CONTADOR, MANI SUL TOUR

luglio 22, 2010
Categoria: News

Andy Schleck attacca sul Tourmalet, ma lo spagnolo non cede al forcing del lussemburghese e conserva la leadership, lasciando la tappa al rivale. Distacchi non eccessivi per gli altri big, con Rodriguez, Hesjedal, Sanchez, Menchov, Gesink, Horner e Van den Broeck raccolti in 30’’, fra 1’18’’ e 1’48’’ dalla coppia di testa. In classifica, Contador guida sempre con 8’’ su Schleck, mentre Sanchez porta a 21’’ il margine su Menchov nella lotta al podio.

Foto copertina: Andy Schleck celebra il secondo successo di tappa in questo Tour, in vetta al Tourmalet (foto AFP)

Finalmente un testa a testa vero. Dopo due settimane e mezzo di distacchi molto modesti o occasionali (guai sul pavé per l’uno, salti di catena per l’altro), scatti brevi e senza seguito e accordi di collaborazione (si pensi alla Madeleine o agli ultimi chilometri della tappa di Ax-3-Domaines), Andy Schleck e Alberto Contador hanno finalmente dato vita al tanto atteso corpo a corpo, sull’ascesa più dura e temuta del Tour: quel Col du Tourmalet che, come spesso accade ad ascese così pubblicizzate ed attese, non ha alla fine prodotto i paventati sconquassi. Perché ve ne fossero, sarebbe stata necessaria ben altra animosità su Marie-Blanque e Soulor, affrontati invece ad andatura molto blanda dal gruppo. Ci sarebbe poi voluto qualche uomo di medio-alta classifica desideroso di rischiare da lontano, e invece fra i sei fuggitivi della prima ora – Burghardt (BMC), Pauriol (Cofidis), Perez (Euskaltel), Koren (Liquigas), Flecha e Boasson Hagen (Sky) – il meglio piazzato era Pauriol, 36° in classifica a 52’.
È stato dopo poco meno di 30 km che la corsa avrebbe potuto prendere un’altra piega, allorché Carlos Sastre, 15° in generale a 9’, dopo aver mandato in avanscoperta Konovalovas, è evaso dal plotone, riagganciandosi poco dopo al compagno di squadra. La sorte non è però stata favorevole al trionfatore della Grande Boucle 2008, il cui tentativo, chiaramente già pianificato da tempo, è partito proprio nel momento della caduta di Samuel Sanchez. Un capitombolo fortunatamente senza conseguenze, ma che, alla luce degli oltre 2’ impiegati dall’asturiano per rimettersi in sella, ha indotto il gruppo a rallentare, e ha dissuaso chiunque dall’unirsi all’azione del leader Cervélo, ritrovatosi così, ai piedi del Marie-Blanque, con oltre 3’ da recuperare in salita al drappello di testa, onde evitare di ritrovarsi tutto solo nei 40 km pianeggianti successivi: impresa terribilmente complicata, fallita per circa 1’.
Con Sastre che, dopo aver toccato un margine massimo di 7’, che lo collocava virtualmente al 4° posto in classifica, sperperava energie e perdeva terreno nei tratti in fondovalle prima di Soulor e Tourmalet, la Astana ha così potuto controllare agevolmente la situazione, impostando un ritmo tutt’altro che proibitivo sui primi due colli di giornata, coadiuvata a tratti dalla Saxo Bank di Andy Schleck – ormai deciso a giocarsi il tutto per tutto sull’ultima grande montagna del Tour – e della Omega Pharma-Lotto di Van den Broeck. Soltanto ad una quarantina di chilometri dal traguardo il ritmo del gruppo si è impennato, con Rabobank e Saxo Bank, sostituitesi alla formazione di Contador, impegnate a riportare sotto i propri leader, desiderosi di poter almeno compensare con un successo parziale di prestigio un eventuale piazzamento non all’altezza delle attese (leggasi: 4° per Menchov, 2° per Schleck) in classifica generale. Il margine dei battistrada è così crollato dagli 8’ del vantaggio massimo ai 3’ con cui hanno approcciato il Tourmalet, destinato a divenire preda degli uomini più attesi.
Come ampiamente preventivabile, è stata la Saxo Bank a prendere in mano la situazione sulle prime rampe dell’ascesa finale, con O’Grady, Cancellara, Sorensen e Fuglsang che non hanno comunque prodotto grossa selezione in un gruppo maglia gialla che, a 10 km e mezzo dal traguardo, contava ancora almeno una ventina di unità. È stato allora che Andy Schleck è entrato in azione in prima persona, lanciandosi all’inseguimento di Carlos Barredo – appena scattato – e rilanciando poi in prima persona. Contador è stato il più pronto ad incollarsi alla sua ruota, imitato da Joaquin Rodriguez e Menchov. Ai capitani di Katusha e Rabobank sono però bastate poche centinaia di metri per rendersi conto che era meglio non tentare di reggere il ritmo dei due aspiranti vincitori del Tour, lasciandosi così riassorbire da Sanchez, Gesink, Kreuziger, Horner, Hesjedal e Van den Broeck, saliti con passo più regolare.
