa.
Sono parole al vento quelle di Guimard perché Hinault il giorno dopo prende parte anche alle volate intermedie che caratterizzano il percorso della tappa di Saint-Brieuc, nelle quali è prevista per la prima volta in questa edizione l’assegnazione di abbuoni, una novità che era stata introdotta nell’edizione del 1978. Al corridore francese con tutta evidenza non è andato giù il tempo perso nella cronosquadre e sfrutta anche queste occasioni, riuscendo a guadagnare dodici secondi prima di un finale che lo vede ancora tra i protagonisti. Corre sulle strade di casa e vuole fare bella figura davanti ai suoi concittadini, ma stavolta le cose non vanno secondo i suoi piani perché si piazza solo terzo al GPM di Yffiniac, il paesino bretone di circa 3000 anime dov’è nato il 14 novembre del 1954, mentre al traguardo di Saint-Brieuc è secondo, preceduto di una bicicletta buona dal belga Joseph Jacobs.
La tappa successiva presenta un finale interessante poiché a 7 km dal traguardo di Deauville si deve superare il ripido muro di Saint-Laurent, mezzo chilometro al 13% di pendenza media sul quale, però, rimane deluso chi si aspettava un attacco da parte di Hinault o di uno dei suoi avversari. Il giorno dopo è prevista la seconda cronosquadre, più lunga e altimetricamente più impegnativa rispetto a quella affrontata pochi giorni prima, e così si preferisce una condotta di gara tranquilla, facendo controllare la corsa ai gregari, con Hinault che si limita a tagliare per primo la linea d’arrivo nel gruppo dei migliori, giunto al traguardo oltre quattro minuti dopo la vittoria del giovane “tulipano” Leo van Vliet.
La seconda e ultima prova collettiva si disputa per ben 90 Km sulle ventose e ondulate strade che fanno da corona all’estuario della Senna, scenario che vede in azione una Renault-Gitane risorta rispetto all’altra crono. Al secondo dei tre intermedi è addirittura in vantaggio sulla superfavorita TI-Raleigh, che poi sul traguardo di Le Havre riesce a ribaltare a suo favore la situazione per soli 6”. Dietro la squadra di Hinault, invece, si assiste a un’altra cascata di distacchi: la Miko-Mercier di Zoetemelk è quarta a un minuto esatto dalla TI-Raleigh, la Flandria di Agostinho quinta a 1’49”, la Peugeot di Kuiper sesta a 3’53”, la Magniflex di Baronchelli settima a 4’13”, la Kas di Van Impe nona a 6′31″, la Splendor di Pollentier decima a 6’32” e la Inoxpran di Battaglin tredicesima a 8’14”. Ora il primato del francese in testa alla classifica si rinsalda poiché Zoetemelk è 2° a 1’18”, lo svedese Sven-Ake Nilsson (compagno di squadra dell’olandese) 3° a 2′40″, Agostinho 5° a 4’05”, Kuiper 7° a 4’30” e qui ci fermiamo perché i distacchi per tutti gli altri corridori che erano partiti con velleità di vittoria appaio oramai incolmabili.
È notoria l’avversione che Hinault aveva per il pavè (nonostante in carriera abbia volutamente affrontato sei volte la Roubaix, vincendola nel 1981) e soprattutto per il suo inserimento nelle tappe del Tour. Questa idiosincrasia ha una data d’origine, il 6 luglio 1979: è il giorno successivo alla cronosquadre di Le Havre, è il giorno nel quale sono previsti 38 Km di pavè a farcitura dei 203 Km di totale pianura che si devono percorrere tra Amiens e Roubaix, è il giorno nel quale il corridore francese viene attaccato sulle pietre e perde la maglia gialla. Il promotore dell’assalto al vertice è Zoetemelk, che rende pan per focaccia a Hinault per il tentativo, qualche giorno di prima, d’approfittare di una sua foratura per avantaggiarsi. Stavolta, infatti, è il transalpino a forare e per ben due volte, mentre davanti alla corsa si forma un gruppetto di cinque corridori composto dall’olandese, dal tedesco Thurau e dai belgi Pollentier, André Dierickx e Ludo Delcroix, che nel finale riesce a liberarsi della compagnia degli altri quattro e a presentarsi tutto solo sulla pista del velodromo di Roubaix. Grazie all’aiuto dei compagni di squadra Hinault riesce a non naufragare, ma arriva al traguardo quasi tre minuti e mezzo dopo Zoetemelk, che si veste di giallo con 2’08” sul francese. In classifica c’è da segnalare anche il guadagno di una posizione di Kuiper, ora 6° a 6’38”, e l’inabissamento di Agostinho, che sprofonda dal quinto al quattordicesimo posto (a 17′34″) dopo aver perduto quasi un quarto d’ora sulle infide strade dell’Inferno del Nord.
