1974, CALA IL SIPARIO SULL’ERA MERCKX
È l’ultimo dei cinque Giri vinti da Eddy Merck, la vittoria più sofferta. Dopo aver dominato incontrastato nei quattro Giri precedenti stavolta trova lungo il cammino due ossi duri che gli daranno parecchio filo da torcere, lo spagnolo Fuente e l’italiano Baronchelli. E quest’ultimo gli finisce molto vicino perché l’asso belga riuscirà a vincere il suo ultimo Giro con appena 12 secondi di vantaggio sullo scalatore mantovano.Ma se non avesse fatto l’ingordo quel Giro probabilmente non lo avrebbe vinto né il belga, né il lombardo, ma lo scatenato scalatore iberico.
Cinque sono i Giri vinti da Eddy Merckx e di questi abbiamo scelto l’ultimo, quello che il “cannibale” vinse nel 1974 e che fu definito dai giornalisti che lo seguirono come uno dei più belli e appassionanti dell’intera storia della Corsa Rosa. Fino al 1973 i Giri che aveva vinto il belga li aveva dominati da autentico despota e lo testimoniano i distacchi affibbiati ai corridori giunti al secondo posto, primi dei “terrestri”: 5’01” per Vittorio Adorni nel 1968, 3’14” per Felice Gimondi nel 1970, 5’30” per José Manuel Fuente nel 1972 e 7’42” per Gimondi nel 1973, edizione della corsa che vide Merckx vestire la maglia rosa dal primo all’ultimo giorno. Nel 1974, invece, riuscirà a prevalere per soli 12”, dopo aver lottato come un leone contro due avversari che lo fecero davvero penare, il citato Fuente e il ventenne Gianbattista Baronchelli, passato professionista in quella stessa dopo che nel precedente anno trascorso tra i dilettanti aveva vinto sia il Giro, sia il Tour de l’Avenir. È da questo momento che il sipario comincia progressivamente a calare su Merckx, che riuscirà ancora a dare un saggio della sua forza al successivo Tour (vinto con oltre 8 minuti su Raymond Poulidor), ma poi negli anni successivi le sue energie cominceranno lentamente ad eclissarsi fino al ritiro, annunciato il 18 maggio del 1978 dopo che l’anno prima si era piazzato ultimo ai mondiali di San Cristóbal e dopo aver preso parte per l’ultima volta al Giro nel 1976, quando si piazzerà 8° a 7’40” da Gimondi.
Per quel Giro del 1974 Torriani propone una partenza fuori dai confini nazionali, anche se per poche centinaia di metri. Dopo la benedizione di Papa Paolo VI la bandiera del via viene, infatti, abbassata in Piazza San Pietro, poi si lascia la Città del Vaticano in direzione di Formia per una tappa destinata agli sprinter che termina con una sorpresa perché il poco quotato Wilfried Reybrouck, neoprofessionista belga fratello di quel Guido che vinse tra tappe al Giro del 1968, riesce a battere tutti i grandi nomi dello sprint, a partire dal connazionale Eric De Vlaeminck.
Un altro sprint è atteso al termine della successiva frazione di Pompei e stavolta sorprese non ce ne sono perché è il “re delle Sei Giorni” Patrick Sercu a imporsi sul gruppo ancora compatto, con i big attenti a studiarsi in vista della prima tappa di montagna, prevista già il giorno dopo.
È il Monte Faito la prima delle grandi asperità del 57° Giro d’Italia, inserito nel finale di una breve frazione di 137 Km che prevede anche la salita di Agerola. Sull’impegnativa ascesa campana non è l’atteso Merckx a dare il primo squillo di battaglia ma Fuente, che soli quattro giorni prima del via della Corsa Rosa si era imposto nella Vuelta di Spagna con appena 11” di vantaggio sul portoghese Joaquim Agostinho. Sul Faito il corridore asturiano riesce addirittura a staccare di due minuti gli altri favoriti, che poi recuperano in discesa parte dello svantaggio riducendolo a 33” sul traguardo di Sorrento, dove il primo gruppo inseguitore viene regolato allo sprint da Francesco Moser su Giovanni Battaglin, mentre poco più staccato termina il “cannibale”.
C’è anche Capri nel percorso del Giro. Torriani ha voluto portare la corsa anche in quel posto incantevole ma, essendo impossibile organizzarci una tappa a causa delle ridotte dimensioni dell’isola e della mancanza di spazi, i “girini” la visitano durante il primo dei due giorni di riposo previsti. E c’è anche qualcuno che si lamenta di questo giorno sprecato, arrivato troppo presto, dopo il quale si torna in sella alla volta di Sapri dove, nonostante i saliscendi, si arriva tutti assieme allo sprint e dove ottiene la sua ottava vittoria al Giro De Vlaeminck, l’unica che conquisterà in questa edizione.
