1982, QUANDO IL TASSO CI MISE LO ZAMPINO

maggio 10, 2020
Categoria: News

Proseguiamo la nostra narrazione in rosa con il Giro del 1982, uno dei tre conquistati dal campione francese Bernard Hinault. Ogni qualvolta veniva sulle strade della Corsa Rosa se ne tornava a casa quasi indisturbato con il bottino massimo in saccoccia. Gli andò di lusso nel 1980 e non faticò troppo neppure nel 1985, nonostante un agguerrito Moser, ma nel 1982 incontrò lungo la sua strada un coriaceo avversario che lo mise alle corde e lo costrinse a una furibonda reazione, il varesino Silvano Contini.

In patria lo soprannominarono “Blaireau”, ovvero “tasso”, per la sua maniera di reagire alle avversità di corsa. Come il mammifero dei mustelidi, quando Bernard Hinault veniva stuzzicato, quando qualche avversario lo umiliava in corsa si rintanava nella sua tana per poi sfoderare gli artigli e menare dolorosi fedenti. Ed è quel che fece l’asso francese al Giro d’Italia del 1982, il secondo dei tre conquistati in una carriera che lo vide imporsi anche in cinque edizioni del Tour, come i grandissimi campioni, e in due della Vuelta, successi che si affiancano anche alle numerose affermazioni ottenuti nelle classiche in linea (una volta la poco amata Roubaix, due volte la Liegi, due il Lombardia, mentre non furono mai sue la Sanremo e il Fiandre). E va aggiunto che tutte le volte che venne a disputare il Giro sempre tornò nella sua Bretagna con la maglia rosa in valigia: la prima volta accadde nel 1980, quando si impose a Milano con quasi sei minuti su Wladimiro Panizza e dopo l’impresa nella tappa dello Stelvio in compagnia del compagno di squadra Jean-René Bernaudeau; l’ultima volta fu nel 1985, quando un indomito Francesco Moser ingaggiò una furiosa caccia agli abbuoni per tentare di arginare lo strapotere del campione francese. In mezzo ci fu l’affermazione del 1982, ottenuta in un periodo nel quale il Giro d’Italia attraversò una fase calante per quel che riguarda la durezza dei percorsi, anche se non per colpa di Vincenzo Torriani. Era successo che nel 1976 la Gazzetta dello Sport, da sempre organizzatrice della corsa, era stata acquistata dal gruppo editoriale Rizzoli-Corriere della Sera, che negli anni ’80 incontrerà un grosso periodo di crisi. Era necessario aumentare la tiratura della “Rosea” e si pensava che per attirare maggiormente i lettori in edicola nel mese del Giro al via della corsa dovessero esserci prima di tutto i campioni di casa nostra più amati e che si attrezzasse il percorso sulle loro “corde”. E questi campioni erano Moser e Giuseppe Saronni, forti a cronometro e allo sprint, ma poco avvezzi alle salite, soprattutto uno spilungone come il corridore trentino. Poco importa se in gruppo avessimo anche corridori dotati in salita come Giovanni Battaglin, Gianbattista Baronchelli, il citato Contini e Mario Beccia, il corridore che meno di tutti digerì questa filosofia di disegno dei percorsi e in più occasioni se ne lamenterà con Torriani.

Veniamo ora al Giro del 1982 sul quale il sipario si alza il 13 maggio a Milano con Hinault che indica quale suo principale avversario Tommy Prim, lo svedese della Bianchi che l’anno prima aveva perso il Giro per soli 38” da Battaglin e che corre in squadra con due corridori che lui considera in quel momento leggermente inferiori, Baronchelli e Contini. Ma tutti si devono guardare soprattutto dallo stesso “tasso”, che prende subito la maglia rosa imponendosi con i suoi compagni della Renault nella breve cronosquadre d’apertura: in Piazza Duomo, dopo aver percorso 16 Km a 50.1 Km/h, Bernard veste le insegne del primato distanziando di 2” Moser e di 26” il temuto tridente della Bianchi.

