BATTI UN CINQUE – 1992, IL SECONDO TOUR DI INDURAIN

giugno 28, 2020
Categoria: News

Grazie a quasi 140 Km da percorrere contro il tempo e sole due vere tappe di montagne Miguel Indurain ebbe gioco facile nell’imporsi nel suo secondo Tour de France. L’unico vero avversario dello spagnolo quell’anno fu Chiappucci, che ci regalò una staordinaria impresa nel tappone del Sestriere e fu il solo corridore a terminare il Tour con un distacco “umano”, mentre dal terzo in giù i ritardi furono tutti a due cifre.

Quell’anno andò di lusso al navarro.

Reduce dalla vittoria al Giro d’Italia, nel quale si era imposto dominando a cronometro e difendendosi bene in tappe di montagna dove non si erano visti grandissimi attacchi ai suoi danni, al Tour del 1992 Indurain si trova di fronte un percorso che strizza entrambi gli occhi alle sue doti di cronoman senza “guardare” alle potenzialità degli scalatori. Se questi ultimi hanno a loro disposizione appena quattro tappe di montagna, solo due delle quali veramente difficili, a favore del corridore iberico giocano i ben 137 Km che si devono percorrere nelle sfide contro l’orologio (senza contare i 63 Km della cronosquadre), disegnate tra l’altro su percorsi filanti e poco impegnativi altimetricamente. Non è un caso che è in questa edizione della Grande Boucle che “Miguelon” infligge il distacco più pesante della sua carriera al terzo corridore del podio finale, i quasi 11 minuti accusati a Parigi da Gianni Bugno, mentre Claudio Chiappucci è il solo a contenere il distacco sotto i cinque minuti grazie al tempo guadagnato non solo nello storico tappone del Sestriere ma anche nella cronometro a squadre e con l’inatteso attacco nella frazione di Bruxelles.

Inizia con il piede giusto per Indurain la 79a edizione del Tour de France perché lo spagnolo s’impone subito nel cronoprologo di San Sebastián, nel quale precede di 2” l’elvetico Alex Zülle e di 3” il francese Thierry Marie, mentre i due corridori più attesi dagli italiani pagano rispettivamente dodici (Bugno) e trenta secondi (Chiappucci).

Si rimane nella cittadina spagnola altre ventiquattore, per una frazione in circuito che ricalca in parte le rotte della “Clásica” proponendo a circa 45 Km dal traguardo la tradizionale salita dello Jaizkibel. Su quest’ultima ci prova Franco Chioccioli, il cui tentativo riduce il gruppo alla settantina di elementi che si lanciano alla caccia dell’ultimo fuggitivo di giornata rimasto in avanscoperta, Dominique Arnould. L’aggancio con il francese arriva troppo tardi, praticamente sulla linea d’arrivo che Arnould riesce a tagliare per primo davanti al velocista belga Johan Museeuw, mentre Zülle toglie la maglia gialla a Indurain grazie agli abbuoni conquistati negli sprint intermedi.

I Pirenei vengono “bruciati” subito all’inizio, nel corso dell’interminabile seconda frazione che conduce a Pau dopo esser saliti, tra le altre difficoltà, sui colli di Ispéguy e di Marie-Blanque. Il percorso non è certo dei più impegnativi ma, forse perché eccezionalmente arrivato molto presto, crea grossa selezione nel gruppo dei favoriti, che si riduce ai soli cinque uomini – Bugno, Chiappucci, Indurain e i francesi Charly Mottet e Dante Rezze – giunti al traguardo una ventina di secondi prima del grosso del gruppo e quasi 5 minuti dopo l’arrivo dei primi due corridori: sono lo spagnolo Javier Murguialday, che vince la tappa, e Richard Virenque, 22enne francesino ancora poco conosciuto che s’impone all’attenzione degli appassionati balzando al primo posto della classifica con 4’34” su Indurain.

