DELFINATO STORY: COURCHEVEL 2014

giugno 6, 2020
Categoria: News

Oggi vi parliamo della vittoria a sorpresa dello statunitense Andrew Talansky nell’edizione 2014 del Delfinato, conquistata per appena 27 secondi dopo una fuga di 120 Km che gli permise di togliere le insegne del primato ad Alberto Contador

DELFINATO, IL FROOME CHE NON TI ASPETTI (E TALANSKY…)

Con una fuga di 120 km, l’americano soffia per 27’’ il Delfinato ad Alberto Contador, vestitosi di giallo appena ventiquattro ore fa. Vana la grande rimonta dello spagnolo sulle ultime due ascese. Froome crolla, perdendo oltre cinque minuti. Il successo di tappa va a Mikel Nieve, unica nota positiva di una giornata nera per l’armata Sky. Segnali negativi da Vincenzo Nibali, in netta difficoltà sulla salita finale.

Uomini da podio in fuga per tutto il giorno, contrattacchi illustri, crisi insospettabili, giochi di squadra, tattiche folli e, a coronare il tutto, un cambio di leadership all’ultimo giorno di corsa, per una manciata di secondi: occorrerà qualcosa di eccezionale per soffiare all’ottava frazione del Giro del Delfinato il titolo di tappa dell’anno, e serviranno con ogni probabilità vetrine più prestigiose. Dopo il colpo di scena di ieri, con Froome per la prima volta spodestato da un avversario diretto in salita negli ultimi diciotto mesi, era difficile immaginare che l’ultima giornata di corsa, sulla carta meno impegnativa per altimetria e chilometraggio, potesse far impallidire la precedente; ipotizzare che la maglia gialla potesse cambiare di nuovo padrone era ancor più azzardato, specie alla luce dei cerotti ben visibili sul corpo dell’ex capoclassifica, dopo la caduta di venerdì; pensare che il primato potesse addirittura uscire dal binomio Contador-Froome sembrava qualcosa di molto prossimo ad un delirio.
L’impossibile si è invece concretizzato per merito di Andrew Talansky, 25enne nativo di una terra non esattamente nota come fucina di scalatori (Miami, Florida), ma già dimostratosi grimpeur (e non solo) di spessore con il 7° posto alla Vuelta 2012, seguito dal 10° al Tour del 2013. Terzo in classifica al via, staccato di 39’’ da Contador e già capace di battere Froome ad Emosson, l’americano si è giocato il tutto per tutto lanciandosi in avanscoperta sulla Côte de Domancy, la rampa del leggendario Mondiale di Sallanches, a 115 km dal traguardo di Courchevel, imbucandosi in una maxi-fuga insieme a Hesjedal, Huzarski, Trofimov, Van Garderen, Koren, Ligthart, Gallopin, Van den Broeck (5° in classifica), Lopez, Nieve, Porte, Kangert, Westra, Navarro, Bagot, Yates (10° stamane), Anton, Gadret, Bardet (7°), Péraud, Gougeard e Voeckler. Un’azione extra-large che sarebbe stata probabilmente stroncata in culla dal Team Sky, se la maglia gialla fosse stata ancora sulle spalle del suo leader; la modesta Tinkoff-Saxo schierata da Riis al Delfinato, invece, non ha avuto né la forza né la prontezza di fare altrettanto, permettendo ai battistrada di acquisire addirittura un margine di tre minuti e mezzo sulle prime rampe del Col des Saisies. Vantaggio troppo cospicuo, per una fuga con troppi uomini – e troppo forti – per poter essere ormai addomesticata.
A produrre l’estremo tentativo di riportare la corsa nei ranghi è stata così la Sky, che, sulla salita che nel 2000 vide l’ultimo disperato assalto del Pirata al Tour, ha setacciato il gruppo fino a ridurlo ad appena 17 unità: Froome, Kiryienka, Pate, Thomas, Nibali, Fuglsang, Contador, Maté, Chérel, Gastauer, Reichenbach, Atapuma, Moreno, Bakelants, Kelderman, Keizer e König. Al drappello si sono aggiunti, nel tratto di fondovalle, Westra e Porte, richiamati dalle rispettive ammiraglie, che hanno contribuito a ridurre il margine fino ad un minuto circa, ad una trentina di chilometri dalla conclusione, con le ultime due salite di giornata ormai in vista.