Sono previste a questo punto due tappe a Bruxelles, la prima delle quali si rivela di puro trasferimento (s’impone al termine di una fuga nata al “chilometro zero” il neoprofessionista olandese Jo Maas mentre si ritirano i quattro corridori rimasti in gara della Magniflex di Baronchelli, già tornato a casa per una caduta sul pavè). La seconda tappa, invece, costituisce la prima occasione utile a Hinault per iniziare ad azzerare il gap causato dall’attacco di Zoetemelk nella tappa di Roubaix. È una crono di 33 Km disegnata sulle veloci strade della capitale belga, che per Bernard diventano il palcoscenico di una vittoria ottenuta non soltanto con la forza delle gambe ma anche con l’orgoglio che l’ha sempre caratterizzato, una dote che tre anni dopo al Giro d’Italia gli consentirà di “vendicarsi” dell’attacco di Contini in salita e di riprendersi la maglia rosa nella storica tappa di Montecampione. Sono 36 i secondi che Hinault riesce a recuperare all’olandese in giallo, portandosi ora a 1’32” da quella maglia che vestiva senza interruzioni sin dai Pirenei.
Il francese non è, però, l’unico avversario dal quale Zoetemelk deve guardarsi le spalle di giallo fasciate. Anche Kuiper medita il colpaccio e lo mette in scena il giorno dopo, quando la corsa rientra in Francia con la tappa diretta a Metz, altra frazione che ha in programma succulenti traguardi volanti ad abbuoni. La partenza da Rochefort è in salita con i primi due chilometri da pedalare in direzione del GPM della Côte de Saint-Hubert, immediatamente dopo la quale parte una prima imboscata di Kuiper con altri sei corridori. Niente da fare, ma Kuiper ci vuole riprovare e al successivo tentativo gli va meglio: mentre la vittoria dì giornata viene conquistata dal francese Christian Seznec, Hennie riesce a recuperare 1’45” al connazionale, risalendo al terzo posto della classifica generale con un passivo di 6′09”.
Tra due giorni inizieranno le Alpi ma prima di giungere alle frazioni decisive è programmata una tappa di montagna sui Vosgi, dove si attende un’altra giornata ad altra gradazione alcolica. La frazione si rivela però poco incisiva per la lotta tra i primi due della classifica perché per piazzare l’unico suo scatto di giornata Hinault attende la curva che precede il traguardo, fissato in cima alla mitica salita del Ballon d’Alsace: è un’azione che arriva più dal cuore che dalle gambe e che gli consente di recuperare appena tre secondi su Zoetemelk. Peggio va a Kuiper, che perde quasi un minuto e mezzo a causa di una foratura a inizio salita, mentre a imporsi sul Ballon d’Alsace è il transalpino Pierre-Raymond Villemiane, che allo sprint precede l’italiano Battaglin.
Ai piedi delle Alpi ci si giunge con la frazione più lunga del Tour, 252 Km che conducono da Belfort alla località termale di Évian-les-Bains attraversando per un lungo tratto la Svizzera. Le difficoltà altimetriche da superare sono poche e scarsamente impegnative e un volatone è la più probabile soluzione per questa tappa. E di volatone si tratta perché sono ben 109 (su 110 in gara) i corridori che si presentano tutti assieme sul rettilineo d’arrivo, dove Marc Demeyer precede l’irlandese Sean Kelly e il francese Jacques Esclassan. Ma, nonostante questa conclusione, la classifica cambia e di parecchio alle immediate spalle di Zoetemelk perché oggi erano in programma ben cinque traguardi volanti ad abbuoni e di questi quattro se li è “pappati” Hinault, che ha così intascato 40 secondi in bonificazioni, riducendo ulteriormente le distanze dalla maglia gialla, dalla quale ora lo separano 49 secondi.