Attraversati in partenza in primi contrafforti del Pollino, la quinta tappa collega le sponde del Tirreno a quelle dello Jonio, dove a Taranto è ancora una volata l’atto conclusivo della giornata, che vede il bresciano Pierino Gavazzi ottenere il primo successo per un corridore italiano in questa edizione davanti al parmense Ercole Gualazzini. Nulla cambia in classifica anche perché la giuria decide di punire Fuente e Merckx, colpevoli di aver ricevuto spinte durante lo sprint, solo con una retrocessione nell’ordine d’arrivo e un’ammenda di 50 mila lire a testa.
Anche la Taranto – Foggia dovrebbe essere una frazione destinata a un volatone e sarà così, nonostante il forte vento del Tavoliere che, a un certo punto, arriva a spezzare il gruppo in tanti piccoli segmenti, ben presto tutti ricuciti. Ci sono comunque dei tentativi di fare secco il gruppo, ma sono tutti rintuzzati e allo sprint è ancora un italiano a emergere: è il 33enne Franco Bitossi, popolare “cuore matto”, che sul secondo traguardo pugliese ha la meglio sul belga Karel Rottiers e sul bergamasco Walter Avogadri.
In attesa delle future tappe di montagna a movimentare un po’ la corsa arrivano due tappe dai finali collinari e la prima di questa è una delle più lunghe, quasi 260 Km dalla Puglia all’Abruzzo con il traguardo in ascesa a Chieti dopo un po’ di saliscendi nell’entroterra molisano. E, infatti, stavolta il vincitore si presenta da solo sotto lo striscione dell’arrivo dove il lombardo Ugo Colombo, in fuga solitaria per quasi 70 Km, precede di 44” De Vlaeminck, il veneto Marcello Bergamo e Merckx, che a sua volta guadagna una manciata di secondi sugli altri rivali di classifica (e in particolare 7 secondi su Fuente).
Più semplice è la successiva tappa di Macerata, con la sola ascesa finale che non impensierisce troppo i velocisti più potenti. A rompere loro le uova nel paniere ci pensa una curva a gomito posizionata a 400 metri dal traguardo, che sorprende tutti e rischia di spedire contro le transenne Merckx, che è anche sprinter e l’ha presa a tutta velocità in testa al gruppo nel tentativo di guadagnare anche oggi sullo spagnolo. Dalla confusione scaturita ne approfitta Bitossi che va a prendersi un’altra vittoria di tappa, stavolta precedendo il colombiano Martín Emilio Rodríguez, noto con il soprannome di “Cochise” (era il nome di un condottiero indiano apache) e conosciuto in Italia per aver conquistato diversi successi nella nostra nazione, dove ha corso per la Salvarani e per la Bianchi-Campagnolo.
Intanto gli appassionati s’interrogano sullo stato di forma dell’asso belga alla vigilia della seconda grande montagna del Giro, il durissimo Monte Carpegna. Ma il risponso dell’ascesa marchigiana sarà il medesimo del Faito, anzi sarà molto più salato perché al traguardo posto nel centro del sottostante paese, una decina di chilometri dopo aver superato la cima del “Cippo”, Fuente si presenta con 1’05” sul belga, che l’anno precedente sulla medesima salita l’aveva pesantemente “maltrattato” facendogli pagare ben 9 minuti di ritardo. Ora lo spagnolo si gonfia il petto fasciato di rosa e lo fa con 1’40” su di un cannibale che sembra non più in grado di “mordere” come un tempo; e a breve è in programma un altro arrivo in salita sul quale lo spagnolo potrà ancora incrementare il suo vantaggio.
Si torna nel frattempo in pianura dove a Modena i tifosi belgi ripagano la delusione delle mancate affermazioni di Merckx con il bis di Sercu, che poi otterrà un terzo successo il giorno successivo nella semitappa pomeridiana di Forte dei Marmi. Il mattino si era, invece, ripresa la strada delle montagne diretti all’inedita meta del Ciocco, il primo resort d’Italia, aperto nel 1967, che con Torriani ha firmato un contratto triennale che s’inaugura proprio in questa stagione. È una salita per ora senza storia ciclistica, dunque, ma destinata a rimanere nella storia per le pendenze impegnative che impongono i suoi 4 Km, che come da previsioni bastano a Fuente per guadagnare ancora: un’altra stoccata e via, riprende il fuggitivo Giuseppe Perletto e strappa altri 41” al sogno rosa del campione belga.