Rispetto a quanto visto sulle ascese di Avoriaz, della Madeleine e del Balès, il lussemburghese ha optato per un drastico cambiamento tattico: niente più scatti a ripetizione intramezzati da bruschi rallentamenti, ma fiondata iniziale seguita da un forcing reiterato, spalmato su diversi chilometri. Difficile dire se senza questo cambio di rotta verso una condotta tattica che ha ricordato a tratti quella di alcune giornate di gloria di Marco Pantani (Alpe d’Huez 1997 e Plan di Montecampione 1998 in particolare) le cose sarebbero cambiate, come potrebbe far pensare il precedente di lunedì scorso, quando Contador era parso in difficoltà nel replicare all’ennesima accelerazione del lussemburghese, prima del salto di catena. Di certo, il ritmo sempre elevato ma mai proibitivo della maglia bianca non ha mai dato l’impressione di poter fiaccare più di tanto la resistenza dello spagnolo, che non ha concesso un metro al rivale neppure in occasione dei più decisi rilanci di andatura. È stato anzi proprio il capoclassifica, a 4 km dall’arrivo, a dare per un attimo l’illusione di potersene andare in solitaria, con una fucilata a scopo palesemente intimidatorio alla quale Schleck ha replicato con non pochi patemi. Sparata che, pur senza permettere al madrileno di fare il vuoto, ha comunque raggiunto l’obiettivo minimo, dal momento che l’azione di Andy si è fatta da quel momento meno incisiva, come testimoniato dalla rinuncia ad ulteriori aumenti di ritmo nel finale e dalla lieve rimonta degli altri uomini di classifica, scivolati fino a 1’47’’ e risaliti ad 1’ e mezzo circa.
Con l’avvicinarsi del traguardo, e l’evidente impossibilità per Schleck di distanziare il rivale, ci si attendeva, in virtù dello scatto di Contador ai -4, un ulteriore testa a testa per il successo di tappa. Come lasciato presagire da un colloquio fra i due a 300 metri dalla linea bianca, invece, l’iberico ha deciso di non contendere all’avversario un successo di tappa che, alla luce di quanto visto nei chilometri precedenti, avrebbe a nostro giudizio probabilmente colto. Una rinuncia resa forse leggermente più sofferta dal fatto che lo spagnolo ancora attende, in questo Tour, un successo di tappa che a questo punto potrebbe non arrivare mai, ma ampiamente compensata dall’ormai quasi acquisita certezza di riconfermare il successo del 2009. Non solo, ma la grande difesa di oggi dovrebbe consentire all’iberico di portare la maglia gialla a Parigi con un margine superiore ai 39’’ guadagnati a Bagnères-de-Luchon, togliendo ai detrattori la possibilità di bollare l’ormai probabile successo come frutto più di un salto di catena che di una superiorità tecnica.
Alle loro spalle, gli altri big hanno tagliato il traguardo alla spicciolata, ma raccolti in appena 30’’, con distacchi compresi fra 1’18’’ e 1’48’’: Joaquin Rodriguez a 1’18’’, Hesjedal a 1’27’’, Sanchez a 1’32’’, Menchov e Gesink a 1’40’’, Horner a 1’45’’, Van den Broeck a 1’48’’. Solamente Kreuziger ha pagato qualcosa di più, chiudendo comunque a 2′14’’. Distacchi complessivamente contenuti, che non hanno sconvolto la situazione nei duelli più accesi ed importanti di questo Tour: invariati gli 8’’ fra Contador e Schleck, passati da 13 a 21 i secondi di margine di Sanchez su Menchov nella lotta per il terzo gradino del podio. E anche se sarebbe compito di chi scrive di sport mantenersi completamente al di sopra delle parti, non possiamo fare a meno di sorridere di fronte all’ottima prova del campione olimpico di Pechino, che ha fatto in questo modo pagare ai suoi avversari l’immobilismo su Tourmalet e Aubisque nella giornata di martedì, quando l’asturiano aveva dato segnali di cedimento sulle pur non proibitive rampe dell’Aspin.
Dando un’occhiata al resto della classifica, balza subito all’occhio come, se non altro, la tappa di oggi abbia fatto emergere i reali valori in gioco in questo Tour. I primi dieci al traguardo (appena fuori dai quali si colloca un ottimo Damiano Cunego, 11°) occupano infatti anche le prime dieci posizioni in classifica generale: detto dei primi quattro, la top 10 è completata da Van den Broeck, Gesink, Rodriguez, Hesjedal, Kreuziger e Horner. A memoria, ricordiamo un episodio più o meno analogo nel 1996, nella frazione di Pamplona (allora 8 su 8). Allora, finiva l’era di un fuoriclasse spagnolo; oggi, un altro campione iberico ha fatto chiaramente capire di essere ancora ben distante dall’abdicare.

Matteo Novarini

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