FEDRIGO FOTOCOPIA UNA VITTORIA UN “PAU” NOIOSA
Pierrick Fédrigo conquista a Pau la 16a tappa del Tour de France, precedendo Casar e Plaza in uno sprint ristretto. All’attacco anche Cunego, 4°, e Armstrong, 6°. Fuoco e fiamme tra i migliori nei primi 60 km, con attacchi da parte di Van den Broeck, Vinokourov, Sastre, Hesjedal e Kreuziger e difficoltà di Samuel Sanchez, Gesink, Joaquin Rodriguez e Basso, quest’ultimo colpito da una bronco-tracheite. I big si sono però ricompattati ai piedi del Tourmalet, deponendo da lì in avanti ogni proposito battagliero.
Foto copertina: Pierrick Fedrigo sprinta verso il traguardo di Pau. Il francese ha colto oggi la terza vittoria in carriera al Tour de France (foto AFP)
Fino a ieri mattina, non ci aspettavamo nulla o quasi dalla Bagnères-de-Luchon – Pau, 16a tappa del Tour 2010: troppi i chilometri dalla vetta dell’Aubisque all’arrivo, e troppo il timore che incuteva il Tourmalet, in programma appena due giorni più tardi. Dopo il rocambolesco cambio di maglia di 24 ore fa, avevamo poi accarezzato l’idea che la rabbia di Andy Schleck potesse avere ragione di ciò che suggeriva la testa e del coraggio non propriamente leonino del lussemburghese, ma sapevamo di essere nel campo più dei sogni che delle ipotesi. Non dovremmo pertanto essere particolarmente rammaricati per l’andatura poco più che cicloturistica che il gruppo della maglia gialla ha tenuto su Tourmalet e Aubisque, i colli più scalati nella storia della Grande Boucle, sviliti da una collocazione priva di qualsiasi logica, a rispettivamente 130 e 60 km dal traguardo. La delusione invece c’è ed è grande, perché i primi 60 km di corsa erano andati ben al di là di ogni nostra più rosea previsione.
Zabriskie e Di Gregorio erano stati i primi a scattare, ma a scuotere subito la corsa erano stati gli attacchi di Lance Armstrong, Chris Horner, Bradley Wiggins, Nicolas Roche e, soprattutto, della coppia Liquigas Szmyd – Kreuziger, quest’ultimo 11° in classifica a meno di 8’ da Contador. Era stato però con i contrattacchi dei chilometri successivi che la tappa aveva rischiato di prendere una piega del tutto imprevista, minacciando di sconvolgere le gerarchie del Tour de France, allorché Ryder Hesjedal (10° in generale a 7’51’’), Carlos Sastre (13° a 9’) e Alexander Vinokourov (9° a 7’), quest’ultimo solo a scopo di disturbo, si sono riportati al comando. Gli uomini Astana sono stati costretti alla reazione, producendo un ritmo che ha ridotto il plotone maglia gialla ad una trentina di unità già sul primo dei quattro colli di giornata, spedendo subito nel drappello dei velocisti un Ivan Basso già non in grandi condizioni, sul quale si è ora accanita anche una bronco-tracheite.
Con i fuggitivi ad una quarantina di secondi di distanza, la scintilla che ha rischiato di far collassare la corsa è arrivata, a poche centinaia di metri dalla vetta del Peyresourde, da Jurgen Van den Broeck, 5° a 3’39’’ in classifica generale, che ha provato a ricucire lo strappo nei confronti della testa della corsa, senza che nessuno tentasse di guadagnare la sua ruota. Solamente più tardi, quando il belga, dopo essere giunto ad una ventina di secondi dalla testa della corsa (incomprensibilmente tirata da Lloyd), si è rialzato ed è stato riassorbito dal gruppo maglia gialla, è risultato chiaro quanto un suo inserimento in fuga avrebbe cambiato le sorti di questa tappa. Sulle rampe del Col d’Aspin, infatti, la Rabobank, incaricatasi di provare un ricongiungimento, aveva esaurito gli uomini prima di portarlo a termine, Andy Schleck era rimasto solo, e Contador poteva contare sui soli Navarro e Tiralongo, quest’ultimo già provato dal lavoro svolto sull’ascesa precedente. L’unica formazione ancora presente in forze – piuttosto sorprendentemente – era a quel punto la Omega Pharma-Lotto dell’ex delfino di Cadel Evans, che non avrebbe tirato un metro con il suo leader davanti, ed ha invece condotto l’inseguimento sul secondo colle di giornata, mantenendo sempre il distacco nell’ordine di poche decine di secondi, prima di azzerarlo al termine della discesa, ai piedi del Tourmalet.