Arriva ora la tappa che Merckx attende con la stessa bramosia con la quale un assetato anela all’acqua, la cronometro individuale di 40 Km disegnata sul tradizionale palcoscenico di Forte dei Mami, un classico di quegli anni che Torriani proporrà in quattro edizioni consecutive, dal 1972 al 1975. L’anno prima, su di un percorso leggermente più corto, era stato Gimondi a far segnare il miglior tempo distanziando di 23” il danese Ole Ritter e di 31” Merckx, che in quest’occasione riesce a far meglio di tutti: vola a 48.468 Km/h infliggendo 27” a Moser e 48” al vincitore del Giro del 1971, lo svedese Gösta Pettersson. In quanto al capoclassifica Fuente, lo spagnolo fatica come il solito in prove come queste e perde 2’03”, un vantaggio che non basta al belga per spodestarlo perché la maglia rosa rimane sulle spalle dell’iberico per 18”.
Quel giorno, però, le gesta di Merckx passano in secondo piano, adombrate dalle tragiche notizie che arrivano da Brescia dove in un attentato terroristico in Piazza della Loggia sono morte sei persone, vittime che saliranno a otto nelle giornate successive. Su invito delle autorità della Spezia, dalla quale la corsa sarebbe dovuta transitare il giorno successivo, Torriani decide di fermare per un giorno la corsa in segno di lutto, anticipando di quarantottore il riposo che era stato previsto dopo la frazione di Sanremo, preceduta dalla rinviata Forte dei Marmi – Pietra Ligure, che termina in volata con il successo di Enrico Paolini su Gavazzi e De Vlaeminck.
Si arriva sulle Alpi con un Fuente che non sta più nella pelle. Intende recuperare subito il tempo perduto a cronometro e mira a rendere durissima la tappa che propone le impegnative salite del Monte Ceppo e del Passo Ghimbegna prima del traguardo fissato nella città della Classicissima. Dopo che Merckx aveva tentato una fuga nei primi 20 pianeggianti chilometri sull’Aurelia, Fuente mette in atto una tattica dispendiosa e chiede ai suoi compagni di tirare a tutta in testa alla corsa, una strategia che alla fine gli si ritorce contro: quando Baronchelli attacca ai piedi del Ghimbegna, lo spagnolo – rimasto a secco d’energie – rimbalza clamorosamente all’indietro arrivando ad accusare al traguardo, dove s’impone il ligure Perletto, un passivo di otto minuti e mezzo dal campione belga, che può finalmente vestire la maglia rosa. Anche questa tappa, comunque, fa capire che il belga non è più il campione visto nelle stagioni precedenti perché il suo è ancora un regno “traballante”: oggi Baronchelli lo ha anticipato di quasi due minuti sul traguardo e ora sono 35 i secondi che separano il mantovano dalla vetta della classifica.
Dopo l’interlocutoria frazione di Valenza, vinta in fuga da Gualazzini, si torna a salire con la tappa che sconfina in Svizzera, dove l’arrivo è previsto ai 1200 metri del Monte Generoso, sopra Mendrisio. Qui risorge Fuente che stavolta non commette errori e riesce a distanziare di 31” uno scatenato Gimondi e di 2’21” un demotivato Merckx, che ha disputato la tappa con il magone dopo che, pochi chilometri dopo la partenza, l’ammiraglia della sua squadra l’ha affiancato per comunicargli la notizia del ricovero in ospedale per un infarto di Jan Van Buggenhout, manager e grande amico di Eddy. Dai volti tesi di chi gli sta comunicando la notizia, dalle parole che stentano a uscire dalla bocca Merckx ha, però, intuito che la realtà è molto più tragica, che l’amico è deceduto, come gli confermerà Torriani subito dopo l’arrivo. La reazione del campione è drastica e annuncia al suo entourage di voler abbandonare il Giro per tornare in patria e partecipare ai funerali dell’amico, ma riescono a convincerlo a rimare in gara e a continuare a difendere una maglia rosa sempre più in bilico perché dopo la tappa elvetica Gimondi lo tallona in classifica a 33”, mentre Baronchelli ha perso qualcosa e ora il suo distacco è di 41”.