Con un lungo trasferimento il gruppo lascia il capoluogo lombardo alla volta di Parma, da dove si riparte in direzione di Viareggio per una tappa poco complicata per i corridori (si arriva allo sprint, vittoria di Saronni), ma che si rivela decisamente più ostica nel dopotappa per il collegio di giuria, che fa male i conti tra abbuoni e piazzamenti e prima assegna la maglia rosa all’elvetico Robert Dill-Bundi, poi decreta che Saronni è il nuovo capoclassifica, quindi la rimette sulle spalle di Hinault per poi stabilire definitivamente che spetta al francese Patrick Bonnet.

La corsa si ferma altre ventiquattore in Toscana con una tappa che da Viareggio punto verso la dolce collina di Cortona, sulla quale continua la festa in casa Renault grazie ad un giovane neoprofessionista che farà ben presto parlare di sé: è il 21enne Laurent Fignon, che l’anno successivo vincerà il suo primo Tour e che nel borgo aretino mitigherà la delusione per il secondo posto, preceduto allo sprint dall’australiano Michael Wilson, con la conquista della maglia rosa.

Hinault lascia sfogare i suoi “galletti” prima di assestare un secondo colpo nella cronometro di 37 Km che collega Perugia e Assisi, con partenza in discesa, fase centrale pianeggiante e rampetta finale per arrivare nel piazzale lastricato antistante la basilica di San Francesco. E così alle soglie della dimora del santo poverello il campione francese si presente ancor più ricco: vola a 46.818 Km/h, ferma i cronometri sui 47’25” e si riporta in testa alla classifica con 11” su Prim, 39” su Moser e 1’08” su Saronni.

L’indomani 169 Km poco impegnativi collegano Assisi e Roma, dove il Giro piomba insolitamente in un giorno lavorativo con una tappa destinata ai velocisti, che si conclude sulla pista d’atletica dello Stadio dei Marmi al Foro Italico con il successo dell’elvetico Urs Freuler, che poi farà il bis il giorno dopo al cospetto della reggia di Caserta. Sono entrambe tappe che scorrono via senza troppi sussulti agonistici mentre il tradizionale calore dei tifosi del sud si fa sentire particolarmente, al punto che nel frenetico dopotappa casertano si vedono Moser e Saronni menare le mani per farsi largo tra la calca mentre Hinault è costretto ad alzare sopra la testa la sua bici e a brandirla come fosse una clava.

Pur non essendo durissime, né inserite in un percorso d’alta montagna, le prime salite del Giro fanno capire a Hinault d’aver commesso uno sbaglio nella valutazione degli avversari: è da Contini che deve guardarsi dopo che lo scalatore varesino, scavalcate le ascese del Chiunzi (il valico della caduta di Pantani per colpa d’un gatto al Giro del 1997) e di Agerola, si presenta in beata solitudine sul traguardo di Castellammare di Stabia con 1’20” recuperati in classifica al bretone (contando anche l’abbuono), che ora lo precede di 13”.

Un avvicendamento al vertice della classifica è all’orizzonte, ma non sarà Silvano a vestirsi di rosa al termine della successiva tappa di Diamante, che doveva essere per velocisti e per velocisti è stata, anche se nello sprint si lancia pure Moser, che non eccelle solo a cronometro e che in quest’occasione coglie il primo posto davanti a Rosola, il consistente abbuono di 30 secondi riservato al vincitore e la testa della classifica per appena un secondo.