Anche allora, ad onor del vero, restava l’opportunità di provocare sconquassi: sull’Aspin il gruppo maglia gialla si era ridotto ad appena 14 unità , e i gregari freschi a disposizione dei big erano ormai prossimi allo zero; soprattutto, ben tre top 10 – Joaquin Rodriguez, 8°, Robert Gesink, 6°, e soprattutto Samuel Sanchez, 3° – avevano perso terreno, arrivando ad accusare anche una trentina di secondi di distacco dai migliori, prima che il grande lavoro di Ruben Plaza consentisse il ricongiungimento in discesa. Il coraggio è però dono raro nel ciclismo moderno, e sarebbe troppo chiederne due dimostrazioni in un giorno a corridori che si danno a manfrine e ad un marcamento a uomo di stampo calcistico su ascese come Pailhères e Ax-3-Domaines, dichiarando poi, a fine corsa, che mancava il terreno per fare la differenza. Ecco dunque che, dopo uno scatto di Luis Leon Sanchez, 12° in generale, che ci aveva fatto illudere per qualche istante, è iniziata un’altra corsa, ben più aderente alle previsioni della vigilia.
Una corsa avviata dall’attacco di Sandy Casar e Lance Armstrong, il primo uscito dal gruppo di testa nella discesa dell’Aspin, il secondo partito in contropiede al momento del ricongiungimento, e capace per qualche chilometro di comandare la corsa in solitaria, dopo aver provvisoriamente distanziato il francese. Ai due, più tardi riunitisi, si sono man mano aggiunti Cunego, Moreau, Plaza, Horner, Konovalovas, Van de Walle, Fedrigo e Barredo, andando a comporre un drappello di dieci unità che, tra frazionamenti e ricomposizioni, dovuti soprattutto ai ripetuti allunghi di Armstrong e (soprattutto) Barredo sull’Aubisque, si sarebbe poi presentato compatto ai 45 km di pianura finali, con la sola defezione del lituano della Cervélo.
Proprio allora, ai -45 dalla linea bianca, è partito il tentativo destinato a caratterizzare il finale di gara, inscenato da uno scatenato Carlos Barredo. L’iberico, solo in minima parte agevolato dalla non collaborazione di Van de Walle tra gli inseguitori, è riuscito ad incamerare in tempi brevi un margine di 45’’, anche grazie all’organizzazione altalenante di Armstrong e compagni, a dispetto della presenza delle coppie Radioshack e Caisse d’Epargne. Una dote che è parsa più volte sul punto di esaurirsi, ma che, rimpinguata ogni volta da un attimo di indecisione nel drappello, sembrava doversi rivelare decisiva quando, a 4 km dal termine, lo spagnolo era riuscito a riportarla a 24’’. L’infido strappo presso le mura di Pau, la stanchezza di Barredo e le trenate di Horner e Moreau hanno però azzerato il gap in appena 3 km, portando al ricongiungimento sotto il triangolo rosso.
Van de Walle ha allora provato a vendicare il compagno, tanto stremato da staccarsi negli ultimi 1000 metri, anticipando la volata, finendo però soltanto per rischiare una collisione con Horner all’ultima curva. Plaza ha provato allora a partire lungo, venendo però infilato lungo le transenne da Pierrick Fedrigo, sicuramente non l’atleta più attivo fra i nove nel corso della giornata, e dall’altro lato della strada da Sandy Casar, forse l’uomo più veloce, ma partito troppo indietro per ambire a qualcosa di più della piazza d’onore, alle spalle del connazionale della Bbox. 4° posto per Damiano Cunego, bravo ad azzeccare la fuga buona ma ancora lontanissimo dallo spunto dei giorni migliori, in cui volate ristrette di questo genere erano il suo terreno di caccia prediletto. Solo 6° Lance Armstrong, che è alla fine riuscito a recitare un ruolo da protagonista in una frazione di questo Tour, ma che per vincere avrebbe probabilmente dovuto tentare un’azione nel finale, ammesso che le gambe lo consentissero. Per il tanto vituperato ciclismo francese si tratta della sesta vittoria di tappa in questo Tour de France con cinque corridori diversi (di Chavanel l’unica doppietta), nonché terza consecutiva sui Pirenei. Per Fedrigo si tratta invece del terzo successo in carriera sulle strade della Grande Boucle, che arriva ad un anno di distanza da quello di Tarbes della passata edizione: vittoria come allora allo sprint, come allora al termine di una tappa non certo disegnata con grande senno.
In ottica classifiche, le variazioni più significative hanno riguardato quella a punti, con Hushovd che, regolando il gruppo nella volata per il 10° posto, ha di nuovo sfilato la maglia ad Alessandro Petacchi per 4 lunghezze (191 a 187), e quella degli scalatori, con Moreau si è portato a soli 15 punti da Charteau. In graduatoria generale si segnalano invece soltanto la risalita al 12° posto di Plaza e quella al 14° posto di Horner, che si è collocato dove stamattina era Ivan Basso. Il varesino ha accusato un distacco di poco meno di 35’, scivolando al 27° posto, pur restando il meglio piazzato fra i corridori italiani.
Domani il Tour soggiornerà a Pau per il secondo ed ultimo giorno di riposo, prima di ripartire, giovedì, alla volta del Col du Tourmalet, per l’ultima grande battaglia tra gli uomini di classifica. Una battaglia annunciata, ma forse anche per questo destinata a non provocare gli sconquassi che il nome dell’ascesa conclusiva e l’attesa che la sta precedendo potrebbero lasciare presagire. Alla luce dei primi 60 km odierni, forse, l’occasione per far saltare il banco è già passata.
Matteo Novarini