Il sorpasso è questione di 55,5 Km, quelli della seconda cronoscalata che Jacques Goddet ha inserito nel percorso e che inaugura la fase alpina della corsa. Si deve pedalare dalle rive del lago di Ginevra fino agli oltre 1800 metri della stazione di sport invernali di Morzine, su di un percorso che prende progressivamente quota fino a proporre salita vera negli ultimi 13 Km. Dopo ventisei chilometri, al primo rilevamento, Zoetemelk è ancora in possesso della maglia gialla ma con i secondi contati perché a quel punto Hinault ha già recuperato gran parte del passivo dall’olandese. Ai piedi dell’ascesa finale il francese è virtualmente in giallo per 48 secondi, poi aumenta ancora e si presenta ad Avoriaz un’ora, trentatrè minuti e trentacinque secondi dopo esser partito da Évian, con un vantaggio di 2’37” su Zoetemelk nell’ordine d’arrivo e di 1’48” in classifica generale, dove si conferma al terzo posto Kuiper con 11’47” di ritardo.
Ovviamente il francese non si accontenta di questo risultato. Conosce il suo avversario, sa di cosa è capace e sa che deve distanziarlo ancora. E così lo attacca a 3 Km dall’arrivo del primo dei tre tapponi alpini, che prevede l’inedito traguardo in salita a Les Menuires, stazione di sport invernali che ospiterà un arrivo del Tour anche nel 2020. Coglie Zoetemelk affaticato e riesce a distanziarlo di circa un minuto, ma non a conquistare il bis sulle Alpi perché viene battuto dall’unico corridore che era riuscito a resistergli, il belga Van Impe, da tempo uscito di classifica.
Dopo il secondo giorno di riposo arriva il turno della doppia Alpe d’Huez, che viene per la prima volta affrontata al termine di un altro impegnativo tappone, che prevede anche le ascese alla Madeleine e al Galibier. Contento dei risultati ottenuti ed anche per evitarsi un crollo per eccesso di sforzi, Hinault decide stavolta di disputare la tappa limitandosi a controllare Zoetemelk, il quale dal canto suo corre quasi annichilito dalla superiorità dimostrata dall’avversario e non ci prova nemmeno a metterlo in difficoltà. Della situazione ne approfitta Agostinho, che taglia il traguardo 3’19” prima dell’arrivo del risicato gruppetto di Hinault e Zoetemelk, nel quale ci sono anche Nilsson e Battaglin. Su quest’ultimo, però, si sta per abbattere la tegola del doping perché subito dopo la conclusione della tappa viene ufficializzata la notizia della sua positività all’efedrina al termine della frazione del Ballon d’Alsace, nella quale era arrivato secondo, causata dall’assunzione di due pastiglie di Zerinol, farmaco somministratogli dal medico della squadra per alleviargli la tracheite che lo affliggeva da qualche giorno. I regolamenti dell’epoca non contemplano l’espulsione dalla corsa e così il corridore vicentino può rimanere in gara, pur con una penalizzazione di dieci minuti.
La seconda frazione con arrivo sull’Alpe è più breve e meno impegnativa della precedente e forse questo fattore stavolta motiva Zoetemelk, che attacca all’inizio della salita e al traguardo si presenta con 40” su Van Impe e 47” su Hinault, che si difende bene e all’uscita dalla fase alpina si ritrova in maglia gialla con 1’58” sull’olandese. La vittoria finale del francese, a questo punto, sembra blindata mentre è ancora apertissima la lotta per il gradino più basso del podio a Parigi, essendo separati da soli 35 secondi Kuiper – attualmente 3° a 21’23” – e Agostinho, che sull’Alpe è riuscito a distanziare l’olandese di 1’43”: a decidere questa tenzone sarà la cronometro prevista settantadue ore più tardi.
Il viaggio verso l’ultima frazione contro il tempo prevede prima di affrontare due tappe di trasferimento, la prima delle quali si conclude allo sprint sul traguardo di Saint-Priest, dove il tedesco Thurau riscatta un Tour per lui fallimentare precedendo i belgi Jacobs e Demeyer, entrambi corridori che in questa edizione della corsa francese hanno all’attivo un successo a testa.
Più accidentata è la collinare tappa di Digione, che vede l’approdo di una fuga a due nata a una sessantina di chilometri dal traguardo su iniziativa dell’italo-francese Serge Parsani, al quale si aggancia Knetemann. È quest’ultimo a tagliare per primo il traguardo con due secondi di vantaggio su Parsani, ma subito dopo la conclusione della tappa la giuria inverte le posizioni dei due corridori accogliendo il reclamo di alcuni elementi del gruppo, che avevano visto il corridore olandese riuscire ad accodarsi al tentativo di fuga di Parsani attaccandosi a un’ammiraglia.