La terza tappa propone un velluto pianeggiante in direzione di Bordeaux, dove si attende la prima sfida tra gli sprinter, uno spettacolo che in questa edizione del Tour latiterà perché su sette tappe destinate alla specifica categoria solamente due termineranno con una volata di gruppo. Non è il caso della frazione in oggetto, che vede andare in porto un tentativo di dieci corridori giunti con sette minuti di vantaggio al traguardo, dove s’impone l’olandese “Rob” Harmeling mentre la maglia gialla passa dalle spalle di Virenque a quelle del suo compagno di squadra Pascal Lino.

Cambia la classifica alle spalle dei primi due – Lino e Virenque – dopo la temuta cronometro a squadre di Libourne, percorsi i cui 63 Km Bugno sale al terzo posto precedendo di 14” Chiappucci, di 22” l’irlandese Stephen Roche e di 27” Indurain: sono questi i principali esiti della prova collettiva, vinta a 52 Km/h dalla formazione francese Panasonic, che precede di 7” la Carrera di Chiappucci e Roche, di 21” la Gatorade del monzese e di 50” la Banesto di Indurain.

Dopo un lungo trasferimento verso il nord della Francia, compiuto senza osservare giorno di riposo, si affronta un’altra tappa di totale pianura che pure sfugge al controllo dei velocisti. Stavolta al traguardo della Nogent-sur-Oise – Wasquehal giunge in beata solitudine Guido Bontempi, l’ex velocista bresciano che col trascorrere degli anni ha preferito evitare di lanciarsi come un tempo nella mischia degli sprint a gruppo compatto prediligendo le fughe, come già aveva fatto in due occasioni vittoriose all’ultimo Giro d’Italia, nelle tappe di Melfi e Latina.

A questo punto inizia una serie di quattro sconfinamenti consecutivi che portano la carovana del Tour prima in Belgio, poi in Olanda, quindi in Germania e infine in Lussemburgo, dove è in programma la prima delle due cronometro lunghe. Nell’attesa di questo fatidico appuntamento si deve per prima disputare una delicata frazione disegnata sulle strade delle Fiandre, che prevede di andare da Roubaix a Bruxelles superando, tra gli altri, i mitici muri di Grammont e Bosberg. In una tappa nella quale potrebbero dire la loro anche i velocisti, resa ancora più impegnativa dal maltempo, ne approfitta due volte Chiappucci. Se il primo tentativo del “Diablo” – dalle parti del Kwaremont, a inizio tappa – non porta da nessuna parte, ben più fruttuoso è quello che il varesino mette in scena a 25 Km dal traguardo, grazie al quale riesce a guadagnare 1’22” sul gruppo assieme ai quattro corridori che decidono di seguirlo, il danese Brian Holm, l’americano in declino Greg Lemond e il francese Laurent Jalabert, che s’impone a due passi dal celebre Atomium precedendo Claudio allo sprint. Ora è Chiappucci il migliore dei favoriti, 3° in classifica a 3’34” da Lino e forte di un minuto di vantaggio su Indurain.

È ancora la Carrera a movimentare la corsa il giorno dopo, nella frazione che termina nella località olandese di Valkenburg e che ripercorre le strade dell’Amstel Gold Race, con la salita del Cauberg da superare a 2 Km dal traguardo. Stavolta non è Chiappucci a muoversi ma Roche, lesto a infilarsi nella fuga nata subito dopo l’ingresso nei Paesi Bassi e che arriva al traguardo un minuto prima del sopraggiungere del gruppo. E anche in quest’occasione la Carrera deve accontentarsi del secondo posto perché l’irlandese viene preceduto in volata dal francese Gilles Delion.

