20 MAGGIO 1909: UN GIRO NEL GIRO PER I GIORNALISTI, GANNA IN TESTA

maggio 25, 2020
Categoria: News

Quinta puntata della storia del primo Giro d’Italia. All’epoca portare a termine le tappe non era un’impresa solo per i corridori, ma anche per i giornalisti. L’auto che li trasporta – un’Itala gemella della vettura che, due anni prima, aveva portato per prima a termine il mitico raid Pechino-Parigi – è costretta ad interminabili inseguimenti al gruppo, dopo essersi fermata per le “soste telegrafiche”. Quel 20 maggio si arriva a Roma, a capo d’una tappa che si deciderà sui sampietrini dell’antica Via Casilina: taglierà per primo il traguardo il futuro vincitore della corsa rosa, Luigi Ganna.

Non è una delle tappe più impegnative, ma la frazione che il 20 maggio prende il via da Napoli è certamente una delle più attese. In capo a 228 Km si arriva a Roma, la “Città Eterna” che da una quarantina d’anni ha perso lo status di capitale dello Stato Pontificio per assurgere al medesimo ruolo per l’Italia intera, unita da Garibaldi e dai Savoia prima e dalle tappe della corsa rosa poi. Per un curioso scherzo del destino, d’origine nizzarda sono sia l’Eroe dei due mondi, sia il primo direttore del Giro, Armando Cougnet.
Non ci sono grosse difficoltà quest’oggi, a parte qualche saliscendi a mezza via e le polverose strade campane già caratterizzanti il finale della tappa precedente. Si ripassa per Caserta, poi si toccano Cassino, Frosinone e Valmontone.
La partenza è piuttosto “colorita”, ma non per le intemperanze dei tifosi meridionali, temuti dagli organizzatori dopo quanto successo con i felsinei. Invece, a movimentare le operazioni d’avvio ci si mette d’impegno il milanese Giuseppe Brambilla, infuriato per essere stato messo fuori corsa dopo che si era scoperta la sua partecipazione fattiva al “caso doping” della frazione di Chieti. A dire il vero lui correva già fuori gara, poichè ritiratosi a seguito di una caduta avvenuta – giustizia divina! – proprio in quella frazione. Ma un conto è esser fuori per una “ferita di guerra”, un altro è passare per traditore. E così il Brambilla si presenta minaccioso al raduno di partenza, protestando per ottenere giustizia e brandendo una bottiglia che vorrebbe fracassare sulla testa del meccanico che l’ha scoperto e denunciato alla giuria. A questo punto gli organizzatori invocano l’aiuto della Pubblica Sicurezza, che “sequestra” letteralmente il Brambilla fino alle 7.15, ora di partenza della quarta frazione, che prende le mosse senza ulteriori imprevisti.
Bastano le prime centinaia di metri per vedere i primi ciclisti staccarsi, mentre attacca deciso in testa alla corsa l’indomito piemontese Giovanni Gerbi. I saliscendi del casertano provocano sparpaglìo nel gruppo, frammentato in tanti piccoli scaglioni. Le sconnessioni del fondo causano urti e conseguenti cadute. È difficile farsi un’idea della corsa, a causa del polverone sollevatosi dalle strade. Usciti dal tratto più nervoso il gruppo di testa si ricompone, forte di una decina di uomini. A Cassino l’Itala che trasporta i giornalisti fa sosta per permettere ai viaggiatori di telegrafare gli aggiornamenti alle relative redazioni. Il loro lavoro, in queste condizioni, è ostico al pari di quello dei corridori. Non esiste “radio corsa”, telefonini e televisione sono ancora da inventare, reperire le informazioni è un’impresa. Dopo lo scalo “tecnico” l’Itala deve impegnarsi in una corsa nella corsa per riportarsi in testa, su strade spesso al limite della praticabilità. Prima di completare l’inseguimento sono raggiunti e superati i corridori che nel frattempo si sono staccati, mentre gli occupanti della vettura scribacchiano veloci i loro nomi sugli impolverati taccuini per farsi trovare pronti alla prossima visita all’ufficio telegrafico.