Con un giorno di riposo, il primo dei due in programma, ci si sposta al caldo della Sicilia per una tre giorni che debutta con una tappa che fa gola ai finisseur. E tra questi c’è un altro giovane emergente al pari di Fignon, quel Moreno Argentin che ha la stessa età del transalpino ma rispetto a lui è passato al professionismo due anni prima e ha già avuto modo di farsi notare conquistando due frazioni al Giro del 1981, a Cosenza e a Livorno. E la terza arriva ora sul traguardo della Taormina – Agrigento, frazione che sfiora i 250 Km di lunghezza e presenta la rampa finale dalla Valle dei Templi al traguardo, in cima alla quale il corridore trevigiano mette in fila Baronchelli e Saronni, che si piazza al terzo posto per il terzo giorno consecutivo e si consola con la splendida notizia della nascita della figlia Gloria. L’occasione per spezzare questa serie di piazzamenti e dedicare un successo alla nuova arrivata in casa Saronni arriva il giorno successivo, quando Beppe riesce finalmente a mettere la sua ruota davanti a quella di tutti gli altri avversari in quel di Palermo dove, dopo che il Monte Pellegrino a ridosso del traguardo non aveva provocato molta selezione, il corridore “lombardo piemontese” precede allo sprint Pierino Gavazzi e Moser, che coi denti strappa altri 5 secondi d’abbuono. Ulteriori 10 secondi il trentino li incamera il giorno dopo con il terzo posto nella Cefalù – Messina, che vede Freuler mettere in cascina il terzo e ultimo successo parziale in questa edizione della corsa rosa.

Lasciata la Sicilia si torna in Calabria per una lunga frazione che da Palmi conduce a Camigliatello Silano, località che sarà sede d’arrivo anche al Giro del 2020. Si attraversano le montagne della Sila ma la lunga salita verso Villaggio Mancuso oltre ad non essere impegnativa è anche piuttosto distante dal traguardo e, complice la giornata di pioggia, i big della classifica non ci provano nemmeno ad attaccare, lasciando tanto spazio ai tre fuggitivi di giornata. Così questi uomini arrivano a guadagnare fino un quarto d’ora e poi a giocarsi la vittoria, che sorride al francese Bernard Becaas, un altro compagno di squadra di Hinault, davanti a Giovanni Renosto e al futuro commissario tecnico della nazionale Davide Cassani, al suo primo anno da professionista.

Hinault intanto scalpita e il “tasso” si prepara a colpire per la prima volta per vendicare lo spodestamento ad opera di Moser. Medita di farlo 48 ore più tardi quando, dopo il secondo e ultimo giorno di riposo, il Giro si rimetterà in moto da Cava de’ Tirreni; la meta è Campitello Matese, salita molisana che spesso ha fatto vittime a sorpresa ma non sarà così per il corridore bretone che, invece, si tramuta in carnefice e si riprende la maglia rosa dopo essersi presentato al traguardo in compagnia di Beccia e aver affibbiato pesanti distacchi agli avversari: Prim paga 20”, Contini ne perde 1’16” mentre la vittima di Campitello stavolta risponde al nome dell’oramai ex leader della classifica Moser, che si vede volar via più di due minuti e con essi le insegne del primato.

Altre salite sono previste il giorno dopo verso Pescara ma il percorso, a prima vista, non è di quelli che fan paura con lo storico tridente Macerone – Rionero – Roccaraso da superare in partenza e poi il “nulla”. Invece Contini s’inventa un autentico e insperato capolavoro, andandosene sulla salita di Roccaraso assieme ad altri tre compagni d’avventura quando al tragardo mancano quasi 130 Km. Non vengono più ripresi e Contini ci mette pure la ciliegina sulla torta intascandosi successo e abbuono, oltre al minuto e poco più guadagnato sulla strada che lo riporta a 31” da Hinault.

È un Giro che strizza l’occhio ai giovincelli quello del 1982 e lo dimostra anche la 14a tappa: dopo la maglia rosa conquistata da Fignon e dopo il successo di Argentin adesso arriva il turno del “Ciclone” Guido Bontempi, 22 anni, due tappe della Vuelta e una al Giro l’anno prima e adesso l’affermazione al termine d’una frazione pregna di chilometri che in quasi 250 Km conduce da Pescara a Urbino. Per i corridori di classifica è una giornata ideale per rifiatare dopo due tappe vissute intensamente e anche la successiva verso Lido delle Nazioni si rivela identica, disputata unicamente per arrivare tutti assieme sul rettilineo d’arrivo romagnolo, dove il fotofinish assegna la vittoria a Silvestro Milani e nega il filotto a Freuler.