Ci sono un paio d’ascese da affrontare anche nella successiva tappa Como – Iseo e in particolare c’è il breve ma durissimo Colle di San Fermo da scavalcare quando mancano poco meno di 30 Km al traguardo. Chi attende anche su questa inedita salita l’attacco di Fuente non rimane deluso, a differenza di chi avrebbe auspicato un altro tentativo da parte dei rivali più vicino a Merckx, che invece non si muovono. Lo spagnolo, dal canto suo, se ne va con il compagno di squadra Santiago Lazcano e guadagna fino a quasi un minuto e mezzo, vantaggio che successivamente si riduce a soli 13” al traguardo di Iseo, dove Fuente si fa da parte e lascia la vittoria di tappa al suo luogotenente.
Si rimane ancora in montagna per la 18a frazione che, dopo la scalata al Passo del Sommo a 50 Km dal traguardo, prevede il facile arrivo in salita a Sella Valsugana, piccola località trentina dove venti anni prima era scomparso uno dei padri fondatori della Repubblica Italiana, Alcide De Gasperi. Ma la salita finale si rivela ancor più facile della dolcezza che comunque già traspare dall’altimetria e sul traguardo si presenta un gruppetto forte di 14 corridori, contenente tutti i migliori della classifica, regolati allo sprint da Bitossi, alla sua terza affermazione in questa edizione della Corsa Rosa.
Con una classifica incertissima si arriva così ai due tapponi più “saporiti”, preceduti da una corta tappa di trasferimento da Borgo Valsugana a Pordenone vinta allo sprint da Paolini. Il primo propone l’arrivo alle Tre Cime di Lavaredo, in vetta a un’aspra salita cara a Merckx, che nel 1968 vi aveva conquistato la maglia rosa in occasione del primo Giro vinto dal “cannibale”. Anche oggi ha fame di vittoria (al pari di Fuente, che oggi ottiene la quarta vittoria personale), ma a un certo punto le cose si mettono male per il belga, che patisce gli scatti di Baronchelli e a 300 metri dal traguardo perde virtualmente le insegne del primato perché esattamente in quel punto il mantovano riesce a colmare totalmente il disavanzo da Merckx. Ma in quei 300 metri Eddy mette sul piatto tutto l’orgoglio che ha nel cuore e ribalta la situazione, riguadagnando quei 12 secondi che gli permettono di tenersi la maglia rosa sulle spalle.
Per scaraventare il re giù dal suo trono “Gibì” ha ancora un tappone a disposizione, quello che si snoda tra Misurina e Bassano del Grappa passando per i passi Falzarego, Valles e Rolle e soprattutto per il temuto Monte Grappa, che presenta lunghi tratti di strada sterrata. Ma stavolta non gli riesce di ripetere l’exploit del giorno prima, forse anche per la stanchezza che comincia a imperare: e, infatti, non ci sono distacchi quest’oggi tra i primi della classifica, che vanno a giocarsi in volata la tappa in quel di Bassano, dove taglia per primo il traguardo proprio Merckx davanti a Moser, corridore che solitamente faticava parecchio sulle grandi salite.
L’ultima tappa di Milano è firmata da Marino Basso, poi c’è anche l’affermazione di Gianni Motta nell’inutile epilogo, l’antitesi del prologo (in linea e non a cronometro) che Torriani ha voluto proporre dopo l’ultimo giorno ufficiale di gara, mentre con uno sospiro di sollievo Merckx può festeggiare con i propri compagni di squadra la vittoria in rosa più sofferta per lui. Il tremendo giovincello Baronchelli gli è finito alle spalle per 12” e il non più giovane Gimondi – che viaggia verso i 32 anni – gli è giunto poco più dietro, a 33” dal belga.
E Fuente? Lo spagnolo conclude quel Giro in quinta posizione con un passivo di 3’22”. Ma se non avesse peccato d’ingordigia quel giorno a Sanremo forse, anzi molto probabilmente, ora staremo qui a raccontare dell’unica vittoria in classifica al Giro dello scalatore asturiano, finalmente riuscito a mettere nel sacco il gatto Merckx. E della sua doppietta con la Vuelta, un’impresa riuscita solo a due corridori prima del 1995 (l’anno nel quale la corsa spagnolo traslocò da aprile a settembre), al solito Merckx nel 1973 e al nostro Battaglin nel 1981. E a Fuente nel 1974….
Mauro Facoltosi
LE ALTIMETRIE
Nota: manca la seconda semitappa dell’11a tappa (Il Ciocco – Forte dei Marmi); della 6a tappa (Foggia) è presente la sola planimetria