Disputata la vallonata tappa tedesca di Coblenza, vinta dal belga Jan Nevens, ci si sposta nel Granducato di Lussemburgo per l’appuntamento con il cronometro. Sessantacinque sono i chilometri che si devono percorrere su di un tracciato ondulato che presenta anche un lungo tratto da percorrere sulle snelle carreggiate di un’autostrada, percorso ideale perché Indurain si scateni in tutta la sua potenza: il ciclone spagnolo irrompe così sulle strade del Tour a poco più di 49 Km di media oraria distanziando di ben 3 minuti – suo vantaggio più elevato tra primo e secondo in una crono della Grande Boucle – il compagno di squadra Armand De Las Cuevas, mentre Bugno perde una quarantina di secondi in più del francese e Chiappucci si becca una scoppola di quasi cinque minuti e mezzo. L’unico a non essere spazzato via da Indurain è Pascal Lino che, grazie ai minuti guadagnati andando in fuga verso Bordeaux, riesce a mantenersi in testa alla classifica con 1’27” su Indurain, mentre Bugno è 6° a 4’39” e Chiappucci 8° a 4’54”.

I due italiani non si lasciano intimorire dalla supremazia manifesta da Indurain e lo dimostrano il giorno successivo, quando la corsa rientra in Francia con la tappa diretta a Strasburgo, dove per la prima volta in questa edizione del Tour si assiste a un volatone a ranghi compatti, conquistato dall’olandese Jean-Paul van Poppel. Prima dell’epilogo allo sprint, infatti, c’erano stati un paio di tentativi dei nostri due corridori, con il secondo che era arrivato a guadagnare più di un minuto prima che la reazione della Banesto facesse sortire i suoi effetti.

Ci sono, dunque, tutte le premesse per un altro tentativo deii nostri l’indomani, quando è in programma una cavalcata di 250 Km attraverso i Vosgi, da Strasburgo a Mulhouse, superando otto colli, con il solo “neo” della totale mancanza di difficoltà altimetriche negli ultimi 53 Km. È forse per questo motivo che la tappa si rivelerà molto deludente sotto quest’aspetto, senza attacchi promossi dai corridori deputati a mettere in difficoltà Indurain, che veglia indisturbato in testa al gruppo lasciando andare via una fuga di 5 corridori iniziata da Laurent Fignon sulla salita del Col du Bramont. Sul successivo Grand Ballon, ultima e principale ascesa del tracciato, il campionne francese si sbarazza della concorrenza percorrendo successivamente in solitaria il lungo lasso di strada che lo separa dal traguardo, dove giunge con una dozzina di secondi di vantaggio sui primi inseguitori e dove agguanta il penultimo successo di una luminosa carriera che terminerà l’anno successivo con l’affermazione nella classifica finale della Ruta de Mexico.

Dopo un giorno di riposo si arriva sulle Alpi, introdotte da un’altra lunghissima frazione che, con un percorso di media montagna, conduce da Dole a Saint-Gervais-les-Bains. Il tentativo di rendere grama la vita al “rey” del Tour prende forma ancora su iniziativa della Carrera, che decide di risparmiare Chiappucci per il tappone del giorno dopo e manda nuovamente all’attacco Roche. L’irlandese si muove sulla salita più impegnativa del tracciato, il Mont Salève, e si porta dietro Pedro Delgado, lo spagnolo della Banesto che fino a due anni prima era il capitano della formazione che ora ha la sua stella in “Miguelon”. Ai due si aggiungere un secondo Carrera, il piacentino Giancarlo Perini, e i tre riescono a riagguantare il gruppetto di altrettanti corridori che erano andati in fuga una sessantina di chilometri prima. Tra questi c’è l’elvetico Rolf Järmann, l’unico che riuscirà a rimanere agganciato ai due “trascinatori” di questa tappa per poi precedere al traguardo di 3” Delgado e di 39” Roche, mentre Bugno e Chiappucci chiudono dopo tre minuti nel gruppo di un Indurain al quale oggi il varesino ha fatto a lungo stancare la squadra.