Non si capisce se l’autista viaggi spericolatamente o se è il gruppo a pedalare a tutta, nonostante riprendano i saliscendi verso Frosinone. Fatto sta che l’inseguito alla muta scatenata dei “girini” dura complessivamente 100 Km, iniziato a Cassino e terminato al rifornimento di Valmontone, dove l’Itala si riporta davanti al gruppo di testa, nel frattemposi ridottosi a sei unità: lo compongono Ganna, Gerbi, Giovanni Rossignoli, Clemente Canepari, Ottorino Celli e il lombardo Carlo Oriani, che vincerà il Giro del 1913 e poi morirà prematuramente nel 1917 per una polmonite buscata sul fronte della Prima Guerra Mondiale, durante la ritirata da Caporetto. In quel lasso di strada ne sono successe di cose: il piemontese Luigi Chiodi che tenta una fuga dopo essere rimasto “nuovamente vittima dei suoi omonimi” (così il direttore della Gazzetta Eugenio Camillo Costamagna edulcora l’inconveniente di una foratura causata da… chiodi), il gruppo che attacca Louis Trousselier dopo una foratura del francese, il milanese Galetti che è costretto a metter piede a terra sulla salita di Ferentino, lo iellato Trousselier che sputa bestemmie di fuoco dopo l’ennesimo stop.
Lo stato delle strade, migliorato nettamente dopo l’ingresso in Lazio, torna a peggiorare con l’approssimarsi della capitale. La Via Casilina presenta lo stesso fondo che fu messo in opera secoli prima dai romani, col selciato costituito da piccole pietre quadrate, piazzate l’una vicina alle altre, sempre che non abbiano preso il volo lasciando sul fondo larghe buche. A complicare la situazione è il verso nel quale è affrontata la strada, in discesa verso la Città Eterna. Laggiù sullo sfondo un piccolo punto s’allarga col passare dei chilometri, lasciando intendere d’esser il cupolone di San Pietro.
Il Giro piomba in Roma in un giorno feriale, si corre di giovedì, ma ciò non costituisce un grosso problema, poiché l’automobile è ancora un lusso di pochi e la capitale non è ancora strangolata dal traffico. C’è comunque grande agitazione perché non è attesa solo la corsa rosa, ma anche l’arrivo di centinaia di pellegrini provenenti dalla Spagna e dalla Cecoslovacchia, diretti in Vaticano dove proprio quel giorno Sua Santità Pio X presiederà la solenne cerimonia di canonizzazione dei sacerdoti Giuseppe Oriol Boguna e Clemente Maria Hofbauer.
Agitata è anche la folla, ventimila tifosi che la Pubblica Sicurezza non riesce a contenere. Cougnet non ha la finezza di Costamagna, non addolcisce i suoi giornalieri commenti sulla “Rosea” e nei suoi scritti tratteggia la folla senza mezzi termini, definendola “collettivamente stupida”.
La corsa si avvicina all’epilogo. Il gruppo si seleziona ancora di più e davanti rimangono in due, Ganna e Oriani. Dietro insegue Canepari, sul quale si riporta Rossignoli a capo d’un poderoso inseguimento.
Mentre Rossignoli riesce a staccare il compagno d’avventura, per il duetto di testa la situazione non cambia fin sul traguardo, dove Ganna vince facilment conquistando il secondo successo di prestigio della stagione, a due mesi dalla vittoria nella Milano – Sanremo. Prima Via Roma e poi Roma, il suo destino sembra d’esser quello di vincere in luoghi dai nomi che contano. A gioia si aggiunge gioia, poiché il campione varesino ritorna ad issarsi in vetta alla classifica.

5 – continua

Mauro Facoltosi

Commenta la notizia