La crono disegnata per 50 Km tra Plombières-les-Dijon e l’autodromo di Prenois, tra il 1974 e il 1984 sede di cinque edizioni del Gran Premio di Francia di Formula 1, vive dunque una doppia sfida e quella che più conta contrappone Kuiper ad Agostinho per il terzo posto in classifica, terminata con il netto sorpasso tra i due corridori grazie ai quasi due minuti che anche oggi il portoghese è riuscito a guadagnare. La vittoria, invece, se la giocano Hinault e Zoetemelk, che corrono su livelli quasi simili fino al gran premio della montagna posto esattamente a metà tappa, sul quale l’olandese fa registrare il miglior tempo di scalata, anche se in testa all’intertempo c’è il francese per undici secondi. Il più veloce a compiere il giro finale sul circuito dell’autodromo è, invece, Bernard che riesce a imporsi con 1’09” su “Joop”, frenato da una foratura proprio nel tratto conclusivo in pista.
Mancano tre tappe alla conclusione, tutte poco impegnative e poco foriere di sorprese e di emozioni, che invece non mancheranno. La terzultima ha come protagonisti principali Battaglin e Knetemann, che attaccano assieme ad altri tre corridori a una ventina di chilometri dal traguardo di Auxerre, al quale i due si presentano da soli con una cinquantina di secondi di vantaggio sul gruppo. La vittoria stavolta è correttamente conseguita dall’olandese, mentre il vicentino grazie al tempo guadagnato risale due posizioni in classifica, portandosi al sesto posto a 35′54″ da Hinault. E pensare che senza la penalizzazione per positività all’efedrina ora sarebbe quarto, con appena 4” di vantaggio su Kuiper.
La successiva frazione di Nogent-sur-Marne non prevede grosse difficoltà altimetriche, a parte un paio di strappi nel finale, l’ultimo dei quali in corrispondenza del traguardo. Si tratta di ascese che non fanno paura ai velocisti, che al massimo devono guardarsi le spalle dalle coltellate dei finisseur, ma nessuno avrebbe immaginato che a provarci con successo sarebbe stato nientemeno che il padrone assoluto della corsa. E così Hinault si mette alla ruota di Demeyer, quando questi parte a poche centinaia di metri dal traguardo, per poi emergere di prepotenza in dirittura d’arrivo, riuscendo a precedere il belga allo sprint.
Ora Hinault s’è ingolosito, s’è “merckxizzato” potremmo dire, e guarda con cupidigia anche al traguardo successivo, quello prestigioso degli Champs-Élysées, già divenuto una preda ambita nonostante sia proposto da soli cinque anni come punto d’arrivo finale del Tour. Il finale del giorno prima, con il suo dolce strappo, lo agevolava ma riuscire a prevalare sui pianeggianti Campi Elisi contro tutti i velocisti rimasti in gara è un qualcosa d’impossibile. Ci vuole una soluzione alternativa, quella di una fuga pazza e la mette in pratica quando mancano 57 Km al traguardo e si è ancora alle porte di Parigi. 4 Km più avanti lo raggiunge Zoetemelk e i due prendono a marciare di comune accordo, transitando per la prima volta dal traguardo con 1’32” sul gruppo, vantaggio che sale a 2′18″ al momento dell’arrivo, quando Zoetemelk prova a sorprendere il francese partendo da lontano, ma è ancora il “Blaireau” a transitare per primo dal traguardo, fatto storico – quello della vittoria della maglia gialla a Parigi – che non accadeva dal 1935, quando nella capitale francese si era imposto il belga Romain Maes. E così all’ultimo giorno gli applausi sono tutti per un uomo solo, quel Bernard Hinault che dopo la vittoria dell’anno precedente si conferma grande campione precedendo di 3’07” Zoetemelk e di 26’53” Agostinho. Un mese più tardi sarà rivelato che anche l’olandese era stato pizzicato positivo all’antidoping proprio la sera della tappa di Parigi e che gli sarebbe stata applicata una penalizzazione di 10 minuti, identica a quella di Battaglin. Ma quel surplus di tempo non arriverà a intaccare il secondo posto in classifica di Zoetemelk, l’unico avversario che quell’anno riuscì a mettere alla frusta Hinault.
Mauro Facoltosi
LE ALTIMETRIE
Nota: manca l’altimetria della 4a tappa (cronometro a squadre Captieux – Bordeaux)