Si arriva così al primo dei due tapponi alpini, una frazione destinata a rimanere nella storia per l’impresa messa in scena dal “Diablo”, tentativo che farà tornare alla memoria il lontano ricordo di quella straordinaria di Fausto Coppi nella Cuneo-Pinerolo del 1949. L’arrivo è in Italia, si tratta del sesto e ultimo sconfinamento di questa edizione del Tour; si devono superare cinque mitici colli, il Saisies e il Cormet de Roselend in partenza, i 2770 metri dell’Iseran a metà tappa, il Moncenisio prima di entrare in Italia e infine l’ascesa finale verso Sestriere, dopo 255 Km di una gara che presenta quasi 5800 metri di dislivello. Lo scalatore varesino decide di lasciare la comoda compagnia del gruppo quando mancano ancora 223 Km al traguardo e si sta affrontando il primo colle di giornata. In discesa lo riagganciano undici corridori, tutti uomini fuori classifica, che vanno a comporre un drappello al comando che lentamente si sfalda sulle ascese successive, fino a quando il “Diablo” piazza un altro attacco a 8 Km dalla vetta dell’Iseran e rimane da solo. Terminata la successiva discesa tocca un vantaggio massimo di 5 minuti che fa di Claudio la maglia gialla virtuale, ma poi la reazione del gruppo inseguitore – nel quale Bugno, che è connazionale ma rivale del varesino, aumenta l’andatura – e le fatiche accumulate cominciano a farsi sentire. In cima al Moncenisio il “Diablo” ha 3’33” sul monzese e Indurain, perde un altro minuto dai due durante la discesa verso Susa, poi il monzese cede sull’ascesa finale ed entra in scena un altro italiano, il laziale Franco Vona, che completa il trionfo in casa Italia piazzandosi secondo al traguardo 1’34” dopo il vittorio arrivo di Chiappucci. Indurain, fiaccato dalla lunga tappa e dall’inseguimento, ha un cedimento proprio nel finale, che gli consente comunque di concludere in terza posizione, qualche secondo dopo Vona, e di riprendere la maglia gialla perché il leader della corsa Pascal Lino oggi ha terminato il tappone oltre 10 minuti dopo l’arrivo di Chiappucci.

Un minuto e 42 secondi separano Chiappucci dalla testa della classifica e, con Bugno terzo a 4’20”, solo lui potrebbe insidiare il primato del navarro. Ma un bis al varesino, dopo le fatiche profuse il giorno prima, si annuncia molto difficile nell’ultima grande tappa di montagna, che ha in menù il Monginevro in partenza da Cesana Torinese, seguito da Galibier, Croix-de-Fer e dalla mitica ascesa finale all’Alpe d’Huez, sulla quale il più recente mattatore era stato Bugno, vincitore lassù sia nel 1990, sia nel 1991. Non sarà così stavolta, né per Bugno – che si stacca una prima volta sulla Croix-de-Fer, recupera ma poi affonda sull’Alpe e giunge al traguardo con più di nove minuti di ritardo – né per Chiappucci, che opta per limitare a creare la selezione sull’ascesa finale. Riesce anche stavolta nell’intento, con la differenza che stavolta con lui rimane un corridore, proprio quell’Indurain che riesce almeno a precedere a un traguardo che non lo vede vincitore perché più di tre minuti prima era giunto in solitaria l’americano Andrew Hampsten, mentre per il secondo giorno consecutivo si piazza Vona.