Arriva l’ora delle frazioni alpine, quasi tutte caratterizzate da distanze “sovrabbondanti”. Si comincia con i 243 Km della tappa che dal litorale romagnolo porta sulle Dolomiti, da Lido delle Nazioni a San Martino di Castrozza, arrivo in salita pedalabile preceduto di una settantina di chilometri dal temuto Monte Grappa. A far paura, di quest’ultimo, non sono solo le pendenze del versante di Bassano ma, soprattutto, la discesa verso Caupo, nel 1982 ancora in gran parte sterrata. Corridore che poco ama i settori di pavè della Roubaix, come abbiamo ricordato in apertura, Hinault all’arrivo s’infuria con l’organizzazione per questa scelta, che fortunatamente non lo penalizza più di tanto, visto che al traguardo paga appena 6 secondi a Contini, mentre 24 secondi prima dell’arrivo del francese era giunto vittorioso al traguardo lo spagnolo Vicente Belda. Ma non osiamo immaginare la rabbia in corpo di Prim e Saronni, crollati sull’ascesa finale dopo un lungo e faticoso inseguimento al quale sono stati costretti dalle forature che la stradaccia del Grappa ha loro provocato: il corridore svedese buca due volte, ma peggio va a Beppe che sulla strada ha lasciato ben otto tubolari. I suivers con qualche primavera sulle spalle si saranno ricordati che proprio da quelle parti, nel 1964, si era disputata una tappa ancor più tremenda di questa quando, salendo verso il Passo di Croce d’Aune, si erano verificate ben 300 forature.

Il giorno successivo il percorso del Giro propone un’altra consistente mole di chilometri da percorrere, 235 Km per la precisione, per traslocare da Fiera di Primiero a Boario Terme, dove si giunge dopo esser saliti fino ai quasi 1900 metri del Croce Domini, interminabile ascesa di quasi 25 Km che qualche anno prima aveva visto in affanno un campionissimo del calibro di Eddy Merckx. Contini ci prova ancora ma stavolta non è da solo perché a dargli man forte ci pensano i compagni di squadra Prim e Baronchelli, un terzetto scatenato al quale si accodano altri corridori, tra i quali c’è Lucien Van Impe, lo scalatore belga che nel 1976 aveva vinto il Tour de France e che al traguardo si piazza secondo alle spalle del varesino. E Hinault affonda, giungendo al traguardo con un ritardo di 2’10” e senza più la maglia rosa, che ora Contini veste con un vantaggio quasi simile.

Ma il “blaireau” è nuovamente pronto a saltare fuori dalla sua tana, è veramente “incazzato” come i francesi cantati da Paolo Conte in “Bartali” e stavolta la sua vendetta non tarderà. Il giorno dopo Boario è prevista una breve tappa di montagna che non sembra particolarmente temibile per il nuovo capoclassifica. Si devono percorrere soli 85 Km da Pianborno a Montecampione, tutti in pianura fino ai piedi dell’ascesa finale, più breve rispetto a quella che vedrà Pantani stracciare Tonkov al Giro del 1998 perché nel 1982 non era stata ancora realizzata l’appendice che sale verso Plan. Basterà a Hinault per dare sfogo alla sua rabbia? Gli basta e gli avanza perché in soli 11 Km, quelli dell’ascesa finale, sgretola pian piano e con gli interessi il “tesoretto” di Contini, che forse paga lo sforzo profuso il giorno prima e all’arrivo si ritrova denudato delle insegne del primato. Hinault è primo al traguardo, Van Impe e Baronchelli gli sono dietro a pochi secondi ma non c’è con loro il varesino che avevano vittoriosamente scortato verso Boario e per il cui arrivo bisogna attendere quasi tre minuti e mezzo. Ora il bretone è tornato a issarsi al vertice della classifica e stavolta sarà difficile scalzarlo, visto che Contini è secondo a 1’41” e da qui a Torino, sede d’arrivo della tappa conclusiva, il percorso sembra strizzare l’occhio al francese più che all’italiano.