È stato allora che la corsa, già godibilissima ma apparentemente avviata a rientrare su binari più tradizionali, è invece definitivamente impazzita: dopo un delirante attacco di Richie Porte, Chris Froome ha provato a sorprendere Contador in un tratto pianeggiante, venendo stoppato con prontezza dalla maglia gialla; Nibali ha quindi approfittato della fase di stallo successiva per avvantaggiarsi, in compagnia di Fuglsang e Kelderman. I due favoriti hanno allora inscenato una marcatura a uomo reciproca che ha riportato alla mente quella fra Schleck e lo stesso Contador al Tour 2010, quando il margine dei due nei confronti degli avversari era però sufficientemente cospicuo da rendere i secondi regalati quasi ininfluenti. Con la classifica ben più corta di oggi, invece, i chilometri di tentennamento che hanno consentito al vantaggio dei battistrada di risalire fin quasi a tre minuti si sono invece rivelati decisivi, malgrado la rimonta che la maglia gialla avrebbe di lì a poco inscenato.
Sulle prime rampe della Côte de Montagny, infatti, Contador ha approfittato di uno spartitraffico per sorprendere il trenino Sky con uno scatto secco, al quale Froome, come ieri, non ha replicato. Ma se ventiquattro ore fa il britannico aveva comunque saputo limitare i danni, reagendo anche in prima persona all’ultimo chilometro, la mancata risposta di oggi è stata invece il primo sintomo di una piena crisi, manifestatasi in tutta la sua gravità quando il kenyano bianco ha iniziato a faticare a seguire il ritmo di Porte e Thomas. Da lì all’arrivo, il distacco del campione uscente non avrebbe fatto che aumentare, sia rispetto ai fuggitivi, sia rispetto ad un Contador la cui azione, benché insufficiente a riprendere il Delfinato, ha comunque testimoniato una differenza di passo rispetto al rivale impronosticabile fino a pochi giorni fa.
In corrispondenza del GPM, i resti del gruppetto di testa potevano gestire una quarantina di secondi sul drappello di Nibali, capace di dimezzarli nella successiva breve discesa, e un minuto e dieci sul capoclassifica, il cui ritmo lasciava immaginare che la leadership virtuale di Talansky avesse i chilometri contati. Sulle rampe verso Courchevel (solo fino a Le Praz, sede del trampolino olimpico del 1992, a metà circa della strada tre volte battuta dal Tour de France), la remuntada si è però man mano spenta, fino a vedere il gap tra i leader e il Pistolero risalire nei chilometri finali, quando davanti impazzava la lotta per il successo di tappa.
Con Talansky stremato dal lavoro prodotto negli ultimi venti chilometri, con la collaborazione soltanto parziale di Bardet e Van den Broeck, ad involarsi verso il successo parziale è stato ironicamente Mikel Nieve, unico uomo Sky non fermato per assistere il capitano in tilt, a certificare lo stato di forma ottimale del cast di supporto. Bardet e Yates hanno anch’essi distanziato l’americano, soffiandogli un abbuono che rischiava di risultare decisivo. Il comprensibile appannamento dell’azione di Contador sulle ultime rampe ha però fatto sì che il margine dello yankee si assestasse, all’arrivo, a 1’06’’: il recupero, a conti fatti, era stato sufficiente a sventare gli assalti di Van den Broeck e Kelderman – rispettivamente 3° e 4° della graduatoria finale -, ma non a conservare la maglia gialla tanto agognata nei giorni scorsi.
Se il bilancio di oggi è negativo per il madrileno in termini di classifica, lo scenario cambia però completamente guardando più avanti, al Tour de France: tra i pretendenti alla maglia gialla parigina, lo spagnolo è apparso nettamente più pimpante sia rispetto ad un Froome straripante nei primi due giorni ma in picchiata negli ultimi due, sia ad un Nibali apparso in leggera crescita fino a ieri, ma pessimo quest’oggi, con oltre un minuto lasciato sull’ascesa conclusiva a Kelderman, che l’aveva approcciata con lui.
Il grande sconfitto di giornata, più di chi ha perso la maglia gialla, è dunque il kenyano bianco: il passivo di giornata ha superato alla fine i 5’, e la classifica generale parla addirittura di un mesto 12° posto, alle spalle anche di Bardet, Yates, Nibali, Nieve, Navarro, Fuglsang e König. I postumi del capitombolo di venerdì possono rappresentare una giustificazione, e difficilmente una situazione di corsa tanto anarchica potrà ripetersi sulle strade della Grande Boucle; ma se dodici mesi fa lo strapotere ostentato al Delfinato fu poi ribadito in maniera altrettanto perentoria al Tour, è indubbio che l’avvicinamento all’appuntamento più importante, quest’anno, sia stato decisamente meno trionfale.

Matteo Novarini

Andrew Talansky lanciato verso la maglia gialla (foto Tim de Waele/TDW Sport)

Andrew Talansky lanciato verso la maglia gialla (foto Tim de Waele/TDW Sport)

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