Terminate le Alpi si devono affrontare due insidiose giornate di media montagna disegnate sulle tormentate strade del Massicio Centrale. La prima di queste dà qualche brivido a Chiappucci perché il traguardo è a Saint-Étienne e il finale è lo stesso della tappa nella quale al Tour del 1990 il varesino, partito in maglia gialla con più di sette minuti di vantaggio sul grande favorito Greg Lemond, era stato attaccato a sorpresa dagli altri “big” e su un percorso non particolarmente complicato aveva perduto gran parte del suo vantaggio, ridottosi al traguardo a 2′34″ sull’americano. Basti solo dire che, se si potesse cancellare questa tappa con un colpo di spugna dalla storia del Tour, nonostante i minuti persi dal “Diablo” anche nelle frazioni successive tra Pirenei e cronometro sarebbe stato lui a vincere quell’edizione della corsa transalpina. Però, quel pomeriggio di due anni prima Chiappucci era un giovane ancora “inesperto”, tutto il contrario dell’Indurain decisamente più navigato che in questo momento sta comandando con autorità la classifica. Al corridore della Carrera non balena così nemmeno l’idea di provarci in questa giornata, che comunque riesce a portare un sorriso nel clan degli italiani grazie alla vittoria di Chioccioli, scattato ai piedi della salita della Croix-de-Chaubouret, a 35 Km dall’arrivo, e giunto al traguardo con 42” sul russo Dimitri Konishev, 43” su Perini e una cinquantina di secondi sul gruppo, regolato allo sprint da Jalabert.

Resosi conto che il navarro è irraggiungibile, nell’ultima giornata da trascorrere sulle montagne Chiappucci lascia carta bianca al compagno di squadra Roche, che già due volte era andato all’attacco in questa edizione del Tour senza raccogliere nulla sul piano delle soddisfazioni personali. L’irlandese esce così dal gruppo a 26 Km dal traguardo anche grazie al benestare di Indurain, al quale non fa paura, riprende chi si trova in testa alla corsa e poi fende solitario il nebbione che ammanta la Côte de Charlannes, la pedalabile salita in cima alla quale è posto l’arrivo della tappa di La Bourboule e dove va a cogliere quella che sarà la sua ultima vittoria tra i professionisti.

Mancano ancora cinque tappe alla conclusione del Tour ma, tolta la cronometro di Blois, son tutte frazioni di trasferimento nelle quali, al di là di qualche sparuta “côte”, domina sovrana la pianura. Dovrebbero essere quattro occasioni succulente per i velocisti ma ancora le loro formazioni faticano a tenere a bada i gruppetti che decidono di lanciarsi in avanscoperta e così a Montluçon si assiste alla vittoria in solitaria del francese Jean-Claude Colotti, mentre sulla celebre Avenue de Grammont di Tours la volata sfuma per un’inezia perché sarebbe bastato un metro in più al gruppo per riacciuffare Thierry Marie, partito come una scheggia subito dopo lo striscione dell’ultimo chilometro.

L’ultima galoppata contro il tempo si disputa nell’incantevole scenario della Valle della Loira, 64 Km di un piattone quasi perfetto disegnato tra Tours e Blois sul quale Indurain non riesce a dominare come aveva fatto undici giorni prima in Lussemburgo. Dal terzo posto in giù i distacchi sono quelli soliti ma stavolta l’iberico si ritrova a fare i conti con un Bugno in netta ripresa, che ai primi tre intermedi si presenta con tempi inferiori di un pugno di secondi rispetto a quelli di Indurain. Poi il campione del mondo cala nel finale, riuscendo comunque a contenere il passivo entro il minuto e a risalire dal quinto al terzo posto della classifica generale.

Anche la penultima tappa sfugge agli sprinter – a Nanterre vince il belga Peter De Clercq davanti all’italiano Flavio Vanzella – che invece riescono a mantere salda la regia di corsa nella conclusiva tappa di Parigi, dove è il tedesco Olaf Ludwig a conquistare il successo sugli Champs-Élysées precedendo Van Poppel e Museeuw. Poi spazio ai festeggiamenti per il secondo Tour conquistato da Miguel Indurain, ancora una volta accompagnato sul podio – ma a ruoli invertiti rispetto al 1991 – da Chiappucci e Bugno, rispettivamente 2° a 4’35” e 3° a 10’49”.

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE


Indurain e Chiappucci affiancati sulla salita dellAlpe dHuez, il giorno dopo limpresa del Diablo nel tappone del Sestriere (foto Bettini)

Indurain e Chiappucci affiancati sulla salita dell'Alpe d'Huez, il giorno dopo l'impresa del "Diablo" nel tappone del Sestriere (foto Bettini)

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