Annichilito dall’impresa di Hinault il gruppo s’accinge ora ad affrontare un paio di tappe di trasferimento senza troppe pretese, nelle quali i velocisti godono i favori del pronostico. A Vigevano, però, non sono tutte rose e fiori in casa Renault: si sorride nella compagine di Hinault per la vittoria di Robert Dill-Bundi, il corridore che era stato tra i protagonisti del giallo dell’assegnazione della maglia rosa in quel di Viareggio, e contemporaneamente si mugugna per l’indisciplina del pubblico, soprattutto dopo il brutto incidente in zona rifornimento occorso a un altro compagno di strada della maglia rosa, quel Becaas che si era imposto in fuga a Camigliatello e che oggi viene ricoverato in ospedale con una sospetta frattura cranica (che poi si rivelerà una lieve frattura alla tempia) dopo esser stato travolto da una donna in motocicletta dalle parti di Muggiò.

Dopo la tappa di Cuneo, vinta in volata da Moser, si arriva a quella che gli organizzatori avevano forse concepito come una delle tappe chiave della 65a edizione della Corsa Rosa, il tappone per antonomasia, la mitica Cuneo-Pinerolo. Ma di acqua ne è passata parecchia sotto i ponti dal 10 giugno del 1949, quando tra Maddalena e Vars, tra Izoard, Monginevro e Sestriere Fausto Coppi azzeccò quella che fu una delle più fantastiche imprese della sua carriera. Lo sterrato oramai ha lasciato spazio all’asfalto quasi ovunque e anche le migliorie apportate alla bicicletta, molto meno pesanti rispetto a quelle di 33 anni prima, hanno quasi azzerato le difficoltà tecniche di un tappone ancora forte di un chilometraggio di 254 Km e di un dislivello complessivo di quasi 8000 metri, come i giganti dell’Himalaya. Sarebbe bastato scartabellare tra gli ordini d’arrivo del Giro del 1964, quando la Cuneo-Pinerolo fu riproposta per la seconda volta nella storia, per rendersi conto che questo tracciato non aveva più il potenziale di una volta, in quanto vinse Franco Bitossi grazie ad una fuga solitaria di 120 Km nata sull’Izoard e 2 minuti l’arrivo del toscano si presentò al traguardo il gruppettino dei migliori di quell’edizione, con la maglia rosa Jacques Anquetil apparsa inattaccabile. Nel 1982 non ci sarebbe stato nemmeno l’uomo solo al comando perché sul rettilineo di Corso Torino arrivano a giocarsi la vittoria di tappa in undici, dopo gli inutili ed estremi tentativi di Contini sui colli: l’ultima Cuneo-Pinerolo della storia termina così in volata, con la terza affermazione in questa edizione di Saronni che precede Hinault e Prim.

Il francese intasca così anche l’abbuono per il secondo posto e ora non può che allungare ancora perché l’ultima tappa è una cronometro di 42.5 Km, quasi come una maratona. Bernard vuole vincere anche qua e lo fa, percorrendo la tratta Pinerolo-Torino in 51’14”, volando a 49.772 Km/h e distanziando di 10 secondi uno specialista del tic-tac come Moser, mentre Prim, 4°, fa meglio del compagno di squadra Contini per 19”, che gli bastano per farlo indietreggiare di una posizione sul podio finale. Hinault così vince il suo secondo Giro con 2’35” sullo svedese e 2’47” sullo scalatore varesino che tanto filo da torcere gli aveva dato.

Mauro Facoltosi

LE ALTIMETRIE

Mancano le altimetrie della 7a tappa (Castellammare di Stabia – Diamante) e della 13a tappa (Campitello Matese – Pescara). Della prima tappa è presente la sola planimetria

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